Fonte: www.repubblica.it

15 ottobre 2005

 

La grande menzogna

di Umberto Eco

 

L'aspetto più straordinario dei Protocolli dei Savi Anziani di Sion non è tanto la storia della sua produzione quanto quella della sua ricezione. Come questo falso sia stato prodotto da una serie di servizi segreti e polizie di almeno tre Paesi, attraverso un collage di testi diversi, è una vicenda ormai nota - e Will Eisner la racconta per esteso, tenendo anche conto delle ricerche più recenti. Caso mai in un mio scritto avevo indicato anche altre fonti, di cui gli studiosi non avevano tenuto conto: il piano ebraico per la conquista del mondo ricalca, talora con espressioni quasi letterali, il progetto del piano gesuitico raccontato da Eugène Sue prima ne Le juif errant e poi ne Les mystères du peuple, tanto che si è tentati di pensare che a questi romanzi si fosse ispirato lo stesso Maurice Joly (di cui Eisner racconta tutta la storia). Ma c' è di più. Gli studiosi dei Protocolli hanno già ricostruito la storia di Hermann Godsche che nel suo romanzo, Biarritz, scritto nel 1868 sotto lo pseudonimo di Sir John Retcliffe, racconta come nel cimitero di Praga i rappresentanti delle dodici tribu di Israele si riuniscono per preparare la conquista del mondo. Cinque anni dopo la stessa storia viene riferita come veramente accaduta in un libello russo (Gli ebrei, signori del mondo); nel 1881 «Le contemporain» la ripubblica asserendo che proveniva da una fonte sicura, il diplomatico inglese Sir John Readcliff; nel 1896 Francois Bournand usa di nuovo il discorso del Gran Rabbino (che questa volta si chiama John Readclif) nel suo libro Les Juifs, nos contemporains. Ma quello di cui non ci si è accorti è che Godsche non faceva altro che copiare una scena da Joseph Balsamo di Dumas (del 1849) in cui si descrive l' incontro tra Cagliostro e altri congiurati massonici, per progettare l' affare della Collana della Regina e preparare attraverso questo scandalo il clima adatto per la Rivoluzione francese. Questo patchwork di testi in gran parte romanzeschi fa dei Protocolli un testo incoerente che rivela facilmente la propria origine romanzesca. E poco credibile, se non in un roman feuilleton, o in un' opera lirica, che i «cattivi» esprimano in modo così scoperto e svergognato i loro malvagi progetti, che dichiarino, come i Savi di Sion, di avere «un' ambizione sconfinata, una ingordigia divoratrice, un desiderio spietato di vendetta e un odio intenso». Che i Protocolli siano invece stati presi sul serio all' inizio, può essere spiegabile perché essi venivano presentati come una scandalosa scoperta, e da fonti tutto sommato attendibili. Ma quello che appare incredibile è che questo falso sia rinato dalle proprie ceneri ogni volta che qualcuno ha dimostrato che si trattava di un falso, al di là di ogni dubbio. Qui il «romanzo dei Protocolli» inizia davvero a diventare inverosimilmente romanzesco. Dopo le rivelazioni del Times del 1921, ogni volta che qualche fonte autorevole ha ribadito la natura spuria dei Protocolli c' è stato qualcuno che li ha ripubblicati come autentici. E la storia continua ancora oggi su Internet. Come se, dopo Copernico, Galileo e Keplero, si continuassero a pubblicare manuali scolastici in cui si ripete che il sole gira intorno alla terra. Come si può spiegare questa resistenza di fronte all' evidenza, e il fascino perverso che questo libro continua a esercitare? La risposta la si trova nell' opera di Nesta Webster, un' autrice antisemita che ha speso la propria vita a sostenere la versione del complotto ebraico. Nel suo Secret Societies and Subversive Movements essa appare bene informata, conosce tutta la vera storia che qui Eisner racconta, ma ecco come conclude: «L' unica opinione che mi sento di poter esprimere è che i Protocolli, siano essi autentici o meno, mostrano il progetto di una rivoluzione mondiale, e che in considerazione della loro natura profetica e della loro straordinaria affinità ad alcune società segrete del passato, si abbia a che fare o con l' opera di una società di tal fatta, ovvero del lavoro di un profondo conoscitore delle tradizioni delle società segrete, qualcuno in grado di riprodurne le idee e il linguaggio». Il ragionamento è impeccabile: «Siccome i Protocolli dicono quello che ho detto nella mia storia, essi la confermano». Oppure: «I Protocolli confermano la storia che ho tratto da essi, e quindi sono autentici». O ancora: «I Protocolli potrebbero essere falsi ma raccontano esattamente quello che gli ebrei pensano, e quindi debbono essere considerati autentici». In altre parole, non sono i Protocolli a produrre antisemitismo, è il profondo bisogno di individuare un Nemico che spinge a credere ai Protocolli. Per cui credo che, malgrado questo coraggioso non comic ma tragic book di Will Eisner, la storia non sia ancora finita. Però vale la pena di continuare a raccontarla, per opporsi alla Grande Menzogna e all'odio che essa continua a incoraggiare.

 

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