martedì, 03 giugno 2008

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Dom Helder Camara e i Progressisti Sconfitti dal Concilio

scritto da stranocristiano

 

Dom Helder Camara da segretario generale del fascismo brasiliano a capo mondiale della teologia della liberazione. Il suo tentativo di influenzare il Concilio con una struttura riservata denominata Opus Angeli, in cui compare anche il nostro Dossetti. La nascita dello "spirito del Concilio" e l'ammissione dei progressisti di avere perso.

 

(http://kattolikamente.splinder.com) Esce in Italia con il titolo Roma, due del mattino. Lettere dal Concilio Vaticano II (Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo [Milano] 2008), una raccolta delle circolari inviate dal Vaticano II ai suoi amici dall'influente prelato brasiliano, Dom Helder Camara. Qui sotto una sintesi della recensione di Massimo Introvigne direttore del Cesnur.

 

L'introduzione al volume italiano omette una ricostruzione completa del suo impegno politico e religioso. L'omissione è consistente sopratutto per quanto riguarda la militanza e poi la sua carica di segretario generale dell'Azione Integralista Brasiliana (AIB), l'equivalente brasiliano del fascismo, da prete.

 

Fallita questa esperienza politica con lo scioglimento d'autorità dell'AIB nel 1937 e con il fallimento dell'insurrezione degli integralisti contro il governo nel 1938, Dom Helder si inventa una nuova carriera ecclesiastica. Nel 1950 prospetta una conferenza episcopale in Brasile, che vedrà la luce nel 1952. Dom Helder, nominato vescovo ausiliare di Rio, sarà messo alla testa del segretariato della Conferenza Episcopale e avrà il monopolio davanti ai media della rappresentanza della Chiesa brasiliana. In realtà, le posizioni che esprimerà rappresenteranno quelle di otto o dieci vescovi suoi collaboratori.

 

Paolo VI, convocando l'assemblea generale dei vescovi brasiliani a Roma nel 1964, smantellerà le posizioni chiave dei collaboratori di Camara e promoveatur ut removeatur nominerà questi vescovo di Olinda e Recife. Dom Helder, però, trasformerà Recife in un centro di elaborazione intellettuale e laboratorio mondiale della teologia della liberazione.

 

Il vescovo brasiliano, che non ha mai preso parola al Concilio, cercherà di influenzare i lavori conciliari con una struttura riservatissima denominata Opus Angeli con metodi alquanto curiosi: riunioni cospiratorie, contatti privilegiati con i media, nomi in codice perché non si può mai sapere chi legge o ascolta al telefono (così il cardinale Suenens, il principale portavoce delle idee di Câmara nei dibattiti conciliari, è quasi sempre indicato come "Padre Miguel") e perfino segnali convenuti per indicare ai padri conciliari "amici" come dovessero votare in aula.

 

Data la riservatezza della struttura, non è semplicissimo dire chi ne facesse parte, ma emergono i nomi del teologo austriaco Ivan Illich (1926-2002), del teologo svizzero Hans Küng e del teologo moralista tedesco Bernard Häring (1912-1998), cui si aggiunge in seguito anche don Giuseppe Dossetti (1913-1996), capofila del cosiddetto cattolicesimo democratico in Italia.

 

Mano a mano che il Concilio procede ci si accorge che molte – si potrebbe dire la maggioranza – delle proposte elaborate nell’officina dell’Opus Angeli non sono accolte, soprattutto in tema di collegialità, conferenze episcopali, riforma della curia, elezione del Papa da parte dell’assemblea del Sinodo dei Vescovi e non di un conclave di soli cardinali, rapporti con le religioni non cristiane, ecumenismo, segni di povertà della Chiesa, ordinazione inizialmente diaconale e quindi anche presbiterale delle donne, abolizione del celibato sacerdotale. Anche la nomina di Camara a cardinale non si realizzerà mai.

 

La madre di tutte le sconfitte per Dom Helder e i suoi amici è tuttavia il rifiuto di Papa Paolo VI di far pronunciare il Concilio sul tema degli anticoncezionali: un rifiuto che già preannuncia l’Humanae vitae, rispetto alla dottrina enunciata nella quale Camara, già tre anni prima dell’enciclica del 1968 di Paolo VI, dà un giudizio durissimo come un errore, la morte del Concilio, la negazione della pratica della collegialità.

 

Questo fa vedere come durante il Concilio si preparasse il dissenso che investiva i fondamenti stessi dell'autorità del Papa,che dagli anticoncezioni si sarebbe spostato all'aborto transitando per il divorzio.

 

Camara e i suoi amici preparavano anche la soluzione per il post-concilio: andare oltre il Concilio. Dom Helder invocava lo "spirito del Concilio", invitando gli amici a preparare un "Concilio Vaticano III" da convocare entro dieci anni. Per questo chiederà un incontro con alti esponenti della Compagnia di Gesù.

 

Alla chiusura del Vaticano II, Camara dunque già preparava il Vaticano III e diffondeva a piene mani la tesi secondo cui "occorrerebbe seguire non i testi del Concilio ma il suo spirito". Papa Benedetto XVI in questa espressione vi vede il segno caratteristico della falsa "ermeneutica della discontinuità e della rottura" che tanti danni ha causato nella Chiesa dopo il Vaticano II.

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