Il Quaderno Montessori n. 92
inverno 2006/07

Che cos’è il metodo Montessori?
Estratto di Raniero Regni

Quella di Maria Montessori e dell’educazione da lei ispirata è una vicenda fuori del comune. È stata una grande innovatrice, una scienziata che ha inaugurato il filone di ricerca intorno alla crescita e all’educazione infantile, ancora attivo. Qualcuno giustamente ha indicato Montessori e Freud come i due giganti di pensiero che presiedono alla novecentesca scoperta del bambino. Le sue sono scoperte attualissime, con risposte concrete ai bisogni dei bambini e dei ragazzi di oggi che trovano riscontro nelle ricerche più avanzate, incluse le neuroscienze.

Alla domanda si può dare una risposta breve: è formazione concreta degli individui e dei gruppi, radicata in una concezione dello sviluppo umano le cui segrete potenzialità sono ancora da attuare. La risposta lunga rimanda a tutto il lavoro di Maria Montessori e di coloro che l’hanno capito e realizzato come “psicopedagogia legata alla scoperta del bambino padre dell’uomo e dei suoi periodi sensitivi”.

«Il punto di partenza per una vera comprensione del nostro lavoro non è quello di considerare un metodo di educazione, ma il contrario: il metodo è la conseguenza di aver assistito allo sviluppo di fenomeni psicologici che erano rimasti inosservati e quindi sconosciuti per millenni».

I bambini non sono l’oggetto del sapere, il mistero da esplorare, sono loro stessi fonte di conoscenza: dopo tante ricerche psicologiche intorno ad essi è divenuto quasi banale parlare di stadi di sviluppo, periodi critici, fasi e così via. I periodi sensitivi, secondo Montessori, sono temporanee sensibilità o guide interiori che indirizzano il bambino verso taluni segnali, lasciandolo indifferente ad altri. È un fenomeno prima di tutto biologico.

Ad esempio – nei primi anni – l’interesse per i suoni, i ritmi, le inflessioni della voce umana guida l’assorbimento del linguaggio, oppure la sensibilità al cambiamento e all’ordine è indispensabile per costruire l’ordine mentale e l’attaccamento al proprio ambiente. Altre sensibilità, diversamente polarizzate, si osservano – per chi sa vederle – agli inizi della seconda infanzia o nella pubertà.

Lo sviluppo psichico non avviene a caso, né può essere attribuito agli stimoli dei mondo esterno: è essenzialmente autorganizzazione. Gli stimoli diventano significativi solo per la presenza di guide interiori. Di qui l’immediata conseguenza educativa: se non è possibile insegnare al bambino lo sviluppo in quanto è lui che lo promuove in se stesso, si può comunque bloccarlo o invece favorirlo indirettamente, integrando nell’ambiente le informazioni necessarie.

Montessori è quindi una metodologia legata al ruolo educativo dell’ambiente, all’uso non di un materiale “didattico” per addestrare, ma di un materiale di sviluppo, messo a disposizione del bambino o del ragazzino perché adoperandolo quando vuole, per il tempo che vuole, affini e moltiplichi le proprie capacità. Negli anni le trasformerà affrontando con vero piacere il mondo sempre più vasto delle discipline di studio e dei laboratori nella scuola elementare e media Montessori, se è così fortunato di frequentarle.

Dunque un’educazione prevalentemente indiretta e per questo liberante che diffida degli stimoli obbliganti, dei risultati previsti; al contrario è in continua ricerca delle giuste risposte, soprattutto quelle che possono emergere da un ambiente predisposto con cura, per i piccoli come per gli adolescenti.

Il risultato è quello che Montessori chiama disciplina della libertà, secondo alcuni, da criticare perché lascia i bambini troppo liberi di “fare quello che vogliono”; secondo altri è al contrario un’educazione rigida perché pone limiti al disordine, alla mancanza di controllo, pur senza atteggiamenti punitivi.

La contraddittorietà di tali critiche è segno della loro infondatezza. Nessuna disciplina degna di essere acquisita può essere inculcata, tanto meno il comportamento sociale o la passione per il sapere. Ma il risultato più significativo è l’alto livello di autonomia che coincide con il rispetto di sé, quello che nasce dall’essere noi stessi a decidere come usare al meglio il nostro tempo. Le scuole Montessori sono luoghi educativi in cui i bambini “non fanno quello che vogliono, ma vogliono quello che fanno”, come disse uno di loro a una visitatrice.

Si risolve così l’enigmatico rapporto tra libertà e autorità: in questa educazione alla libera scelta emerge una chiara “pedagogia del limite”, oggi quanto mai necessaria a tutti i livelli, perfino quello sociale e ambientale se si vuole evitare una “ideologia della catastrofe”.

Montessori offre infine una particolare visione degli umani e della vita sulla Terra: una visione cosmica. Nel bambino esiste un’energia, particella del fuoco infinito che è la vita, lo stesso che sonnecchia nel seme e che a un tratto lo fa germogliare… Per lei l’essere umano, come ogni altro vivente, ha con il cosmo un’armonia misteriosa e profonda: Kosmos, l’ordine dei Greci che consiste nell’interrelazione e interdipendenza di tutto ciò che esiste e che si ritrova nell’infinitamente grande e nell’infinitamente piccolo. Quello che accade in una piccola sezione di scuola dell’infanzia potrà avere domani conseguenze enormi. Ogni fenomeno evolutivo –cosmico, biologico, culturale– è essenzialmente parte di uno stesso processo creativo.

Montessori parlava di una solidarietà nello spazio e nel tempo che collega gli umani: nell’era della globalizzazione l’idea è di un’attualità sconvolgente. La sua educazione cosmica può rappresentare non solo un centro per l’educazione, ma l’avvio a una vera e propria geopedagogia in grado di affrontare le sfide epocali che attendono il genere umano.

In conclusione, chi diffida del nome Montessori chiede di frequente: “Quali conferme abbiamo del successo scolastico di bambini che hanno frequentato tali scuole?”

La domanda sarebbe persino fuori luogo, dato che in educazione vale il detto “Ciò che conta non può essere contato”, ma questo non ha scoraggiato affatto due studiose americane, appartenenti a una cultura che ha la tendenza a quantificare e a misurare tutto, di cui abbiamo riferito in un’altra sezione.

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