sd-commission.org.uk

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16 July 2009

 

Pensare l'impensabile

da Tim Jackson

 

A che punto la crescita economica diventa antieconomica?

 

Ogni società si aggrappa a un mito di cui vive. Il nostro è il mito della crescita economica. Per gli ultimi cinque decenni il perseguimento della crescita è stato il più importante obiettivo politico, unico in tutto il mondo. L'economia globale è quasi cinque volte la dimensione che aveva mezzo secolo fa. Se continua a crescere allo stesso ritmo, l'economia sarà 80 volte quella dimensione entro il 2100.

 

 

Questo straordinario dilagare dell'attività economica globale non ha precedenti storici. E' del tutto in contrasto con la nostra conoscenza scientifica delle risorse di base finite e la fragile ecologia da cui dipendiamo per la sopravvivenza. Che è già stata degradata di un buon 60% degli ecosistemi del mondo.

Per la maggior parte, si evita la cruda realtà di questi numeri. L'ipotesi di default è che, crisi finanziarie a parte, la crescita continuerà all'infinito. Non solo per i paesi più poveri a cui è innegabilmente necessaria una migliore qualità della vita, ma anche per le nazioni più ricche dove la cornucopia della ricchezza materiale aggiunge poco alla felicità e sta cominciando a minacciare le basi del nostro benessere.

Le ragioni di questa cecità collettiva sono abbastanza facili da trovare. La stabilità dell'economia moderna è strutturalmente affidata alla crescita economica. Quando la crescita vacilla, come ha fatto di recente, i politici vanno nel panico. Le aziende lottano per sopravvivere. Le persone perdono il lavoro e, talvolta, le loro case. La spirale della recessione incombe. Mettere in discussione la crescita è considerato un atto da pazzi, idealisti e rivoluzionari.

Ma mettiamolo in discussione, se dobbiamo. Il mito della crescita e fallito. Esso ha portato al fallimento i due miliardi di persone che ancora vivono con meno di 2 $ al giorno. Ha estinto i più fragili sistemi ecologici, da cui dipendiamo per la sopravvivenza. E ha clamorosamente fallito, nelle sue stesse funzioni, nel fornire, cioè, la stabilità economica e mezzi di sussistenza sicuri alle persone.

 

Oggi ci troviamo di fronte alla fine imminente dell'era del petrolio a buon mercato; la prospettiva, al di là della recente bolla, del costante aumento dei prezzi delle materie prime; al degrado delle foreste, dei laghi e dei terreni; ai conflitti per l'uso del suolo, ai diritti alla qualità delle acque e alla pesca; e alla sfida epocale di stabilizzare le concentrazioni di carbonio nell'atmosfera globale. E ci troviamo di fronte a questi compiti con un'economia che è fondamentalmente rotta, con un disperato bisogno di rinnovamento.

In queste circostanze, un ritorno al business as usual non è un'opzione. Prosperità per pochi, fondata sulla distruzione ecologica e l'ingiustizia sociale persistente, non offre alcun fondamento ad una società civile. La ripresa economica è di vitale importanza. La protezione dei posti di lavoro delle persone, e crearne di nuovi, è assolutamente essenziale. Ma siamo anche di fronte all’urgente bisogno di un rinnovato senso di prosperità condivisa. Un impegno di fiorente equità in un mondo finito.

 

Fornire questi obiettivi può sembrare un compito non familiare o persino incongruo per la politica dell’età moderna. Il ruolo del governo è stato inquadrato in modo così restrittivo da obiettivi materiali e svuotato da una visione sbagliata di libertà di consumi illimitati. Il concetto di governance si trova in urgente bisogno di rinnovamento.

Ma l'attuale crisi economica ci offre l'opportunità unica di investire nel cambiamento. Per spazzare via a breve termine il pensiero che ha afflitto la società per decenni. Per sostituirlo con una politica in grado di affrontare l'enorme sfida di fornire una prosperità duratura.

Perché, alla fine della giornata, la prosperità vada oltre piaceri materiali. Trascenda le preoccupazioni materiali. Essa risiede nella qualità della nostra vita e nella salute e nella felicità delle nostre famiglie. È presente nella forza delle nostre relazioni e nella nostra fiducia nella comunità. Essa è evidenziata dalla nostra soddisfazione sul lavoro e dal senso di significati condivisi e di scopo. Si appende sulla nostra capacità di partecipare pienamente alla vita della società.

La prosperità consiste nella nostra capacità di crescere come esseri umani, entro i limiti ecologici di un pianeta finito. La sfida per la nostra società è quella di creare le condizioni in cui ciò sia possibile. E' il compito più urgente dei nostri tempi.

 

sd-commission.org.uk

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16 July 2009

 

Thinking the Unthinkable

by Tim Jackson

 

At what point does economic growth become uneconomic growth?

 

Every society clings to a myth by which it lives. Ours is the myth of economic growth. For the last five decades the pursuit of growth has been the single most important policy goal across the world. The global economy is almost five times the size it was half a century ago. If it continues to grow at the same rate, the economy will be 80 times that size by the year 2100.

This extraordinary ramping up of global economic activity has no historical precedent. It’s totally at odds with our scientific knowledge of the finite resource base and the fragile ecology we depend on for survival. And it has already been accompanied by the degradation of an estimated 60% of the world’s ecosystems.

For the most part, we avoid the stark reality of these numbers. The default assumption is that – financial crises aside – growth will continue indefinitely. Not just for the poorest countries where a better quality of life is undeniably needed, but even for the richest nations where the cornucopia of material wealth adds little to happiness and is beginning to threaten the foundations of our well-being.

The reasons for this collective blindness are easy enough to find. The modern economy is structurally reliant on economic growth for its stability. When growth falters – as it has done recently – politicians panic. Businesses struggle to survive. People lose their jobs and sometimes their homes. A spiral of recession looms. Questioning growth is deemed to be the act of lunatics, idealists and revolutionaries.

But question it we must. The myth of growth has failed us. It has failed the two billion people who still live on less than $2 a day. It has failed the fragile ecological systems we depend on for survival. It has failed spectacularly, in its own terms, to provide economic stability and secure people’s livelihoods.

Today we find ourselves faced with the imminent end of the era of cheap oil; the prospect (beyond the recent bubble) of steadily rising commodity prices; the degradation of forests, lakes and soils; conflicts over land use, water quality and fishing rights; and the momentous challenge of stabilizing concentrations of carbon in the global atmosphere. And we face these tasks with an economy that is fundamentally broken, in desperate need of renewal.

In these circumstances, a return to business as usual is not an option. Prosperity for the few founded on ecological destruction and persistent social injustice is no foundation for a civilized society. Economic recovery is vital. Protecting people’s jobs – and creating new ones – is absolutely essential. But we also stand in urgent need of a renewed sense of shared prosperity. A commitment to fairness and flourishing in a finite world.

Delivering these goals may seem an unfamiliar or even incongruous task for policy in the modern age. The role of government has been framed so narrowly by material aims and hollowed out by a misguided vision of unbounded consumer freedoms. The concept of governance itself stands in urgent need of renewal.

But the current economic crisis presents us with a unique opportunity to invest in change. To sweep away the short-term thinking that has plagued society for decades. To replace it with policy capable of addressing the enormous challenge of delivering a lasting prosperity.

For at the end of the day, prosperity goes beyond material pleasures. It transcends material concerns. It resides in the quality of our lives and in the health and happiness of our families. It is present in the strength of our relationships and our trust in the community. It is evidenced by our satisfaction at work and our sense of shared meaning and purpose. It hangs on our potential to participate fully in the life of society.

Prosperity consists in our ability to flourish as human beings – within the ecological limits of a finite planet. The challenge for our society is to create the conditions under which this is possible. It is the most urgent task of our times.

 

Tim Jackson, from “Prosperity without Growth.

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