Originale: Le Monde Diplomatique

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4 luglio 2015 

 

Bandiere di protesta

di Gilbert Achcar

Traduzione di Maria Chiara Starace

 

La religione continua a produrre, con successo innegabile, ideologie combattive che contestano le condizioni sociali o politiche. Due di queste hanno di recente ricevuto molta attenzione: la teologia cristiana della liberazione e il fondamentalismo islamico. Un indizio per le loro nature si trova nella correlazione tra la loro nascita e il destino della sinistra laica nelle loro zone geografiche. La storia della teologia della liberazione è grosso modo  parallela a quella della sinistra laica in America Latina, dove è considerata una componente della sinistra. Il fondamentalismo islamico, però, si è sviluppato nella maggior parte dei paesi con una maggioranza musulmana come concorrente della sinistra, e ha sostituito la sinistra nel cercare di incanalare la protesta contro quella che Marx definiva la “vera miseria”, e contro lo stato e la società considerate responsabili di questa. Queste opposte correlazioni indicano una profonda differenza tra i movimenti.

La Teologia della Liberazione è la principale incarnazione di ciò che Michael Löwy chiama una “affinità elettiva” tra il Cristianesimo e il socialismo (1), riunendo l’eredità del Cristianesimo originario (che si era affievolito, lasciando che diventasse un’ideologia istituzionalizzata di dominazione sociale) e l’utopismo “comunistico” (2). Spiega l’abilità del teologo Thomas Münzer di formulare, in termini cristiani, nel 1524-25, un programma per la rivolta contadina tedesca che Friedrich Engels ha descritto nel 1850 come “un’anticipazione  del comunismo nella fantasia” (3).

La stessa affinità elettiva spiega perché l’ondata mondiale di radicalizzazione politica di sinistra che è iniziata negli anni ’60,  poté assumere una dimensione cristiana – specialmente nelle nazioni periferiche dove la maggior parte delle persone erano cristiane, povere e oppresse.  Questo è accaduto specialmente in America Latina, dove la rivoluzione cubana ha incoraggiato  la radicalizzazione fin dagli anni ’60. C’era un’importante differenza tra questa moderna radicalizzazione e il movimento dei contadini tedeschi analizzato da Engels: in America Latina, l’utopismo cristiano “comunistico” era unito meno al desiderio  per le passate forme comunitarie (sebbene ci fosse una dimensione di questo tipo tra i movimenti dei popoli indigeni) che alle moderne aspirazioni socialiste dei rivoluzionari marxisti latino-americani.

 

Opporsi al dominio occidentale

Il fondamentalismo islamico, d’altra parte traeva vantaggio dalla decomposizione  del movimento progressista. A partire dagli anni ’70 con la fine del nazionalismo radicale della classe media (simboleggiata dalla morte di Gamal Abdel Nasser nel 1970, dopo la sua sconfitta a opera di Israele nella guerra del 1967), le forze reazionarie che usavano l’Islam come una bandiera ideologica si sono diffuse nella maggior parte dei paesi con maggioranza musulmana,  fomentando  le fiamme del fondamentalismo islamico per incenerire ciò che restava della sinistra. Riempirono il vuoto creato dal crollo della sinistra e presto si imposero come il principale vettore dell’opposizione più intensa alla dominazione occidentale; avevano incorporato questa opposizione dall’inizio, ma non la avevano evidenziata durante l’era nazionalista “laica”. Questa opposizione prevalse di nuovo, all’interno dell’Islam Sciita, dopo la rivoluzione Islamica del 1979 in Iran. E riguadagnò rilievo nell’ambito dell’Islam sciita negli anni ’90, quando distaccamenti armati di militanti sunniti fondamentalisti che prima avevano combattuto l’Unione Sovietica in Afghanistan,   passarono  a combattere gli Stati Uniti, dopo la sconfitta e le disintegrazione  dell’Unione Sovietica, e come reazione al ritorno delle forze armate statunitensi in Medio Oriente, indotto dall’invasione  del Kuwait da parte dell’Iraq.

In questo modo, due generi di fondamentalismo islamico sono arrivati a coesistere in tutti i paesi a maggioranza musulmana, uno che collabora con gli interessi occidentali, l’altro ostile a questi. Il caposaldo del primo è l’Arabia Saudita, il più fondamentalista e oscurantista degli stati islamici. L’attuale genere principale anti-occidentale tra i sunniti, è rappresentato da Al-Qaida e dal suo ramo, il cosiddetto Stato Islamico (IS); il suo caposaldo all’interno dello sciismo è la Repubblica Islamica dell’Iran.

Entrambe le   condividono una devozione a un’utopia medieval-reazionaria – un progetto immaginario e mitico di società rivolta al passato. Cercano di ristabilire la loro visione della società e dello stato della precedente storia islamica. In questo condividono una premessa formale con il riferimento della teologia della liberazione al Cristianesimo originale. Tuttavia il programma dei fondamentalisti islamici non è fatto di principi idealisti del “comunismo dell’amore”, derivante da una comunità oppressa, povera, ai margini della società, il cui fondatore è stato messo a morte dal potere temporale del suo tempo. E non è basata su qualche antica forma di proprietà condivisa, come è stata, in parte, la rivolta contadina tedesca del 16° secolo.

 

Un’utopia reazionaria

I fondamentalisti islamici si dedicano all’attuazione di un modello medievale di   quasi 14 secoli fa, il cui fondatore – un mercante trasformatosi in profeta, signore della guerra e costruttore di uno stato e di un impero – morì all’apice del suo potere politico. Come succede in ogni tentativo di ripristinare un’antica società e un sistema di governo di classe, il progetto del fondamentalismo islamico equivale a un’utopia reazionaria.

Questo progetto ha un’ affinità elettiva con l’Islam ultra-ortodosso che è diventata la corrente dominante all’interno dell’Islam, appoggiata dal Regno Saudita. Questo Islam  favorisce l’adesione letterale alla religione attraverso il suo culto del Corano, considerata la parola finale di Dio. Quello che nella maggior parte delle altre religioni è ora il fondamentalismo come approccio di minoranza – una dottrina che difende l’attuazione di un’interpretazione letterale delle scritture religiose – ha un ruolo chiave all’interno dell’ordinario Islam istituzionale. A causa dello specifico contenuto storico delle scritture, alle quali cerca di attenersi, l’Islam ultra-ortodosso   favorisce   dottrine che sostengono che l’adempimento fedele della religione richiede un governo basato sull’Islam, dal momento che il Profeta ha combattuto per stabilire uno stato di questo tipo. Per la stessa ragione, ricorrendo  alla storia della guerra di espansione  dell’Islam contro altri credi, l’Islam ultra-ortodosso è particolarmente favorevole alla lotta armata contro il dominio neo-musulmano.

Riconoscere l’affinità elettiva tra l’Islam ultra-ortodosso e l’utopismo medieval-reazionario, in contrasto con quella tra il Cristianesimo originario e l’utopismo comunistico, non impedisce di riconoscere tendenze in ognuno. Il Cristianesimo ha una lunga tradizione di dottrine reazionarie e fondamentaliste. Le scritture islamiche, invece,  comprendono alcune reliquie egualitarie del periodo in cui i primi musulmani erano una comunità oppressa; queste sono state usate per  ideare  delle versioni socialiste dell’Islam.

Il fatto che ci siano differenti affinità elettive nel Cristianesimo e nell’Islam, non significa che lo sviluppo storico di ciascuno fluisse naturalmente insieme alla sua specifica affinità elettiva. Si è adattato alle configurazioni della società di classe con la quale ogni religione si è intrecciata – enormemente diversa dalla sua origine sociale nel Cristianesimo, meno nell’Islam. Per vari secoli, il Cristianesimo è stato meno progressista che l’Islam per molti aspetti. All’interno della Chiesa Cattolica continua la lotta tra una versione reazionaria dominante, rappresentata da Joseph Ratzinger (l’ex Papa Benedetto XVI) e  i sostenitori della teologia della liberazione, che ha avuto nuova energia dalla recente radicalizzazione di sinistra in America Latina.

 

Comprendere le affinità

Riconoscere un’affinità elettiva tra Cristianesimo e socialismo, certamente non significa che il Cristianesimo storico fosse socialista. Analogamente, riconoscere un’affinità elettiva tra il corpus islamico e l’attuale utopismo medieval-reazionario del fondamentalismo islamico, non significa che l’Islam storico fosse fondamentalista – non lo era – o che i musulmani siano destinati  al fondamentalismo qualsiasi siano le condizioni storiche.

Comunque, nel Cristianesimo (originario) e nell’Islam (che aderisce alla lettera della dottrina), questa consapevolezza è un indizio per la comprensione degli usi diversi di ogni uso storico di ogni religione come bandiera di protesta. Ci permette di capire il motivo per cui la teologia della liberazione ha potuto diventare così importante per la sinistra in America Latina, mentre tutti i tentativi di produrre una versione islamica d essa sono rimasti marginali. Ci aiuta anche a capire perché il fondamentalismo islamico è riuscito a diventare così importante tra le comunità musulmane e perché è arrivato a sostituirsi la sinistra con tanto successo  nell’ incarnare il rifiuto del domino dell’Occidente, anche se in termini reazionari.

L’impressione orientalista ufficiale, ora estesa, che considera che il fondamentalismo islamico sia la “naturale” inclinazione astorica dei Musulmani, è una sciocchezza e trascura i fatti storici. Pochi decenni fa, uno dei più grandi partici comunisti del mondo – ufficialmente con una dottrina atea – esisteva nel paese con la più vasta popolazione musulmana del mondo – l’Indonesia. (Il partito fu violentemente stroncato dalle forze armate indonesiane appoggiate dagli Stati Uniti dopo il 1965). Alla fine degli anni ’50 e nei primi anni ’60, la principale organizzazione politica in Iraq, specialmente tra gli Sciiti nel sud del paese, non era guidata da un ecclesiastico, ma dal Partito Comunista. Nasser che ha presieduto la svolta socialista dell’Egitto nel 1961, era un credente sincero e un musulmano praticante (anche se è diventò un acerrimo nemico dei fondamentalisti). La sua influenza quando era all’apice del suo prestigio nei paesi arabi e oltre, rimane ineguagliata.

E’ necessario sistemare ogni uso dell’Islam, come per ogni altra religione, nelle concrete condizioni sociali e politiche in cui avviene. E’ anche necessario fare una chiara distinzione tra l’Islam come strumento ideologico di dominio di classe e genere e l’Islam come  segno  di identità di una minoranza oppressa – per esempio nei paesi occidentali. La lotta ideologica contro il fondamentalismo islamico – le sue idee sociali, morali e politiche, non i principi fondamentali dell’Islam come religione – dovrebbero rimanere una  priorità per i progressisti tra le comunità musulmane. Ma c’è poco da obiettare riguardo alle idee  sociali, morali e politiche della teologia cristiana della liberazione –tranne che  la sua adesione al tabù cristiano sull’aborto – perfino da parte  degli atei irriducibili della sinistra radicale.

Gilbert Achcar è professore alla School of Oriental and African Studies (SOAS), Università di Londra. Questo articolo è stato adattato  Marxism, Orientalism, Cosmopolitanism [Marxismo, Orientalismo, Cosmopolitismo], Saqi, London/Haymarket, Chicago, 2013.

 

Note

(1) Questo deriva  da un concetto elaborato da Max Weber. Vedere Michael Löwy, The War of Gods: Religion and Politics in Latin America [La Guerra degli dei: religione e politica in America Latina], Verso, London/New York, 1996.

(2) “Comunistico” è usato qui per distinguere questo utopismo dalle dottrine comuniste formulate all’avvento del  capitalismo  industriale.

(3) Friedrich Engels, The Peasant War in Germany (1850) [La Guerra Contadina in Germania], in Marx-Engels Collected Works, [ Antologia di scritti di Marx ed Engels], vol 10, Lawrence and Wishart, London, pp 397-482.

 


Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fonte: https://zcomm.org/znetarticle/banners-of-protest/

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