Originale: TomDispatch.com

http://znetitaly.altervista.org/

1° aprile 2015

 

Il Grande Gioco in Afghanistan, aggiornamento al ventunesimo secolo

di Dilip Hiro

Traduzione di Maria Chiara Starace

 

Chiamatela un’ironia, se volete, ma mentre l’amministrazione Obama lotta per rallentare  o fermare  il suo  programmato ritiro dall’Afghanistan, il presidente afgano di recente eletto, Ashraf  Ghani sta attuando un’operazione di ritiro per conto suo.

Sembra che sia in procinto di cercare mettere ai margini  il più importante protettore del paese da 13 anni e, come è avvenuto in Iraq dopo l’invasione e l’occupazione  americana, le compagnie cinesi per lo sviluppo delle  risorse stanno già raccogliendo i pezzi.

Nel diciannovesimo secolo l’Afghanistan era l’epicentro del “Grande Gioco” tra le potenze imperiali di quell’era: la Gran Bretagna e la Russia degli Zar, ed è così di nuovo. Washington, la “unica superpotenza” del pianeta, dopo aver speso la cifra che si stima sia di 1 trilione di dollari e aver sacrificato le vite di 2.150 soldati per combattere i talebani nella più lunga guerra d’oltremare della storia, si trova sempre di più e in modo imbarazzante relegato  allo stato di osservatore nella regione, perfino mentre i suoi soldati e i suoi contractor occupano ancora le basi afgane, addestrano le forze afgane, e organizzano assalti notturni contro i talebani.

Nella nuova politica estera che Ghani ha di recente delineato, gli Stati Uniti si trovano  relegati  al  terzo dei cinque circoli di importanza. Il primo circolo contiene i paesi confinanti, compresa la Cina con il suo confine in comune con l’Afghanistan. E il secondo è limitato ai paesi del mondo islamico.

Nella nuova politica dell’Afghanistan del regime di Ghani, mentre  le possibilità di colloqui di pace tra il suo governo e i talebani imbattuti,  l’amministrazione Obama si trova gradualmente ma chiaramente ridotta alla condizione di spettatore. Nel frattempo, il merito per quei probabili colloqui di pace va alla dirigenza cinese che per due volte in tempi recenti ha ricevuto una delegazione di talebani  a Pechino, e a Ghani che ha  smorzato l’ostilità  fanatica dei talebani contrari all’India tramite il capovolgimento delle politiche pro-India e anti-Pakistan del suo predecessore, Hamid Karzai.

 

Come influenzare  gli Afgani

A un mese dall’insediamento nella sua carica,   alla fine di settembre, Ghani è volato, non a Washington, – ha fatto il suo viaggio obbligatorio negli Stati Uniti soltanto la settimana scorsa – ma a Pechino. In quella città ha dichiarato la Cina “un socio strategico a breve, termine, a medio termine, a lungo termine, e a lunghissimo termine.” In risposta, il presidente Xi Jinping ha chiamato il suo collega afgano “un vecchio amico del popolo cinese,” che ha accolto con entusiasmo per essere preparato a operare in vista di “una nuova era di collaborazione” e per voler pianificato di portare lo sviluppo economico “a un nuovo spessore.”

In quanto funzionario della Banca Centrale per 11 anni, Ghani aveva trattato di frequente con il governo cinese. Questa volta è partito da Pechino con una promessa di 2 miliardi di yuan (327 milioni di dollari) di aiuti economici per l’Afghanistan fino al 2017.

Le ottimistiche dichiarazioni dei due presidenti vanno considerate nel contesto  del Grande Gioco del ventunesimo secolo nella regione, in cui, dopo 13 anni di guerra americana, le aziende cinesi sono quelle che stano stabilendo i record di accordi firmati per grandi investimenti.

Nel 2007  la Compagnia Metallurgica della Cina e la Compagnia del rame della provincia di Jangxi, costituite in un consorzio, hanno ottenuto un contratto per estrarre il rame ad Aynak, 24 miglia a sudest di Kabul. Quattro anni dopo, la Compagnia nazionale cinese del petrolio in joint venture (http://it.wikipedia.org/wiki/Joint_venture) con una società locale, la Watan Oil&Gas (La Watan Petrolio e Gas), si è assicurata il diritto a sviluppare tre blocchi petroliferi nell’Afghanistan nord-occidentale con un piano di investimento di 400 milioni.

In netto contrasto, 70 società statunitensi avevano investito soltanto 75 milioni di dollari nel 2012, secondo l’Agenzia dell’Afghanistan di appoggio agli investimenti. Quello che i decisori politici di Washington trovano irritante, è che la Cina non abbia contribuito neanche con uno yuan a pacificare l’Afghanistan oppresso dagli insorti e non abbia partecipato alla missione della NATO denominata ISAF ( International Security Assistance Force  -Forza internazionale di assistenza alla sicurezza), in quel paese, e che tuttavia le sue società continuano a trarre benefici dalla sicurezza fornita dalla presenza dei soldati americani.

In un altro settore ugualmente importante di soft power (http://it.wikipedia.org/wiki/Soft_power), quando si era trattato di ottenere popolarità tra gli afgani tramite l’aiuto economico, Nuova Delhi è stata migliore di    Washington in ogni modo. Sebbene l’aiuto di 2 milioni di dollari per Kabul fosse una frazione di quello che Washington ha riversato nella costruzione delle infrastrutture del paese: strade, scuole, ambulatori, l’impatto dell’aiuto dell’India è stato molto maggiore. E’ stato cos’in parte perché ha comportato pochi sprechi e poca corruzione.

Continuando la pratica che risale all’epoca pre-talebana,  il governo indiano ha destinato i suoi aiuti per lo sviluppo per costruire pozzi, scuole, e ambulatori inviandolo direttamente nel bilancio del governo afgano. Questa procedura è stata molto diversa da quella seguita dagli Stati Uniti e dai suoi alleati che incanalavano direttamente il denaro degli aiuti agli appaltatori o a organizzazioni locali approvate e a quelle straniere, con scarsa o nulla supervisione. La conseguenze sono state  enormi imbrogli e corruzione.

Finanziando la costruzione di un nuovo complesso per la sede del parlamento alla periferia di Kabul, la capitale afgana, costato 140 milioni di dollari, l’India ha fornito un esempio evidente della sua generosità. Questo gesto è servito anche per    distinguerla pubblicamente dal suo rivale regionale, il Pakistan. L’India è stata, dopo tutto una democrazia funzionante con molti partiti, fin dalla sua indipendenza (eccetto un’interruzione di 19 mesi con il governo d’emergenza nel 1975-76). Invece, i militari in Pakistan hanno rovesciato il loro governo civile tre volte, governando il paese per 31 anni fin dalla sua fondazione nell’agosto1947, in seguito alla divisione dell’India Britannica.

Quella divisione è avvenuta in mezzo di un’orrenda violenza comune tra Hindu e Sikh da una parte           e musulmani dall’altra, che ha provocato 750.000 morti e la migrazione di 12 milioni di persone attraverso i confini da poco delineati tra le due nazioni di recente formazione. A due mesi di questo massacro senza precedenti, è scoppiata la guerra tra i due vicini quando il Mahraja hindu dello stato del Kashmir a maggioranza musulmana si è unito in modo predominante all’India Hindu.

Un cessate il fuoco  negoziato  dalle Nazioni Unite è diventato effettivo nel gennaio del 1950. Allora l’India controllava circa due quinti del Kashmir e ripeteva la sua precedente promessa che una volta che le condizioni normali fossero ritornate  nella provincia sconvolta, si sarebbe tenuto un plebiscito in tutto il Kashmir col quale i suoi abitanti potevano optare o per l’India o per il Pakistan. Quel plebiscito non si è fatto perché successivamente l’India non è riuscita ad agire prontamente. I tentativi del Pakistan nel 1965 e nel1999 di alterare lo status quo in Kashmir militarmente,  fallirono. Non c’è da meravigliarsi molto che i rapporti tra i due vicini, che nel 1998 si dichiaravano apertamente potenze nucleari, siano rimasti tesi fino a diventare ostili, punteggiati da periodiche sparatorie  attraverso il confine pesantemente militarizzato in Kashmir.

 

Un Grande Gioco nel vicinato

Dopo che gli Stati Uniti hanno cacciato il regime talebano da Kabul nel 2001, una versione contemporanea del Grande Gioco è comparsa in Afghanistan, dato che il Pakistan e l’India sono rimasti coinvolti in una guerra su procura lì. La maggior parte dei talebani è fuggita in Pakistan, allora governata dal generale Pervez Musharraf che era anche il capo di stato maggiore delle Forze armate. In Pakistan erano protetti dai servizi segreti militari, la  potente direzione dell’ISI – Inter-Services Intelligence. In seguito alla quasi completa deviazione delle risorse militari e di intelligence di Washington operata allo scopo di invadere e occupare l’Iraq nel marzo del 2003, la dirigenza talebana, alla guida del Mullah Muhammad Omar, ha iniziato a ricostruire il suo movimento.

Nel 2004, l’elezione diretta di Hamid Karzai a Presidente dell’Afghanistan post-talebano,  ha rinfrancato Nuova Delhi.  Karzai aveva trascorso 7 anni in India come studente universitario e durante il suo soggiorno ha imparato a parlare correntemente l’Urdu e l’Hindi, oltre a diventare un patito dei film di Bollywood e della cucina dell’India del Nord. E’ anche arrivato ad ammirare il sistema democratico del paese. A due messi dall’assunzione della presidenza dell’Afghanistan, ha fatto una visita di stato in India.

Quando i talebani afgani, guidati dalla dirigenza che aveva la sua base in Pakistan, si sono di nuovo organizzati e armati, e la loro insorgenza contro il governo di Kabul ha preso slancio, i rapporti tra Karzai e Musharraf sono diventati tesi. Per sdrammatizzare la situazione, si sono incontrati a Islamabad nel febbraio 2006. Karzai ha consegnato al generale una lista di militanti talebani, compreso il Mullah Omar, che presumibilmente viveva in Pakistan. Quando nessuna azione è seguita e con Musharraf che in seguito ha sostenuto che la maggior parte delle informazioni erano vecchie e inutili, il suo governo ha fatto trapelare la lista ai media.

Da parte sua, Musharraf ha iniziato a lamentarsi che i ministeri afgani  della difesa e dell’intelligence, ognuno gestito da personaggi favorevoli a Delhi, stessero escogitando una cospirazione anti-pakistana. In un’intervista a Newsweek International, in settembre, Musharraf ha sostenuto che il Mullah Omar si trovava davvero nella città di Kandahar, nell’Afghanistan meridionale, e questo significava che “il centro di gravità di questo movimento (Talebano) era in Afghanistan.” Karzai ha replicato che “il Mullah Omar è per certo a Quetta in Pakistan…Abbiamo perfino dato [a Musharraf]  i numeri GPS di casa sua…e i numeri di telefono.” Così è andata.

Il mese scorso, in un’intervista al Wall Street Journal, Musharraf, ora confinato  una villa nella città portuale pakistana di Karachi, ha fatto notare che l’India e il Pakistan erano allora in una guerra su procura  sul suolo afgano che alimentava lì il conflitto. Sosteneva che il ruolo che il suo governo e i successivi svolgevano nel promuovere i talebani e i gruppi militanti alleati che operano in Afghanistan, era un legittimo contrappeso agli atti della rivale, l’India. “Ci sono nemici del Pakistan  ai “quali ci si deve opporre,” ha detto. “Certamente se c’è un mio nemico, userò qualcun altro per contrastarlo.”

Dato questo rapporto a somma zero tra le due principali nazioni dell’Asia meridionale, la lite tra Karzai e Mushrraf  ( e i suoi successori) si è dimostrata musica alle orecchie dei decisori politici di Nuova Delhi. Erano anche consapevoli che il loro paese era già molto avanti nei    della popolarità afgana. Per esempio, secondo un sondaggio di opinione del 2009 fatto dal Centro Afgano per la Ricerca socio-economica e per la Ricerca di opinione, il 91% degli afgani aveva un punto di vista piuttosto o molto sfavorevole del Pakistan. La cifra corrispondente per l’India era del 21%.

Durante il suo secondo mandato da presidente, Karzai  ha sfruttato al meglio questo sentimento popolare. Nell’ottobre 2011, il Primo ministro indiano Manmohan Singh e Karzai hanno firmato un accordo per una “partnership strategica” in cui l’India doveva, tra le altre cose, “aiutare, come deciso reciprocamente, nei programmi di addestramento, equipaggiamento e  sviluppo delle capacità  destinati alle Forze della sicurezza nazionale afgana.”

I leader pachistani, che considerano l’Afghanistan come il cortile posteriore del loro paese, si sono allarmati. La loro apprensione è aumentata quando una notizia nel giornale con sede a  Dubai, il National ha citato un articolo sul settimanale Jane’s Defense Weekly, che fino a 30.000 reclute  delle forze  di sicurezza afgane, dovevano essere mendate in aereo in India per un periodo di addestramento di tre anni. Là sarebbero stati equipaggiati con fucili da assalto e altre armi più piccole e in  seguito

con lanciarazzi,  artiglieria leggera e perfino carri armati sovietici T55 modificati.

C’era grande ansia a Islamabad, capitale del Pakistan, all’idea di futuri comandanti

Afgani indottrinati dal suo mortale rivale quando Karzai aveva invece ripetutamente rifiutato le offerte pachistane di addestrare i cadetti dell’esercito afgano nella loro accademia militare. Questo ha spinto gli strateghi militari pachistani a  confermare  i loro piani per lo scenario peggiore: un assalto su due fronti al paese dall’India nella parte orientale, e un’alleanza militare  indo-afgana nella parte occidentale.

Con loro sollievo, la cifra citata dal Jane’s Defense Weekly, si è dimostrata enormemente gonfiata. Durante una visita di Karzai in India nel dicembre 2013, il governo ha annunciato che le 350 persone del personale dell’esercito e della polizia che venivano addestrati ogni anno in India, sarebbero aumentate fino a 1.000in futuro e che il focus del loro addestramento avrebbe riguardato le operazioni di contro insorgenza e di controterrorismo. Islamabad non è stata meno sollevata nell’apprendere che, per affrontare l’aumento dei rischi per la sicurezza in Afghanistan, un consorzio di compagnie indiane aveva  ridotto il  suo investi mento per le estrazioni di  minerali di ferro  dai 10,3 miliardi di dollari progettati, a 1,5 miliardi di dollari.

Sul fronte cinese, invitato dal presidente Xi, Karzai ha partecipato alla conferenza al vertice dell’Organizzazione di Shangai per la Cooperazione, tenutasi a Pechino nel giugno 2012. In quella sede i due leader hanno emesso una dichiarazione congiunta su un “Partenariato strategico e di cooperazione tra Cina e Afghanistan.” Tre mesi dopo, il capo della sicurezza interna della Cina, Zhou Yongka, è andato in visita a Kabul e ha firmato una serie di accordi economici e per la sicurezza tra Cina e Afghanistan che comprendevano l’addestramento del modesto numero di 300 poliziotti afgani nei successivi 4 anni.

Un anno dopo, durante un’altra visita di Karzai a Pechino, Xi ha annunciato una sovvenzione di 200 milioni di yuan  (32 milioni di dollari) all’Afghanistan per il 2013 e si è offerto di ospitare la conferenza annuale regionale sull’Afghanistan di 14 nazioni; la prima si era tenuta a Istanbul nel novembre 2011.

E quindi la scena era pronta per una svolta importante sia nel Grande Gioco in Asia che nella sia versione ristretta che si svolgeva in Afghanistan.

 

La carta cinese

Un’ironia indicativa è che il presidente afgano Ghani è stato il pupillo dell’America, specialmente dati i litigi che Washington aveva con Karzai che denunciava regolarmente gli attacchi aerei statunitensi, proibiva gli assalti notturni nel suo paese, e si rifiutava di firmare un accordo bilaterale per la sicurezza che avrebbe mantenuto in Afghanistan le forze degli Stati Uniti per altri dieci anni e più. Quando ha assunto la carica, Ghani ha prontamente firmato l’accordo, e poi ha tentato di neutralizzarne l’impatto corteggiando attivamente la Cina e il Pakistan.

Per cominciare, Ghani si è assicurato di arrivare a Pechino proprio prima che iniziasse la Quarta Conferenza Ministeriale sul’Afghanistan nell’ambito del Processo di Istanbul- Cuore dell’Asia,* il 31 ottobre 2014. Nei suoi colloqui con Xi,  si dice che abbia  esortato il leader cinese ad incoraggiare il governo del Pakistan  a fare pressione sui leader dei talebani per fare colloqui di pace con la sua amministrazione. Evidentemente ha avuto una risposta ricettiva.

Al contrario di Washington, che ha avuto rapporti estremamente  fluttuanti con Islamabad, Pechino ha molta più influenza in quel paese. Il Pakistan considera la Cina il suo principale fornitore di armi, come un alleato di primordine per tutte le stagioni. Nel maggio 2011, quando il Pakistan ha protestato che Washington non le aveva dato il minimo cenno che avrebbe dato il via alla sua operazione clandestina  per uccidere Osama bin Laden ad Abbotabad, c’è stato silenzio nelle capitali in tutto in pianeta – tranne che a Pechino. Ha appoggiato le rimostranze del Pakistan. Questo ha fatto sì che l’ambasciatore del Pakistan in Cina, Masood Khan, descrivesse le relazioni tra Cina e Pakistan con parole molto elogiative. “Diciamo che è più alto delle montagne, più profondo degli oceani, più forte dell’acciaio, più prezioso della vista, più dolce del miele , e così via.”

La Cina ha le sue  preoccupazioni per la sicurezza. E’ sempre più inquieta per l’estremismo islamista tra la sua popolazione uigura nella regione autonoma dello Xinjiang, contigua al  Pakistan. In modo minaccioso lo Stato Islamico ha giurato di “liberare” lo Xinjiang. Pechino non vede l’ora che vengano eliminati  i campi di addestramento gestiti dai terroristi islamisti Uiguri sul confine tra Afghanistan e Pakistan, cos che si può fare soltanto con la collaborazione attiva dei talebani afgani e dei loro alleati, i talebani pakistani.

In linea con la sua politica estera di dare la priorità assoluta ai vicini, Ghani ha fatto un viaggio a Islamabad alla fine di novembre. Lì, dopo essersi incontrato con il Primo ministro pakistano Nawaz Sharif, ha infranto il protocollo diplomatico andando a trovare il Generale Raheel Sharif, il potente Capo di stato maggiore dell’esercito  che ha l’ultima parola su questioni di sicurezza nazionale. Il gesto di Ghani ha allarmato la lobby filo-indiana in Afghanistan, ma è stata applaudita dai funzionari e dai media in Pakistan.

In seguito Ghani ha sospeso un ordinazione di armi pesanti che Karzai aveva fatto all’India. Come ulteriore segno che si stava liberando dall’abbraccio con l’India, finora non ha mostrato nessun interesse di visitare Nuova Delhi. “Ashraf Ghani è un uomo equilibrato,” ha osservato Musharraf e ha aggiunto: “Penso che sia una grande speranza” per il Pakistan.

Nawaz Sharif ha risposto positivamente, cambiando una politica pakistana a lungo mantenuta di incoraggiare i talebani ad attenersi a una linea dura nei colloqui di pace. L’uccisione del 16 dicembre di 132 studenti pachistani, la maggior parte figli di ufficiali dell’esercito, nella Scuola Pubblica dell’esercito a Peshawar, ha aiutato questo processo. I capi della Tehrik-e-Taliban Pakistan, un’organizzazione locale vicina ai talebani afgani, ha architettato il massacro. Subito dopo, Sharif ha dichiarato che non c’erano più “terroristi buoni” e terroristi cattivi.”

Ghani ha accolto bene questa dichiarazione. Ribaltando la politica di Kharzai, ha ordinato alle sue forze di sicurezza di  cominciare a lavorare a stretto contatto con le loro controparti pakistane per pacificare le terre desolate sul confine tra Afghanistan e Pakistan. Il generale Sharif ha ricambiato andando in visita a Kabul e avendo colloqui di alto livello con i funzionari afgani. Ghani ha poi ulteriormente cambiato le politiche del suo paese inviando, come simbolo, sei cadetti dell’esercito afgano all’accademia militare del Pakistan per fare addestramento.

In questo modo sembra che Ghani stia creando un ambiente che favorisce lo svolgimento di colloqui di pace con i talebani nel seguito di quest’anno. Se è vero, si potrebbe aprire un nuovo capitolo nell’Afghanistan devastato dalla guerra in cui il ruolo della Cina potrebbe solo crescere, mentre gli Stati Uniti potrebbero finire come

una nota a piè di pagina nella lunga storia di quel paese.

 

Note

*E’ un meccanismo di cooperazione regionale per favorire la pace in Afghanistan e la sua stabilizzazione.

 


Dilip Hiro collabora regolarmente con TomDispatch ed è autore di 35 libri. Il suo più recente, The Longest August: The Unflinching Rivalry between India andPakistan, [L’agosto più lungo, la rivalità tra India e Pakistan) è stato appena pubblicato da Nation Books.

 


Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fonte: http://zcomm.org/znetarticle/the-great-game-in-afghanistan-twenty-first-century-update

top