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11.09.2016

 

Un 11 settembre lungo 15 anni

di Tatiana Santi

 

Sono passati 15 anni dall’11 settembre che stravolse il mondo, ma tutt’oggi l’Occidente fa i conti con gli errori della cosiddetta “guerra al terrore”. L’eredità dell’11 settembre è una guerra perenne e un terrorismo mutevole. Oggi come allora la grande assente in questa lotta è la politica. Un 11 settembre lungo 15 anni, ma quanto durerà ancora?

 

Il terrorismo vince, perché in 15 anni come un crescendo si è diffusa la paura, sono cambiati i nomi e le sigle, ma i terroristi continuano a mietere vittime come in Medio Oriente così anche nella stessa Europa. Più pericolosa di allora è la minaccia del terrorismo, un nemico senza volto né confini, difficile da identificare.

 

La sconfitta del terrorismo è ancora lontana, come anche la nascita di un'unica strategia che mettesse insieme gli sforzi di tutti i Paesi contro un unico nemico. L'11 settembre non è ancora finito. Sputnik Italia ha raggiunto per una riflessione in merito Tiberio Graziani, Presidente dell'Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie (l'IsAG), direttore della rivista "Geopolitica".

 

Dopo quell'11 settembre il mondo non era più come prima. Che cos'è cambiato dopo quel giorno da un punto di vista geopolitico?

Quella data è stata importante perché da lì è iniziata da parte statunitense l'invasione dell'Afghanistan. Questo ha provocato, a mio avviso, un'accelerazione della politica e della strategia nordamericana nei confronti del Vicino e Medio Oriente. In seguito c'è stata una mobilitazione maggiore degli Stati Uniti proprio in quell'area e ovviamente anche dei suoi alleati occidentali.

Nell'arco di questi 15 anni a mio avviso si è manifestata una scarsa capacità degli Stati Uniti di utilizzare strategie di tipo diplomatico. Immediatamente dopo l'abbattimento delle Torri è iniziata la cosiddetta "esportazione della democrazia", una prassi militare i cui effetti vediamo ancora oggi. Si tratta dell'incapacità dell'Occidente di gestire la transizione geopolitica in termini politici, economici e diplomatici.

 

La guerra al terrore dopo l'11 settembre non ha portato ai risultati sperati. Quali sono i maggiori errori commessi in questi 15 anni?

La politica è venuta a sostegno della strategia militare, invece dovrebbe essere il contrario. Ciò ha favorito tutti quei movimenti radicali integralisti che poi vediamo oggi operare con diverse sigle. Oggi conosciamo quella dell'ISIS, non soltanto in Medio Oriente, ma vediamo questi gruppi operare con attentati terroristici anche nella stessa Europa. Un altro grosso errore è stato commesso nei confronti della Libia, le colpe maggiori appartengono ad alcuni Paesi europei, vale a dire alla Francia e alla Gran Bretagna, che hanno contribuito ad eliminare Gheddafi con dei risultati ed effetti drammatici che ancora oggi alimentano drammaticamente le prime dei giornali.

 

Com'è cambiato il terrorismo in questi anni?

Il terrorismo è molto cambiato nelle manifestazioni, è cambiata anche la sua percezione. Il terrorismo ha raccolto dei successi, in questi ultimi tre anni in Europa assistiamo ad una paura diffusa. Qui il terrorismo ha vinto intimorendo le popolazioni.

 

Com'è cambiata la lotta al terrorismo invece, se è cambiata? Qual è il tuo punto di vista?

I Paesi europei invece di insistere in una strategia comune, e quindi aumentare le risorse per quanto riguarda l'intelligence, hanno fatto l'esatto contrario. Ogni Paese ha cercato di operare in maniera singola e isolata e questo non ha permesso una strategia occidentale ed europea nella lotta al terrorismo. Molto probabilmente i decisori politici non fanno più delle strategie a lungo termine e non ritengono evidentemente prioritaria la lotta al terrorismo, il che è paradossale.

 

In questi 15 anni l'Occidente e la Russia non hanno lottato uniti contro il terrorismo. A margine del recente G20 in Cina le trattative sulla Siria fra Obama e Putin sono fallite. Sembra esserci una distanza patologica e cronica fra Washington e Mosca. Si metteranno mai d'accordo, sei ottimista?

No, non sono del tutto ottimista, perché manca da parte degli attori il rispetto reciproco. Sulla base di una mancata fiducia reciproca è difficile operare in maniera sinergica. Tuttavia ci sono delle necessità e degli interessi obiettivi comuni, per cui bisognerà arrivare, e ci arriveranno, ad una sorta di azione comune. Non sarà un'azione decisiva, ma un accordo di questo tipo si arriverà.

 

La domanda è sempre attuale ed è sempre la stessa: come sconfiggere il terrorismo? Qual è la ricetta?

La ricetta non c'è, bisogna pensare in termini storici. Osserviamo una fase storica in cui c'è una gran tensione, non vi è invece una chiara definizione degli attori globali. In questa fase c'è bisogno di un nuovo equilibrio, la sua ricerca passa attraverso negoziazioni e episodi militari. Storicamente si esaurirà questa fase e sulla base di nuovi rapporti di forza molto probabilmente ci sarà un nuovo ordine mondiale. In questo scenario dei rapporti fra Europa, Russia e Stati Unitici ci saranno anche dei nuovi attori importanti come la Cina.