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martedì 24 giugno 2014

 

Sri Lanka: buddisti contro musulmani, quartieri rasi al suolo, morti e feriti

di Riccardo Noury

Amnesty International

 

Questa settimana è stata la peggiore degli ultimi due anni.

Da domenica scorsa, i quartieri musulmani delle città costiere meridionali di Aluthgama e Beruwala sono stati messi a ferro e fuoco: almeno quattro morti tra cui un neonato, decine di feriti, case e negozi saccheggiati e distrutti, luoghi di culto vandalizzati.

Lo Sri Lanka non trova pace. Dopo la fine del conflitto, nel 2009, il dopoguerra è stato gestito in modo autoritario dal governo del presidente Mahinda Rajapaksa, che ha applicato “l’impunità dei vincitori”.

Già nel 2013, gli attacchi contro i musulmani e i loro luoghi di preghiera erano stati centinaia. Era stata colpita anche la comunità cristiana. Lo aveva denunciato Amnesty International e lo aveva segnalato con preoccupazione l’allora Alta commissaria per i diritti umani Navi Pillay. Quest’anno, a marzo, vi aveva fatto riferimento anche il Consiglio Onu dei diritti umani, nella risoluzione che aveva istituito una commissione d’inchiesta sui crimini di guerra commessi durante il conflitto armato.

La violenza del gruppo estremista buddista Bbs (Bodu Bala Sena) non si è fermata. In questi ultimi giorni, le autorità sono rimaste a guardare, limitandosi a istituire un coprifuoco, facilmente violato, e lasciando la comunità musulmana senza protezione. Da più parti si denunciano legami tra il Bbs e figure di primo piano del governo, come il ministro della Difesa Gotabhaya Rajapaksa, fratello del presidente.

Nella comunità buddista c’è chi si oppone alla violenza: come il monaco buddista Wataraka Vijiyha Thero, picchiato a sangue giovedì 19 nella capitale Colombo.

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