Fonte: www.comedonchisciotte.org
20.08.2014

Che cos'e' questa terza guerra mondiale...
di HS

La premessa

"Il ritmo generale del cambiamento ci sommerge. In ogni paese coloro che non sono in grado di comprendere il nuovo mondo, di adattarsi alla sua dinamica, diverranno i nemici violenti dei loro governi, dei loro vicini più fortunati e, in ultima istanza, degli Stati Uniti. Stiamo entrando in un nuovo secolo americano nel corso del quale diverremo ancora più ricchi, ancora più preponderanti dal punto di vista culturale e sempre più potenti. Susciteremo odi senza precedenti Non ci sarà la pace. Il ruolo che dovranno svolgere le forze armate americane sarà quello di rendere il mondo un luogo sicuro per la nostra economia. Per ottenere simili risultati ci toccherà assumerci la responsabilità fi un certo numero di massacri. Stiamo costruendo un sistema militare in grado di realizzare questi massacri." Generale Ralph Peters in un articolo dell'estate 1997 su "Parameters", trimestrale dello US Army War College

Mille e non più mille... E quando si "sfora"...

Nonostante non sia propriamente devoto e, nel mio intimo, coltivi una sorta di sano agnosticismo, non posso nascondere la mia personale "simpatia" per il nuovo Pontefice che, chiamato all'arduo e difficile compito di rinnovare un'istituzione religiosa millenaria gravemente scossa da scandali come quello della diffusione della pedofilia nel clero e quello della disinvolta gestione dello IOR, la tristemente nota "Banca vaticana", sta tentando di riportare al Chiesa allo spirito originario, più compatibile all'orientamento conciliarista voluto da Papa Giovanni XXIII, sia con atti simbolici che concreti. Si diceva, un compito non invidiabile che, però, Papa Bergoglio, dopo appena un anno di pontificato, sta svolgendo in maniera eccelsa, cercando di depurare i precetti della Chiesa dal desueto dogmatismo in materia di vita privata e sessuale – si veda il mutato atteggiamento nei confronti dell'omosessualità – e riportando al centro le tematiche relative alla sfera sociale. Inoltre credo non si possa eccepire sulla sua sincerità nell'operato ancor più gravoso a favore della pace, come ha testimoniato l'appello e la chiamata delle maggiori autorità religiose in Terrasanta e dei vertici statuali e amministrativi di Israele e della ANP. 

Devo quindi confessare che l'attuale intervento di Papa Bergoglio sulla proliferazione di guerre e conflitti in tutto il pianeta, mi ha lasciato un senso di amarezza e delusione, come se, il Pontefice avesse lasciato in sospeso un discorso che, nelle sue premesse, avrebbe meritato le ovvie e consequenziali conclusioni... Tuttavia bisogna tenere conto della sua delicata posizione che, oltre a incarnare un universo etico e morale, riveste anche una dimensione politica e diplomatica che non può non trascurare le implicazioni immediate e concrete di ogni gesto e di ogni parola.



Ma, vediamo quel che ha manifestato più o meno chiaramente Papa Bergoglio...



Innanzitutto ha esordito con quel che un pugno di analisti, giornalisti e commentatori suole ripetere da ben più lungo tempo, sostenendo che, sia pure "a pezzi", è in corso una "Terza Guerra Mondiale" senza tuttavia precisare chi sono i contendenti di questo conflitto che si sviluppa per "germinazione". E, infatti, a scorrere le carte geografiche, ci si avvede che i focolai di guerra e conflitto sono molteplici e presenti in pressochè tutti i continenti esistenti. La guerra è rientrata dalla porta principale in Europa con il conflitto ucraino, mentre in Medio Oriente non è mai cessata e, anzi, assume forme sempre più cruente e brutali... Gaza, Iraq, Siria, Libia, senza dimenticare l'instabilità dell'Egitto e la situazione a dir poco problematica di un paese devastato come l'Afghanistan. L'Africa è da sempre il teatro di "conflitti locali" di inaudita violenza – si pensi, innanzitutto, alla Nigeria, alla Somalia, al Congo, ecc... - mentre l'Estremo Oriente promette scintille da non sottovalutare per la presenza di un colosso economico e militare come la Cina e per l'annosa questione "coreana". Anche nei periodi più oscuri della "Guerra Fredda" – quando i conflitti delle superpotenze o grandi potenze venivano combattute per procura – non si è forse mai visto un tale florilegio assortito di bellicismo, inoltre i confini territoriali entro cui si affrontavano gli eserciti regolari o irregolari erano ben tracciati e definiti. Sicuramente i processi di "globalizzazione" – e, qui, bisognerebbe intendersi sul significato di questa parola – hanno accentuato anche la concatenazione dei conflitti, senza soluzione di continuità. Eppure, guardando più freddamente e in maniera distaccata i fatti più recenti, è veramente difficoltoso stabilire un nesso, una relazione fra i vari teatri di guerra. Che cosa li accomuna ? Che cosa li "avvicina" ? 
Porto un grande rispetto per il clero e i dottori della Chiesa, perchè, aldi là dei consueti pregiudizi, sono ancora le persone più acculturate, molto più acculturate di leader politici e capi di Stato che, nella loro infinita ignoranza delle cose del mondo, si sono rifugiati nelle alchimie dell'economia e della finanza, lasciate alle cure di chi se ne intende. Se Papa Bergoglio ha usato quell'espressione – Terza Guerra Mondiale – lo ha fatto con cognizione di causa: operano soggetti presenti in tutti – o quasi tutti – i conflitti, forse anche per interposta persona. 



Proseguiamo...



In quanto massima autorità della Chiesa Cattolica, Apostolica, Romana, il Pontefice non può chiudere gli occhi di fronte ai barbari eccidi, ai massacri e alle brutalità perpetrate nei confronti delle popolazioni cristiane, soprattutto in Medio Oriente e in Africa. La più recente tragedia nelle regioni Settentrionali dell'Iraq, con l'inarrestabile avanzata del sedicente Califfato Islamico dell'Iraq e del Levante, non poteva rimanere inosservata e non poteva essere taciuta dal Papa. Da giorni sono giunte notizie inenarrabili sulle conseguenze delle conquiste del Califfato e sulle persecuzioni e atrocità patite dai cristiani, dagli yazidi e dagli stessi musulmani che, evidentemente, non rispondono a determinati criteri di "purezza". Così Papa Bergoglio ha espresso il chiaro invito a fermare "l'aggressore brutale e ingiusto" con i mezzi più adeguati. Una giustificazione non molto ortodossa – secondo la dottrina cattolica – di un'eventuale "guerra giusta o umanitaria" ? La legittimazione morale di un nuovo conflitto che mal si concilia con il più volte sbandierato "pacifismo cattolico" ? Non sembra, perchè, immediatamente, affonda una stoccata agli americani e ai loro alleati – "non si ferma bombardando" – rivendicando l'utilità di altri più efficaci strumenti, presumibilmente diplomatici. Memore forse della posizione del sofferente Papa Giovanni Paolo II nei confronti dell'imminente intervento militare angloamericano in Iraq (2003), invoca ora un'azione e risoluzione dell'ONU. Sicuramente la posizione del Pontefice è dettata dalla dottrina e dai principi morali, ma rivela una certa debolezza e inconsistenza... Innanzitutto, se è vero che l'avanzata del Califfato non si arresta semplicemente con i bombardamenti, l'invocazione della diplomazia appare semplicistico e diffcilmente può essere risolutivo. Tanto più che i guerriglieri del Califfato non sono noti per le loro capacità di ascolto e di comunicazione, ma non si sa mai... Per quel che riguarda l'ONU – troppo spesso è stato evocato come il "feticcio" che può risolvere e comporre controversie internazionali e conflitti, ma questa istituzione transnazionale – lungi dall'essere il vero e proprio "governo del mondo" – come vorrebbero molti fautori di una "globalizzazione democratica" – non è che lo specchio degli interessi e delle volontà delle cancellerie delle principali potenze mondiali sul panorama della politica internazionale. E che, in ultima istanza, contino soprattutto le voci delle grandi potenze del globo, è dimostrato dalla conservazione di un autentico privilegio come il "diritto di veto" riservato ai cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell'ONU, ovvero USA, Russia, Cina, Gran Bretagna e Francia, vincitori della Seconda Guerra Mondiale. Inoltre è anche successo che autentiche operazioni belliche in grade stile venissero avallate, approvate e ratificate – anche ex post – dagli organismi dell'ONU. Valga per tutte, la "guerra lampo" in Afghanistan a ridosso dell'11 settembre... 



In definitiva si ha l'impressione che, nel discorso del Papa, permanga una coltre di "non detto", di "dichiarato anche allusivamente, ma poi lasciato cadere...

Allora ripartiamo dall'Iraq, l'autentica culla dell'umana civiltà...



Dove affonda la civiltà, la civiltà affonda...



Per amor di Dio sgombriamo...

Sgombriamo il campo della discussione da qualunque pregiudiziale antiamericana, antisionista o antieuopea, in modo da eludere le gratuite e interessate accuse di essere "traditori dell'Occidente" o, peggio, di antisemitismo e, addirittura, di nazismo più o meno dichiarato...

Per favore dimenticate le parole di quel generale citato in premessa e immergiamoci nel contesto di guerra "civile" iraqena...

Riprendiamo la trattazione in maniera socratica, da ignoranti in cerca di risposte alle domande più ovvie e sensate... 



Seconda parte

Come è noto pure alle pietre in questi ultimi mesi la (terribile) scena iraquena è stata occupata da un nuovo, ineffabile soggetto "islamista", il Califfato Islamico dell'Iraq e del Levante che, nell'arco di poche settimane è riuscito a occupare e conquistare le regioni a nord della Siria e dell'Iraq nordoccidentale infliggendo numerose sconfitte all'esercito ufficiale iraqeno, a quanto parrebbe male addestrato ed equipaggiato e diviso fra la tradizionali fazioni sciite e sunnite. Nato in Siria e riferibile all'universo qaedista, questo nuovo e determinato esercito guerrigliero si sarebbe reso autonomo dallo schieramento ispirato a Bin Laden e ad Al Zawahiri, per condurre una sua "guerra privata" senza scrupoli di sorta, sia contro il regime siriano di Bashar El Assad che contro gli "infedeli" e gli "apostati".

Alla sua apparizioni il repertorio di efferatezze si sarebbe arricchito e condito di una molteplicità di stragi, esecuzioni, torture, stupri, crocifissioni, ecc... che hanno immediatamente conferito al Califfato una fama sinistra e non invidiabile, costringendo i qaedisti a "scomunicare" i loro energici e butali compagni. D'altronde i guerriglieri del Califfato avrebbero rivolto le loro armi anche contro Al Nusra, la "cellula" o brigata di Al Qaeda in Siria. Da giugno le attenzioni del Califfato si sono rivolte all'Iraq con un attacco – a sorpresa ? - a cui l'esercito iraqeno non ha risposto in maniera sufficientemente adeguata. La marcia dell'esercito del Califfo ha qualcosa di incredibile: con rapidità e spietata, chirurgica efficienza militare conquista, prima Falluja e poi Mosul, la terza città dell'Iraq per abitanti e per importanza. Allo stato attuale il Califfato si sarebbe insediato su una porzione di territorio superiore alla Gran Bretagna, con una facilità disarmante... Il termine "esercito" non è stato usato casualmente, perchè è concretamente impossibile che una banda di guerriglieri, sia pure bene armati, equipaggiati ed addestrati, possa conquistare una porzione di territorio tanto vasta. Ne consegue che, la pretesa di fermare gli uomini del Califfato con una manciata di chirurgici bombardamenti è una chiara e deliberata "idiozia" se rapportata al potenziale bellico – di uomini, mezzi e tecnologia – di cui dispongono gli americani e la NATO. Così come è una corbelleria l'opzione delle forniture d'armi ai guerriglieri kurdi (peshmerga), generalmente "residuati bellici" della guerra dei Balcani, armamento di produzione sovietica di vecchia generazione. Non ho una grande dimestichezza con la materia militare – fra l'altro sono stato riformato ed esentato dal servizio militare ! -, ma credo di poter essere confortato dagli esperti quando sostengo che una guerra con un esercito indottrinato e ben addestrato ed equipaggiato come quello del Califfato non può non essere affrontata "sul terreno" o, tramite un esercito o eserciti regolari o a gruppi paramilitari adeguatamente istruiti a cui affidare una "guerra per procura". Tutto questo con lo scopo dichiarato di riconquistare quanto sottratto dall'esercito islamista in questione e non con l'intenzione di "limitare i danni" e le sofferenze della popolazione. Eppure dovrebbe essere in vigore un trattato di difesa fra USA e Iraq che obbligherebbe il superpotente alleato a intervenire tempestivamente ed il fatto che ciò non avvenga è dettato da precise opzioni politiche sulle cui motivazioni sarebbe necessario indagare...

Ma procediamo...



L'IS, ISIL o ISIS – secondo i vari acronimi attribuiti al potente Califfato – racchiude un presunto "mistero" che i media del sistema mainstream ci raccontano in maniera parziale, perchè qualcuno dovrà spiegare come, nell'arco di circa un anno, si possa organizzare un simile "mostro" senza che nessuno fornisca una spiegazione soddisfacente e convincente... In una parola: completa !!!

Il Califfato avrebbe potuto reclutare una incalcolabile numero di nuovi "guerriglieri" sunniti in reazione alla politica malaccorta politica discriminatoria dell'ex premier sciita Al Maliki...

Il Califfato sarebbe riuscito a impossessarsi dei più moderni ed efficaci armamenti in dotazione all'esercito iraqeno in fuga... 

Il Califfato avrebbe colto impreparati gli analisti e gli esperti di strategia del Pentagono ed della NATO...

Più il tempo passa e ancor più ci si accorge dell'infilata di spiegazioni poco convinte e convincenti, riproposte dai soliti noti. Sarà pur vero che il Califfato è riuscito a fare breccia nei confronti di una parte consistente della popolazione sunnita – almeno agli inizi – ma questo agguerrito esercito jihadista viene dapprima costituito in Siria per rovesciare Assad e, ad esso, si uniscono mercenari e volontari provenienti da altri paesi arabi e musulmani e, in primis, dalla Libia, dove sono stati proprio i jihadisti a fare di Gheddafi quello che, per il momento, non è stato possibile con il baathista Assad. 

Come si può osservare, il panorama si complica...

E le armi ? Anche in questo caso, è chiaro che la dotazione bellica dei guerriglieri dell'ISIS – lanciamissili, missili terra aria, lanciagranate, ecc... - evidentemente in grado di reggere il confronto con un esercito regolare e ben armato, non può provenire unicamente da un esercito così disorganizzato e sgangherato da battere sostanzialmente in ritirata al primo tuonare di cannoni ed obici. E' altrettanto e palesemente chiaro che in Medio Oriente si organizzavano e si organizzano massicci traffici di armi sotto l'occhio benevolo di diversi servizi segreti e con la loro approvazione ed autorizzazione. Il fatto che il transito delle armi più o meno convenzionali sia massicciamente approdato all'ISIS, è sicuramente una circostanza allarmante e di grande valenza "criminale" e "criminogena". Il silenzio precede generalmente la tempesta, ma acoltare la voce di quel silenzio spiegherebbe molte cose...

Nella metà degli anni Novanta il politologo ed esperto di geopolitica Samuel Huntington licenziò alle stampe un testo "teorico" fondamentale, al paio di quello sulla "Fine della Storia" del "collega" Francis Fukuyama. Il prof. Di Harvard non era un comune intellettuale da salotto, ma uno dei "cervelli" di think tank e lobbies "americane" e "anglofone" come il Council on Foreign Relations e la Commissione Trilaterale, come gli altrettanto noti Brzezinski e il Premio Nobel per la Pace (sic !!!) Kissinger. Questa rete di istituti privati e paragovernativi e di influenti lobbies rappresentavano insieme la forza egemonica del mondo anglosassone e i grandi interessi economici e finanziari di multinazionali, corporations, grandi istituti finanziari, ecc.. Nel suo "Scontro delle civiltà" l'illustre professore esprimeva un concetto tanto semplice quanto schematico e superficiale: il mondo avrebbe attraversato una fase di vero e proprio "Scontro di Civiltà" combattuto fra l'Occidente (quindi USA, Europa, Giappone e loro alleati) e l'Islam (quest'ultimo sostanzialmente supportato dalla Cina in via di evoluzione ed espansione). Aggiungo io: "lo Scontro di Civiltà" rimpiazzava la "Guerra Fredda" che l'Occidente ha condotto contro l'URSS e i comunisti. Tale visione poteva ben essere accolta da coloro che facevano parte del "complesso militare e industriale" statunitense e atlantico, perennemente bisognosi di nuovi investimenti e nuovi profitti nel campo della Difesa e della Sicurezza. Ma questo è un passaggio successivo...

Qui interessa stabilire se l'analisi del professor Huntington – e dei suoi epigoni – corrisponde perfettamente al nuovo panorama della globalizzazione...

Ossia Occidente – quindi il Mercato, il neoliberismo, il consumismo, ecc... - versus Islam – quindi il richiamo a valori religiosi "ancestrali" e di sapore "tradizionalista" ?

Qualcosa stride in questo edificio...



Facciamo qualche passo indietro nel tempo... 



Quando tutto ebbe inizio... Fra la fine del 1978 e l'inizio del 1979 l'amministrazione del Presidente democratico Jimmy Carter decise di ingliggere un duro colpo ai sovietici "regalando loro una sorta di Vietnam". Prendeva avvio quella che – a quel tempo – rappresentava certamente la più grossa operazione di "guerra per procura" mai vista, destinata, se non a provocare il crollo dell'impero sovietico, quantomeno ad accellerare un processo ormai inevitabile. Architetto di quel programma era proprio quel Brzezinki che aveva ricoperto un ruolo importante nell'istituzione della Trilaterale e che era il Consigliere per la Sicurezza Nazionale dell'Amministrazione Carter. D'altronde diversi membri della Trilaterale – e del Bilderberg – facevano parte della compagine democratica. Il programma sarebbe ripreso con maggior vigore con le Amministrazioni del Presidente repubblicano Ronald Reagan che potè fregiarsi del merito di aver contribuito alla sconfitta definitiva dei sovietici. Il paese scelto era l'Afghanistan ove gli americani e i loro alleati avrebbero finanziato, addestrato, armato ed equipaggiato la locale guerriglia islamica – i mujaheddin – contro il governo filosovietico. Nelle previsioni degli analisti di Washington ciò avrebbe comportato – come poi effettivamente avvenne – l'invasione da parte dell'Armata Rossa sovietica per proteggere la propria posizione geostrategica nell'Asia Centrale. Con grande esposizione di dettagli e particolari documentati l'ottimo giornalistafree lance americano John K. Cooley pubblicò il classico quanto dimenticato "Una guerra empia" (l'ed. Più recente è dell'anarchica casa editrice Eleuthera), un testo che non solo dimostrava come la guerriglia afghana fu sostanzialmente "creata" da potenze straniere in funzione antisovietica, ma anche che si era consolidato un rapporto forte e stretto fra quell'operazione e il nuovo terrorismo di marca "islamista". Un paio di anni prima del "crollo" delle Twin Towers, si fa cita Bin Laden come un personaggio che aveva collaborato con i sauditi e con la stessa CIA per supportare i mujaheddin. Il suo nome era salito alla ribalta della cronaca nel 1998, quando vennero organizzati ed attuati diversi attentati alle sedi diplomatiche americane in Africa – Kenya e Tanzania – per i quali vennero accusati i talebani, gli "studenti coranici" dell'Afghanistan, "colpevoli" anche di dare ospitalità al "terrorista internazionale" Osama Bin Laden. Il saggio di Cooley lascia pochi margini di equivoco... Orgoglioso e tracotante, Brzezinki rivendicò la paternità dell'"Operazione Afghanistan" in un'intervista del 1998, attribuendosi il merito di aver dato un decisivo contributo alla vittoria finale sui sovietici. In fondo, ricordava al suo interlocutore, cosa poteva essere più importante nella Storia ? La vittoria sul colosso sovietico o "quattro straccioni musulmani"...

Il consueto sfoggio del cinismo pragmatico degli americani...

Lo schema era realmente semplice: i mujaheddin venivano addestrati a Peshawar – sul confine fra Afghanistan e Pakistan - dagli ufficiali dell'ISI, i servizi segreti militari pakistani al servizio del dittatore Zia Ul Haq, una sorta di "potere extralegale" del paese. Ad una completa ed efficiente istruzione all'uso delle armi e degli esplosivi – e, quindi, alle tecniche e metodologie della guerriglia e del terrorismo – si accompagnava un indottrinamento che rasentava il fanatismo: ai guerriglieri venivano distribuire copie del Corano da leggere e interpretare in maniera "guerresca" e bellica. L'ISI aveva stabilito stretti contatti con la CIA americani e l'MI6 britannico, così gli ufficiali pakistani incaricati di seguire l'addestramento dei mujaheddin, dovevano essere prima "formati" dai più esperti colleghi angloamericani. La gamma dei partecipanti all'operazione non si esauriva certo qui: i sauditi mettevano i capitali da investire fornendo anche un apporto in senso dottrinale, poichè gran parte dei mujaheddin si rifaceva al wahabbismo, la versione saudita dell'Islam, estremamente rigida e tradizionalista, mentre all'attività di addestramento partecipavano i paesi della NATO, in primis la Francia i cuoi servizi segreti, lo SDECE guidato allora da un rigido anticomunista come il barone De Merenches, operavano in grande sintonia con la CIA. Secondo alcune acquisizioni testimoniali a queste attività partecipò la rete della STAY BEHIND, l'esercito "segreto" e paramilitare della NATO. Oltre ai paesi citati fra i più impegnati si distinsero l'Egitto di Sadat – grande alleato degli americani – e la Cina comunista di Deng Xiaoping, da sempre su posizioni antisovietiche. Senza dimenticare la partecipazione – sempre negata e taciuta – degli uomini del MOSSAD, il servizio segreto di Israele, il più importante ed affidabile alleato degli USA nel settore mediorientale e dell'Asia Centrale. Considerato il quadro internazionale in cui era stata organizzata questa dispendiosa operazione, è certo che la guerriglia dei mujaheddin non aveva i tratti di un fenomeno essenzialmente locale: alla crociata contro il comunismo sovietico ateo ed apostata si unirono mercenari e volontari provenienti da diversi paesi arabi e musulmani i quali avrebbero appreso tutte le sottigliezze e le tecniche più sofisticate dell'arte di uccidere. Molti dei cosiddetti "afghani", reduci della guerriglia antisovietica, sarebbero tornati nei loro paesi ove avrebbero fatto mostra delle loro grandi capacità terroristiche. Ma naturalmente un'operazione clandestina e non dichiarata di sostegno ad un imponente esercito guerrigliero non poteva essere alimentata da ingenti traffici di armi e di droga. In proposito Cooley citò un'operazione sotto copertura che consentiva agli agenti della CIA di acquistare armi di fabbricazione cecoslovacca o dei paesi dell'Est, quindi proveniente dagli stati aderenti al Patto di Varsavia. Per nutrire il "mito" romantico dei mujaheddin in guerra con uno dei più potenti eserciti della Terra senza l'aiuto di nessuno, fu diffusa la notizia che i guerriglieri islamici afghani combattevano con le armi sottratte ai nemici dell'Armata Rossa eliminati. E' una voce che ricorda molto quella analoga sul Califfato, probabilmente sparsa, questa volta, non per costruire artatamente un'immagine eroica dei mujaheddin ma per fornire una spiegazione apparentemente convincente della potenza raggiunta dall'ISI. Nel 1986 lo scandalo Iran – contras investì pesantemente l'Amministrazione Reagan/Bush: in sostanza si scoprì che alcuni pezzi da novanta repubblicani e dei servizi segreti – con l'aiuto dei "colleghi" del MOSSAD – avevano venduto armi al "nemico" iraniano per finanziare la guerriglia antisandinista dei contras in Nicaragua. Una complessa operazione criminale che, forse, celava un patto inconfessabile con Khomeini e gli ayatollah, risalente alla trattativa per la liberazione degli ostaggi dell'Ambasciata americana a Teheran fra il 1979 e il 1980. Cooley sospettava che parte delle armi consegnate ai pasdaran della Rivoluzione iraniana fossero servite a equipaggiare i guerriglieri hazara, aghani sciiti. Insomma una classica operazione clandestina di intelligence consistente nella capacità di "sfruttare" un nemico e utilizzarlo contro un altro – e più pericoloso – nemico. Inoltre una parte dei finanziamenti della guerriglia dei mujaheddin era costituita dai proventi dei traffici di eroina organizzati proprio dall'ISIS, i servizi segreti pakistani. I profitti ricavati dai traffici che alimentavano anche il conflitto afghano venivano "ripuliti" e riciclati tramite la BCCI – Bank of Credit and Commerce International -, istituto di credito fondato nel 1972 dal pakistano Agha Hassan Abedi con l'intento di reperire i finanziamenti per il progetto di realizzazione della bomba nucleare pakistana o "islamica". Il capitale di questo losco istituto era stato messo a disposizione dai reali sauditi e dalle altre monarchie del Golfo di estrazione wahabita. Tuttavia non si trattava semplicemente di un istituto finanziario al servizio delle ambizioni di talune fazioni islamiche, ma di una vera e propria "banca del crimine". Infatti dei suoi servizi si giovavano dittatori mediorientali e sudamericani, mafie e organizzazioni criminali internazionali, terroristi super ricercati come il palestinese Abu Nidal, trafficanti di armi, narcotrafficanti come il colombiano Pablo Escobar, il boss del Cartello di Medellin e... la CIA. Quest'ultima, nel corso degli anni Ottanta, si sarebbe servita della BCCI per "ripulire" il frutto dei traffici di eroina che finanziavano i contras antisandinisti, con il concorso – secondo alcuni "pentiti della CIA – della "Famiglia" newyorkese più potente di Cosa Nostra italoamericana, i Gambino. Nei primi anni Novanta la BCCI fece scoppiare il più grande scandalo finanziario mai visto fino ad allora anche in relazione all'arresto del dittatore panamense, narcotrafficante – già collaboratore della CIA sotto la direzione del petroliere texano George Bush, futuro vicepresidente e Presidente USA e buon amico dei sauditi – Noriega. Quest'ultimo fa parte della lunga schiera di piccoli "tiranni" avidi e ambiziosi che, dopo un periodo di sintonia con gli "amici" americani, sono stati "scaricati" e "fatti fuori" dagli yankees. Nel 1989, per il solo arresto del criminale e narcotrafficante Noriega, l'esercito statunitense invase la piccola Panama causando un gran numero di vittime civili. A quel tempo il Presidente USA era proprio quel Bush – padre del futuro Presidente che dichiarò la "guerra preventiva e permanente" al terrorismo" – che era stato socio di Noriega e che ora voleva molto probabilmente sviare l'attenzione dalle proprie responsabilità nella gestione dei traffici internazionali di armi e di droga. Inoltre il piccolo dittatore panamense era stato arrestato non perchè fosse implicato nel narcotraffico fra USA e America Latina, ma perchè, per agevolare i suoi commerci, pagava un'ingente tangente a Fidel Castro. Un peccato imperdonabile... Quanto alla BCCI, un'altra piccola curiosità: il nome di questo istituto finanziario compare nelle inchieste giudiarie sul Banco Ambrosiano il cui discusso Presidente, il piduista Roberto Calvi - già socio del "fratello" bancarottiere siculo e mafioso Michele Sindona e di Monsignor Paul Marcinkus ai vertici dello IOR – venne "suicidato" e impiccato sotto il Blackfriars Bridge a Londra nel giugno del 1982.  

Al di là, quindi, delle ricostruzioni interessate e agiografiche sulla gloriosa epopea dei mujaheddin, la guerra "islamica" – foraggiata anche  soprattutto dagli "occidentali" – all'Armata Rossa in Afghanistan era stata il frutto di un colossale programma di guerra non convenzionale gestito dai servizi segreti di numerosi paesi, per tacere il fatto che costituisse un grande affare dai connotati evidentemente criminali e criminosi. Opportunamente imbeccati, i media internazionali presentarono i mujaheddin come "combattenti per la libertà", guerriglieri che si battevano per la liberazione di un popolo dal giogo imposto da un regime filosovietico. Tale versione è stata generalmente accettata e abbracciata acriticamente dalla quasi totalità delle espressione politiche culturali e intellettuali dell'Occidente, da destra a sinistra... Segno tangibile che, se era stata messa a punto anche una pianificazione di "guerra psicologica" da accompagnare alle operazioni paramilitari in Afghanistan, aveva certamente raggiunto il suo obiettivo. Come è stato autorevolmente esposto e spiegato da diversi esperti in materia, la "guerra psicologica" ha la funzione precipua di conquistare i cuori e le menti dell'opinione pubblica. In questo caso la simpatia suscitata dalla "guerra di liberazione" afghana eguagliò quella che, a suo tempo, era stata indirizzata verso i guerriglieri comunisti vietnamiti, i vietcong, in guerra con gli USA. Tuttavia la realtà era ben diversa da quella presentata dai media e i vari capi mujaheddin, i Massud, gli Hekmatyar, i Dostum e – perchè no ? - i Bin Laden, non erano i romantici ed esotici eroi di un romanzo d'avventure di impronta salgariana. Più che di guerriglieri "islamici", si trattava di autentici predoni e banditi intenti a saccheggiare, depredare, arraffare, accompagnando le loro razzie con le note brutalità – esecuzioni, sevizie, stupri, ecc... -. Non è un caso che, presto, molti di loro avrebbero scoperto l'autentica vocazione di signori della guerra, arricchiti dalla colossale produzione e dalla raffinazione di stupefacenti, cresciuta peraltro a dismisura negli ultimi anni. Quanto alla qualità di uomini tolleranti e aperti, basti ricordare un personaggio come il capo pashtun Hekmatyar, la cui vrutalità si spingeva fino al classico lancio di acido sui volti delle "peccatrici". Eppure Hekmatyar era stato ricevuto a Washington dal Presidente Reagan in qualità di degno rappresentante dei "combattenti per la libertà" afghani. Si può obiettare che questa era la materia prima su cui si doveva lavorare per sconfiggere definitivamente i sovietici, ma alcune domande non possono essere facilmente scansate... La crudeltà e brutalità dei mujaheddin – o quanto meno della parte più "fanatica" – dovevano essere ricondotte alla loro educazione e acculturazione "fondamentalista" e "tradizionalista", oppure erano l'esito naturale di un addestramento e un'istruzione impartita dai maestri della "guerra non convenzionale e non ortodossa" ? Oppure ciascuna delle due risposte contiene una buona dose di verità ?

Per quanto la programmazione concertata da Washington , Riyadh e dai loro alleati più o meno occasionali prevedesse un massiccio impiego di risorse umane e materiali e di capitali, si potrebbe pensare che fosse limitata alle finalità di contrasto del colosso sovietico. Come d'altronde, si sarebbe portati a ritenere che la successiva esplosione del terrorismo di matrice islamista e del jihadismo rientrassero nei classici "effetti non desiderati" o "blowback" per dirla alla Chalmer Johnson. In tal caso si sarebbe dovuto assistere a una seria azione di contrasto del fenomeno da parte della superpotenza americana e degli alleati del Patto NATO, ma, invece, una buona quantità di fatti si è incaricata di contraddire questa versione... 



Se anche due indizi fanno una prova...



Nel 1989 la "Guerra Fredda" ha virtualmente termine: simbolicamente viene abbattuto il Muro di Berlino e il premier sovietico e segretario del PCUS Mikhail Gorbacev ordina il ritiro dell'Armata Rossa dall'Afghanistan. E' una "vittoria", al contempo, dell'Occidente "anglofono", "atlantico" e "sionista" e del nuovo radicalismo islamico soprattutto di stampo sunnita e wahabita. Reduci da anni di combattimento, gli "afghani" – i reduci musulmani stranieri del conflitto afghano – ritornano nei rispettivi paesi, molto spesso ansiosi di trasmettere i loro apprendimenti a nuovi allievi. E' l'ennesima dimostrazione che la fine di ogni conflitto – più o meno "caldo" – crea i presupposti per nuove feroci contese. Nel corso degli anni Novanta l'Algeria viene dilaniata da un conflitto che causa decine di migliaia di morti, molto spesso civili, donne e bambini. Una lunga scia di sangue che non risparmia nessuno... Gli "afghani" hanno fondato il FIS – Fronte Islamico di Salvezza – che si oppone al partito che sta governando l'Algeria da trent'anni, il "laico" FLN, artefice dell'indipendenza del paese dalla Francia. Ma, paradossalmente, i venti di guerra soffiano con impeto violento e inarrestabile sulla stessa Europa. La Jugoslavia – una federazione di stampo socialista, resa coesa per circa trent'anni dalla figura carismatica del maresciallo Tito, eroe croato della Resistenza al nazifascismo – si disgrega a causa di una sequela di guerra che oppongono i gruppi etnici e gli stati federati presenti sul territorio. La Serbia di Milosevic, la Croazia di Tudjman , la Bosnia Earzegovina di Izetbegovic... I nazionalisti serbi e quelli croati – figli ideali degli ustacia di Ante Pavelic, apertamente filonazisti – e i bosniaci di confessione musulmana... Dall'epoca della Seconda Guerra Mondiale non si assisteva a un conflitto tanto brutale e distruttivo, le cui responsabilità ricadono anche sulle potenze e superpotenze – USA, Russia, Germania, Francia, ecc.. - pronte a contendersi le spoglie di uno stato in via di decomposizione. In questa macelleria fratricida non è facile dividere e distinguere le gravissime responsabilità, ma la cosiddetta Comunità Internazionale individua un comodo capro espiatorio "politico", il Presidente serbo Slobodan Milosevic, ortodosso, "socialista" e alleato della Russia. Viene accusato di aver perpetrato il genocidio dei musulmani bosniaci e, per questo, verrà processato e condannato dal Tribunale dell'Aja. Il pretesto di assumere la difesa dei musulmani, condurrà a un intervento della NATO nel 1995. Ancor più risoluta l'azione dell'Alleanza Atlantica nel 1999 con la pretesa giustificazione di fermare il genocidio degli albanesi del Kosovo da parte dei serbi. Inutile aggiungere che non sarà mai presentata una prova convincente di una politica serba di sterminio, ma, piuttosto, emergerà come il Kosovo fosse ormai diventato il teatro di una guerra civile fra serbi e albanesi kosovari con perdite da una parte e dall'altra. Anzi, in tale contesto, si farà notare il movimento di guerriglia albanese kosovaro UCK che pratica la lotta armata e violenta per rendere autonoma la regione del Kosovo dalla Serbia e unirla alla "Grande Albania". Gli USA e la NATO finanziano e armano generosamente un gruppo guerrigliero che, solo qualche tempo prima, era inserito nella "black list" delle organizzazioni terrroristiche di Washington e l'UCK si farà notare anche per le sue spiccate tendenze criminali, legandosi alle organizzazioni della mafia albanese e ai suoi rackets – traffici di armi e stupefacenti e sfruttamento della prostituzione -. Il termine "balcanizzazione" entra nel linguaggio comune per indicare la frantumazione e la disgregazione di uno Stato o di un territorio provocata da processi di guerra civile. A questa nuova "avventura" partecipano ancora una volta le milizie musulmane provenienti dall'estero, con una buona presenza di "afghani", per difendere i loro "fratelli" bosniaci e kosovari. E' certa  la presenza dei "qaedisti", dei seguaci di Bin Laden e del loro operato accanto ai guerriglieri albanesi dell'UCK, tuttavia nessuno si preoccuperà di appurare quale fosse stato l'apporto dei miliziani musulmani nei conflitti della Bosnia Erzegovina e del Kosovo. Invece uno degli effetti più visibili dei conflitti balcanici degli anni Novanta – oltre alla dissoluzione della Jugoslavia in "microstati" fondati su base etnica e confessionale – sarà la progressiva presenza militare degli americani, dei paesi UE e, in definitiva, della NATO, In Bosnia verrà installata una delle più grandi basi militari americane sul continente europeo. Se vera guerra si è combattuta – feroce e sanguinosa -, non è poi difficile scorgerne gli esiti più immediati e capire chi sono i vincitori e chi lo sconfitto...

Bosnia Erzegovina, Kosovo e... Cecenia... Una minuscola regione sul territorio dell'ex URSS che ha la sfortuna di ricoprire un ruolo cruciale nel transito degli oleodotti, così non è forse un caso che si sviluppi una guerriglia che, dagli iniziali connotati nazionalisti, finirà per indossare una veste molto prossima all'"islamismo"... E, ancora una volta, vi saranno volontari musulmani disposti a combattere gli odiati russi in un territorio diverso dall'Afghanistan. Basta, quindi, rivangare questi pochi, ma precisi fatti per comprendere come lo "schema" dello "Scontro di Civiltà" non funzioni e come faccia acqua da tutte le parti... Molto spesso gli jihadisti si ritrovano a combattere dalla stessa parte degli "infedeli" occidentali (Bosnia e Kosovo), oppure pare quasi che siano stati ingaggiati per "combattere per procura"(Cecenia). Se proprio deve essere applicata, la dicotomia di Huntington, lo si può fare nei confronti della Russia, non più sovietica, ma in questo modo Bosnia, Kosovo e Afghanistan potrebbero costituire degli ulteriori capitoli della guerra combattuta in Afghanistan contro i russi. 

Basterebbe rileggere le dichiarazioni dell'"esperto" Brzezinki per capire che, per gli americani e i loro alleati, il problema da risolvere non è rappresentato dalle orde di jihadisti – feroci e determinati – ma da un colosso come la Russia che, sotto la guida di Putin, riconquisterà parzialmente le posizioni e il prestigio perduto nel contesto internazionale. Ma le ragioni per cui la nuova ondata di "fondamentalismo islamico" e guerriero – creato parzialmente in "vitro" in Afghanistan – può far comodo sono varie e molteplici. Innanzitutto gli USA e gli alleati non hanno mai "perdonato" agli ayatollah iraniani di aver sottratto alla NATO un pezzo pregiatissimo dell'alleanza, scacciando lo Scià Pahlevi al termine di un sommovimento autenticamente rivoluzionario che ha coinvolto pressochè tutte le forze politiche del paese. E' noto come l'Iran si sia imposto come punto di riferimento morale, ideologico e anche militare dei gruppi sciiti a cui, per converso, verranno contrapposti i sunniti sostenuti dall'Arabia Saudita, Pakistan, Qatar e dalle altre monarchie del Golfo, legate agli USA da stretti rapporti cementati dai comuni interessi nel settore energetico e petrolifero. Nel corso degli anni Novanta – quando il pericolo del "terrorismo islamista" era meno avvertito e meno diffuso – il regime teocratico dell'Iran verrà accusato di fomentare e istigare i responsabili degli attentati attribuibili alla galassia "islamica", come il primo attentato alle Twin Towers (1993). Solo qualche anno dopo si comuncerà a puntare il dito contro un certo Bin Laden...

Oltre all'orientamento antirusso e quello antii iraniano – per tacere di quello "anticinese" "affidato" al Dalai Lama per un verso e ai ribelli musulmani uiguri per l'altro – esiste un terzo ordine di motivi per cui foraggiare o assecondare le azioni dei "jihadisti". Dopo la fine del Secondo Conflitto Mondiale nel mondo arabo si assistette a una nuova ondata di nazionalismo panarabo imperniato sulla creazione di un'unica grande nazione in Medio Oriente. Fondato sulla necessità di riformare e "modernizzare" una società che, per molti versi, aveva fermato le lancette della Storia alcuni secoli prima, il nuovo nazionalismo panarabo si rifaceva ai modelli sovietici e fascisteggianti rigettando il presunto "liberalismo" degli imperialisti (USA) e dei colonizzatori (Gran Bretagna e Francia). I più validi interpreti di questa linea ideologica e programmatica furono i nazionalisti di stampo nasseriano – le caste militari del Maghreb – e i partiti del Baath (Iraq e Siria) i quali individuarono i loro nemici nel nuovo stato di Israele, edificato occupando la Palestina, con popolazione a maggioranza araba, e nelle monarchie arabe, corrotte e decadenti, ancora legate a doppio filo alle vecchie potenze coloniali. Per un certo periodo il nazionalismo arabo – parzialmente "laico" secondo i parametri di giudizio mediorientali – ha fatto breccia fra le popolazioni: nel 1952, in Egtitto un colpo di stato deli ufficiali "liberi" dell'esercito guidati da Nasser e Neguib provocò la destituzione dell'impopolare re Faruk mentre nel 1963 in Iraq il Baath guidò un processo rivoluzionario che terminò con la caduta della monarchia hashemita e all'impiccagione di re Faisal. Per tali ragioni il nazionalismo arabo nelle sue varie forme non poteva essere gradito nè ad Israele, nè alle gradi famiglie che reggevano le monarchie arabe e i loro referenti internazionali – statunitensi per i sauditi e inglesi per gli hashemiti -. Inoltre il nazionalismo panarabo era fortemente intriso di "socialismo" e predicava riforme implicanti un forte interventismo statale in economia, senza, però, scivolare nel comunismo. Era una ragione ulteriore per non apprezzare i nuovi campioni dell'unità araba... Dopo aver potuto usufruire di un certo appoggio anche da parte della CIA, in seguito al disastroso esito della guerra di Suez (1956), il dittatore egiziano Nasser – già uno dei leader più rappresentativi dei "paesi non allineati" – avviò una proficua relazione con l'URSS e la Cecoslovacchia. Da quel momento la CIA sostenne il movimento "islamista" e "reazionario" dei Fratelli Musulmani che fu implicato in diversi tentativi di assassinare il leader egiziano a seguito dei quali furono duramente repressi. Fondati nel 1928 dal riformatore musulmano Hasan Al Banna i Fratelli Musulmani si rifacevano in gran parte all'interpretazione del Corano di Al Wahab e, fino in tempi recenti, i rapporti con l'Arabia Saudita sono stati molto stretti. L'antico appoggio americano di cui avevano goduto i Fratelli Musulmani negli anni Cinquanta e Sessanta dimostrerebbe come, fin da tempi non sospetti, si sia pensato di opporre al nazionalismo arabo socialisteggiante e, magari, anche filosovietico i "tradizionalisti" e "reazionari" che propugnavano il ritorno alla purezza dell'Islam. In questo senso gli israeliani sono stati forse anche più attivi quando, nel corso degli anni Ottanta, decisero di rifornire di armi gli stessi ayatollah iraniani contro il regime baathista dell'Iraq di Saddam Hussein e di assecondare inizialmente la fondazione e lo sviluppo del movimento "islamista" palestinese Hamas in concorrenza con l'OLP guidato dal "laico" e campione di nazionalismo arabo Yasser Arafat. 
Tuttavia la complicata storia più recente del Medio Oriente e del mondo arabo lascia ampi margini alle ambiguità, alle doppiezze e agli intrecci più insospettabili. Così il dittatore libico, ammiratore di Nasser e definito da alcuni "il grande burattinaio del terrorismo internazionale", Muhammar Gheddafi aprì canali di "diplomazia parallela" con i "nemici" di una sezione speciale della CIA capitanata dal famigerato "diavolo biondo" Theodore G. Shackley da cui acquistò un ingente quantitativo di esplosivo militare C4. Si trattava, molto probabilmente, di un'operazione clandestina finalizzata a mantenere alta la tensione nel Mediterraneo e sullo stesso continente europeo. Inoltre, secondo una pluralità di fonti, l'istrionico capo della "rivoluzione verde" faceva comodo per i suoi proclami farneticanti contro gli americani, gli inglesi e gli israeliani. Soprattutto a questi ultimi...
Ancor più nota è la vicenda di Saddam Hussein il quale venne praticamente istigato ad invadere l'Iran nel 1980 e, successivamente, venne massicciamente armato anche con armi non convenzionali, sia dagli USA e dai loro alleati che dall'URSS. Terminato il terribile conflitto fra Iran e Iraq, Saddam Hussein smise di essere considerato come un "campione dell'Occidente" ed entrò nel novero dei suoi nemici dopo l'invasione del Kuwait nel 1990.
Tuttavia, guardando ai meri fatti e sondando la cruda realtà, è indubitabile che nella prospettiva di lungo periodo per gli USA, l'UE e Israele fosse necessario sbarazzarsi di quei regimi, nati sull'onda dell'entusiasmo attizzato dalle varie forme di panarabismo e nazionalismo arabo, si ostinavano a mantenere un certo grado di indipendenza statale e di conservare certi aspetti di socialismo nelle strutture istituzionali e amministrative.

Meglio dissolvere, cancellare e dividere..

Oltretutto si "alleggeriva" Israele dal peso di uno scomodo accerchiamento e da potenziali "alleati" della causa arabo palestinese come lo stesso Saddam Hussein...

In seguito ai discussi fatti dell'11 settembre – che, di fatto, hanno contrassegnato l'entrata in una nuova fase storica dell'umanità – si è dichiarato guerra al quel "terrorismo" che avrebbe dovuto identificarsi con l'"islamismo" abbracciato da personaggi come Bin Laden, ma, di fatto, sono state moltiplicate le manovre militari e paramilitari contro i regimi arabi "laici". Nel 2003 una guerra lampo dichiarata e realizzata dalle truppe americane e inglesi provocava la fine del regime di Saddam Hussein il quale sarebbe stato processato e impiccato dai suoi avversari politici. Per l'occasione – e per bocca di Colin Powell – gli americani giustificarono il loro intervento con la necessità assurda di "esportare la democrazia" e di neutralizzare quelle armi di distruzione di massa che mai sarebbero state ritrovate. Anche questa volta il consueto pragmatismo yankee non ha potuto escludere la collaborazione "sotterranea" con il nemico, in questo caso l'odiato Iran e i gruppi sciiti che si opponevano al sunnita Saddam Hussein. Anni dopo, nel 2011, sotto la Presidenza Obama, si avviano le grandi e congiunte manovre contro la Libia di Gheddafi e la Siria di Assad, ma il "giochino" – con l'intervento diretto di inglesi e francesi – riesce solo nel primo caso... Almeno fino al momento in cui sto scrivendo... In entrambi i casi a terra i combattimenti contro i regimi vengono ingaggiati dai gruppi "islamisti", jihadisti, qaedisti e salafiti... 

Naturalmente in questo panorama complicato, eppure anche semplice se si assimilano i meccanismi attuali della cosiddetta "politica internazionale, merita ancora di essere citato l'Afghanistan ove qualcosa accade...

Ormai isolato e privo della protezione russa, il governo "collaborazionista" di Nusrallah cade rovinosamente nel 1992 per instaurare una sorta di Repubblica "islamica" con la presidenza di Rabbani, il capo mujaheddin dal maggior prestigio, Finalmente i guerriglieri islamici antisovietici hanno l'opportunità di mostrare le loro capacità di governo dopo aver dimostrato la loro abilità nei combattimenti senza quartiere con le Divisioni dell'Armata Rossa. Ma saranno mai capaci di governare e di amministrare predoni, banditi, tagliagole e, nella migliore delle ipotesi, gente addestrata alla guerriglia che non può fare altro nella vita ? E infatti la guerra prosegue con le sanguinose schermaglie e lotte di fazione che, inizialmente, oppongono il "governo legittimo" del duo tagiko Rabbani – Massud ("il leone del Panshir") al terribile Hekmatyar, pashtun, e a Dostum, un uzbeko che ha, già peraltro cambiato molte bandiere e dall'iniziale servizio nell'Armata Rossa è passato a combattere per sè stesso. Ma quell'instabilità non è gradita, non va bene... Una delle maggiori compagnie energetiche e petrolifere statunitensi, l'UNOCAL, progetta la costruzione di un oleodotto per la fornitura di energia nell'Estremo Oriente, tagliando fuori sia la Russia che l'Iran. Tutto ciò non è fattibile se non viene ripristinata – si fa per dire – la stabilità del territorio e non viene messa la parola fine alle guerre di fazione che dilaniano il paese. Così come l'ISI – il servizio segreto dell'Esercito pakistano e potere ombra del Pakistan – aveva addestrato, finanziato e armato i mujaheddin e le "brigate internazionali", ora fa altrettanto con i cosiddetti "talebani", gli studenti coranici, più orientati all'integralismo e a far rispettare i più rigidi precetti del Corano. E' l'ideale per riportare l'ordine in Afghanistan... Ancora una volta dietro ai militari dell'ISI, vegliano la CIA americana e i sauditi. A metà degli anni Novanta i talebani – in gran parte giovani pakistani di etnia pashtun – vengono inviati in quantità industriali in Afghanistan e la loro ondata non può essere arrestata dalle bande dei mujaheddin che si uniscono nella raccogliticcia Alleanza del Nord, non a caso foraggiata da russi, iraniani e cinesi, tutti avversari dell'espansionismo di marca USA. Forse pochi lo ricordano, ma in quegli anni – e non a caso – i talebani non venivano dipinti dai media occidentali come i mostri e i terroristi che opprimevano le donne e punivano brutalmente gli "infedeli", ma, al contrario, era stata seminata una forte simpatia nei loro confronti, ravvisabile, soprattutto, nella descrizione dei giovani studenti che, con le armi e il sostegno popolare, riportavano l'ordine e la pace nel paese, liberandolo da quei mujaheddin che, da "combattenti per la libertà" si erano trasformati in banditi. Alla fine del 1998 i talebani sono riusciti a conquistare il 90 per cento del territorio afghano e si apprestano ad infliggere una dura lezione a Massud e a Dostum, ma, evidentemente, nelle trattative per la costruzione dell'oleodotto UNOCAL, gli "studenti coranici" hanno voluto far levitare troppo il loro prezzo. Ormai i talebani non sono più tanto graditi a quell'Amministrazione Clinton che, pure, li aveva segretamente sostenuti e per chi dà prova di "inaffidabilità" si adottano le consuete contromisure. E i relativi pretesti... Così è possibile accusare i talebani di aver dato rifugio a un terrorista di fama internazionale come Osama Bin Laden a cui sono stati attribuiti gli attentati alle Ambasciate statunitensi in Kenya e in Tanzania. 

Il resto della storia è più noto: le Twin Towers, l'intervento dell'esercito statunitense e dei suoi alleati della NATO, la controffensiva talebana, nuovi scontri "confessionali", etnici e tribali, l'esponenziale aumento della coltivazione dei papaveri da oppio destinati ad essere raffinati in eroina, il controllo territoriale dei "signori della guerra". Quello che emerge con assoluta chiarezza è l'importanza imprescindibili della politica e degli interessi pubblici e privati nel capo petrolifero ed energetico. Il "collaborazionista" Presidente dell'Afghanistan Karzai è un ex consulente dell'UNOCAL come il sempreverde Henry Kissinger, maestro di "diplomazia" e di cinismo all'ennesima potenza. Nella compagine dell'Amministrazione di Bush jr. (2001 – 2008) gli interessi delle compagnie energetiche e petrolifere sono rappresentate alla pari di quelli del complesso militare industriale e di quelli finanziari di Wall Street. Una bella miscela... esplosiva !!! La famiglia Bush è una ricchissima dinastia di petrolieri texani con evidente amicizie saudite. Un certo, tardivo scalpore ha fatto la notizia sulla società dei Bush e dei Bin Laden, una delle più facoltose famiglie saudite, nel settore dell'energia (Arbusto e Harken Energy). Senza contare i legami del vicepresidente Dick Cheney - vecchia volpe repubblicana fin dai tempi di Nixon – con la Hulliburton Oil e quelli di Condoleeza Rice, Consigliere per la Sicurezza Nazionale, con la Chevron Texaco. Insomma siamo in pieno gotha delle potenze petrolifere statunitensi !!!
Infatti, dopo l'Afghanistan – e con pessimi risultati -, sarà proprio l'Amministrazione Bush jr a muovere guerra al "tiranno" iraqeno Saddam Hussein, reo di essere troppo indipendente e autonomo. Peccato imperdonabile in una delle regioni del pianeta più ricche di "oro nero". In un certo senso lo schema si ripete anche nella Libia di Gheddafi – peraltro il maggior fornitore di petrolio dell'Italia – ove, stavolta, l'Amministrazione del democratico Barack Obama lascerà mano libera ai bombardamenti inglesi e francesi. 

Come ho cercato di illustrare, non occorrono molte "prove" per liquidare il comodo schema imposto da Huntington: dietro le grandi "aree culturali" in conflitto si celano interessi spesso privati e privatissimi, ma così clamorosi da mobilitare risorse nazionali e transnazionali. Allora si comprende la battuta dell'indomito Brzezinki sugli estremisti musulmani. Davvero, non sono certamente loro il problema per gli yankees... E tuttavia, forse, il punto cruciale e nodale non è stato ancora toccato in penetrazione. In Afghanistan – così come in altri teatri di guerra – i jihadisti – spesso sunniti o salafiti – hanno dimostrato di saper organizzare una sorta di "internazionale islamica" capace di mobilitare e arruolare i "credenti" di diversi stati e, perfino, diversi continenti. Sorge spontanea una innocentissima domanda: è vero che a Gaza è stato imposto un pesante blocco militare e, tuttavia, come mai queste orde di fantomatici eroi della Jihad "contro i crociati e gli ebrei" non si mobilitano per combattere a fianco dei "fratelli" arabi della Palestina contro Israele ? Eppure questo dovrebbe essere l'obiettivo più immediato dei combattenti islamici che, invece, si "attardano" ad attizzare il fuoco della destabilizzazione in certe regioni – peraltro ampiamente illustrate – e a "ripulirle" in nome di una malintesa purezza del Corano. Eppure, nell'orizzonte dei jihadisti, appare l'edificazione di un grande impero – il Califfato – che dovrebbe avere un'estensione pari a quella dell'antico Impero Ottomano. Ambizioni smodate ? Quantomeno appare azzardato sostenere che gli jihadisti stanno conducendo un conflitto senza quartiere contro gli USA, Israele, l'UE e i loro alleati dentro e fuori i confini dell'Occidente.

Ma se bastano due per fare una prova, quante prove abbiamo raccolto ?

E qui conviene che si torni a tempi molto più recenti, fra la Siria e l'Iraq...

Parte terza

Quel cerchio che si sta chiudendo...



In questi giorni per i siti della "rete" stanno circolando alcune foto che dovrebbero costituire motivo di estremo imbarazzo per l'Amministrazione Obama e per gli americani in generale. Fra queste una risalirebbe al maggio dell'anno scorso e ritrarrebbe il senatore repubblicano John McCain, lo "sfortunato" avversario di Barack Obama alle elezioni presidenziali del 2008 in compagnia di alcuni personaggi poco raccomandabili, rappresentanti della cosiddetta "resistenza siriana" a Bashar Al Assad. Fra costoro Mohammad Nour, portavoce della sezione "siriana" di Al Qaeda - Al Nusra - e Salem Idriss, capo dell'Esercito Siriano Libero.

Non è difficile capire quale fosse il motivo della visita di McCain a Idleb in Siria: a quanto pare si sarebbero concordati i dettagli per l'operazione "Nido di Calabrone", la formazione di un esercito jihadista tramite il massiccio reclutamento di elementi provenienti da tutto il mondo e la consueta fornitura di armi sfruttando il canale "turco". Ovviamente scopo precipuo dell'incontro era l'approntamento di una efficiente e micidiale macchina paramilitare che fosse in grado di destabilizzare la Siria e non solo... John McCain non è un semplice senatore, ma l'ambasciatore "itinerante" della destabilizzazione e del caos organizzati e rivolti verso i "nemici" degli USA, di Israele e dei loro alleati. Dai tempi dell'Amministrazione repubblicana di Ronald Reagan ricoprirebbe l'incarico del potente think tank "paragovernativo" International Republican Institute, una delle numerose "culle" dell'egemonia anglosassone, anglofona e protestante e sorta di crocevia fra i servizi segreti degli USA e dei paesi del Commonwealth (Gran Bretagna, Canada, Australia e Nuova Zelanda). Per completare il quadro, il summit sarebbe stato organizzato dalla Syrian Emergency Task Force che avrebbe celato, in realtà l'operato di una potente lobby ebraica, l'AIPAC e all'intera operazione di reclutamento ed addestramento avrebbero partecipato, come al solito, Arabia Saudita, Qatar e le altre monarchie del Golfo. Appare evidente che, accanto agli obiettivi strategici e agli interessi di ordine economico e di natura più o meno "criminale", si appalesa una poco onorevole alleanza fra i peggiori radicalismi ed estremismi mondiali con tinte millenariste: l'oligarchia plutocratica WASP fondata sulla convinzione della supremazia globale "angloamericana" protestante (l'ideologia dei British Israelities), l'ultrasionismo imperniato sul "ponte"USA – Israele e il jihadismo di marca wahabita e salafita generosamente remunerato dai principi e dagli emiri del Golfo. Una coalizione non dichiarata che, "indirettamente", si è resa responsabile dei massacri dei cristiani e di altre minoranze confessionali ed etniche in Iraq e in altri paesi del Medio Oriente. Per questi motivi ritroviamo spesso il senatore repubblicano al centro di tutte le manovre volte a destabilizzare i regimi e i sistemi non graditi a Washington e c. Serbia, Venezuela, le "primavere arabe", Ucraina, ecc... sono altrettanti anelli di una lunga catena che non accenna a terminare, a cui McCain concorre nell'aggiunta di sempre nuovi pezzi alla collezione... Lo schema è stato ampiamente collaudato: come prima opzione vengono sostenuti e "incoraggiati" i movimenti "democratici" e "non violenti, cercando anche di guadagnare alla causa l'appoggio dell'opinione pubblica internazionale grazie ai contatti resi possibili dalla "rete". Gli esempi sono ormai numerosi: le rivoluzioni "colorate" nei paesi dell'ex URSS (valgano per tutti l'Ucraina e la Georgia), la cosiddetta Primavera Araba (soprattutto in Tunisia e in Egitto) e la fallimentare Rivoluzione verde in Iran di qualche anno fa... Generalmente i mass media – non solo necessariamente del sistema Mainstream - provvedono a diffondere fra l'opinione pubblica "straniera" sentimenti di simpatia e adesione alla "causa" dei contestatori e dei ribelli. Questo modello di "guerra non convenzionale" ha avuto probabilmente origine con l'OTPOR, il movimento degli studenti serbi ampiamente finanziato e supportato dalla CIA, ma le sue vere radici forse risalgono al sindacato polacco antisovietico Solidarnosc che – negli anni Ottanta - potè contare sull'appoggio degli USA, del Vaticano e di una miriada di partiti e associazioni in tutto il mondo. Se questa opzione si rivela inefficacie e impraticabile, allora si ricorre a mezzi più drastici mobilitando forze e gruppi militari e paramilitari capaci di mettere in atto qualsiasi azione terroristica e di guerriglia. Poco importa se si tratti di forze speciali dei servizi segreti e brigate delle elites militari, di elementi fanatizzati – jihadisti o nazisti –, di mercenari o criminali professionali. Dipenderà sia dalle operazioni da realizzare e dal relativo contesto geografico... Queste forze affiancheranno i "non violenti" nell'eventualità che si debba sostenere uno scontro con le forze militari o di polizia mobilitate in funzione antisommossa dal governo in carica – più o meno legittimo -. Se la situazione degenera nella guerra civile, si organizzeranno in veri e propri eserciti paramilitari, perfettamente inquadrati e addestrati, in grado di usare anche le armi più sofisticate e di fabbricare ordigni esplosivi. Non sono in grado di entrare nei dettagli, ma sono abbastanza sicuro che fra i servizi segreti e le forze speciali di diversi corpi militari circolino manuali per la "guerra non convenzionale" e per la destabilizzazione con relative istruzioni per ideare e mettere in atto quelle azioni violente e "non violente"  - a seconda dei casi – utili a influenzare e indirizzare una determinata situazione – istituzionale, politica, economica, sociale – nel senso voluto. La presenza più ingombrante e imbarazzante nella foto in questione è proprio quella di Ibrahim Al Bradri alias Al Baghdadi, il cosiddetto Califfo Islamico dell'Iraq e del Levante, famigerato capo del poderoso esercito "islamista" che sta compiendo un massacro nel nord dell'Iraq le cui proporzioni stanno assumendo le dimensioni di un autentico genocidio. Ed il sospetto più grave è che gli USA, Israele e la NATO abbiano sostanzialmente creato il Califfo e l'esercito in modo da utilizzarlo contro i regimi non desiderabili dell'area mediorientale (Siria e Iran).

Sarebbe dunque questo l'approdo dell'operazione "Nido di Calabrone"...

E' la stessa biografia del Califfo ad indurre a ritenere che, in qualche modo, egli si sia fatto strumento in "insospettabili" mani altrui. Già il 4 ottobre 2011 – a neanche un mese di distanza dagli attentati alle Twin Towers e al Pentagono – l'FBI stila una lista dei più pericolosi ricercati per terrorismo internazionele e vi compare proprio lui, Abu Bakr aliad Al Baghdadi, molto più che una giovane promessa del terrore. E' la prova evidente di come l'indole del giovane terrorista arabo fosse ben conosciuta. Nel 2003 partecipa alla resistenza iraqena e, dopo essere stato catturato, viene imprigionato a Guantanamo. A quale trattamento fosse stato sottoposto fra il 2003 e il 2009 non è ancor dato sapere, ma il sospetto più grave e inquietante è che sia stato "riprogrammato" dagli agenti americani attraverso un trattamento di "manipolazione mentale". Quel che è certo, invece, è che, una volta libero, il futuro Califfo Al Baghdadi non rinuncerà di esercitare la sua "professione", ma questa volta, presumibilmente sotto "falsa bandiera". Forse i vecchi seguaci di Al Qaeda, di Bin Ladem e Zawahiri non sono più considerati tanto "affidabili" e urge puntare su un nuovo "campione" dell'islamismo da mettere a capo di un nuovo tipo di esercito, più numeroso, agguerrito e sanguinario. L'ISIL è solo l'ultima tappa di un lavorio nel settore mediorientale che, come abbiamo visto, persegue l'obiettivo di completa egemonia politica, militare, economica e culturale, attraverso il campionario delle operazioni "speciali". Vediamone le tappe salienti:   

La "Primavera" egiziana del gennaio 2011 si esaurisce con la destituzione del dittatore Hosni Mubarak, buon amico degli americani e degli israeliani, ma ormai non più spendibile per la sua sostanziale popolarità. Il processo "democratico" apre la strada al Presidente El Morsi e ai Fratelli Musulmani, il partito con il più alto grado di consenso. Rispetto al passato, il movimento islamico ha assunto una posizione più moderata, ma ha forse il "grave torto" di sostenere la causa palestinese di Hamas e gli sciiti filoriraniani di Hezbollah. Come da programma, un colpo di stato militare impone il generale El Sisi nell'estate dell'anno scorso, al quale segue l'incarcerazione di Morsi e la messa al bando dei Fratelli Musulmani. Da notare che, mettendo da parte la "Primavera" egiziana e i suoi entusiasmi, si è compiuto un movimento incredibilmente circolare: a una dittatura militare (Mubarak) è subentrata un'altra (El Sisi).
    

Il 4 febbraio 2011 in Cairo e, quindi, in quell'Egitto dove si sta consumando l'ultimo atto della lunga presidenza "emergenziale" di Mubarak, la NATO organizza un summit per mettere a punto i dettagli per rovesciare i regimi della Libia e della Siria. L'opzione "democratica" viene presto esclusa per la manifesta inefficacia e prevale quella paramilitare e della guerriglia affidate soprattutto alle più determinate fazioni jihadiste. Il "colpo" riesce in Libia – soprattutto grazie all'intervento dell'aviazione e delle forze speciali inglesi e francesi – e Gheddafi viene sommariamente "giustiziato", invece l'esercito di Assad resiste e, dopo tre anni di durissimi combattimenti che non risparmiano nessuno, ed è ormai chiaro che, da soli e senza un intervento esterno, la cosiddetta "resistenza" siriana non è in grado di ripetere l'exploit libico...
    ⁃    In questo contesto potrebbe essere stata concepita e praticata la terza opzione, la costituzione di un vero e proprio esercito molto più numeroso ed equipaggiato delle precedenti organizzazioni armate islamiste con l'intento di prendere due piccioni con una fava: dividere e spezzettare i territori della Siria e dell'Iraq, da una parte per indebolire ulteriormente il regime di Assad e, dall'altro, per contenere l'influenza iraniana in Iraq e creare una sorta di aritificiale stato "islamico" da tenere in piedi come "spina nel fianco" del regime degli ayatollah. Così si favorisce il reclutamento su scala internazionale di tutti gli elementi utili: fanatici, disperati e marginali, mercenari e autentici criminali. Come e forse più che in passato l'esercito del Califfo si presenta come un grande contenitore di moderni predoni e pirati, ovviamente capeggiati dal più brutale e sanguinario di tutti. La tardiva reazione degli USA e dei loro alleati e il modesto intervento dell'aviazione statunitense per "contenere" l'avanzata degli uomini dell'ISIL (o ISI o IS) non fanno che corroborare le ipotesi e i sospetti suscitati dalle foto e dai documenti resi disponibili soprattutto nella rete" grazie al "guru" della controinformazione Thierry Meyssan, il primo ad avanzare legittimi e ragionati sospetti sui retroscena più torbidi dell'11 settembre 2001. Inoltre l'operato statunitense – soprattutto diplomatico in questa fase – appare piuttosto scoperto: dopo otto anni di presidenza viene costretto alle dimissioni lo sciita – troppo filoiraniano ? - Al Maliki per conferire l'incarico di governo al più "moderato" e conciliante Al Abadi. Nel frattempo, come esito apparentemente paradossale, il Califfato Islamico dell'Iraq e del Levante potrebbe riuscire là dove la presenza militare americana aveva fallito nel recente passato: costituire tre stati: il Kurdistan iraqeno sotto l'evidente influenza americana – e perciò protetto dalle incursioni "islamiste" -, il Califfato "sunnita" controllato da quegli alleati regionali degli USA (e di Israele) che ne limitano le eventuali intemperanze e una regione a maggioranza sciita ma nella quale l'influenza dell'Iran viene "opportunamente" bilanciata e ridimensionata... 

Questo potrebbe essere lo scenario più probabile, ma è lecito sospettare che le fervide "menti" degli analisti statunitensi, del Pentagono, di Langley e del Pentagono abbiano studiato una "quarta" (e definitiva) opzione la quale potrebbe prevedere un ampio e massiccio intervento armato statunitense e dei suoi alleati ufficialmente per abbattere il Califfato, ma soprattutto per imporre nuovamente un casta presenza militare contro i "nemici di sempre", l'Iran e la Siria. In poche parole, naturalmente giovandosi dei principali mezzi di comunicazione di massa, si tratterebbe di oscurare la propria responsabilità nella creazione dell'ISIL e, anzi, proporsi come unica e possibile soluzione al problema, avanzando le solite ragioni "umanitarie". In questo senso è possibile che il Presidente Obama rappresenti ancora un ostacolo, nonostante non sia serto lui il principale artefice della politica estera – e, quindi, militare, di difesa e "sicurezza" – ma il terminale. Non si può certo affermare che negli anni del suo mandato gli USA abbiano rinunciato al consueto interventismo e alla tradizionale e pesante ingerenza nella politica estera ed economica degli altri stati, tuttavia si è preferito optare per un orientamento nel più classico stile della "Guerra Fredda". Se è immutato l'orientamento imperialista, si preferisce ricorrere al supporto degli alleati della NATO – com'è successo in Libia e in altre zone "calde" – o alla tradizionale "guerra per procura" affidata a bande opportunamente armate e foraggiate. Oppure si adotta lo strumento previsto dagli strateghi della "guerra non ortodossa" o "non convenzionale" affidate ad efficienti corpi militari d'elites organizzati in commandos di pochi e selezionati elementi – come accade in Pakistan -. Ma qualcuno potrebbe premere per fare un passo ulteriore e riesumare il militarismo imperialista sbandierato dalla Presidenza repubblicana di George Bush jr, compagine dominata da neoconservatori e "falchi" e da rappresentanti degli interessi del complesso militare industriale e dell'industria energetica. Questo è forse il più logico motivo per cui la sig.ra Clinton – in predicato per la prossima elezione presidenziale – ha criticato duramente il Presidente. Forse per reggere una superpotenza militare ed economica come quella degli USA è necessario insediare un Presidente WASP, magari preferibilmente texano e attaccato al "mito della frontiera". Oppure è sufficiente condizionare e influenzare la presidenza – le decapitazioni dei giornalisti da parte di presunti miliziani dell'ISIL ? - attraverso "canali" particolari.

Certo...

La terza e la quarta opzione sono entrambi scenari possibili, ma noi ci permettiamo di presentarli all'attenzione del lettore...

Perchè valuti e giudichi...

Se il cerchio verrà chiuso, chi avrà il coraggio di spezzarlo ?

Nell'era della postmodernità e dell'Impero che mira a globalizzare il pianeta e ad egemonizzarlo in ogn campo della vita istituzionale, sociale e civile, c'è l'imbarazzo della scelta sui moventi che instradano sul sentiero del conflitto. Senza poi contare che esistono migliaia di modi possibili per combattere le guerre... Gli USA e i suoi alleati si sono attrezzati per combattere guerre in ogni settore per cui si parla, oltre che di guerra tradizionale, anche di quella "non ortodossa" e "a bassa intensità", di quella scientifica e tecnologica, di quella economica e finanziaria, di quella psicologica e propagandistica e perfino di quella culturale – avete mai sentito parlare del Congresso per la Libertà della Cultura ? -. Così pure le "ragioni" alla base dei conflitti – dell'Impero – si moltiplicano... Ho sommariamente illustrato come, dietro a conflitti "etnici", "confessionali" e "tribali", si nascondano poco onorevoli e confessabili motivi economici, finanziari o legati alla questione energetica. Non mancano, poi, le ragioni semplicemente "criminali" legate ai profitti dei grandi traffici e commerci di armi, stupefacenti, preziosi, schiavi, ecc... Soprattutto l'esistenza di un sistema golobale di "difesa" e di "sicurezza" integrato che si giova di ogni tipo di risorsa militare e civile - scientifica, informativa, finanziaria, informatica, psicologica, culturale, massmediatica - per mantenere ed estendere un certo tipo di "Ordine Mondiale", di per sè stesso, è già causa sufficiente per scatenare anche un conflitto su vasta scala. Questo grande sistema e network – in parte sovrapponibile con l'Alleanza Atlantica – ha disseminato basi e installazioni militari in ogni angolo del pianeta e richiede colossali investimenti. C'è da scommettere che una buona fetta del buco nero del debito estero americano venga alimentato dalle spese comunque legate ai settori della difesa e della sicurezza, oltre a quello informativo... A competare il quadro un aspetto più genuinamente "ideologico": gli "stranamore" del mondo non possono essere che pericolosi radicali ed estremisti che parlano unicamente con il linguaggio della forza e dei rapporti di forza e, in effetti, il grande esercito di "riserva" di questa singolare forma di Impero è composta dai fondamentalisti protestanti "angloamericani", dagli ultrasionisti- religiosi e non – e dai jihadisti che fanno riferimento a certi paesi musulmani. Francamente non saprei dire una parola definitiva a riguardo, però è certo che, accanto al focolaio iraqeno, si sono aperte altre voragini... Dopo il colpo di stato che ha provocato la destituzione del Presidente legittimo Yanukovich, l'esercito di Kiev vuole regolare i conti con i "terroristi" ossia con i ribelli filorussi delle regioni orientali sfruttando anche il supporto di veri e propri gruppi nazisti – il corrispettivo "europeo" dei jihadisti mediorientali -, mentre a Gaza l'esercito israeliano prosegue indisturbato con i suoi bombardamenti a tappeto con il pretesto di voler liquidare un'altra organizzazione "terroristica", ovviamente Hamas. La situazione rimane invariata in Libia e in Siria, mentre nell'Estremo Oriente la tensione potrebbe correre ed esplodere sul confine fra le due coree – o fra la Cina e Taiwan -... Se l'Iraq, l'Ucraina e Gaza dimostrano la progressiva "balcanizzazione" dei conflitti con il consueto corollario di genocidi e "pulizie" e spezzettamento dei territori, il peggio potrebbe ancora venire... Se qualcosa lega conflitto a conflitto è il coinvolgimento dell'imperialismo yankee e occidentale, sempre pronto a cogliere l'occasione e l'opportunità. La domanda da fare, alla fine di tutti conti, è la seguente: veramente l'Impero – quindi gli USA, la NATO, l'UE, ecc... - possiede un potenziale militare con cui far fronte quasi contemporaneamente a più conflitti ? Sono in grado di regolare i conti con Russia, Cina e altre piccole "potenze regionali" ? Qualche anno fa il Presidente Bush jr e i suoi consiglieri – i vari Cheney, Rumsfeld, Wolfovit, ecc... - hanno in qualche modo fallito, impantanandosi in Afghanistan e in Iraq e perdendo l'appoggio dell'opinione pubblica americana, ma oggi i tempi potrebbero essere maturi... O non differibili per ragioni dettate dall'attuale contingenza internazionale, politica, economica e finanziaria...

L'ultimo vero passo per far accetta re all'opinione pubblica – in primis quella americana – il nuovo scenario bellico "globale" dovrebbe essere un bel "botto" in grande stile sul modello di quello dell'11 settembre... Anzi... Dopo aver analizzato gli scenari del passato, gli analisti, gli esperti e i "cervelloni" di Washington potrebbero studiare e concepire qualcosa di diverso, ma di ben più grave... Qualcosa che convinca le opinioni pubbliche occidentali di correre un gravissimo pericolo e di potere reagire solo attraverso il sistema di sicurezza globale e integrato degli USA e i suoi alleati...

In tutto questo cosa potrebbe significare l'intervento papale sulla guerra ? Per quanto mi riguarda sono abbastanza sicuro che Papa Bergoglio abbia capito che cos'è questa terza guerra mondiale...

Nonostante le riserve sul discorso incompiuto e apparentemente "timido" del Papa, attualmente il Santo Padre è l'unica speranza per fermare un'eventuale escalation, l'ultima spiaggia di fronte al mare nero di un nazismo di tipo nuovo, "dal volto umano". A mio parere egli sa perfettamente cosa unisce e lega i vari focolai di conflitto ed è consapevole che molte delle persecuzioni sofferte dalle popolazioni cristiane e da altre "minoranza" sono riconducibili alla triade mortale e inconfessata (WASP – sionismo – jihadismo). Lo sa perchè il Vaticano possiede uno dei servizi di informazione del mondo e un'invidiabile rete internazionale di canali e contatti diplomatici. Perchè possa manifestarsi un barlume di speranza è però necessario che Papa Bergoglio esterni una denuncia chiara, netta e recisa anche se, attualmente, non può che muoversi su un terreno minato come dimostrano gli innumerevoli fronti in cui è impegnato o si deve impegnare (la pedofilia, la gestione dello IOR, la denuncia delle mafie, ecc...). 

Con ogni probabilità il recente intervento potrebbe preludere a esternazioni di ben altro tenore e forse qualcuno ha recepito il messaggio...

Dopo quell'intervento morivano in Argentina nel corso di un incidente stradale la moglie del nipote del pontefice e due dei tre figli di quest'ultima. Una coincidenza pur sempre inquietante e perturbante...



Sia pur da laico non mi resta che rivolgere una preghiera e incitare: coraggio Papa Francesco!




Alla prossima

PS: per rimanere in tema è cosigliabile la visione di un vecchio satirico e sardonico capolavoro dell'immortale Stanley Kubrick con un formidabile e trasformistico Peter Sellers. "Il Dottor Stranamore", ovviamente...

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