da ADISTA n°84
22.11.2003
http://www.cdbchieri.it/

"La rivoluzione sandinista non perseguitava la chiesa. E il papa non lo tollerava".
Ernesto cardenal ricorda e racconta

Managua, 6 marzo 1983, piazza 19 luglio: Giovanni Paolo II subisce una forte contestazione di piazza, l'unica della sua storia di pontefice. Poche ore prima, alzando l'indice ammonitore, aveva rimproverato p. Ernesto Cardenal perché aveva assunto un incarico di governo nella rivoluzione sandinista. Immagini e grida che fecero il giro del mondo. La stampa parteggiò per il papa e raccontò con molta ampiezza tutti i particolari dell'"offesa" arrecata al papa dalla folla che assisteva alla messa, mettendo anche in evidenza la 'disubbidienza' di Cardenal che, in quanto sacerdote, non avrebbe dovuto mantenere una carica politica. A 20 anni di distanza, Cardenal - poeta, sacerdote sospeso a divinis nel 1985 a causa di quella disubbidienza, dimissionario dal Fronte sandinista nel 1994 - ora dà la sua versione del vissuto di quel giorno. Lo fa in un libro, "La revolución perdida", appena pubblicato in Nicaragua (Aanama Ediciones) e di prossima uscita in Spagna (Editorial Trotta) e in Messico (Fondo de Cultura Economica). Qui di seguito, in una nostra traduzione dallo spagnolo, le pagine che ricordano gli avvenimenti di allora.
Dopo i saluti di protocollo, compresi quelli della guardia d'onore e della bandiera, il papa chiese a Daniel Ortega (allora presidente del Nicaragua, ndt) se poteva salutare anche i ministri. Naturalmente gli fu detto di sì; così il papa si diresse verso di noi. Affiancato da Daniel e dal cardinal Casaroli cominciò a dare la mano ai ministri e, quando si avvicinò a me, io feci quello che, anche su consiglio del Nunzio, avevo previsto di fare se si fosse verificato questo caso: togliermi il basco e inginocchiarmi per baciargli l'anello. Ma egli non permise che glielo baciassi e, brandendo il dito come fosse un bastone, mi disse in tono di rimprovero: "Lei deve regolarizzare la sua situazione". Siccome io non risposi, tornò a ripetere la brusca ammonizione. E questo mentre eravamo inquadrati da tutte le telecamere del mondo. Ho l'impressione che tutto questo fu ben premeditato dal papa. E che le televisioni fossero avvisate. Il fatto è che questa immagine fu diffusa nel mondo intero e che lo è tuttora: mi hanno informato che l'hanno ritirata fuori in occasione di recenti viaggi del papa. In realtà, era ingiusta la reprimenda del papa perché io avevo regolarizzato la mia situazione con la Chiesa. Noi sacerdoti che avevamo incarichi nel governo eravamo stati autorizzati dai vescovi, che avevano reso pubblica la loro autorizzazione (fino a quando il Vaticano ci proibì di mantenere tali incarichi). E la verità è che ciò che più disgustava il papa della Rivoluzione del Nicaragua era che fosse una Rivoluzione che non perseguitava la Chiesa. Avrebbe voluto un regime come quello della Polonia, che era anticattolico in un Paese a maggioranza cattolica, e pertanto impopolare. Quello che neanche lontanamente avrebbe voluto era una Rivoluzione appoggiata massicciamente dai cristiani come era la nostra, in un Paese cristiano, e dunque una Rivoluzione molto popolare. E peggio ancora, la nostra era una Rivoluzione con dei sacerdoti! Il governo fece tutto il possibile perché la piazza di Managua, per la messa del papa, si riempisse di gente; perché riempirla di gente avrebbe significato riempirla di Rivoluzionari. Ci stupì che nel suo discorso all'aeroporto il papa parlasse di persone impedite a raggiungere il luogo dell'incontro, malgrado lo volessero. Lo ripeté varie volte durante la messa, e con un'enfasi perversa su ogni sillaba perché si capisse bene che erano molti quelli cui era stato impedito di arrivare lì. Ma potevano veramente giungere più delle 700.000 persone presenti? E visto che pronunciava discorsi scritti, e che erano stati scritti a Roma, com'è possibile che sapesse prima che a molti era stato impedito di raggiungere la piazza? Le letture della messa non furono innocenti. Si vedeva bene che erano state scelte espressamente contro i sandinisti. Dell'Antico Testamento fu letto il passo della Torre di Babele, quello degli uomini che vollero rendersi uguali a Dio. Del Nuovo, quello del Buon Pastore: solo Cristo lo è; gli altri sono ladri e malfattori. L'omelia papale fu sull'unità della Chiesa, il che significava un attacco alla cosiddetta "Chiesa popolare", o anche "Chiesa parallela", un'accusa ai cristiani rivoluzionari di distruggere l'unità. Era evidente che il papa odiava la Rivoluzione sandinista, ed era venuto in Nicaragua per litigare. La cosa sconcertante era che ad ogni frase la piazza scoppiava in applausi ed evviva all'indirizzo del papa. Ci fu un momento in cui pensai che la Rivoluzione stesse venendo giù. Mi dissi che, se continuava così, tutti quelli che eravamo nella tribuna riservata al governo avremmo dovuto fare le valigie nella notte. Ma fu allora che cessarono i grandi applausi: rimasero ad applaudire solo i 50.000 portati lì da padre Carballo; il resto della piazza cominciò a protestare. Seppi dopo che l'orientamento della Rivoluzione in tutto il Paese era stato quello di non dare nessuna consegna politica, ma solo di invitare a gridare viva al papa e ad applaudire le sue parole. Si pensava che avrebbe fatto un discorso di carattere pastorale; questo ci era stato assicurato ripetutamente da parte del Vaticano. Rivedendo i video della messa si ha la prova che ci fu un cambiamento progressivo nella maggioranza della piazza, che prima smette di applaudire e poi protesta sempre più forte a mano a mano che capisce che il papa, parlando della Chiesa, sta parlando contro la Rivoluzione e contro i cristiani e i sacerdoti della Rivoluzione. E perciò non fu, come molti hanno detto in seguito, un attacco al papa premeditato dai sandinisti; fu il papa ad attaccare per primo la Rivoluzione, e il popolo rimase confuso e dubbioso per una ventina di minuti, poi reagì contro il papa. Più volte il papa aveva detto che il Nicaragua era la sua "seconda Polonia". Fu un grande errore, perché il Nicaragua non era la Polonia. Credeva che ci fosse un regime impopolare, rifiutato dalla grande maggioranza dei cristiani e che la sua presenza combattiva avrebbe provocato una sollevazione del popolo contro i comandanti della Direzione Nazionale e della Giunta di governo presenti in piazza. Che sarebbe bastato che egli parlasse contro la Rivoluzione dei sandinisti per avere l'appoggio massiccio della piazza. Era venuto in Nicaragua per destabilizzare la Rivoluzione. Se il papa non si fosse sbagliato, la notizia mondiale di quel giorno sarebbe stata che il popolo nicaraguense rifiutava la Rivoluzione. E certamente questo sarebbe stato il crollo della Rivoluzione sandinista, come io giunsi a temere. Ma siccome il popolo difese la Rivoluzione e rifiutò il papa, la notizia mondiale fu "l'affronto fatto al papa in Nicaragua". Il popolo mancò di rispetto al papa, è vero, ma prima il papa mancò di rispetto al popolo. Prima le madri dei 17 ragazzi uccisi cominciarono a chiedere al papa una preghiera per i loro figli, ed egli non badò loro. Poi si avvicinarono all'altare e cominciarono a chiederlo gridando. Altri chiedevano una preghiera per la pace, e, quando diventarono molti quelli che in coro gridavano "Vogliamo la pace", ciò che fece il papa fu di rispondere alla folla gridando: "La prima a chiedere pace è la Chiesa"; e poco dopo, poiché le proteste del popolo erano un crescendo, prese il microfono e gridò a pieni polmoni: "Silenzio!". La qual cosa irritò ancor più il popolo, che non era abituato a sentirsi gridare dai suoi dirigenti "Silenzio!". A partire da quel momento la mancanza di rispetto fu totale. Il papa voleva dire le parole della consacrazione, quelle del momento più solenne della messa, e non poteva per le grida della folla: "Vogliamo la pace!" e "Potere popolare!", "Non vinceranno!". C'erano evviva al Fronte sandinista mentre le migliaia di persone della destra che erano in fondo lanciavano evviva al papa. In uno dei video si sente una donna che grida: "Non è un papa dei poveri: guarda come si veste!". Per due o tre volte ancora il papa dovette gridare silenzio. Per la prima volta nella storia moderna, un papa era umiliato dalla folla. Nei video lo si vede sconcertato da quello che sta accadendo, e varie volte dà segno di vacillare e sta quasi per lasciare l'altare. Alla fine della messa poté appena dare la benedizione papale, dopo averla iniziata tre volte, ad una folla che già stava cantando l'inno del Fronte sandinista. Quello che disse il Vaticano, quello che disse la stampa capitalista dell'intero mondo, quello che dissero molti vescovi fu che il regime marxista del Nicaragua aveva commesso un oltraggio contro il Sommo Pontefice; si parlò di sacrilegio e di profanazione della messa papale. E in altre città del Centroamerica, che egli visitò dopo, furono celebrate messe di riparazione. Certamente per la Rivoluzione fu una perdita di credito a livello mondiale. Ma cosa sarebbe successo se il popolo avesse continuato ad applaudire? Mi sembra che fu una prova del fuoco per la Rivoluzione, che ne uscì trionfalmente. Perché era un popolo in maggioranza cattolico quello che era lì presente, e neanche tutto il prestigio e il potere spirituale del papa di Roma riuscì a farlo rivoltare contro i dirigenti. Piuttosto si rivoltò contro il papa.

top