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21/01/2010

 

El Salvador, Funes chiede perdono per i delitti di Stato durante la guerra civile

 

La guerra civile causò 75 mila morti in dodici anni di combattimenti

 

Mauricio Funes, presidente della Repubblica di El Salvador ha formalmente chiesto scusa alle vittime della guerra civile per gli abusi commessi dallo Stato durante il conflitto.

Uno dei conflitti più cruenti che la storia dell'America abbia conosciuto: 75mila morti in 12 anni di combattimenti.

Le scuse di Funes sono le prime formali arrivate da un presidente dal1992 anni in cui terminò il conflitto.

"Riconosco pubblicamente la responsabilità dello Stato davanti a questi fatti, tanto per le azioni commesse o per quelle omesse" ha detto il presidente durante la cerimonia di commemorazione della fine della guerra.

Non solo. Funes ha detto che i politici di destra che aiutarono le forze armate del Salvador commisero gravi abusi dei diritti umani soprattutto contro la popolazione civile e violarono più volte l'ordine costituzionale del Paese. "Per tutto quello che è successo in nome dello stato del Salvador chiedo perdono" ha detto Funes, militante del Frente Farabundo Martì para la Liberacion Nacional.

Il presidente in carica ha fatto anche sapere che la richiesta di scuse dovrebbe servire a farb riflettere tutti su quel periodo buio di storia del Paese e anche a dare "dignità alle vittime contribuendo a alleviare il dolore e sanare le ferite in tutta la nazione".

Immediata la reazione delle associazioni dei familiari delle vittime della guerra civile. "Ringraziamo il governo per il coraggio di aver chiesto perdono, di aver riconosciuto gli errori e aprire il cammino per arrivare a conoscere la verità. Tutta la verità" ha detto alla stampa nazionale Guadalupe Mejia che nel conflitto oltre al marito perse quasi tutta la famiglia.

La guerra civile nel paese durò 12 anni dal 1980 al 1992 quando l'ex presidente Alfredo Cristiani, membro di Arena (Alianza Republicana Nacionalista, destra), firmò un accordo di pace con i dirigenti del Frente Farabundo Martì.

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