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28/11/2015

 

Missione Onu in Centrafrica: tutto pronto per la visita del Papa

 

Il Centrafrica è ormai pronto ad accogliere Papa Francesco. L’arrivo è previsto a Bangui questa domenica alle 10.00. La missione di pace dell’Onu, Minusca, e le truppe francesi dell’operazione Sangaris, in collaborazione con le autorità locali, hanno predisposto tutto perché la visita in questo Paese ancora dilaniato dalle violenze possa svolgersi in sicurezza.

Ascoltiamo il responsabile dell’Ufficio Onu in Centrafrica, Parfait Onanga-Anyanga, al microfono di Hélène Destombes:

 

R. – C’est un travail d’équipe…

E’ un lavoro di équipe, tutti i preparativi sono quasi ultimati e siamo fiduciosi nella capacità delle forze congiunte di assicurare la migliore sicurezza al Papa e al suo entourage durante la visita in Centrafrica.

D. - Ci sono operazioni comuni previste tra Minusca e Sangaris?

R. – Absolument, nous sommes dans un partenariat…

Assolutamente, siamo in un partenariato strategico che è forte. Coordiniamo le nostre attività sul terreno e possiamo essere soddisfatti del calo della violenza, certo non è escluso che ci sia qualche sabotatore che cerchi di perturbare la calma ma siamo preparati a rispondere nella maniera più efficace possibile.

D. - Qual è oggi la situazione in termini di sicurezza e di clima nella città?

R. – Nous avons une accalmie dont il faut se satisfaire ...

C’è una calma di cui bisogna essere soddisfatti … La vita è un po’ più gioiosa del solito, ci sono dappertutto grandi poster che annunciano la visita del Papa, con messaggi di pace… Credo che quello che sia da notare in questo periodo è l’unanimità in seno alla famiglia e la popolazione centrafricana. Credo che questa sia una gran bella cosa.

D. - Quali sono adesso i quartieri che vi preoccupano di più?

R. – Nous avons quelque soucis…

Abbiamo qualche problema nel Km 5, nel terzo arrondissement, ma quello che è notevole anche lì è la volontà della popolazione e soprattutto delle comunità musulmane di questo arrondissement di accogliere il Papa. Le disposizioni sono state prese… Dovrebbe essere un momento storico per il Centrafrica.

D. - Alcuni quartieri come quello di Fatima per esempio non sono ancora resi sicuri e bande armate imperversano ancora …

R. – Fatima a été effectivement le siége…

Fatima è stata effettivamente la sede di queste bande armate in alcuni momenti. La Missione dell’Onu (Minusca) ha sempre ripreso il controllo, abbiamo pattuglie presenti, abbiamo cominciato un’operazione volta a togliere tutte le barricate e quindi c’è una circolazione più fluida. Questo non significa che non ci sono più sfide ma che siamo in una crescita di potenza delle forze internazionali e ho assolutamente fiducia nella nostra capacità di ristabilire una libera circolazione e una sicurezza più grande per la popolazione civile.

D. - Senza minimizzare la sfida della sicurezza lei ha la sensazione che la situazione in Centrafrica soprattutto a Bangui è meno preoccupante di quello che lasciano trasparire i media?

R. – Oui, ça je peux le dire…

Sì sono d’accordo perché a Bangui ci troviamo di fronte a un’insicurezza che è organizzata in alcuni quartieri e arrondissement e dove c’è chiaramente la volontà di sabotatori di strumentalizzare le religioni in questo conflitto ed è molto spiacevole. Adesso, malgrado tutte queste difficoltà vediamo ad ogni modo che due milioni di centrafricani si sono precipitati alle urne elettorali, auspicando di impegnarsi in un processo politico, dicendo alle loro élite che non vogliono regolare la gestione del governo con l’uso delle armi: vogliono che le urne determino il loro futuro. Bisogna dare loro questa occasione. Il tempo della pace, della saggezza, potrebbe essere arrivato. L’opportunità della visita del Papa ci ricorda che al di là che sia un capo di Stato politico è anche un capo spirituale ed è forse in questa dimensione che i centrafricani potrebbero trovare l’energia, l’ispirazione perché questo Paese si ridia i mezzi  di riconciliarsi con se stesso e che possa intravedere un futuro in cui tutti i figli e le figlie del Centrafrica possano vivere all’unisono.

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