Originale: portside.org

http://znetitaly.altervista.org

1° marzo 2016

 

L’educazione trasformazionale: creare cittadini impegnati

di Ruth Needleman

Professoressa Emerita, all’Università dell’Indiana, Educatrice/Organizzatrice per la comunità e globalmente.

Traduzione di Maria Chiara Starace

 

Ana iniziò a lavorare in un fabbrica di scarpe a Sapiranga, nel Brasile meridionale, quando aveva 11 anni. Ragazza madre, Ana ha lavorato 6 giorni alla settimana per 10 ore, per i successivi 30 anni. Suo figlio non poteva avere aiuto da lei per fare i compiti, perché Ana non aveva mai avuto la possibilità di frequentare la scuola. Si sentiva invisibile.

Dopo aver completato un Programma di Educazione del Sindacato dei Metalmeccanici delle durata di 3 mesi, per 5 sere alla settimana, il “Programma Integrato” Anna ricevette una certificazione di scuola elementare, una formazione professionale insieme all’educazione al pensiero critico. Studiò: occupazione, società urbana, nuova tecnologia, globalizzazione e sostenibilità dell’ambiente, e tutto dalla prospettiva del lavoro e dei lavoratori. Imparò ricerca e sviluppo delle politiche, si confrontò con i legislatori per chiedere un cambiamento.

 

Dopo aver conseguito il  diploma, Ana mi disse: “Ora sono qualcuno. Ora mio figlio mi parla.” L’orgoglio e la sicurezza in se stessa le illuminarono gli occhi.

Il programma che Ana frequentò era il prodotto di una collaborazione di molti anni tra i lavoratori, persone con un impiego e disoccupate, educatori popolari e professori universitari, sponsorizzati dal Sindacato dei Metalmeccanici (CNM) nel Brasile Meridionale e designato principalmente ai lavoratori disoccupati e sottoccupati.

 

Il programma divenne parte dell’Istituto Integrar o Istituto per l’Educazione Integrata.

Integrar era notevole a molteplici livelli. Il sindacato offriva gratuitamente questo corso a chi non era membro. Gli istruttori avevano messo in pratica la pedagogia trasformazionale per anni. Le classi erano costruite sul sapere personale dei partecipanti e della loro esperienza di vita, e le discipline erano integrate e applicate al servizio della creazione del sapere.

 

Gli scopi erano:

  1. Assicurare ai poveri e ai lavoratori disoccupati l’accesso al reddito;
  2. Trasformare le vittime emarginate del neoliberalismo in cittadini e attivisti impegnati;
  3. Rafforzare i movimenti sociali in Brasile.

 

Nessun paese è stato più influenzato dall’educatore e filosofo radicale Paulo Freire

del Brasile, la sua nazione. Quello che Freire apprese facendo opera di alfabetizzazione tra le persone più povere del Nordest, lo portarono a chiedere il capovolgimento del sistema che provocava infelicità e oppressione a una maggioranza di brasiliani. Sebbene le sue idee continuassero a svilupparsi durante il suo lungo esilio all’epoca della dittatura militare brasiliana (1964-1988), la guerra di Freire contro il neoliberalismo non fece che intensificarsi.

 

Per la pedagogia di Paulo Freire è fondamentale la considerazione che tutte le persone sono umane e che tutte hanno potenzialità uniche e culture differenti. Il processo di apprendimento, argomentava Freire, richiede che gli insegnanti apprendano quelle culture in modo che essi possano mettere in grado i partecipanti di riconoscere ed eliminare l’influenza del pensiero dominante (ideologia egemonica) che storicamente li paralizzava e li emarginava. L’élite al potere e le aziende transnazionali cioè l’1%, sosteneva Freire, hanno definito e controllano il mondo in cui viviamo: chi vince e chi perde.

Il cambiamento può arrivare soltanto dal basso verso l’alto e attraverso la “conscientizacao”  delle persone. La conscientizacao non è la coscienza; è il processo di diventare coscienti del proprio posto nel mondo e del modo in cui si può contribuire a cambiarlo. E’ un processo attivo, non uno stato di consapevolezza e neanche un risveglio momentaneo o improvviso.

Come scrive Freire: “In favore di che cosa, di chi e di quale sogno stiamo insegnando? Contro che cosa, e contro chi, e contro quale sogno stiamo insegnando?”

Insisteva che l’educazione deve occuparsi di cambiare in meglio il mondo e  di sapere da che parte si sta è un prerequisito. L’educazione,  ha sostenuto  in tutta la sua vita, non è e non può essere neutrale. O serve lo status quo o lo contesta con l’intento  di cambiare il sistema.

E’ probabilmente giusto dire che molti dei seguaci di Freire non comprendono o non accettano questo, o, se lo fanno non aderiscono a questo principio fondamentale nelle loro aule. Freire stesso divenne molto critico riguardo a coloro che si definivano suoi “seguaci.” Durante un seminario negli Stati Uniti disse che: “Il modo migliore per comprendermi è quello di reinventarmi e non di cercare adattarsi a me. L’esperienza non può essere esportata, può essere reinventata.” (Pedagogia della Solidarietà).

Coloro che  impararono con   lui in Brasile, che distinguono prontamente tra la prassi e le tecniche, comprendono il motivo per cui Freire definiva la sua pedagogia: critica, politica e ideologica [1]. Il Partito dei Lavoratori (PT) abbracciava questa educazione nei sui primi decenni; negli anni ’90 Paulo Freire tornò in Brasile come  Ministro del PT per l’Educazione dello Stato di San Paolo!

Negli scorsi 20 anni straordinari programmi educativi sono stati sviluppati, sperimentati e studiati da educatori che combattono anch’essi il neoliberalismo e che insegnano ai poveri a liberarsi dalle strutture e dalle idee di oppressione. L’innovazione pedagogica è stata,  in parte, salvata nel nome: “Educazione Integrata”. Questi programmi integrano l’alfabetizzazione, le abilità attitudinali e l’educazione al pensiero critico in ogni lezione. Il sindacato dei metalmeccanici ha fatto  lo sviluppo duraturo e  la revisione per creare un approccio completamente nuovo all’insegnamento, integrandolo e applicandolo alle discipline, in modo che gli allievi potessero comprendere il proprio posto nella società e nella storia. Invece di unità didattiche sulla matematica, la scienza o gli studi sociali, studiavano il lavoro, analizzando le radici della loro emarginazione, e della povertà e l’inquinamento delle loro comunità. Gli allievi perdevano  il loro senso di vittimizzazione per diventare autori del cambiamento nelle loro vite personali. Questa è stata l’esperienza di Ana. Integrar è stata, nel migliore dei casi, un’educazione sovversiva e fece importanti battaglie per ottenere l’appoggio dai sindacati, dai governi locali e dagli stati [2]. Durante i primi decenni (1980-2010), il Partito dei Lavoratori sostenne questa educazione a livello nazionale. Con il tempo, tuttavia, le istituzioni, dalle scuole e fino ai governi, si  opposero a molte di queste innovazioni rivoluzionarie oppure le rifiutarono. Gli insegnanti non volevano impartire questa istruzione inter-disciplinare così radicale. I governi ritornarono ai programmi professionali nonostante l’alto tasso di disoccupazione. I sindacati cominciarono a focalizzarsi sulle necessità più immediate dei loro membri.

Gli educatori che si dedicavano a Integrar non smisero di imparare dai programmi e di svilupparli, malgrado la crisi dei finanziamenti e del supporto. Il coordinatore convinto  Docimar Querubin, ha continuato a lavorare nella città di Canoas dove il governo radicale di Jairo Jorge insiste che i corsi di formazione professionale non possono creare cittadini impegnati, cosa che è la più necessaria per costruire la partecipazione democratica al governo.

Basandosi sulle necessità e sui contributo dell’industria locale, con la collaborazione della Petrobras, cioè la compagnia petrolifera del Brasile, il sindaco diede il via a un programma a livello cittadino noto come “La Città della Saldatura.” [3].

Nominò Docimar Querubin come coordinatore del programma e che a fianco delle 180 ore di saldatura, ci fossero 60 ore di preparazione al lavoro e di educazione civica. Tra il luglio 2012 e il dicembre 2015, oltre 1.800 lavoratori fecero richiesta di iscriversi al corso di 540 posti. Per essere accettato, un lavoratore doveva aver completato i 6 anni dell’istruzione primaria, con la preferenza per i più poveri e i più emarginati. Il programma ebbe una  percentuale di completamento dell’80%-85%;   un terzo dei diplomati erano donne.

In uno studio che Docimar aveva completato su questo progetto, spiegava lo sviluppo della metodologia in questo modo:

La metodologia scelta deve fornire la formazione [4]di soggetti consapevoli del loro potenziale e del loro ruolo nella società, e perciò l’educazione deve soddisfare     conoscenza, autonomia, collaborazione, iniziativa, solidarietà, lettura critica della realtà e un continuo processo di apprendimento.

La formazione dovrebbe rendere possibile l’acquisizione del sapere e delle abilità che permetteranno ai lavoratori di affrontare i cambiamenti socio-economici, di capire il processo della produzione e il mondo del lavoro, con una prospettiva etica basata sui valori della solidarietà.

Nel gennaio 2014 partecipai al Forum Sociale Mondiale sull’educazione che si è tenuto nella città di Canoas. Nel suo discorso di apertura, il sindaco Jairo Jorge citò molte volte Paulo Freire e concluse sottolineando che “l’educazione deve essere data per la vita e non per il mercato,” criticando i programmi orientati alla professione che definiva  miopi e intesi a perpetuare lo status quo. L’educazione per diventare cittadini, invece, intende creare nuovi leader in grado di costruire un mondo migliore che soddisfi  le necessità della maggioranza.

 

 

Note

[1] Durante gli anni ’60 e ’70, anche la Chiesa appoggiò questo progetto di educazione trasformazionale. Le correnti di sinistra all’interno della Chiesa diedero vita ai Cristiani per il Socialismo e alla Teologia della Liberazione. Le Comunità religiose di base divennero una casa clandestina per i rivoluzionari che combattevano la dittatura. Dilma Roussef, l’attuale presidente del Brasile era tra quei combattenti clandestini.

[2] Anche  movimenti sociali, specialmente Il Movimento dei Lavoratori senza terra (MST), hanno sviluppato le loro forme di pedagogia della liberazione, per insegnare l’amore per la terra, l’organizzazione del lavoro collettivo e cooperativo, l’attivismo e la leadership della gente comune,  e ora pratiche agricole avanzate. Anche questa è educazione politica, ideologica che mira all’emancipazione. Per tre anni la Federazione Centrale del Lavoro (CUT) ha svolto un programma di alfabetizzazione trasformazionale in tutto il paese, arrivando a diecine di migliaia di lavoratori. Si chiamava “Todas as Letras”, (Tutte le lettere). Un’analisi approfondita di alcuni di questi programmi apparirà in una pubblicazione imminente: Education for life, not the market [Educazione per la vita, non per il mercato].

[3] Al programma  “La Città della Saldatura” è stato dato inizio a  Contagem, nel Minas Gerais, nel 2005.

[4] La parola formazione non è uguale a istruzione e addestramento. Abbraccia lo sviluppo più avanzato dei lavoratori in capi e agenti del cambiamento sociale.

 


Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fonte: https://zcomm.org/znetarticle/transformational-education-creating-engaged-citizens/

top