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13/05/2014

La Germania e il suo ruolo forte nella crisi ucraina
di Stefano Grazioli

Berlino è un partner strategico per la Russia e farà di tutto per mediare tra Kiev e i ribelli

Tra poco più di dieci giorni (il 25 maggio) in Ucraina si vota per le presidenziali. Lo stesso fine settimana (22-24 maggio) si svolge in Russia, a San Pietroburgo, il tradizionale Forum economico internazionale. La connessione tra i due eventi non è diretta, ma è chiaro che ciò che succede nell’ex repubblica sovietica a livello politico ha riflessi sull’economia non solo nei due principali Paesi interessati dalla crisi, ma anche in Europa. E al di fuori. L’economia della Russia si è contratta nel primo trimestre dello 0,5 per cento, la crescita alla fine dell’anno si aggirerà se va bene su cifre decimali, le preoccupazioni sulle sanzioni hanno già danneggiato gli investimenti e causato la fuga dei capitali, circa 60 miliardi di dollari nelle prima parte di quest’anno, più di tutto il 2013, e il rublo è ai minimi storici. La crisi russa, se peggiorerà, non farà bene nemmeno all’Europa.

I rapporti commerciali e finanziari tra Russia ed Ucraina sono molto stretti, così come quelli tra Russia e Unione Europea e in particolare tra Mosca e Berlino. Se i Ceo americani boicotteranno così su consiglio di Barack Obama il forum russo, i tedeschi non lo faranno. La Germania è un partner strategico per la Russia, non solo per le questioni energetiche, e viceversa. Non è dunque un caso che, come ha scritto il settimanale Der Spiegel, gli amministratori delegati delle maggiori aziende tedesche, da Eon a Metro, da Basf a Daimler, andranno a San Pietroburgo in pellegrinaggio per applaudire Vladimir Putin, il padrone di casa.

Enon è certo una coincidenza che la Germania di Angela Merkel abbia assunto il ruolo di mediatore nella crisi ucraina, tentando ogni via per raggiungere un compromesso sul tavolo delle trattative tra Russia e Ucraina e ammorbidendo i falchi occidentali, soprattutto l’ala belligerante dell’amministrazione a stelle e strisce, che tra sanzioni e interventismo ha spinto per una linea intransigente nei confronti del Cremlino. 

Berlino sta insomma tra Mosca e Kiev-Washington, dove quest’ultimo binomio si riferisce al governo temporaneo del premier Arseni Yatseniuk sostenuto a spada tratta dalla Casa Bianca. Se la Germania ha comunque appoggiato il nuovo esecutivo ucraino nato dopo la cacciata di Victor Yanukovich, la posizione tedesca è sempre stata più conciliante nei confronti di Mosca rispetto a quella degli Usa, sia per le questioni economiche, sia perché la fiducia verso il nuovo establishment a Kiev e i suoi principali sostenitori non è certo incondizionata. Non è una sorpresa che il Bnd, il servizio segreto tedesco, abbia confermato al Kanzleramt la presenza dei mercenari dell’americana Academy (ex Blackwater) nel Donbass a fianco delle truppe ucraine, ma è un segnale che la notizia vecchia di un mese sia stata confermata e fatta trapelare sui mass media in un momento delicato come quello a ridosso dei referendum nel sudest e delle tavole rotonde di riconciliazione nazionale in partenza.

Per queste si sta spendendo non solo l’Osce (Organizzazione per la sicurezza e lo sviluppo in Europa) a guida svizzera con Didier Burkhalter, ma proprio la Germania con il ministro degli esteri Frank Walter Steinmeier. Quest’ultimo è alla ricerca della quadratura del cerchio e per un successo è necessario che tutti giochino a carte scoperte. Basta insomma coi trucchi sporchi e le accuse incrociate quando lo spazio prima del baratro è questione di centimetri. In ballo c’è l’esistenza dell’Ucraina come stato unitario, anche se la Crimea è già persa, e il rischio è che, senza un compromesso tra attori esterni (Mosca e Washington) e interni (separatisti, governo e oligarchi), il Paese si spacchi davvero.

Negli ultimi giorni sono arrivati segnali contrastanti: da una parte gli autonomisti hanno annunciato di voler richiedere l’annessione alla Russia e in questa direzione va il secondo atto del referendum che dovrebbe andare in scena domenica prossima, quando ai cittadini del Donbass verrà chiesto se dopo l’addio a Kiev vorranno ora abbracciare Mosca. D’altra parte da Mosca sono arrivati nuovi suggerimenti agli insorti: in sostanza, se Kiev interrompesse l’offensiva, anche referendum e armi finirebbero nel cassetto. Il problema è che l’operazione militare lanciata dal governo sta andando avanti con nuovi scontri e altre vittime e il piano dell’Osce che prevede il cessate il fuoco sembra già andare a rotoli.

Il capo della diplomazia tedesca Steinmeier ha avuto tra l’altra Kiev un colloquio con Rinat Akhemtov, l’oligarca più potente del Paese. Senza il suo aiuto sarà difficile ricondurre l’est alla quiete. E a guidare l’ultimo tentativo sotto l’egida dell’Osce prima di vedere se le elezioni presidenziali segneranno il punto d’avvio per la riconciliazione o quello ultimo prima del disastro, sarà Wolfgang Ischinger. Nemmeno questa volta è un caso che la scelta sia caduta su un tedesco: Ischinger ha buoni contatti con gli Stati Uniti, dove è stato ambasciatore, ma è anche stato membro della commissione bilaterale strategica tedesco-russo messa in piedi dall’allora cancelliere Gerhard Schroeder e Vladimir Putin. Se la polveriera ucraina sarà disinnescata sarà anche per merito dell’attivismo tedesco. Se i piani di Berlino falliranno, ognuno dovrà prendersi le proprie colpe.  


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