Infopal - Felice Mawlid (12° giorno del Rabi’ al-awwal) e felice Natale (25 dicembre),
nel ricordo simbolico della nascita di due grandi Profeti e Maestri, Muhammad ibn Abdullah e Gesù-Issa ibn Maryam.

Serenoregis - mercoledì 23 dicembre 2015 – Nanni Salio - Le date di nascita di Maometto e Gesù sono incerte, ma quella di Gesù è da sempre convenzionalmente festeggiata il 25 dicembre nel Natale cristiano. Tuttavia, quest’anno, come ci ricorda la grande fotoreporter Monika Bulaj (La Repubblica, 20 dicembre2015) “per la prima volta negli ultimi quattrocentocinquantasette… Maometto nasce quando nasce Gesù…. Coincidenze. Del resto, e oggi pare così strano ricordarlo, le due religioni si sono rispecchiate l’una nell’altra nei secoli a suon di melodie e usanze, e si sono prestate poesie e riti come i buoni vicini si prestano il sale.” Ma c’ è un’altra data che è bene ricordare. Oggi, 23 dicembre, è la ricorrenza della nascita di Aldo Capitini, il grande maestro della nonviolenza italiana. E poi, scusate se è poco, tra le due date sono nato io, il 24 dicembre 1943, in piena guerra mondiale. Auguriamoci che queste concomitanze possano portare un po’ di luce e speranza a questa umanità affannata, inquieta e desiderosa di maggiore serenità, tra caos climatico e minacce di guerre totali. Intanto, oltre a queste occasioni di festa e di celebrazione, continuiamo nel nostro lavoro quotidiano, come tante piccole formiche nonviolente e invitiamo tutti e tutte a unirsi nel progetto di costruzione di una società più armonica e nonviolenta.


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Mercoledì 23 dicembre 2015

 

Un augurio all'insegna della diversità

di Bianca Saini

 

Questa mattina ho ricevuto da un’amica sudanese questo augurio, che condivido: “Quest’anno la data della nascita del profeta Maometto, che la pace sia con lui, e quella di Gesù Cristo, che la pace sia con lui, coincidono. Consideriamo questa come un’occasione speciale per celebrare la diversità e la coesistenza pacifica in tutto il mondo”.

Un augurio che viene da Khartoum, dove gli ultimi 25 anni di governo sono stati all’insegna dell’omologazione all’Islam e alla cultura araba, con ogni mezzo e costi quel che costi…ed è costato la perdita di metà del paese (il Sud Sudan), e una catena di conflitti che lo sta portando all’implosione. Un auspicio che potrebbe non piacere alle autorità (è dell’altro ieri la notizia dell’ennesimo arresto di un pastore protestante all’unico scopo di intimidire i pochi cristiani rimasti nel paese), cosa che non ha fermato la mia amica dal pensarlo, dallo scriverlo, dal firmarlo e dal diffonderlo ai suoi contatti. Onore a lei e al coraggio di tutti i democratici sudanesi che non hanno paura di esporsi, quotidianamente, alle minacce e all’arresto per difendere i loro diritti costituzionali di libertà e di parola, di opinione e di associazione, portando avanti un’idea di paese inclusivo, dove i diritti di cittadinanza non dipendono dal credo o dall’appartenenza etnica.

Dal Kenya arriva un’altra notizia a testimonianza del coraggio di una fra le popolazioni più colpite dalla radicalizzazione e dal terrorismo, anche nei momenti di maggior pericolo. Nella contea di Mandera, dove l’anno scorso in questi stessi giorni il gruppo terroristico di Al Shabaab assassinava 28 persone su un autobus diretto a Nairobi, la maggior parte insegnanti cristiani, ha avuto luogo un nuovo assalto a un mezzo di trasporto pubblico. Di fronte alla richiesta degli assalitori di dividersi in due gruppi a seconda del proprio credo, i passeggeri musulmani si sono rifiutati di eseguire gli ordini, impedendo in tal modo l’ennesimo episodio di violenza volto ad alimentare timori e diffidenze sul piano interreligioso.

Bisogna essere stati nella zona e averne respirato l’aria per capire la valenza straordinaria dell’episodio. Bisogna aver avuto esperienza degli sguardi di figuri che si incontrano per le strade di Garissa, del vuoto che si fa quando, al momento della preghiera del venerdì, appaiono sulla strada principale di Wajir gli imam che si sono assunti il ruolo di lanciare le fatwa. Bisogna aver raccolto le testimonianze di chi non ha più una scuola dove mandare i figli perché, dopo l’eccidio di Mandera dell’anno scorso, gli insegnanti non sono tornati al lavoro. Bisogna aver visto la grande madrasa di Garissa, che ha l’obiettivo di diffondere la sharia, scritto a caratteri cubitali sul frontone, e averlo letto dal cortile della diocesi che si apre proprio di fronte, dove, da decenni, funziona una scuola ancora oggi molto frequentata.  

Sono episodi di resistenza come questi che fanno sperare che i progetti di esclusione politica e sociale, così come il terrorismo, saranno alla fine battuti. L’isolamento culturale, politico e sociale del terrorismo e della paura, alla fine, darà i suoi frutti. Noi italiani possiamo ben dirlo: il terrorismo, da noi, fu battuto con l’isolamento.

Dispiace dover constatare che la comunità internazionale, compresa l’Unione Europea, preferisca la repressione e le alleanze con quei governi che sono fonte di instabilità in intere regioni (come Sudan, Turchia, Arabia Saudita e Qatar, tanto per fare nomi già ben noti) piuttosto che dar credito e sostenere le forze democratiche che vi si oppongono dall’interno.

Gli errori della comunità internazionale sono pagati a caro prezzo dalle popolazioni dei paesi piegati dal terrore e dalla violenza. Ma la resilienza della gente è forte e tenace. Compito nostro, di fronte all’omologazione culturale e politica nel mondo sviluppato, è di far sentire la loro voce e di sostenerla, affinché l’auspicio di celebrare la diversità e la coesistenza pacifica in tutto il mondo diventino, alla fine, una realtà.

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