MAURIZIO PITTAU RICORDA GREGORY CORSO

L'assordante silenzio del mondo nonviolento italiano ha accompagnato la morte del poeta della beat generation Gregory Corso. Nel nostro paese non si è mai valutata opportunamente l'importanza e il ruolo dei poeti e autori della beat generation per lo sviluppo certamente del pacifismo, ma anche della nonviolenza.
La cultura della pace ha avuto i suoi momenti più alti non soltanto nelle marce per la pace di capitini, nella resitenza nonviolenta di ghandi o nelle comunità di vasto del lanza, ma anche negli happening del living theatre, nelle perfomance poetry contro la guerra nel vietnam di ginsberg, nella disubidienza civile dell'underground americano, etc.
Gregory Corso era tra i più coinvolti nell'affrontare la non facile questione "pace". Anima gentile e faccia da duro, Gregory Corso ebbi modo di conoscerlo nell'estate del 1999 a cagliari in un recital di poesie con altri poeti beat (lawrence ferlinghetti, john giorno, philip lamantia, ed sanders, etc.). Approfitando di una pausa il poeta in un bar ci parlò della vita a S.Francisco e ci raccomandò di non perdere mai il senso dell'umorismo e della bellezza. Dopo svariate richieste ci lesse alcuni brani di Bomb, inno contro le guerre, il famoso testo che stampato alla grafica futurista era stampato in modo da restituire la sagoma del fungo atomico.
Quella poesia fu ispirata da una dimostrazione contro la bomba atomica alla quale il poeta assistette in Inghilterra nel 1958. Di quella dimostrazione non lo impressionò tanto lo scopo quanto la carica di odio, di violenza di rabbia. Un odio simile, una violenza simile gli parvero almeno altrettanto mostruosi che la bomba e gli parve che la mostruosità distruttrice della bomba non fosse diversa dalla mostruosità distrutrice di uomini che tentavano di annientare una cosa nel momento stesso che l'avevano creata. Perché tutti provavano orrore per la bomba atomica e non ne provavano invece nel vedere "i bambini abbondonati nei parchi" o "gli uomini che muoino sulle sedie elettriche"? La condizione umana, voleva dirci Gregory Corso, è abbastanza tragica senza che la si debba rendere ancora più tragicacon nuove cariche di odio, di violenza, di rabbia. E' così tragica anche per colpa degli uomini, che l'hanno inquinata di violenza dalle origini del mondo.
Il vero nemico dell'uomo è l'odio, il vero assassino dell'umanità è l'odio, la vera rovina del mondo è l'odio, diceva Corso. Perché l'odio è un gesto di violenza. E dalla violenza non può nascere, per sempre, altro che violenza.