Le Monde Diplomatique

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16 marzo 2013

 

Le crociate dimenticate del cardinale Ratzinger

di Maurice Lemoine

Traduzione e adattamento a cura di Pensiero Meridiano.

 

In America Latina a partire dagli anni 70’ la Santa Sede ha contrastato con forza le nascenti correnti cristiano-progressiste come i teologi della liberazione, di ispirazione marxista. Papa Wojtyla e papa Ratzinger hanno portato avanti vere e proprie crociate contro le fazioni più radicali rafforzando la tendenza conservatrice della Chiesa. Vista la tendenza a vedere l’America Latina come la culla del socialismo del 21° secolo, l’elezione di Papa Francesco non è forse il segno chiaro di una offensiva ancora più aspra nei confronti del consolidamento della sinistra nei paesi sud-americani?

 

Gran parte dei commenti sulle dimissioni del Papa Benedetto XVI sono caratterizzati da una opinione piuttosto comune: quella secondo cui, lasciando il suo trono con coraggio e maestria il sommo pontefice abbia semplicemente ceduto ai ritmi della vita moderna. Tuttavia in America Latina il ricordo lasciato dal’ex – cardinale Joseph Ratzinger è associato al passato.

Piccolo flash back, siamo nel 1960, epoca in cui don Helder Camara, arcivescovo di Recife, che incarna la coscienza dei cattolici progressisti del continente sud-americano, lascia ai posteri una frase che resterà ai posteri: “Quando do da mangiare ai poveri, mi danno del santo; quando invece chiedo perché essi siano poveri mi danno del comunista” . L’analfabetismo, l’emarginazione e le condizioni di miseria e povertà in cui annaspavano decine di milioni di abitanti, in questi anni, hanno alimentato un processo “radicalizzazione” (intesa come tendenza ad ideologie radicali) di un gran numero di cristiani così come di alcuni membri della gerarchia ecclesiastica. In un clima di aggiornamento dei valori della Chiesa, sotto il pontificato di Papa Giovanni XXIII e soprattutto a partire dal concilio Vaticano II (1962-65), l’enciclica Populorum progressio, porta nel marzo del 1967 un segnale di sostegno e approvazione da parte di Roma a quello che sta succedendo nei ranghi del clero brasiliano.

Dal 26 Agosto al 6 Settembre del 1968 viene inaugurata da papa Paolo VI la seconda conferenza episcopale latino-americana, che si riunisce a Medellin in Colombia. Durante la sua prima assemblea, un giovane teologo peruviano, Gustavo Gutierrez, presenta un rapporto sulla “teologia dello sviluppo”. Il documento ultimo che esprime i principi propri di tale ideologia, dopo aver affermato che il continente sud-americano è vittima del “neocolonialismo”, dell’”imperialismo internazionale del denaro” e del “colonialismo interno”, riconosce la necessità di “trasformazioni audaci, urgenti e profondamente rinnovatrici”(1). Questa professione di fede segna la nascita della cosiddetta “Teologia della Liberazione”. Procedendo ad una lettura critica ed impegnata del Vangelo, una delle convinzioni di tale teologia è che accanto al peccato individuale esista un peccato collettivo e strutturale: vale a dire un strutturazione della società e dell’economia che causa la sofferenza, la miseria e la morte di innumerevoli “fratelli e sorelle”. Nelle zone rurali, nei quartieri popolari e nelle bidonville, un intera generazione di membri del clero s’impegnano concretamente, e politicamente, schierandosi al fianco dei meno abbienti.

L’offensiva contro la sinistra clericale latino-americana

L’espressione dei vescovi conservatori, già di suo uggiosa, si fece ancora più triste. Tre poli di resistenza ai classici dettami della Chiese sorsero in America-Latina: in Argentina e Brasile, ai tempi controllati da regimi militari, in cui i prelati conservatori continuarono ad operare, ed in Colombia. Non stupisce il fatto che per affrontare i “sovversivi” di Medellin, venga messo in prima linea proprio un vescovo colombiano, Alfonso Lopez Trujillo. Il suo ruolo si consolida  quando, già vescovo ausiliario di Bogotà, viene eletto segretario generale del Consiglio Episcopale latino-americano (CELAM) nel novembre del 1972, per poi divenirne presidente e restare in carica sino al 1983. A partire dal 1973 i dirigenti del Celam denunciano un “infiltrazione marxista” nella Chiesa. Pertanto i teologi della liberazione l’hanno più volte ripetuto: del marxismo loro utilizzano solo i concetti che sembrano più pertinenti – la fede nel popolo considerato come artigiano della storia; alcuni elementi di analisi socio-economica; il funzionamento dell’ideologia dominante; la realtà del conflitto sociale (2). Monsignor Lopez Trujillo non si sforzerà neanche tanto per silurare questa nuova corrente, e riceverà presto un’importante supporto: l’aiuto del Vaticano.

Dopo la morte di Papa Paolo VI, è il cardinale polacco Karol Wojtyla, diventato Papa Giovanni Paolo II il 16 ottobre 1978, a presiedere la terza conferenza episcopale latino-americana di Puebla (Messico). Tutti i Paesi della regione, tranne quattro, sono in questo periodo sotto il controllo di regimi militari. Mentre i vescovi confermano la scelta prioritaria di “concentrarsi sulle condizioni dei poveri”, il nuovo Papa evita qualsiasi dichiarazione che riguardi le tensioni che attraversano in questo momento la Chiesa latino-americana. Allo stesso tempo però quest’ultimo si astiene dal fare dichiarazioni di denuncia nei confronti dei regimi dittatoriali. Marcato personalmente dalla sua esperienza di vita in un paese dell’Est Europa, vigoroso anticomunista, adotta una visione piuttosto semplicista degli eventi caratterizzanti la Chiesa sud-americana, e nel 1981 chiama a Roma un teologo tedesco con cui ha dei profondi legami personali: il cardinale Ratzinger, che diventa così prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, la vecchia Inquisizione.

Ratzinger l’inquisitore

Con tutta la sua esperienza sul campo ed un anno di vicariato in una parrocchia di Monaco, il nuovo ideologo di fresca nomina diventa la più solida spalla di Monsignor Lopez Trujillo (che lo raggiungerà, nel 1983, alla suddetta Congregazione). In un’atmosfera da guerra fredda, il Nicaragua diventa una sorta di “modello polacco”: la gerarchia ecclesiastica è chiamata a resistere apertamente contro il regime sandinista – di ispirazione cristiana e marxista allo stesso tempo – e viene a crearsi un sodalizio informale tra il Vaticano e gli Stati Uniti di Ronald Reagan, al fine di combattere tra l’altro, la minaccia comunista in America Latina.

Durante una conferenza tenutasi al Vaticano, nel settembre 1983, Ratzinger si lascia andare ad una violenta requisitoria: “L’analisi del fenomeno della Teologia della Liberazione sottolinea in maniera chiara la presenza di un pericolo fondamentale per la fede della Chiesa (3).” Denunciando un radicalismo “la cui gravità è spesso sottostimata perché tale teologia non rientra in nessuna categoria di eresia esistente oggigiorno”, egli osserva: “Il mondo viene qui interpretato secondo un’ottica di lotta di classe.(…) Il “popolo” diventa un concetto in opposizione a quello di “gerarchia” ed è allo stesso tempo antitetico rispetto a tutte le istituzioni considerate sempre più come forze di oppressione”. I termini vivi e vigorosi di una prima direttiva emanata dalla Congregazione il 3 settembre 1984,appaiono come una condanna a morte per la sinistra clericale latino-americana.

Tempo prima, il « grande inquisitore » aveva indirizzato all’episcopato peruviano un documento di analisi del lavoro di padre Gutierrez, prima di obbligarlo a “rivedere” le sue opere in un processo degno di quello vissuto da Galileo. Nel marzo del 1985 è sull’opera “Chiesa, carisma e potere” del frate francescano Leonardo Boff, che si abbatte la tempesta. Dopo esser stato atto fuori dalla casa editrice che lui stesso dirigeva,  a padre Boff gli si impedisce la libertà di insegnamento e di libera espressione di pensiero. In Brasile, appena uscito dal ventennio dittatoriale, tale sanzione provoca una forte indignazione (4).

Il rafforzamento del conservatorismo ecclesiastico ed i legami con le dittature

Dinnanzi all’amarezza provocata da tali diktat imposti dall’alto, Giovanni Paolo II prova a tenere sotto controllo l’incendio sul quale il “Panzerkardinal” getta benzina a fiotti. Parlando della teologia contestata, in una lettera del 9 aprile 1986 indirizzata all’episcopato brasiliano, il papa giudica che questa sia “non solamente opportuna ma anche utile e necessaria”. Addirittura il papa si spinge ancora più in là criticando l’ideologia dominate del capitalismo liberale. Malgrado tutto ciò Roma decide però di smantellare con forza  l’esperienza di Medellin. La nomina di vescovi conservatori e membri dell’Opus Dei (5), il peso crescente dato a nuovi movimenti come il neocatecumenismo, i Legionari di Cristo, il Rinnovamento carismatico (neo-pentecostalismo) fa si che il duo Wojtyla – Ratzinger rafforzi la tendenza conservatrice della Chiesa. Per ridurre l’influenza dei pastori considerati troppo radicali, alcune diocesi, come quella del cardinale Paulo Evaristo Arns, in Brasile, saranno sapientemente riorganizzate. Nel 1985, Monsignor Josè Cardoso, spinto dalla curia romana, rimpiazza don Helder Camara. Il nuovo arrivato comincia sin da subito a inimicarsi quasi tutto il clero e tutti i gruppi laici militanti.

Se i preti che appoggiano il governo sandinista sono condannati, questo non sarà il caso di quei preti che invece hanno collaborato con la giunta militare argentina. E difficilmente si dimenticherà il giorno in cui Giovanni Paolo II diede la comunione a Pinochet, durante una sua visita in America Latina. Si sa ancora meno delle negoziazioni portate avanti dal cardinale cileno Jorge Medina per favorire la liberazione di Pinochet ed il suo ritorno a Santiago, nel periodo in cui quest’ultimo era detenuto a Londra, tra il novembre 1998 e il marzo 2000. Bisogna dire che tali negoziazioni furono sostenute dalla Sanata Sede, grazie al sostegno dei cardinali Trujillo e Ratzinger. Meno fortunati di Pinochet sono stati i circa centoquaranta teologi che avevano tentato di mettere in pratica le aperture progressiste predicate dal concilio Vaticano II, i quali sono stati puniti durante il pontificato Giovanni Paolo II.

Diventato ormai papa Benedetto XVI, ricevendo un gruppo di prelati brasiliani il 5 dicembre 2009, l’ispiratore e teorizzatore delle misure conservatrici di Wojtyla imprecava così riferendosi alla teologia della liberazione: “I postumi più o meno visibili di tale comportamento, caratterizzati dalla ribellione, dalla divisione, dal disaccordo, dall’offesa e dall’anarchia, perdurano ancora, producendo nelle vostre comunità diocesane una grande sofferenza ed una grave perdita di forze vive (6)…” Si può essere San Pietro ed essere poco inclini al pentimento ed al perdono …

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