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05/08/2014

 

Argentina, la leader delle Nonne di Plaza de Mayo ritrova il nipote dopo 36 anni

di Filippo Fiorini

 

Il regime militare del generale Videla lo strappò dalle braccia dei genitori dopo il parto. Il giovane ha chiesto tempo per riflettere sulla decisione di rinunciare al cognome adottivo

 

Lo hanno cercato per 36 anni, ma non sono riusciti a trovarlo finché lui non ha deciso di risolvere il dubbio che gli ronzava in testa da sempre, ed è andato a farsi un test del dna per conoscere le sue vere origini: il nipote di Estela De Carlotto, la fondatrice delle Nonne di Plaza de Mayo, è appena stato ritrovato. Il regime militare del generale Jorge Videla, lo strappò dal grembo di sua madre cinque ore dopo il parto, il 26 giugno del ’78, mentre questa era prigioniera politica, e lo diede in adozione clandestina alla famiglia che lo ha cresciuto fino ad oggi e che ora va incontro a pesanti carichi penali. 

 

«È bellissimo, ha i lineamenti dei Carlotto ed è un musicista come suo cugino», ha detto in un’accorata conferenza stampa Estela, circondata dalle altre anziane signore con cui ha portato avanti una ricerca che, per il gruppo, è inziata nel 1977. Per questo, quello di oggi è certamente un fatto storico: da allora le Abuelas de Plaza de Mayo hanno infatti ritrovato 113 dei figli di desaparecidos che i militari distribuivano segretamente a famiglie di loro fiancheggiatori, ma non avevano mai avuto notizie significative del discendente diretto della loro presidente.  

 

Il nipote che Estela ha sempre chiamato Guido, perché sua figlia Laura le scrisse dal carcere che avrebbe voluto battezzarlo così, come si chiamava suo padre, fu registrato all’anagrafe come Ignacio Hurban, fa il pianista, ed è cresciuto in una famiglia di quella che la Carlotto ha definito «gente di campagna» nella località di Olavarria, circa 350 km a sud di Buenos Aires. Poche ore fa, ha ricevuto una telefonata in cui è stato messo al corrente della sua vera origine, ed ha accettato di incontrarsi con la nonna biologica, che per ora l’ha visto solo in foto.  

Tuttavia, mentre nella sede di Abuelas in centro a Buenos Aires si festeggia quella che dal loro punto di vista è certamente una bella notizia, il diretto interessato ha chiesto un po’ di tempo per riflettere, e, sebbene sembra che sia stato contento di conoscere la sua propria identità, non è affatto scontato che decida ora di rinunciare al cognome adottivo e di rompere i rapporti con la famiglia che l’ha cresciuto. Molti tra coloro che sono passati per situazioni analoghe alla sua, infatti, non hanno poi ripudiato i genitori abusivi, che pure si sono resi complici (in alcuni sporadici casi in maniera incoscia) di un crimine, quale il rapimento e l’adozione clandestina di un bambino. 

 

Per Estela de Carlotto, che oggi ha 84 anni ed ha confessato che «non voleva morire senza abbracciare Guido», è il coronamento di una vita spesa nella resistenza civile al potere dei militari che governarono l’Argentina tra il 1976 e l’83. Una vita che l’ha portata al cospetto di due Papi, e anche ad essere più volte nominata, insieme alle altre Abuelas, al Premio Nobel per la Pace. La sua famiglia fu colpita molto duramente dal potere politico dell’epoca. Oltre alla figlia, anche il marito Guido fu arrestato dalle squadre di para-polizia e poi liberato in seguito al pagamento di un riscatto.  

 

In quanto a Laura, morì sotto i ferri dei suoi torturatori nel centro di detenzione clandestino in cui era stata tradotta in quanto militante della sinistra peronista. Poi, adottando una prassi anomala, i militari restituirono le spoglie a sua insistente madre. Per questo, non fa parte dei 30 mila desaparecidos (letterlamente “scomparsi”) che, non senza dibattiti, la storiografia attribuisce alla repressione del governo di Videla e gli altri generali. 

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