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Feb 17, 2016

 

Geopolitica spirituale

 

Per capire cosa implichi l’incontro del Papa col Patriarca Kirill, occorre tornare indietro di molti secoli, quando a Roma si cercava di arginare la crisi dell’Impero. In particolare, tra la fine del terzo secolo dopo Cristo e l’inizio del quarto, si misero in atto due importanti cambiamenti.

Il primo, ad opera di Diocleziano, fu una riforma amministrativa che suddivideva l’Impero, troppo esteso ormai e troppo indebolito per essere retto da un unico centro del potere, in due grandi aree, l’Oriente e l’Occidente, a loro volta bipartite al proprio interno. Aveva così inizio il processo di separazione tra due mondi che avrebbero lungo i secoli preso diverse direzioni. L’uno, coincidente col Mediterraneo orientale e col Vicino Oriente, erede delle più antiche grandi civiltà, avrebbe ritrovato la sua identità sulla base della cultura greca, precedente a quella latina e sua fondamentale matrice. L’altro, quel Mediterraneo occidentale fatto entrare a forza nel solco della civiltà greco-romana, dall’impronta più propriamente latina avrebbe ricevuto una nuova identità, da cui sarebbe scaturita la civiltà europea.  

Prima però che quel processo potesse dispiegarsi, l’altro cambiamento intervenne a qualificarlo intimamente. Nel 313 l’imperatore Costantino concesse, con l’editto di Milano, libertà di culto ai Cristiani. Dopo che, proprio con Diocleziano, si era consumata l’ultima e più dura persecuzione, il Cristianesimo intraprese il rapido percorso che l’avrebbe condotto, con Teodosio nel 380, a diventare religione ufficiale dell’Impero. Quest’ultimo, preso atto dell’esaurirsi dell’antica religione, si affidava a quella nuova che invano aveva combattuto, cercando paradossalmente nella Croce il fondamento della sovranità.

In realtà la nuova fede non poté impedire il declino, ma stabilì con la Romanità un legame destinato a durare nei secoli. Due diverse strade si dischiusero tuttavia per l’Occidente e per l’Oriente. In Occidente il crollo dell’Impero determinò un lungo periodo di turbolenze, in cui il vuoto lasciato dagli Imperatori solo la Chiesa si mostrò in grado in qualche modo di colmarlo. In Oriente invece il potere restò saldo, Costantinopoli sarà la nuova Roma e per secoli l’Impero sarà quello. Alla sua ombra la Chiesa, lontana dalla Roma originaria ma più vicina alle sorgenti del Cristianesimo, svilupperà una fisionomia sua propria sempre più autonoma dalla sede di Pietro. Quando, allo scadere del millennio, si consumò formalmente la separazione, alle Chiese d’Oriente apparirà che quella di Roma avesse intrapreso un percorso nuovo, dando vita a un nuovo Impero che non teneva conto di Costantinopoli.

 

Nel frattempo però la scena era mutata. L’ultima ondata della rivoluzione monoteistica si era abbattuta sul Mediterraneo. L’intera sponda sud era diventata islamica e gli eserciti saraceni, conquistata la penisola iberica, sarebbero dilagati in Europa se non fossero stati fermati dai Franchi. Nessun aiuto poteva giungere da Costantinopoli, e fu così che la Chiesa di Roma si decise a investire il re dei Franchi della dignità imperiale.

Ebbe in questo modo inizio la storia dell’Europa, nel segno della resistenza cristiana ai Musulmani. Anche le Crociate, oggi troppo facilmente intese come preludio del colonialismo, vanno collocate in quel contesto. Bisogna pensare che l’Europa medievale era in realtà un mondo periferico, rispetto a una civiltà islamica che, nel massimo del suo splendore, si estendeva dall’Atlantico all’India e oltre, controllando i traffici tra il Mediterraneo e l’Estremo Oriente. Saranno poi le grandi scoperte geografiche, dirottando i traffici lungo le vie oceaniche, a determinare l’ascesa dell’Europa, mentre il mondo islamico iniziava a decadere.

Prima però che ciò avvenisse, quel mondo toccò il suo apogeo quando un popolo islamizzato, i Turchi, acquistò una salda egemonia in Medio Oriente fino a conquistare nientemeno che Costantinopoli. Aveva così fine, mille anni dopo che in Occidente, l’Impero Romano d’Oriente. Al suo posto sorgeva un nuovo Impero, quello Ottomano, che una volta ancora avrebbe minacciato l’Europa cristiana, giungendo, in pieno Settecento, alle porte di Vienna.

Prima però ancora che Costantinopoli cadesse, il Cristianesimo d’Oriente si era diffuso a nord, gettando i semi di quella che sarebbe stata la Russia. Non a caso l’alfabeto che Cirillo e Metodio crearono per quel mondo, il cirillico, era una derivazione, diversa da quella latina, dell’alfabeto greco.

Il centro originario della civiltà russa, fa impressione oggi a dirlo, era Kiev. Ma col tempo si spostò più a nord, a Mosca, a proposito della quale si parlò come della Terza Roma. E Mosca creò un Impero che si estendeva su un territorio immenso, che dall’Europa si protendeva verso l’Asia. Una civiltà che era Europa e insieme non lo era, raccolta in una sacralità che a occidente nel frattempo si veniva abbandonando.

 

L’Europa propriamente intesa infatti, lanciata nel dominio sui continenti, sempre più sicura rispetto al tradizionale nemico islamico, andava sciogliendo i suoi legami con ciò che ne aveva costituito il nucleo originario: la fede cristiana. Si approssimava l’Illuminismo, si ponevano le premesse della Rivoluzione Industriale; l’Occidente assumeva la fisionomia che tutt’oggi lo caratterizza: una civiltà potente quanto nessuna mai lo è stata, ma in conflitto con se stessa circa la sua identità.

Nuovi poteri venivano affermandosi – dell’ideologia, della tecnica e dell’economia – in vario modo inclini a vedere nel Cristianesimo il nemico da sconfiggere. A oriente, nelle sconfinate pianure russe, si consolidava invece un mondo che serbava caro quel che l’Europa abbandonava. La Santa Madre Russia era un baluardo impenetrabile a ciò che in Occidente veniva maturando. In questa luce la disfatta delle armate napoleoniche nell’inverno russo può ben considerarsi la metafora del conflitto che l’Occidente ha con se stesso, di cui la Russia diventa il simbolo.

Ciò di cui la Russia viene investita è un timore oscuro. Se l’Occidente in senso proprio si identifica con una libertà finora sconosciuta, la Russia è un mondo primordiale che non la riconosce e che la nega. Un mondo in cui gli uomini sono sottoposti a servitù, di cui il potere può disporre a proprio arbitrio.  

C’è in quell’immagine una grave forzatura, nonché una rimozione; ma i fantasmi tendono a prender corpo. E così, quando nel 1917 inaspettatamente a Mosca prende il potere l’ideologia più estrema dell’Occidente, la Russia manifesta al mondo intero tanto il sogno dell’uguaglianza radicale quanto l’incubo della totale illibertà. Tutto un secolo ne è segnato, quello più cruento della storia umana; e, quando si conclude, sembra concludersi addirittura la storia in quanto tale. Eppure, nonostante tutto, la Russia è ancora là.

È ancora, la Russia, un mondo che è Occidente e insieme non lo è. Cioè non ne condivide certi esiti, e con ragioni oggi molto chiare. Al tempo stesso è la propaggine occidentale di un mondo asiatico che preme con la sua immensa massa demografica, con la sua incalcolabile ricchezza culturale e spirituale, con la sua impressionante potenza economica e politica. Mentre l’Occidente, pur tenendo ancora le redini del dominio, è stanco, svuotato, confuso. Quella libertà di cui è portatore sta degenerando in un’ideologia grottesca, alleata della tecnica e del mercato, che può distruggere le anime più profondamente di quanto abbia fatto il Comunismo in Russia. Mentre il mondo islamico sta vivendo la sua riscossa, che al momento implica una guerra civile spietata al suo interno. E non a caso, da molto tempo, si combatte per il controllo dell’Asia. Dietro l’attuale “guerra mondiale a pezzi” c’è tutto questo.

 

Può darsi che la Chiesa di Roma non possa esimersi, una volta ancora, dal prendersi cura degli ordinamenti civili dell’Occidente; con la differenza che oggi sono estesi all’intero pianeta, e il loro crollo avrebbe conseguenze inimmaginabili. Anche per questo non può però farlo da sola: deve mettersi in rapporto con le altre istituzioni religiose, a cominciare da quelle interne al Cristianesimo, e non a caso dal Cristianesimo d’Oriente.

Il fatto che il Vescovo di Roma abbia incontrato oggi per la prima volta nella storia il Patriarca di Mosca ha quindi un valore epocale. È un segno dei tempi. Vuol dire che le vicende in corso hanno anche un valore spirituale. Vuol dire che le forze della distruzione possono scatenarsi. Vuol dire che la Salvezza acquista un significato che chiunque può concretamente cogliere.    

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