Pubblicato su Hagada Hasmalit
19 dicembre 2012
http://znetitaly.altervista.org
8 gennaio 2013

Israele – La tradizione di Herzl
di Shmuel Amir
Tradotto dall’ebraico in inglese da George Malent
traduzione in italiano di Giuseppe Volpe

Il professor Shlomo Avineri, un ben noto sionista devoto del Partito Laburista israeliano, in un articolo su Haaretz (9 dicembre 2012), accusa il governo Netanyahu di causare a Israele la perdita di tutti i suoi amici migliori e l’isolamento internazionale. Avineri spiega che questo rappresenta un abbandono della tradizione sionista di Herzl e Weizmann che, diversamente dalla destra attuale, si sforzarono sempre di coltivare il sostegno all’impresa sionista anche tra gli antisemiti peggiori. Herzl cercò sempre punti di convergenza tra gli interessi del sionismo e quelli delle Grandi Potenze.

E le cose andarono effettivamente così; ma molto sfortunatamente Avineri non ci spiega la natura di tale “convergenza”, anche se concede che non fu molto una questione di valori condivisi, quanto di interessi condivisi. Lasciamo a Herzl stesso spiegarcelo ed egli lo fa con precisione e chiarezza in un passaggio della sua opera determinante, Lo stato ebraico.  E tuttavia proprio tale passaggio – e non per caso – è diventato un testo piuttosto riservato del dibattito sionista, al quale si fa riferimento il meno possibile. In quel passaggio Herzl scriveva:

Dovremmo creare là una parte del bastione dell’Europa contro l’Asia, un avamposto della civiltà contro la barbarie. Dovremmo, da stato neutrale, restare in contatto con l’intera Europa, che dovrebbe garantire la nostra esistenza.” [1]

A parte il macroscopico razzismo, anche chi non sia sionista non può fare a meno di restare impressionato dalla lungimiranza e dall’incisività dell’analisi di Herzl a proposito della realtà coloniale, che portarono a un successo molto al di là delle aspettative del suo tempo.

Herzl legò il destino del sionismo alle Grandi Potenze (alle quali ovviamente oggi dovremmo aggiungere gli Stati Uniti). Diversamente da Avineri egli non si fermò a generalizzazioni quando parlò di interessi condivisi; egli entrò in dettagli che portarono direttamente al cuore della questione: la base e la logica interna di tali interessi condivisi. Egli chiese alla Potenze di appoggiare l’impresa sionista in cambio della sua promessa di una base in Medio Oriente e di aiuti contro i nemici nell’area, cioè dei movimenti nazionalisti (“barbarie”, nella sua versione). Herzl comprendeva benissimo già allora che l’impresa sionista in Palestina avrebbe provocato una forte resistenza dei popoli confinanti e perciò chiese che le Potenze s’impegnassero a “garantire la nostra esistenza”. Centoquindici anni dopo che tali parole furono scritte, ci si può soltanto meravigliare per l’accuratezza con cui Herzl descrisse l’Israele odierno.

Questi principi politici di Herzl sono stati al servizio di tutti quelli che sono venuti dopo di lui, da Weizmann fino a oggi. La collaborazione cui Herzl aprì la strada si può percepire in tutta la storia dello stato d’Israele.

La guerra del Sinai è un buon esempio. Israele era unito alla Francia e alla Gran Bretagna da interessi condivisi; le potenze occidentali avrebbero riconquistato la Zona del Canale e Israele si sarebbe impossessato del Sinai. Una magnifica convergenza d’interessi. Il problema era che questo coordinamento non includeva gli Stati Uniti, e in imprese di questo genere è sempre il coordinamento con la potenza maggiore che ha la precedenza. Alla Gran Bretagna, alla Francia e a Israele fu chiesto dagli Stati Uniti di frenare l’orgoglio e di fare le valige e andarsene, cosa che fecero.

Nella Guerra dei Sei Giorni il coordinamento fu con gli Stati Uniti, ed ebbe successo: Israele sconfisse il regime di Nasser e garantì la supremazia statunitense nella regione contro l’USSR. Israele occupò vasti territori – la West Bank, il Sinai e le Alture del Golan – e fu promosso allo status di più importante alleato degli USA nella regione. Il coordinamento con gli Stati Uniti continua fino ai nostri giorni.  Non c’è stata guerra in cui gli USA non abbiano sostenuto Israele, proprio come non c’è stata guerra per la quale Israele non abbia chiesto l’accordo e il consenso degli Stati Uniti, dalla Guerra del Libano alle operazioni Piombo Fuso e Pilastro di Nubi [noto anche come ‘Pilastro di difesa’ nella traduzione in inglese]. E non ci sarà guerra con l’Iran se gli USA non la giudicheranno nel loro interesse. Anche l’invasione terrestre del Pilastro di Nubi è stata evitata perché gli USA non hanno dato il loro OK. Questo coordinamento si manifesta oggi nel sostegno statunitense quasi totale e complessivo alla perpetuazione dell’occupazione della West Bank e delle Alture del Golan. D’altro canto dobbiamo ricordare che gli USA hanno sempre imposto a Israele la loro volontà. Due volte hanno costretto Israele a ritirarsi dal Sinai e hanno impedito a Shamir di impiegare la forza aerea israeliana nel corso della Guerra del Golfo, nel 1991. Ma gli Stati Uniti non hanno costretto Israele a por fine all’occupazione né hanno impedito a Israele di colonizzare i Territori Occupati.  

La situazione è mutata dopo la quasi universale condanna internazionale di Israele per il suo annuncio delle costruzioni nell’area E1 per ritorsione contro l’ammissione della Palestina all’ONU come stato osservatore?

In realtà l’annuncio israeliano delle nuove costruzioni sembra un “trucco del caprone”. Israele annuncia le costruzioni, l’Europa si irrita molto, Israele allora porta fuori il “caprone”, cioè chiarisce che si trattava soltanto di un annuncio, che è necessaria un’ulteriore pianificazione, ecc. L’Europa, per parte sua, dichiara allora che non aveva mai intenso ritirare gli ambasciatori, imporre sanzioni e così via; tutto sarà rimandato alla prossima volta [2].  Nel frattempo la Cancelliera Merkel concorda di essere in disaccordo con Netanyahu e procede a consegnare i sottomarini in grado di lanciare missili nucleari. Il presidente statunitense annuncia che lascerà l’Europa a vedersela da sola con Israele. Da parte sua continuerà a diffondere dichiarazioni altisonanti riguardo al fatto che gli insediamenti devono cessare, in modo da placare un po’ l’opinione pubblica internazionale, ma il flusso di armamenti proseguirà ininterrotto, come abbiamo appreso di recente. E ora pare che l’irritazione dell’Europa sia stata indirizzata più contro le costruzioni nell’area E1, come se fossero il problema principale, e non contro la stessa continua e crescente occupazione.

Vale anche la pena di ricordare che la West Bank fu occupata quando al potere in Israele c’era un governo di sinistra, cosicché è piuttosto strano rimproverare il governo di destra di Netanyahu perché perpetua l’occupazione. E’ naturalmente possibile affermare che un governo di sinistra avrebbe restituito i territori, ma senza entrare in una discussione simile, ci si può limitare a chiedersi: e allora perché la sinistra non lo ha fatto quando era al potere?

Il coordinamento di Israele con gli USA prosegue nel presente ed è ciò che determina la natura delle relazioni tra Israele, i suoi vicini immediati e il mondo esterno in generale. Fintanto che gli USA e l’Europa appoggiano Israele, Israele può continuare ad attuare le proprie politiche. Nel frattempo i governi israeliani, compreso il governo Netanyahu (diversamente dalla visione di Avneri) continueranno ad agire in assoluta conformità alla dottrina di Herzl. Israele appoggia gli USA e l’occidente quanto può contro i “barbari”, cioè contro i nemici dell’occidente, e chiede l’aiuto statunitense in ogni area.

Ma nonostante tutto ciò, la dottrina deve subire qualche cambiamento. La pressione arabo-palestinesi può raggiungere il punto di ebollizione e finire fuori controllo. Gli USA sono stati indeboliti politicamente e vivono all’ombra di una grande crisi economica. Gli USA si trovano in una situazione paradossale: di fronte agli attacchi nella regione, hanno bisogno di Israele più che nel passato; il loro crescente sostegno a Israele determina l’intensificazione degli attacchi. Gli USA saranno mai obbligati a esercitare pressioni su Israele perché si ritiri dai Territori?

Note del traduttore [in inglese].

1. http://www.jewishvirtuallibrary.org/jsource/Zionism/herzl2b.html

2. Il “trucco del caprone” allude a un racconto ebraico a proposito di un povero che si lamenta con il suo rabbino per la situazione insopportabilmente affollata della sua casa. Dopo aver appreso che l’uomo possiede un caprone, il rabbino gli dice di tenere, da allora in poi, il caprone all’interno della casa dove risiede la famiglia. Dopo che il caprone per qualche giorno ha seminato la distruzione nella casa, il rabbino concede all’uomo esagitato di portare fuori il caprone, e a quel punto la situazione della casa non sembra dopotutto così brutta.  

Pubblicato su Hagada Hasmalit, 19 dicembre 2012

Tradotto dall’ebraico [in inglese] da George Malent

Da Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo

Fonte: http://www.zcommunications.org/herzl-s-tradition-by-shmuel-amir

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