La Voce della Russia
9 agosto, 2014

La parola agli ucraini e ai bielorussi
di Aleksandr Isaevic Solzenicyn

La Voce della Russia continua la seria dei testi di Aleksandr Isaevic Solzenicyn dedicati alle relazioni russo-ucraine. Oggi pubblichiamo i brani dal saggio «Come dobbiamo formare la Russia», pubblicato da «Literaturnaja gazeta» nel 1990. L'onorario per l'articolo di Solgenicyn andò a favore delle vittime del disastro della centrale nucleare di Chernobyl'.

Io stesso sono quasi metà ucraino e fin dall'infanzia sono cresciuto con i suoni della lingua ucraina. E nell'afflitta Bielorussia ho trascorso la maggior parte dei miei anni al fronte e amavo profondamente la sua triste povertà e la sua gente mansueta. Agli uni e ad altri mi rivolgo non dal di fuori, ma come uno di voi.

Si, il nostro popolo si divide in tre rami solo a causa del grande guaio dell'invasione mongola e della colonizzazione polacca. Tutta questa falsità è stata creata di recente e che quasi dal IX secolo esistesse un particolare popolo ucraino con una particolare lingua non russa. Tutti noi prendiamo origine dalla preziosa Kiev, “da dove tutta la terra russa trae principio” secondo la cronaca del monaco Nestor, da dove iniziò a illuminarci il cristianesimo. Gli stessi Grandi Principi ci governavano: Jaroslav I detto il Saggio divise per il figlio Kiev, Novgorod e tutta la distesa da Chernigov fino a Ryazan', Murom e Beloozero; Vladimir II detto Monomaco fu nello stesso tempo Gran Principe di Kiev e di Rostov e Suzdal; la stessa unità fu nella missione dei metropoliti. Proprio il popolo della Rus' di Kiev creò lo Stato di Mosca. In Lituania e Polonia i bielorussi e i malorossi cioè gli ucraini si riconoscevano come russi e lottavano contro la polonizzazione e la cattolicizzazione. Il ritorno di quelle terre in Russia era riconosciuto da tutti come la Riunificazione.

Sì, è doloroso e vergognoso ricordare gli ordini di Alessandro II (1863, 1876) sul divieto di utilizzare la lingua ucraina nella pubblicistica e poi nella letteratura, nella politica sia del governo, che della Chiesa che preparavano la caduta dell'ordinamento statuale russo. Tuttavia questa misura non durò a lungo e si rivelò una di quelle forzature per far impazzire la gente e intorbidire le menti.

Tuttavia anche la vana Rada socialista del 1917 fu costituita da un accordo tra politici e non era eletta dal popolo. E quando, dopo aver attraversato il periodo della federazione, fu annunciata l'uscita dell'Ucraina dalla Russia, questo avvenne senza chiedere l'opinione di tutto il popolo.

Ho dovuto già rispondere ai nazionalisti ucraini emigrati i quali convincevano l'America, che "il comunismo è un mito, che vogliono occupare tutto il mondo, ma non i comunisti, bensì i russi" (e questi "russi" hanno già occupato la Cina e il Tibet ed è così scritto da 30 anni nella legge del Senato americano). Il comunismo è un mito che ucraini e russi provarono sulla propria pelle nelle carceri della Čeka (l'antenata del KGB) nel 1918. E' un mito che rastrellò nella regione del Volga tutto il grano anche quello da semina e portò 29 province russe alla siccità e alla carestia mortale degli anni 1921-22. E lo stesso mito spinse la traditrice Ucraina in una simile spietata carestia negli anni 1932-33. Insieme, scappando dai comunisti nella collettivizzazione generale della fucilazione e della frusta, non siamo forse stati uniti da quelle sanguinose sofferenze?

In Austria e nel 1848 i galiziani chiamavano ancora il loro consiglio nazionale "Golovna Russka Rada". Ma poi nella separatista Galizia sotto la pressione austriaca furono coltivate una distorta e non popolare variante della lingua ucraina, riempita di parole tedesche e polacche e la tentazione di svezzare i carpati rossi (gli abitanti della Transcarpazia dell' Ucraina, i russini) dalla lingua russa e la tentazione del totale separatismo ucraino che ai leader attuali dell'emigrazione si dimostra come una ignoranza di gusto oleografico per cui il Santo Vladimir I "fu un ucraino", o come con un fervore demente si inneggiava: evviva il comunismo che massacra i moscoviti!

Certo che condividiamo il dolore dell'agonia dell'Ucraina durante il periodo sovietico. Ma da dove viene questa portata: il taglio sul vivo l'Ucraina (anche quella parte che non era mai l'Ucraina come il "Campo selvaggio" dei nomadi — la Novorossia o Crimea, il Donbass e fino quasi al Mar Caspio). E se questa è "l'autodeterminazione della nazione", allora la nazione stessa deve decidere il proprio destino. Senza un voto popolare non lo si risolve.

Oggi separare l'Ucraina significa tagliare trasversalmente milioni di famiglie e di persone. Pensiamo ad alcuni fattori: alla miscela della popolazione, alle regioni con superiorità russa; a tutte quelle persone che hanno difficoltà a scegliere una nazionalità tra le due; a quanti sono di origine mista; a quanti invece sono i matrimoni misti, anche se nessuno li considera neanche ora come "misti". All'interno della popolazione non c'è nemmeno l'ombra di intolleranza tra ucraini e russi.

Fratelli! Non serve questa divisione crudele! E' una offuscamento degli anni comunisti. Abbiamo sofferto insieme durante l'epoca sovietica, insieme siamo cascati in questo affossamento, insieme ne usciamo.

Per due secoli quanta vastità dai nomi spiccati all'incrocio delle nostre due culture. Come disse Mikhail Drahomanov "E' inseparabile, ma è non miscibile." Con cordialità e gioia deve essere aperta la strada per le culture ucraina e bielorussa non solo nel territorio di Ucraina e Bielorussia, ma anche della Grande Russia. Non deve essere una russificazione forzata (ma neanche una violenta ucrainizzazione come quella che esiste a partire dalla fine degli anni '20), deve essere lo sviluppo libero delle culture parallele e delle classi scolastiche in entrambe le lingue a scelta dei genitori.

Naturalmente, se il popolo ucraino realmente volesse la secessione, nessuno avrebbe il coraggio di tenerlo con la forza. Ma è diversa questa vastità e solo la popolazione locale può decidere la sorta della loro località, della loro regione e ogni nuova formazione di minoranza nazionale in questo territorio deve essere accolta con la non-violenza nei suoi confronti.

Tutto quanto detto riguarda pienamente la Bielorussia in cui non vi è stato un fenomeno incalorito di spericolato separatismo.

E ancora: dobbiamo inchinarci alla Bielorussia e all’Ucraina per il guaio di Chernobyl, perpetrato da arrivisti sciocchi del sistema sovietico e cercare di risolvere il problema come possiamo.

top