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Aprile 17, 2016

 

La mano saudita dietro l’11 settembre 2001

di Matteo Carnieletto

 

Alla fine, dietro i terribili attentati dell’11 settembre, potrebbero nascondersi (il condizionale è d’obbligo) i sauditi, ovvero i “migliori” alleati dell’Occidente.

Proprio ieri il New York Times ha annunciato che casa Saud sarebbe disposta a ritirare tutti i capitali investiti nel mercato americano – e si tratta di parecchi miliardi di dollari – nel caso in cui dovessero essere desecretate 28 pagine dell’inchiesta sugli attentati contro le Torri Gemelle. Ventotto pagine mai lette da nessuno, tenute nascoste sia dall’amministrazione Bush che da quella Obama. Come mai? Sicurezza nazionale, si dice.

Eppure ora qualcosa sembra muoversi. I rapporti tra Usa e Arabia Saudita si sono incrinati. Obama si è timidamente avvicinato all’Iran, abbandonando, ma solo in parte, casa Saud. Recentemente ha definito “scrocconi” i sauditi, affermando inoltre che “devono trovare un modo efficace per condividere la regione (con l’Iran) e istituire una sorta di pace fredda”. Potrebbe quindi essere il colpo di coda dell’amministrazione Obama: scaricare i vecchi alleati, che hanno provocato più danni che benefici, a favore di nuove alleanze in Medio Oriente.

Che dietro gli attentati del 2001 ci siano i sauditi è possibile. Bisogna però chiedersi qual è stato il perché di questo gesto. E forse potrebbe aiutarci a comprendere questo mistero la prima vittima dell’11 settembre: Ahmad Shah Massoud, ucciso due giorni prima degli attentati da due finti giornalisti tunisini. Una morte ancora incomprensibile. Il leone del Panjshir, amatissimo in Afghanistan, sarebbe stato un possibile argine a qualsiasi invasione. Chi ha attaccato gli Stati Uniti sapeva che poi l’amministrazione Bush avrebbe attaccato l’Afghanistan?

Tra gli attentatori dell’11 settembre non c’era un afghano. Come mai gli americani decisero di attaccare proprio il regime talebano? Perché c’era Bin Laden. Vero, anzi verissimo, tranne che alla fine si scoprì che lo sceicco del terrore si trovava in Pakistan, dove venne infine ucciso.

Ma allora perché quando il mullah Omar accettò l’ipotesi di eliminare Bin Laden per conto dell’amministrazione Clinton gli americani si tirarono indietro? Era il 1998, tre anni prima degli attentati. Si sarebbero risparmiate migliaia di vite sia americane che afghane e irachene. Ma non se ne fece nulla.

Bin Laden, inoltre, aveva perso la cittadinanza saudita nel 1994, perché, come ricorda Gilles Kepel, era diventato “un punto di riferimento negli ambienti dell’islamismo antisaudita”. Era diventato un peso, insomma, per casa Saud. Bisognava eliminarlo. Ma come? Forse quelle 28 pagine sarebbero utili per avere una vita risposta a questo quesito.