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02/03/2013 09:13

 

Bengasi, 48 egiziani cristiani arrestati per motivi religiosi

 

L’arresto è avvenuto dopo la denuncia di alcuni islamisti urtati dalle immagini cristiane portate con se dal gruppo di egiziani, tutti ambulanti del mercato di Bengasi. Per punizione a ognuno di loro è stato rasato il capo. Per le autorità essi sono immigrati clandestini e il fermo non avrebbe nulla a che a fare con la religione.

Bengasi (AsiaNews/Agenzie) - Gli islamisti di Bengasi continuano a dare la caccia ai lavoratori cristiani presenti nel Paese con presunte accuse di proselitismo. L'ultimo caso riguarda l'arresto di 48 commercianti egiziani copto-ortodossi arrestati la scorsa settimana nella capitale della Cirenaica. Il fermo è scattato dopo la denuncia da parte di alcuni cittadini libici, insospettiti da alcune immagini religiose portate con sé dai venditori, tutti ambulanti nel mercato di Bengasi. In un video subito sequestrato dalla polizia essi appaiono rinchiusi in una piccola stanza guardati a vista da alcuni uomini con la tipica barba portata dai salafiti. Dalle immagini i 48 appaiono in evidente deperimento fisico, molti mostrano lividi ed escoriazioni. Ad ognuno di loro è stato rasato il capo.

Il caso ha suscitato indignazione fra la popolazione di Bengasi, che in ottobre è insorta contro le milizie armate salafite accusate di aver organizzato l'attentato al consolato degli Stati Uniti costato la vita all'ambasciatore Cristopher Stevens. Ieri le autorità hanno diffuso un comunicato in cui dichiarano che i venditori ambulanti sono stati arrestati per aver violato le leggi sull'immigrazione e non per questioni religiose. Tuttavia, questo è l'ennesimo caso di discriminazione contro i cristiani residenti in Libia. A metà febbraio quattro cittadini stranieri- un egiziano, un sudafricano, un sud coreano e uno svedese con passaporto Usa - sono stati arrestati con l'accusa di diffondere bibbie e altro materiale religioso.

Il dilagare dell'estremismo islamico sta colpendo anche gli ordini religiosi cattolici presenti da decenni sul territorio libico, impegnate nel lavoro ospedaliero e nella cura degli anziani. A gennaio gli islamisti hanno spinto alla fuga le suore Francescane del Gesù Bambino di Barce e le Orsoline del Sacro Cuore di Gesù di Beida. In ottobre è toccato invece alle suore del convento della Sacra Famiglia di Spoleto di Derna, costrette a lasciare la Libia a causa delle continue minacce degli estremisti islamici, nonostante il parere contrario degli abitanti della città. 

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