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24 maggio 2012

Scavalcare la crisi: m'invento
un lavoro con il web
di Paola Marinone e Barbara Bechelloni 

Secondo la definizione corrente ci sono i "nativi digitali", ovvero i nati dopo il 1985 e cresciuti con le tecnologie digitali, gli "immigrati", le persone cresciute prima delle tecnologie che le hanno successivamente adottate e i “tardivi”, che le tecnologie le hanno scoperte in tarda età e ancora oggi ne diffidano. Secondo Antonio Lupetti, blogger e star di Twitter, nickname @woork, «queste sono solo delle classificazioni. In realtà, in questo momento storico, non possiamo vivere senza l’informatica di consumo, senza le varie tecnologie digitali: cellulari, internet, computer e smartphone. Sono definizioni spartiacque per definire le persone prima e dopo, ma non credo che chi è nato prima di questa rivoluzione tecnologica sia meno “nativo digitale” rispetto ai più giovani».

Le tecnologie sono entrate prepotentemente a far parte delle nostre vite. Gli smartphone hanno rivoluzionato tutto e, come ricorda Lupetti «l’internet del 2001 non era quello di oggi. Non c’era né la necessità né il bisogno di essere in contatto come adesso attraverso i social network che sono diventati parte integrante delle nostre vite». Twitter, Facebook, YouTube e gli altri sono il risultato di questa rivoluzione. Le nuove tecnologie hanno creato nuovi bisogni? Fino a pochi anni fa non era una necessità essere sempre connessi, guardavi le mail e qualche sito, ma è con l’arrivo degli smartphone che è nata questa esigenza e si sono diffusi i social network. Inoltre, come sottolinea, «sono stati gli immigrati digitali a trasformare, quello che prima era un ambito di pochi, internet, in un fenomeno di massa e una necessità per tutti».

In questa rivoluzione, in cui anche i bisogni sono cambiati, sono nate molte startup, che hanno colto nuove opportunità e aperto nuovi mercati grazie alle tecnologie e ai social network. Molti appassionati di tecnologia, nativi o immigrati digitali si sono cimentati in nuove avventure imprenditoriali e hanno fatto network. Tra di loro, Fabio Lalli, importante blogger sul tema della tecnologia e innovatore in prima persona. Ha fondato l’associazione Indigenidigitali, un network di persone che hanno in comune la passione per le tecnologie, organizzano incontri per lo scambio di idee che spesso danno vita a opportunità lavorative o di startup.

«Ci ispiriamo all’etica hacker di Pekka Himanen che ha alla base alcuni valori come l’amore per la condivisione di idee e progetti, la voglia di semplificare alcune attività per facilitare la vita, il divertimento». Come ci racconta Lalli, «questo modello di networking, con momenti di aggregazione che iniziano online, si materializzano con appuntamenti fisici in formato aperitivo, camp o eventi specifici e poi di nuovo online, rende possibile l’incontro tra startupper che sviluppano progetti tendenzialmente digitali, applicazioni per web, mobile o abbinate a tecnologie emergenti Nfc (Near Field Communication) o alla salute».

Il mercato italiano tuttavia è meno ricettivo, ma non manca chi ci prova. Per esempio Qurami, è un’applicazione nata da dei ragazzi per gestire le code; ora hanno una sede a San Francisco e cercano di espandere il loro mercato a paesi come la Cina. A Napoli sono nate: Mangatar una piattaforma che permette di giocare, in un ambiente virtuale, con i fumetti manga e Bookzingr, un SocialBookmarking che permette di aggiungere ai preferiti siti con molte funzionalità sociali per la condivisione.

Sembrerebbe più facile creare startup collegate all’intrattenimento e al game perché sono i mercati che in questo momento attirano di più, ma non mancano applicazioni di supporto alla vita quotidiana. Lo stesso Lalli ci racconta che, in coincidenza con la nascita di suo figlio, ha creato un’applicazione, già diventato un progetto più ampio, che si chiama Baby 2.0, che ti permette di gestire il ciclo di vita del bambino nei primi mesi di vita. Questo è il segnale di un modello economico che sta cambiando, anche in Italia. I giovani stanno cogliendo queste nuove sfide date dalla tecnologia e soprattutto cercano di condividere idee ed esperienze per supportare una crescita economica collaborativa e diffusa.

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