Il Bene Comune Della Terra
di Vandana Shiva


Feltrinelli Editore, Milano 2006, Serie Bianca


Tratto da La Nonviolenza è in Cammino



L'Introduzione


Le Pagine Conclusive


L'Introduzione


Riproponiamo l'Introduzione (pp. 7-19) del libro di Vandana Shiva, Il bene comune della Terra, Feltrinelli, Milano 2006.
Vandana Shiva, scienziata e filosofa indiana, direttrice di importanti istituti di ricerca e docente nelle istituzioni universitarie delle Nazioni Unite, impegnata non solo come studiosa ma anche come militante nella difesa dell'ambiente e delle culture native, e' oggi tra i principali punti di riferimento dei movimenti ecologisti, femministi, di liberazione dei popoli, di opposizione a modelli di sviluppo oppressivi e distruttivi, e di denuncia di operazioni e programmi scientifico-industriali dagli esiti pericolosissimi. Tra le opere di Vandana Shiva: Sopravvivere allo sviluppo, Isedi, Torino 1990; Monocolture della mente, Bollati Boringhieri, Torino 1995; Biopirateria, Cuen, Napoli 1999, 2001; Vacche sacre e mucche pazze, DeriveApprodi, Roma 2001; Terra madre, Utet, Torino 2002 (edizione riveduta di Sopravvivere allo sviluppo); Il mondo sotto brevetto, Feltrinelli, Milano 2002. Le guerre dell'acqua, Feltrinelli, Milano 2003; Le nuove guerre della globalizzazione, Utet, Torino 2005; Il bene comune della Terra, Feltrinelli, Milano 2006; India spezzata, Il Saggiatore, Milano 2008; Ritorno alla terra, Fazi, Roma 2009


 
Il progetto democratico ed ecologista che ispira questo studio ha origini antiche, ma costituisce anche l'obiettivo di fondo di un movimento politico emergente che difende la pace, la giustizia e la sostenibilita'. Concepire il pianeta come una grande comunita' e come un bene comune inalienabile a tutte le forme di vita che lo popolano significa porre in correlazione il particolare e l'universale, le diversita' specifiche e gli aspetti comuni, le dimensioni del locale e del globale, richiamandosi a quella che in India viene descritta come vasudhaiva kutumbkham, la "famiglia terrestre", l'insieme di tutti gli esseri viventi che traggono sostentamento dal nostro pianeta. I nativi americani, al pari di tutte le culture indigene del mondo, concepivano la vita come un continuum che vincola le sorti dell'essere umano a quelle di tutte le altre specie, attraverso un  condizionamento reciproco che coinvolge tutte le generazioni passate, presenti e future. Il discorso che capo Seattle, della tribu' dei Suquamish, pronuncio' nel 1848 evoca bene tale continuita' del vivente:
"Come si puo' pensare di vendere o di acquistare il cielo, o il calore della terra? Quest'idea e' davvero strana per noi.
"Se la brezza dell'aria e la luminosita' dell'acqua non ci appartengono, come potete pensare di comprarle da noi?
"Anche la piu' piccola parte di questa terra e' sacra al mio popolo. Ogni ago di pino lucente, ogni riva sabbiosa, la bruma che si diffonde nell'oscurita' dei boschi, ogni insetto che ronza sereno e' santo nella memoria e nell'esperienza di vita della mia gente. La linfa che scorre negli alberi porta con se' i ricordi dell'uomo rosso.
Questo sappiamo: la terra non appartiene all'uomo; e' l'uomo che appartiene alla terra. Questo sappiamo. Ogni cosa e' correlata come il sangue che unisce la nostra famiglia. Ogni cosa e' correlata".
Il movimento democratico globale prende forma dal riconoscimento di queste correlazioni, dei diritti e delle responsabilita' che ne derivano. La protesta di capo Seattle: "La terra non appartiene all'uomo", trova eco in altre e piu' recenti forme di contestazione: "Il nostro mondo non e' in vendita", "La nostra acqua non e' in vendita", "I nostri semi e la nostra biodiversita' non sono in vendita". Queste forme di resistenza alle privatizzazioni imposte dall'ideologia insensata della globalizzazione economica costituiscono le fondamenta del nuovo movimento democratico.
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Le multinazionali concepiscono il mondo in termini di mero possesso e il mercato in termini di mero profitto. Ma dopo quanto e' accaduto a Bangalore nel 1993, quando mezzo milione di contadini indiani insorsero per opporsi alla classificazione dei semi come proprieta' privata sancita dal Wto (World Trade Organization, Organizzazione mondiale del commercio) con l'accordo Trips (Trade Relate Intellectual Property Rights) relativo agli aspetti attinenti al commercio dei diritti di proprieta' intellettuale, dopo che gli incontri ministeriali sono stati interrotti due volte dalla protesta popolare, dapprima a Seattle nel 1999 e successivamente a Cancun nel 2003, l'agenda delle multinazionali ci appare sempre piu' contrastata dall'apporto creativo, dall'intelligenza e dal coraggio di milioni di persone che concepiscono la terra come una famiglia, come una comunita' che lega tutte le forme di vita e tutti gli esseri umani senza distinzioni di razza, classe sociale, culto o nazionalita'.
La globalizzazione imposta dalle multinazionali concepisce il pianeta in termini di proprieta' privata. Al contrario, i nuovi movimenti difendono le risorse locali e globali del territorio perche' lo intendono come bene comune. Le comunita' che insorgono in ogni continente per contrastare la distruzione delle loro diversita' biologiche e culturali, dei loro mezzi di sostentamento e delle loro stesse vite costituiscono l'alternativa democratica alla trasformazione del mondo in un gigantesco supermercato, in cui beni e servizi prodotti con costi ecologici, economici e sociali estremamente alti vengono rivenduti a prezzi stracciati. Opponendosi a questa globalizzazione liberista e suicida che inquina il pianeta, dilapida ogni risorsa e impone la dislocazione forzata di milioni di contadini, lavoratori e artigiani, le comunita' si impegnano a sviluppare delle economie alternative che proteggono la vita e promuovono la creativita' individuale.
La globalizzazione economica si configura come una nuova forma di "enclosure of the commons", la recinzione delle terre comuni britanniche, come una privatizzazione imposta attraverso atti di violenza e dislocazioni forzate. Anziche' generare abbondanza, questa privatizzazione subordinata al profitto produce nuove esclusioni, nuove espulsioni e maggiore poverta'. Non solo, ma trasformando in merce ogni risorsa e forma di vita, essa depriva anche i popoli e le specie viventi dei loro fondamentali diritti in termini di spazio ecologico, culturale, economico e politico. La proprieta' privata dei ricchi torna cosi' a fondarsi su una rapina ai danni dei poveri. Le privatizzazioni si traducono in un esproprio delle risorse pubbliche e dei beni comuni dei soggetti piu' poveri, che si ritrovano ad essere economicamente, politicamente e culturalmente depauperati.
I brevetti sulla vita e la retorica di un mondo fondato sulla proprieta' privata, in cui qualsiasi cosa, dall'acqua alla biodiversita', dalle cellule ai geni, dagli animali alle piante, viene considerata in termini di merce, si traducono in una visione del mondo che non riconosce il valore intrinseco, l'integrita' e la sovranita' di ogni forma di vita. Secondo questa ideologia, il diritto dei contadini a disporre dei semi, dei malati a ricevere le loro medicine a prezzi accessibili, dei piccoli produttori a una ripartizione equa delle risorse terrene possono essere liberamente violati. La retorica della proprieta' privata nasconde la filosofia di morte di chi, pur scandendo slogan a favore della vita, cerca di impadronirsi di tutte le risorse del pianeta e della creativita' umana per controllarle e monopolizzarle. In Inghilterra, le recinzioni delle terre comuni trasformarono milioni di contadini in forza lavoro disponibile sul mercato. Se queste prime recinzioni si limitavano a sottrarre delle terre, l'attuale privatizzazione si spinge fino a mercificare ogni aspetto della vita, dai saperi comuni alle tradizioni culturali, dall'acqua alla biodiversita', inclusi servizi pubblici quali la sanita' e l'istruzione.
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A fronte di tale situazione, la difesa dei beni comuni costituisce l'espressione piu' alta di una concezione democratica dell'economia.
La privatizzazione dei beni e dei servizi pubblici e la mercificazione dei mezzi di sostentamento dei poveri altro non sono che un vero e proprio furto ai danni della sicurezza economica e culturale dei popoli. Milioni di persone deprivate della loro identita' e della possibilita' di provvedere dignitosamente alla loro esistenza vengono indotte a ricorrere all'estremismo, al terrorismo e al fondamentalismo religioso. Queste ideologie identificano l'altro con il nemico e rivendicano un'identita' esclusiva per poter sfuggire a una realta' alla quale rimangono invece ecologicamente, culturalmente ed economicamente connesse. Il loro tentativo di sottrarsi si traduce in un comportamento antagonistico e cannibale. L'ascesa dell'estremismo e del terrorismo e' un fenomeno direttamente imputabile alle nuove forme di recinzione o privatizzazione introdotte dal colonialismo della globalizzazione economica. Cosi' come il cannibalismo di polli e maiali soggetti a un allevamento intensivo si sconfigge con il ricorso a metodi piu' naturali, anche il terrorismo, l'estremismo e le ideologie che invocano la pulizia etnica e l'intolleranza religiosa vanno affrontati come aberrazioni prodotte dalla globalizzazione economica, patologie che si possono sanare soltanto democratizzando la realta' globale.
La privatizzazione genera esclusione, e l'esclusione e' il prezzo che la globalizzazione economica cerca di occultare. Le nostre azioni di protesta contro la biopirateria del neem, del riso basmati e del grano hanno saputo raggiungere l'obiettivo che si erano preposte, ottenendo un riconoscimento del nostro patrimonio biologico e intellettuale come bene comune. La lotta vittoriosa delle donne di Plachimada, una piccola comunita' tribale dello stato indiano del Kerala, contro la piu' grande multinazionale del mondo, la Coca-Cola, costituisce un esempio tra i piu' significativi delle potenzialita' dei movimenti democratici emergenti.
I nuovi diritti sulla proprieta' intellettuale privatizzano un patrimonio comune di natura biologica, intellettuale e digitale. La privatizzazione ci depriva anche delle nostre risorse idriche. Ogni bene comune privatizzato comporta la dislocazione e la perdita d'autonomia di molti soggetti umani, l'arricchimento di una minoranza a scapito di un generale aumento della poverta'. La dislocazione forzata produce precarieta', e nelle sue forme piu' estreme puo' arrivare a negare anche i piu' elementari diritti alla vita. Con la diffusione delle sementi geneticamente modificate e degli aborti indotti per selezionare il sesso dei nascituri, assistiamo alla progressiva scomparsa di un numero crescente di piccoli agricoltori e di donne. L'entita' e il tasso di sviluppo di questo fenomeno sono direttamente proporzionali alla "crescita economica" imposta dai promotori della globalizzazione neoliberista.
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Per fortuna pero', queste forme di genocidio brutale non costituiscono l'unica e incontrastata tendenza della storia contemporanea.
Un futuro diverso ha preso forma per le strade di Seattle e Cancun, nelle case e nelle comunita' agricole di tutto il mondo.
Un futuro che si basa sul principio di inclusione, anziche' di esclusione; sulla nonviolenza e sulla difesa del pianeta come bene comune, anziche' come territorio da recintare; su una libera condivisione delle risorse terrene, anziche' sulla loro privatizzazione e monopolizzazione. Il movimento democratico globale deriva da un'esperienza collettiva di dialogo e solidarieta', di pluralismo e cooperazione, di confronto e di scambio tra le diversita'. Questa e' l'alternativa democratica a piani economici quali il "Progetto per il nuovo secolo americano" (1), un piano di sviluppo definito a porte chiuse e condizionato dalla mentalita' angusta delle multinazionali. Le nostre proposte si qualificano infatti come portato della nostra autonomia organizzativa, di identita' profondamente radicate nello specifico delle realta' locali, della nostra molteplicita' e diversita'. Il nostro intervento non si limita a prendere in considerazione gli interessi del genere umano, ma si estende alla tutela di tutte le forme di vita che popolano il pianeta. E' qualcosa di piu' dell'organizzazione della prossima protesta o del prossimo Social forum: e' quanto intendiamo fare quotidianamente, nella vita di tutti i giorni, per modificare la realta' globale attraverso un impegno individuale e radicato nel tessuto delle nostre realta' locali. I cambiamenti che riusciamo a ottenere possono sembrare di poco conto, ma l'impatto che producono sara' determinante per le sorti del pianeta e dell'umanita'. Essi mirano infatti a contrastare la logica violenta e autodistruttiva perpetrata dalle culture, dalle economie e dalle politiche di morte, per sostituirla con nuovi modelli di sviluppo economico, politico e culturale fondati sulla nonviolenza e sulla creativita' che promuovono, valorizzano e sostengono la vita.
Il progetto di costituire una democrazia della comunita' terrena non deve essere inteso come un'astrazione, ma come l'insieme delle pratiche specifiche dei popoli che reclamano i loro beni comuni, le loro risorse e il diritto di vivere liberi e in pace, preservando la loro identita' e la loro dignita'. Poiche' si tratta di una realta' multiforme e composita, ho scelto di soffermarmi su alcuni esempi significativi dei progetti politici, economici e culturali che concorrono a costituirla. Queste tre dimensioni della politica, dell'economia e della cultura sono ovviamente inseparabili.
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I modelli economici che adoperiamo per produrre e scambiare beni e servizi sono condizionati dai valori della nostra cultura e dal nostro sistema politico. Anche lo sviluppo di un modello economico alternativo si verifica pertanto in sinergia con l'elaborazione di una nuova cultura e di nuove istituzioni piu' democratiche.
Le economie che apportano la vita sono i luoghi e le pratiche in cui le risorse comuni vengono condivise equamente, per provvedere al fabbisogno di cibo e di acqua e per conferire un senso all'esistenza dei singoli e della comunita'. Il movimento democratico globale sorge dalla consapevolezza di essere radicati nello specifico di una realta' locale che tuttavia interagisce con la realta' globale del pianeta, per non dire dell'universo intero. Si tratta di un modello di sviluppo planetario che non puo' fondarsi sulla speculazione finanziaria o sul trasferimento immotivato di beni e servizi, ma sui principi dell'ecologia e della solidarieta'.
Un'economia globale che tiene conto dei limiti imposti dall'ecologia non puo' che valorizzare la produzione locale, per ridurre gli sprechi di risorse umane e naturali. E solamente quelle economie che adottano un modello di sviluppo ecologico possono diventare delle economie che apportano la vita, in grado di assicurare un futuro sostenibile. I nostri piani di sviluppo non possono essere condizionati dalla logica aziendale dei profitti trimestrali, come pure dalle scadenze quadriennali o quinquennali dei politici. Occorre considerare ben altro, perche' il futuro coinvolge l'evoluzione di tutte le forme di vita terrene e il benessere di tutti gli individui che compongono la nostra famiglia, la nostra comunita' e l'intera societa' umana. La tutela dell'ecologia costituisce un obiettivo prioritario perche' la nostra identita' principale e' proprio quella ecologica.
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Noi siamo cio' che mangiamo, l'acqua che beviamo, l'aria che respiriamo. La nostra liberta' non puo' prescindere dal diritto a un controllo democratico del cibo, dell'acqua e della nostra sopravvivenza ecologica.
Le democrazie che tutelano la vita sono gli spazi e gli strumenti politici necessari per riconquistare le nostre liberta' fondamentali, per difendere i nostri diritti e per espletare i nostri doveri e le nostre responsabilita' comuni: proteggere la terra, difendere la pace e promuovere la giustizia sociale. I fautori della globalizzazione economica sostengono che il libero mercato promuove uno sviluppo della democrazia. In realta', le multinazionali distruggono la democrazia in ogni sua forma, a ogni livello.
La privatizzazione delle risorse comuni rappresenta l'effetto negativo piu' evidente, perche' cancella le democrazie di base proprio come la recinzione delle terre provoco' la scomparsa delle comunita' contadine in Inghilterra. Ma anche gli stessi accordi economici che promuovono la globalizzazione non vengono decisi democraticamente, poiche' sono sanciti e imposti da organizzazioni come la Banca mondiale, il Wto o il Fondo monetario internazionale a prescindere dalla volonta' delle comunita' e dei paesi direttamente coinvolti. Le multinazionali che controllano la globalizzazione indeboliscono le istituzioni democratiche dei paesi in cui operano, perche' le loro decisioni vengono prese scavalcando le istituzioni parlamentari e i singoli cittadini. Qualsiasi governo appena eletto, indipendentemente dall'orientamento politico, si trova costretto ad approvare una serie di riforme economiche di stampo neoliberista. L'attuale processo di globalizzazione rende impossibile lo sviluppo di un'economia democratica, configurandosi come una vera e propria dittatura economica delle multinazionali.
Quando una dittatura economica indebolisce le istituzioni democratiche di una nazione, si assiste anche alla crescita di pericolosi fenomeni quali il fondamentalismo  religioso e l'estremismo di destra. Ecco allora che la globalizzazione non provoca soltanto una crisi della democrazia, ma anche l'avvento di una democrazia di morte che ricorre all'odio, al terrore e alla discriminazione sociale per ottenere voti e potere.
Impegnarsi in un progetto di democratizzazione ecologica e sociale significa, al contrario, concepire e progettare delle democrazie che tutelino la vita assicurando a tutti la possibilita' di esprimersi su questioni fondamentali come il cibo, che mangiamo o che ci viene negato, come l'acqua, che beviamo o che ci viene sottratta perche' e' stata inquinata o privatizzata, come l'aria, che respiriamo o che forse ci avvelena. Le democrazie che tutelano la vita si fondano sul riconoscimento del valore intrinseco di tutte le specie, di ogni popolo e di ogni cultura, sull'equa ripartizione delle risorse terrene e sulla comune gestione di tali risorse.
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Le culture che valorizzano la vita sono spazi in cui possiamo configurare ed esprimere valori, convinzioni politiche o religiose, pratiche e tradizioni diverse, pur restando in sintonia profonda con la nostra identita' comune e universale di esseri umani che condividono la terra, l'acqua e l'aria con tutte le altre specie. Tali culture si fondano sulla nonviolenza e sulla solidarieta', sul pluralismo e sull'uguaglianza, sul rispetto della giustizia, della diversita' e della vita in tutte le sue forme.
Una cultura che cresce in seno a un'economia che protegge la vita trova spazio per tutti gli esseri viventi, senza distinzioni di sesso, etnia, religione o specie. Essa esprime un radicamento profondo alla terra e alle specificita' del luogo in cui si origina, ma anche un sentimento di solidarieta' per tutto il genere umano, una coscienza universale che nasce dal sentirsi parte di un'unica famiglia terrena. Le culture che valorizzano la vita si fondano sulla compresenza di molte identita'. La nostra identita' terrena e' data al tempo stesso dall'esperienza concreta della realta' in cui viviamo - della quotidianita' del lavoro e del riposo, del gioco e del pianto - e dalla globalita' delle pratiche che ci correlano al resto del mondo.
"Ogni cosa e' correlata," come insegna capo Seattle. Noi esistiamo in rapporto con la terra, localmente e globalmente. Le culture che valorizzano la nostra identita' terrena ci insegnano a seguire dei criteri di sviluppo ecologicamente compatibili. Soltanto ricordandoci di essere cittadini della terra e figli di questo pianeta possiamo riscoprire la nostra identita' comune e superare le scissioni profonde, l'intolleranza, l'odio e il terrore provocati dalle privatizzazioni, dalla polarizzazione del mondo e dagli sconvolgimenti introdotti dalla globalizzazione economica.
Le culture indigene che credono in una convivenza pacifica delle specie e dei popoli, nel rispetto delle differenze biologiche e culturali dei singoli percorsi evolutivi, sono ancora vive nella nostra memoria collettiva e ci aiutano a concretizzare il progetto di una democrazia della comunita' terrena. Il principio di interconnessione e inseparabilita' su cui si fonda questa antica visione viene ribadito anche, in maniera significativa, dalla scienza contemporanea: si pensi alla teoria dei quanti, al continuum spazio-temporale della relativita' generale, o alla complessita' delle strutture degli organismi viventi.
In tempi piu' recenti, questa visione del mondo si e' espressa attraverso i valori, le prospettive e le azioni dei movimenti impegnati a perseguire la pace, la giustizia e la sostenibilita'. Viviamo in un'epoca in cui l'asservimento della democrazia agli interessi del capitalismo globale ha generato nuove paure, nuove insicurezze, nuovi fondamentalismi e nuove manifestazioni di violenza. In India e negli Stati Uniti, le elezioni del 2004 hanno evidenziato come la disoccupazione e il diffondersi della poverta' possano costituire un terreno fertile per l'ascesa del fondamentalismo religioso, un'ideologia che semina discordia e fa leva sulle differenze culturali per distogliere l'attenzione da quei valori che invece possono unirci: il lavoro, l'ambiente, i diritti umani, la nostra comune appartenenza all'umanita'.
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Concepire la Terra come una grande comunita' democratica ci aiuta invece a riappropriarci della nostra identita' di esseri umani e delle correlazioni che ci uniscono a tutte le altre specie. Questa visione del mondo rispetta la sacralita' della vita in tutto il vivente, senza distinzioni di classe, casta, genere o religione, e ci insegna a sconfiggere l'avidita' e la violenza subordinando i nostri interessi individuali a quelli della famiglia terrena. Privatizzare l'acqua o introdurre dei brevetti sulla vita diventa allora impensabile, perche' tutti gli esseri viventi hanno il diritto di vivere e sostentarsi. Se la famiglia terrena riconosce, come capo Seattle, che "ogni cosa respira all'unisono, l'albero, l'animale e l'uomo" e che "l'aria condivide il suo spirito con tutte le creature viventi", essa non consentira' piu' a una parte della comunita' internazionale di alterare il clima, di impadronirsi delle risorse atmosferiche comuni e di produrre il 36% dell'inquinamento da anidride carbonica mondiale, a scapito dei diritti delle altre specie e degli altri popoli.
Conservare gli equilibri ecologici necessari per la sopravvivenza del nostro pianeta e difendere i diritti umani fondamentali come quello all'acqua, al cibo, alla salute, all'istruzione, al lavoro e a un'esistenza dignitosa: questo e' l'impegno di una visione democratica e comunitaria che riconosce l'importanza della vita e la rispetta in tutte le specie e in tutti i popoli.
Negli ultimi trent'anni, la mia adesione a questa concezione del mondo si e' tradotta in un impegno concreto all'interno dei movimenti che lottano per un'affermazione universale dei diritti umani e di quei movimenti ecologisti e animalisti che riconoscono il valore intrinseco di tutte le specie. La difesa dell'umanita' non puo' prescindere da quella delle altre specie, perche' soltanto una comunita' terrena unita e solidale puo' costituire un'alternativa reale a una globalizzazione economica che riconosce soltanto i diritti delle multinazionali e trasforma gli esseri viventi in materie prime da poter sfruttare o in rifiuti facilmente eliminabili.
Sentirsi parte della comunita' terrena significa entrare in sintonia con la fluidita' della vita, che si rinnova e si rigenera costantemente. Significa percepire la continuita' del vivente, dalla nostra esistenza quotidiana a quella dell'universo, e comprendere il significato universale della nostra epoca, della simultanea interazione di diverse realta'. La comunita' terrena deve pulsare in armonia con le potenzialita' infinite di un universo in continua espansione, anche quando si trova ad affrontare minacce che mettono a rischio la sopravvivenza stessa della nostra specie. Essa custodisce le nostre speranze nei momenti piu' critici; ci lascia intravedere la pace in un mondo di guerre senza fine; ci induce ad amare la vita appassionatamente e con coraggio nonostante i messaggi di odio e morte veicolati dai media e dai gruppi di potere.
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Principi costitutivi di una democrazia della comunita' terrena
1. Tutte le specie, tutti gli esseri umani e tutte le culture possiedono un valore intrinseco.
Tutti gli esseri viventi sono soggetti dotati di intelligenza, integrita' e di un'identita' individuale. Non possono essere ridotti al ruolo di proprieta' privata, di oggetti manipolabili, di materie prime da sfruttare o di rifiuti eliminabili. Nessun essere umano ha il diritto di possedere altre specie, altri individui, o di impadronirsi dei saperi di altre culture attraverso brevetti o altri diritti sulla proprieta' intellettuale.
2. La comunita' terrena promuove la convivenza democratica di tutte le forme di vita.
Siamo membri di un'unica famiglia terrena, uniti gli uni agli altri dalla fragile ragnatela della vita del pianeta. Pertanto e' nostro dovere assumere dei comportamenti che non compromettano l'equilibrio ecologico della Terra, nonche' i diritti fondamentali e la sopravvivenza delle altre specie e di tutta l'umanita'. Nessun essere umano ha il diritto di invadere lo spazio ecologico di altre specie o di altri individui, ne' di trattarli con crudelta' e violenza.
3. Le diversita' biologiche e culturali devono essere difese.
Le diversita' biologiche e culturali hanno un valore intrinseco che deve essere riconosciuto. Le diversita' biologiche sono fonti di ricchezza materiale e culturale che pongono le basi per la sostenibilita'. Le differenze culturali sono portatrici di pace. Tutti gli esseri umani hanno il dovere di difendere tali diversita'.
4. Tutti gli esseri viventi hanno il diritto naturale di provvedere al loro sostentamento.
Tutti i membri della comunita' terrena, inclusi gli esseri umani, hanno il diritto di provvedere al loro sostentamento: hanno diritto al cibo e all'acqua, a un ambiente sicuro e pulito, alla conservazione del loro spazio ecologico. Le risorse vitali necessarie per il sostentamento non possono essere privatizzate. Il diritto al sostentamento e' un diritto naturale perche' equivale al diritto alla vita. E' un diritto che non puo' essere accordato o negato da una nazione o da una multinazionale. Nessun paese e nessuna multinazionale ha il diritto di vanificare o compromettere questo genere di diritto, o di privatizzare le risorse comuni necessarie alla vita.
5. La democrazia della comunita' terrena si fonda su economie che apportano la vita e su modelli di sviluppo democratici.
La realizzazione di una democrazia della comunita' terrena presuppone una gestione democratica dell'economia, dei piani di sviluppo che proteggano gli ecosistemi e la loro integrita', provvedano alle esigenze di base di tutti gli esseri umani e assicurino loro un ambiente di vita sostenibile. Una concezione democratica dell'economia non prevede l'esistenza di individui, specie o culture eliminabili. L'economia della comunita' terrena e' un'economia che apporta nutrimento alla vita. I suoi modelli sono sempre sostenibili, differenziati, pluralistici, elaborati dai membri della comunita' stessa al fine di proteggere la natura e gli esseri umani e operare per il bene comune.
6. Le economie che apportano la vita si fondano sulle economie locali.
Il miglior modo di provvedere con efficienza, attenzione e creativita' alla conservazione delle risorse terrene e alla creazione di condizioni di vita soddisfacenti e sostenibili e' quello di operare all'interno delle realta' locali. Localizzare l'economia deve diventare un imperativo ecologico e sociale. Si dovrebbero importare ed esportare soltanto i beni e i servizi che non possono essere prodotti localmente, adoperando le risorse e le conoscenze del luogo. Una democrazia della comunita' terrena si fonda su delle economie locali estremamente vitali, che sostengono le economie nazionali e globali. Un'economia globale democratica non distrugge e non danneggia le economie locali, non trasforma le persone in rifiuti eliminabili. Le economie che sostengono la vita rispettano la creativita' di tutti gli esseri umani e producono contesti in grado di valorizzare al massimo le diverse competenze e capacita'. Le economie che apportano la vita sono differenziate e decentralizzate.
7. La democrazia della comunita' terrena e' una democrazia che tutela la vita.
Una democrazia che tutela la vita si fonda sul rispetto democratico di ogni forma vivente e su un comportamentodemocratico da adottare gia' a partire dalla quotidianita'. Ogni soggetto coinvolto ha il diritto di partecipare alle decisioni da prendere in merito al cibo, all'acqua, alla sanita' e all'istruzione. Una democrazia che tutela la vita cresce dal basso verso l'alto, al pari di un albero. La democrazia della comunita' terrena si fonda sulle democrazie locali, lasciando che le singole comunita' costituite nel rispetto delle differenze e delle responsabilita' ecologiche e sociali abbiano pieni poteri decisionali riguardo all'ambiente, alle risorse naturali, al sostentamento e al benessere dei loro membri. Il potere viene delegato ai livelli esecutivi piu' alti applicando il principio della sussidiarieta'. La democrazia della comunita' terrena si fonda sull'autoregolamentazione e sull'autogoverno.
8. La democrazia della comunita' terrena si fonda su culture che valorizzano la vita.
Le culture che valorizzano la vita promuovono la pace e creano degli spazi di liberta' per consentire il culto di religioni diverse e l'espressione di diverse fedi e identita'. Tali culture lasciano che le differenze culturali si sviluppino proprio a partire dalla nostra umanita' e dai nostri comuni diritti in quanto membri della comunita' terrena.
9. Le culture che valorizzano la vita promuovono lo sviluppo della vita stessa.
Le culture che valorizzano la vita si fondano sul riconoscimento della dignita' e sul rispetto di ogni forma di vita, degli uomini e delle donne di ogni provenienza e cultura, delle generazioni presenti e di quelle future. Sono culture ecologiche che non producono stili di vita distruttivi o improntati al consumismo, basati sulla sovrapproduzione, sullo spreco o sullo sfruttamento eccessivo delle risorse naturali. Le culture che valorizzano la vita sono molteplici, ma ispirate da un comune rispetto per il vivente. Riconoscono la compresenza di identita' diverse che condividono lo spazio comune della comunita' locale e danno voce a un sentimento di appartenenza che correla i singoli individui alla terra e a tutte le forme di vita.
10. La democrazia della comunita' terrena promuove un sentimento di pace e solidarieta' universale.
La democrazia della comunita' terrena unisce tutti i popoli e i singoli individui sostenendo valori quali la cooperazione e l'impegno disinteressato, anziche' separarli attraverso la competizione, il conflitto, l'odio e il terrore. In alternativa a un mondo fondato sull'avidita', sulla diseguaglianza e sul consumismo sfrenato, questa democrazia si propone di globalizzare la solidarieta', la giustizia e la sostenibilita'.
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Note
1. Il Pnac e' un think-tank americano con sede a Washington, fondato negli anni Novanta, al centro dell'elaborazione delle strategie "neocons" di politica estera statunitense.

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Le Pagine Conclusive


Da "Information guerrilla" (www.informationguerrilla.org), che la pubblica
per gentile concessione della casa editrice, riprendiamo la Conclusione (pp.
202-205) dell'ultimo libro di Vandana Shiva, Il bene comune della Terra,
Feltrinelli, Milano 2006. Vandana Shiva, scienziata e filosofa indiana,
direttrice di importanti istituti di ricerca e docente nelle istituzioni
universitarie delle Nazioni Unite, impegnata non solo come studiosa ma anche come militante nella difesa dell'ambiente e delle culture native, e' oggi
tra i principali punti di riferimento dei movimenti ecologisti, femministi,
di liberazione dei popoli, di opposizione a modelli di sviluppo oppressivi e
distruttivi, e di denuncia di operazioni e programmi scientifico-industriali
dagli esiti pericolosissimi. Tra le opere di Vandana Shiva: Sopravvivere
allo sviluppo, Isedi, Torino 1990; Monocolture della mente, Bollati
Boringhieri, Torino 1995; Biopirateria, Cuen, Napoli 1999, 2001; Vacche
sacre e mucche pazze, DeriveApprodi, Roma 2001; Terra madre, Utet, Torino
2002 (edizione riveduta di Sopravvivere allo sviluppo); Il mondo sotto
brevetto, Feltrinelli, Milano 2002. Le guerre dell'acqua, Feltrinelli,
Milano 2003; Le nuove guerre della globalizzazione, Utet, Torino 2005; Il
bene comune della Terra, Feltrinelli, Milano 2006]


David Pearce, un economista della Banca mondiale che considera la
mercificazione del nostro patrimonio naturale ormai precario come un rimedio per garantirne la conservazione, ha ammesso in un recente dibattito che la crisi ecologica che stiamo attraversando e' profonda, e che continua ad
aggravarsi. Eppure, Pearce continua a difendere la privatizzazione
dell'acqua, la mercificazione della vita e la globalizzazione
dell'agricoltura. "I problemi di ampio raggio," ha dichiarato, "si risolvono
con soluzioni altrettanto globali" (1).
Al contrario, come ci insegna l'esempio di Gandhi e come conferma la nostra
esperienza all'interno del movimento democratico emergente, i regimi
totalitari e dittatoriali si combattono a partire dalle realta' locali,
perche' i processi e le istituzioni su larga scala sono controllati dal
potere dominante. I piccoli successi sono invece alla portata di milioni di
individui, che insieme possono dare vita a nuovi spazi di democrazia e
liberta'. Su larga scala, le alternative che ci vengono concesse sono ben
poche. Per converso, la realta' quotidiana ci offre mille occasioni per
mettere a buon frutto le nostre energie.
Gandhi non sconfisse l'Impero britannico con un esercito delle stesse
dimensioni, bensi' con una presa di sale e un arcolaio. Quando gli inglesi
decisero di tassare il sale, il popolo indiano marcio' su Dandi, raccolse il
sale e disse: "E' un dono della natura, una risorsa necessaria per la nostra
sopravvivenza. Continueremo a produrre il nostro sale. Disobbediremo alla
legge britannica". E quando gli inglesi smantellarono l'industria tessile
indiana, Gandhi non cerco' di convincerli a ritornare sui loro passi.
Mostrando un arcolaio, egli si rivolse al popolo indiano e disse: "Ogni
azione diventa potente se a compierla sono milioni di persone". L'arcolaio
e' diventato un simbolo di questo potere della collettivita'.
I semi, i fiumi, il cibo quotidiano costituiscono un punto di partenza
imprescindibile per riconquistare le nostre liberta' politiche, economiche e
culturali, perche' e' proprio impadronendosi di questi ambiti che le grandi
imprese esercitano il loro monopolio sulla vita. Siamo pienamente
consapevoli del fatto che lo sviluppo di economie alternative autogestite e
forme di organizzazione democratica, che rivendicano un'autonomia
decisionale, e' una scelta che richiede impegno e coraggio, perche' si
tratta di resistere e disobbedire alle leggi inique che vietano ogni forma
di governo, approvvigionamento e sostentamento autonomo. Proibire la
conservazione dei semi significa assoggettare i contadini al giogo delle
multinazionali. Con i contratti di privatizzazione, anche l'acqua dei poveri
si trasforma in merce. Infine, le leggi che distruggono la produzione
alimentare locale impongono una dittatura del cibo che opprime l'umanita'
intera. Accettare questi vincoli, queste normative e procedure illegali,
significa rinunciare ai nostri diritti democratici, alle nostre culture di
vita e alla nostra liberta'. Come ci insegna Gandhi, la liberta' si
riconquista rifiutando di sottoporsi a leggi ingiuste e immorali. La lotta
per la verita', perseguita attraverso i principi della disobbedienza civile,
della nonviolenza e della noncooperazione, e' al tempo stesso un diritto che
ci appartiene in quanto liberi cittadini di societa' libere, e un nostro
fondamentale dovere come abitanti della Terra.
*
La globalizzazione economica e il militarismo procedono di pari passo,
propagandati da una retorica che occulta la verita' e li trasforma in
fautori di benessere e sicurezza sociale. Per poter vendere le sue sementi
geneticamente modificate, che sono inutili e dannose, Monsanto non puo' fare
altro che ricorrere alla menzogna. E con altre menzogne Coca-Cola si
appropria della nostra acqua, il governo americano ci depriva dei nostri
diritti civili in nome della "sicurezza della madre patria" e la Banca
mondiale continua a incrementare il debito dei paesi e dei cittadini piu'
poveri. Si tratta di una vera e propria guerra condotta ai danni della
verita'. La nomina di Paul Wolfowitz a presidente della Banca mondiale non
fa che rendere piu' evidente il nesso tra interessi economici e militari.
In un'epoca in cui la schiavitu' ci viene imposta attraverso varie forme di
propaganda mistificatoria, il nostro satyagraha, la lotta per la verita',
dovra' estendersi anche a queste strategie di colonizzazione della mente.
Una visione democratica della globalita' ci offre nuove opportunita' di
agire liberamente, ma anche di coltivare la nostra liberta' di pensiero.
Possiamo dunque ridefinire il concetto di sicurezza nazionale in funzione
della nostra vera patria, che e' l'intero pianeta, e della nostra sicurezza
reale, ovvero di una sicurezza ecologica che soltanto il pianeta puo'
offrire e di una sicurezza sociale che soltanto la comunita', le pubbliche
istituzioni e la tutela dei beni comuni possono assicurare. L'esperienza del
movimento democratico emergente insegna a guardare oltre la logica del
mercato e delle guerre, delle monoculture e del riduzionismo meccanicista,
per concepire il mondo come un insieme di forme di vita diverse e correlate
che si concreano e che coevolvono pacificamente.
La mercificazione della vita - imposta da un'economia che al tempo stesso
genera poverta' - e la strategia del terrore - frutto di una politica che fa
leva sulle insicurezze e sulle divisioni - sono strategie di potere
complementari. Per contrastarne l'effetto, la diffusione di una poverta'
indotta e di paure frutto di manipolazioni e menzogne, dobbiamo dunque
evidenziare le connivenze tra politica ed economia: le responsabilita' dei
governi al servizio delle multinazionali e le connessioni tra interessi
economici e militari, tra i profitti delle grandi imprese e la poverta' dei
popoli, tra la globalizzazione economica e il fondamentalismo religioso. Per
converso, analizzando queste connivenze scopriamo anche il legame profondo
che ci unisce gli uni agli altri e che ci correla alla Terra. Denunciando le
responsabilita' dei gruppi di potere dominanti riusciamo anche a sviluppare
la nostra coscienza democratica e a rinvigorire le nostre deboli democrazie.
La nostra capacita' di correlare gli ambiti dell'ecologico e del sociale ci
permette di intraprendere dei progetti economici e culturali che
salvaguardano il pianeta e i suoi abitanti, e al tempo stesso di formare una
rete di solidarieta' che puo' sconfiggere le alleanze del potere globale. Se
ci sentiamo poveri, insicuri e impotenti e' soltanto perche' ancora non
siamo riusciti a rifiutare una logica di potere che ci divide, che ci
intrappola in una realta' atomizzata e ci rende ciechi di fronte alle
infinite potenzialita' che abbiamo in quanto cittadini del mondo. In
realta', ognuno di noi puo' contribuire creativamente a costruire delle
alternative a un sistema che mira soltanto al controllo totale e a profitti
senza limiti.
*
Il progetto democratico che ci unisce ci aiuta dunque a liberarci dei nostri
paraocchi, a immaginare delle alternative possibili e a concretizzarle nella
realta'. Per converso, la globalizzazione perpetrata dalle multinazionali
annienta i nostri diritti fondamentali e minaccia di compromettere la
sopravvivenza stessa di buona parte degli esseri umani e delle specie che
popolano il pianeta. In un'epoca segnata dai genocidi, liberarsi significa
innanzitutto rivendicare la liberta' di rimanere in vita. E' un conflitto di
dimensioni epiche, in cui le varie forze schierate in difesa della vita
combattono contro i fautori di morte. Il movimento democratico globale
prende forma da una rete di realta' variegate e attive in molti ambiti,
dalla sfera del politico e del sociale a quella ecologista. Ma ogni
contributo e' importante, nella sua specificita', e fa parte di un'unica
battaglia per conseguire giustizia, sul piano economico e sociale,
sostenibilita' ecologica, pace, democrazia e liberta' d'espressione per le
diverse culture. Nella nostra epoca la dittatura tende a globalizzarsi, a
controllare ogni aspetto della vita economica, politica e culturale di ogni
nazione o societa'. Conseguentemente, anche la liberta' deve essere
perseguita e difesa su scala globale. Impegnarsi per realizzare i propri
specifici obiettivi all'interno di un progetto democratico globale permette
di unire le forze per rivendicare i propri specifici diritti, insieme a
quelli dell'intera comunita' terrena. L'imperialismo si esprime da sempre
attraverso un'ottica globale. Il movimento democratico emergente e' ancora
agli inizi, comincia appena a prendere coscienza delle proprie potenzialita'
liberatorie e trasformatrici, ma ha gia' raggiunto una portata e una rete di
collegamenti di importanza mondiale. Non siamo giunti alla fine della
storia, bensi' agli albori di una nuova era.
*
Note
1. David Pearce, The Future of the Earth, European Academy of Otzenhausen,
Germania, marzo 2005.
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