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tratto dal n. 12 - 2001

 

Jacob Frank, il messia militante

di Davide Malacaria

 

Nel suo ultimo libro, Cronache dell’Anticristo, Maurizio Blondet descrive ideologia, pratiche e diffusione della setta frankista

 

Il frankismo e il sabbatismo sono antiche eresie della religione ebraica. Esoterismo e messianismo le accomunano. Ma il loro tratto comune è anche quello di essere sette i cui adepti devono dissimulare all’esterno la loro appartenenza. Maurizio Blondet si è occupato di queste sette nel suo ultimo libro, Cronache dell’Anticristo, edito dalla casa editrice Effedieffe di Milano. Blondet scrive da anni su Avvenire, il giornale della Conferenza episcopale italiana, di cui a volte redige gli editoriali. Non è nuovo a inchieste sull’esoterismo, materia dai contorni sfuggenti. 30Giorni si era già occupata di Jacob Frank, di Sabbatai Zevi e delle loro pretese messianiche nel marzo del 2001.

 

La pubblicazione del libro di Blondet, con tutte le cautele del caso, è un’utile occasione per tornare sull’argomento.

Chi era Sabbatai Zevi?

MAURIZIO BLONDET: Sabbatai Zevi è una figura nota al mondo della cultura ebraica e mi stupisco che non se ne parli mai nall’ambito culturale europeo. È un personaggio centrale per la cultura ebraica perché è il primo dopo Cristo che, verso il 1600, si dichiara messia. Nel 1666, catturato dai musulmani, viene messo alle strette: o abiura o viene ucciso. E lui si converte all’islam. Ma questa in realtà è una falsa apostasia perché lui continua ad essere ebreo nel segreto. Anzi, nella sua visione mistica diventa una “santa apostasia”, perché la venuta del messia, che coincide con il regno finale, abolisce la legge, quindi tutto è lecito, anche la trasgressione. Giunto in Turchia costituisce il gruppo dei dumneh, molto importante nella storia della Turchia. Questa setta apparentemente musulmana, in segreto, oltre a compiere i riti ebraici, celebra altri riti tipici delle gnosi aberranti e delle sette esoteriche, come lo spegnimento delle luci, la sodomia, l’incesto. Nell’era del messia tutto è permesso.

Questa setta ha una diffusione anche in altri ambienti della diaspora ebraica.

BLONDET: Sì, all’inizio la messianicità di Zevi infiammò vari ambiti della diaspora, ed aprì una crisi enorme all’interno dell’ebraismo. Anche perché, non essendoci un’autorità centrale, nessun rabbino poteva dichiarare l’ortodossia o meno della setta di Zevi. Molti rabbini divennero sabbatei, come il celebre Abraham Rovigo in Italia; altri ancora divennero criptosabbatei. Il messia Zevi trova molti adepti anche in Spagna, negli ambienti ebraici che si erano convertiti dopo l’editto di espulsione di Isabella di Castiglia. Avevano vissuto quella conversione forzata con disagio, ora invece Zevi la giustifica, anzi dice che bisogna proprio fare in quel modo.

Ovvero?

BLONDET: Trasgredire la legge per compierla, perché la salvezza si raggiunge attraverso il peccato, che più è grosso, come l’apostasia, più è efficace ai fini salvifici. Questa è una tesi diffusa anche in altre gnosi aberranti. Attorno al messia, che si fa apostata per compiere la salvezza, nasce una setta, anche perché ai suoi seguaci Zevi ordina di sposarsi tra loro, una endogamia interna all’endogamia ebraica.

Lo scorso anno uscì un libro su Zevi in Italia.

BLONDET: È il libro di Gershom Scholem, edito negli anni Cinquanta, e pubblicato in Italia solo lo scorso anno. Il fatto è che il sabbatismo, dopo tanto tempo in cui era rimasto ai margini negli ambienti ebraici, è tornato in auge negli ultimi venti, trent’anni.

Arriviamo a Jacob Frank, ovvero al “messia militante”, come è indicato nel titolo del testo di Arthur Mandel citato nel suo volume.

BLONDET: Settant’anni dopo Zevi, un giovane ebreo polacco scopre, o riscopre, quella vecchia eresia, l’idea del messia peccatore, e dice di essere lui il nuovo messia. Va a Costantinopoli, a Salonicco, ed entra in contatto con la setta di Baruchya Russo, di derivazione sabbatea. Ma lì non ha successo. Così torna nel suo Paese dove invece riscuote un grande consenso.

E dove si converte al cristianesimo.

BLONDET: Come Zevi, anche Frank compie una “santa apostasia”, lui e i suoi seguaci si convertono in massa al cristianesimo. I frankisti vengono battezzati, prendono i nomi dei loro padrini e madrine, spesso nobili, e ricevono in dono anche un feudo. Da questo momento in Polonia esistono migliaia di pseudocattolici indistinguibili dagli altri. Il padrino di Frank è lo stesso re. Questo anche perché ai frankisti apparentemente desiderosi di conversione vengono fatti ponti d’oro. Il nunzio invece, giustamente, diffidava. Sorgono anche contrasti con gli ebrei delle comunità locali, ma il vescovo prende le difese dei “cattolici” frankisti: convoca le parti e pone all’approvazione delle due fazioni in contrasto delle tesi inaccettabili per gli ebrei, che non potevano credere al messia Gesù, ma facilmente approvabili dai frankisti cui era lecito dissimulare e mentire.

Nel libro accenna al successo del frankismo nella città di Leopoli.

BLONDET: Laura Quercioli Mincer, autrice che scrive in una rivista israelita, quindi fonte al di sopra di ogni sospetto, commenta: «Da quel giorno (battesimo dei frankisti, ndr) la nobiltà polacca di Leopoli è irrimediabilmente giudaizzata». Certo non scrive queste cose a caso.

Ma i cristiani non si accorgono di quanto succede?

BLONDET: Anche Frank raccomanda ai suoi adepti di sposarsi tra di loro e di comportarsi esteriormente come gli altri cristiani. La domenica andavano a messa e il sabato facevano i loro riti orgiastici, ripresi anche dai vecchi riti pagani, con rituali particolarmente aberranti come quello di Cibele e di Demetra, caratterizzati dal culto verso le dee madri. Frank si stabilisce a Czestochowa dove crea attorno alla figlia, indicata anch’essa come messia, un culto modellato su quello della Madonna nera. A quel punto anche i cristiani iniziano ad insospettirsi, e Frank viene confinato presso quella città. Ma il suo ascendente non subisce alcun danno, anzi. Czestochowa diviene un luogo di pellegrinaggio per i suoi seguaci.

Lei scrive che i frankisti hanno avuto un ruolo nella storia polacca, in particolare parla di Adam Mickiewicz.

BLONDET: Il poeta Mickie­wicz, anzi il vate, è una figura centrale nella storia polacca, del risorgimento e del nazionalismo polacchi. Lui è di famiglia frankista, sposa una frankista e come tale è indicato dall’enciclopedia giudaica. Tra l’altro, crede anche lui di essere il Messia.

È una fissazione…

BLONDET: Ma è una visione poetica, non è che crea un culto intorno alla sua persona. È che lui inventa l’idea della Polonia come “la nazione martire”, “il Cristo delle nazioni”, la nazione la cui sofferenza ha un valore salvifico per il mondo. Questo entusiasma i cattolici polacchi, ma è quanto meno ambiguo credere che esista un popolo cristico…

Mickiewicz immagina il superamento della Chiesa di Pietro, che è vista solo come una crisalide della Chiesa dell’avvenire.

BLONDET: Egli recupera un motivo eretico tipico di tendenze gnostiche all’interno del cattolicesimo, ad esempio dei gioachimiti, ovvero i seguaci di Gioacchino da Fiore. Gesù a Giovanni avrebbe promesso un futuro infinito, che non sarebbe morto. La Chiesa di Pietro è quella dove ancora ci sono le leggi, mentre la Chiesa di Giovanni, quella dell’amore, permetterà di fare quello che la Chiesa di Pietro non consente. C’è quindi una tensione a superare la Chiesa di Pietro. Anche Henri De Lubac, nella sua opera La posterità spirituale di Gioacchino da Fiore, inserisce Mickiewicz in questo filone.

Condannando le tesi di Mickiewicz?

BLONDET: Dice che nella Chiesa esiste un personaggio così. La verità è che la Chiesa di oggi ha perso alcuni parametri, il senso del pericolo di alcune visioni.

Se non sbaglio Mickiewicz non crede all’inferno.

BLONDET: Dice che l’inferno avrà un termine.

Nel libro si parla di un altro ebreo polacco, Giuseppe Toeplitz, amministratore delegato, agli inizi del Novecento, della Banca commerciale italiana. Era frankista?

BLONDET: Non si può avere la certezza su questo, ma lo fa pensare, tra l’altro, la modalità della sua conversione, per sposare una nobile belga. Oltre al suo rapporto privilegiato con Giuseppe Volpi, il “pignoratore”, per conto delle potenze occidentali, dell’Impero ottomano dopo il tracollo finanziario. Ad un certo punto diviene amante di una donna molto particolare, Jadwiga Mrozowska. Questa è una delle più note donne ispiratrici della “Giovane Polonia”, il movimento libertino rivoluzionario polacco. È esperta di occultismo e, tra l’altro, dona a Varsavia un museo delle arti orientali. Prima di Toeplitz è, tra l’altro, l’amante di Boy Zelenski, poeta di spicco della Giovane Polonia, che, pur essendo un libertino, dà una veste culturale al “mariavitismo”, un movimento nato a Cracovia attorno ad una veggente, suora francescana, che si riteneva il messia donna.

In un altro libro, pubblicato dalla casa editrice Ares, Gli Adelphi della dissoluzione, lei descrive la strana vicenda della tomba di Raffaele Mattioli…

BLONDET: Mattioli, per anni presidente della Banca commerciale italiana, entra nel circolo Comit quasi sicuramente grazie all’intercessione di questa Mrozowska. Di Mattioli ho descritto la circostanza della sua sepoltura in una tomba a Chiaravalle dove era sepolta Guglielma la Boema, un’altra visionaria che si credeva una dea femmina e che ha creato attorno a sé un culto analogo al mariavitismo.

Lo scorso anno molti giornali italiani hanno riportato la notizia che Enrico Cuccia, per decenni alla guida di Mediobanca, sarebbe stato un fran­kista.

BLONDET: Proveniva dallo stesso ambiente di Mattioli. Certo non si può provare la sua adesione al frankismo, ma mi ha sempre colpito che facesse la comunione tutti i giorni senza confessarsi. Nessuno conosceva il suo confessore, eppure era una persona molto nota.

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