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05 Febbraio 2014 

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giovedì 6 febbraio 2014

 

Al Raqaa: l'inferno dei cristiani nella città di Al Qaeda

di Naman Tarcha

 

“Cristiani in Siria. Che fate ancora li'?”: questa la domanda che una signora mi ha fatto all’uscita della chiesa.

Ho cercato di spiegare che i cristiani mediorientali sono la popolazione originale di quei Paesi, e proprio ad Antiochia, la capitale dell’antica Siria, sono stati chiamati cristiani per la prima volta, mentre San Paolo, da Damasco, è partito per portare al mondo la Buona Novella. In poche parole, andare via significherebbe cancellare una parte della storia della cristianità.

Sin dall’inizio del conflitto siriano, la comunità cristiana, per il suo ruolo storico, aveva ben chiara la necessità di salvaguardare lo Stato nella sua integrità, sovranità e indipendenza.

Una guerra, in un Paese mosaico di etnie e religioni, porterebbe solo più distruzione.

Questa posizione di rispetto delle istituzioni, e rifiuto totale della violenza e dell’uso delle armi, era anche motivata dalla minaccia di sempre, che sta diventando purtroppo una realtà e cioè l'eliminazione dal Medio Oriente della componente cristiana.

Il primo round di Ginevra 2 (la conferenza di pace per la Siria) si è concluso senza risultati concreti, a parte aver convinto il governo siriano di sedersi allo stesso tavolo con una parte dell’opposizione siriana. Purtroppo non c’è pace, il conflitto armato procede in diverse zone del Paese seminando morte e distruzione.

Le notizie preoccupanti riguardano soprattutto i siriani cristiani che arrivano da Al Raqaa, una città intera sotto il controllo di Al Qaeda.

Al Raqaa è da circa due anni nelle mani del gruppo terroristico chiamato ISIS, cioè Stato Islamico Iraq e Levante, il quale compie massacri quotidiani, stragi, e impone la sharia (legge coranica) sui cittadini rassegnati.

L’ISIS, in seguito ad una riunione che si è svolta in settimana ha intimato ai cristiani rimasti nella città di Al Raqaa: “convertitevi all'islam o abbandonate la città. Queste sono le vostre uniche opzioni”.

Tanti cristiani avevano già abbandonato la città sin dai primi assalti dei gruppi terroristici, soprattutto dopo che i jihadisti dell'ISIS avevano saccheggiato, devastato e bruciato tante chiese e conventi, come la chiesa dell'Annunciazione della comunità greco-cattolica e la Chiesa Armena dei Martiri.

In queste chiese, dopo la distruzione dei simboli cristiani, al posto del crocifisso sulla cupola sventola la bandiera di Al Qaeda.

Le chiese sono state trasformate in sedi operative dei terroristi.

Proprio nella città di Al Raqaa è stato rapito padre Dall’Oglio. Lo stesso gruppo terrorista è responsabile del rapimento di due arcivescovi ortodossi e di due giovani preti cattolici spariti nel nulla.

Le persecuzioni sono iniziate sotto forma di vera e propria delinquenza: sequestro di persone e di beni, rapimenti, condanne a morte ed esecuzioni, tutto legalizzato dalle corti religiose, usando una falsa interpretazione dell’Islam. 

Lo stravolgimento è enorme perché i cristiani in Siria da sempre godono, a differenza di tanti altri Paesi arabi, di pari diritti, e non esiste nessun riferimento alla religione nei documenti.

L’arrivo dei fondamentalisti ha cancellato la civile convivenza.

La discriminazione non riguarda solo i cristiani ma anche i musulmani moderati.

I gruppi estremisti non distinguono tra cristiani e musulmani, e sono contro tutti quelli che non rispettano i codici di abbigliamento e i comportamenti fondamentalisti.

Delle 300 famiglie cristiane che vivevano in città, sono rimasti solo un centinaio di civili, costretti a sopportare minacce, rapimenti e sequestri di persona, pagando riscatti e una sorta di dazio per essere lasciati vivi.

Le fatwa sui comportamenti morali devono essere rispettate da tutti: donne, uomini, bambini cristiani e musulmani, e prevedono il divieto di fumare e di consumare alcolici, la chiusura dei negozi nell’orario della preghiera, la chiusura definitiva degli esercizi non 'halal', compreso sartorie, mini market, vendite di abbigliamento etc.

Il controllo dell’applicazione della sharia è affidato ai jihadisti, che si comportano allo stesso modo della polizia religiosa in Arabia Saudita: posti di blocco, perquisizione e sequestro di tutto quello che non è considerato morale. Chi non rispetta i precetti imposti viene imprigionato, castigato e frustato, e in caso di adulterio e fornicazione scatta la condanna a morte.

C’è poi la Brigata di Al Khanssa per le missioni speciali: controllare e perquisire le donne, e accertare che siano accompagnate da un tutor della propria famiglia e che in ogni caso portino il velo completo.

La pattuglia femminile gira nelle strade e richiama a tornare sulla retta via le donne senza velo: “Copriti infedele! Dove il tuo niqab miscredente?"

Questo gruppo di donne velate ed armate, spesso non siriane provenienti da altri Paesi arabi e islamici, è stato formato per prevenire attentati di donne kamikaze, rivali dell’ISIS. E’ in atto infatti una lotta aperta tra i diversi gruppi e le brigate dei ribelli.

 

Per i siriani cristiani la situazione è gravissima. Sotto gli attacchi degli estremisti, tante famiglie cristiane hanno dovuto lasciare la propria abitazione, sfollare in altre zone più tranquille.

Quelli che avevano più mezzi economici hanno abbandonato il paese, e sono emigrati in Libano ed Europa.

Altri, più numerosi, hanno deciso di resistere e restare in Siria, correndo rischi enormi.

Quelli che vivono nelle aeree controllate dai ribelli sono segregati e costretti a una vita disumana.

Quelli che vivono nelle zone sotto il controllo dell'esercito siriano vengono presi di mira dai terroristi. 

Il timore più grande è quello che non ci saranno più cristiani in Siria. 

 

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