Giselle Dian Intervista Fulvio Cesare Manara


Fulvio Cesare Manara, nato a Bergamo nel 1958, coniugato con tre figli, laureato in filosofia presso l'Universita' degli studi di Milano, ha frequentato seminari di ricerca e studio negli Stati Uniti. Perfezionatosi a Padova in didattica della filosofia, e' attualmente ricercatore e professore aggregato presso la Facolta' di Scienze della Formazione dell'Universita' di Bergamo, dove si occupa di educazione al pensare e comunita' di ricerca filosofica, di educazione alla nonviolenza e di formazione alla trasformazione nonviolenta dei conflitti. Opera quale formatore di formatori e interviene in corsi di formazione in molti enti ed agenzie sia pubblici che del privato sociale in varie parti d'Italia. Collabora in qualita' di redattore a "Comunicazione filosofica. Rivista telematica di ricerca e didattica filosofica". Nel settore disciplinare della didattica della filosofia ha pubblicato una quindicina di saggi e alcune recensioni, oltre al volume Comunita' di ricerca e iniziazione al filosofare. Appunti per una nuova didattica della filosofia, Lampi di Stampa, Milano 2004. Nel settore degli studi sulla nonviolenza si occupa continuativamente di etica della nonviolenza e di educazione alla nonviolenza (sia individuandone le sorgenti tanto nella dimensione teoretica quanto in quella pratica, sia, piu' in particolare, studiando le dinamiche della trasformazione nonviolenta dei conflitti), in questo campo di tematiche ha scritto una ventina tra saggi e articoli, ed ha pubblicato il volume Una forza che da' vita. Ricominciare con Gandhi in un'eta' di terrorismi, Unicopli, Milano 2006. Opera quale formatore con esperienza di metodologia attiva: addestrato nelle competenze dell'ascolto attivo e della gestione del lavoro di gruppo, grazie ad una esperienza ventennale di animazione e facilitazione di gruppi, anima a sua volta all'ascolto attivo, alla comunicazione dialogale, al pensare insieme, ad una gestione di gruppo centrata sulla leadership partecipativa ed alla trasformazione nonviolenta dei conflitti. Tra le opere di Fulvio Cesare Manara: Scritti vari sulla nonviolenza, l'obiezione di coscienza e l'educazione alla pace, Eirene, Bergamo 1990; Comunita' di ricerca e iniziazione al filosofare. Appunti per una nuova didattica della filosofia, Lampi di Stampa, Milano 2004; Una forza che da' vita. Ricominciare con Gandhi in un'eta' di terrorismi, Unicopli, Milano 2006



- Giselle Dian: Quale eredita' ha lasciato nella cultura statunitense e mondiale l'esperienza di Martin Luther King, la lotta contro il razzismo e il movimento per i diritti civili?
- Fulvio Cesare Manara: Le eredita' vere, mi pare, sono quelle di cui e' difficile portare il peso. Non quelle che si godono “spendendo” risorse, e beni, in ogni caso sconsideratamente, essendo estranei alla fatica che li ha generati e conseguiti.
Quella di Martin Luther King (e di Gandhi, di Tolstoj, e di moltissimi altri) e' di questo genere, mi pare.
Gia', qual e' l’eredita' di Martin Luther King? C’e' ancora qualcuno che la riconosce e la sente?
La lotta contro il razzismo credo debba ricominciare da capo per ogni generazione. Il “disprezzo per la debolezza” o per la “differenza” e' un dato costitutivo della nostra specie (che deve ancora divenire realmente umana), come direbbero Ofstad e Simone Weil... Mi pare che la specie umana debba ricominciare sempre da capo questa battaglia. In particolare, i diritti civili in questo momento storico mi sembrano del tutto sofferenti, insieme a tutti gli altri diritti (che, secondo la letteratura corrente, vengono definiti “inscindibili” e interconnessi gli uni agli altri). L’esperienza di Martin Luther King, come quella di Gandhi e di molti altri “testimoni dell’azione nonviolenta” e' un’esperienza ancora poco conosciuta. E soprattutto, e assolutamente, mi pare, se la consideriamo non solo come una ispirazione di principio, ma proprio come un sapere esperienziale. Dobbiamo appunto sempre da capo riprendere il cammino di educarci alla trasformazione nonviolenta dei conflitti. Con lo studio, e insieme con la passione per cercare di cambiare agendo. Come esplorare, allora, queste eredita' ancora inesplorate?
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- Giselle Dian: La riflessione e la pratica del femminismo hanno avuto un ruolo fondamentale nella formazione dei movimenti sociali impegnato per i diritti umani di tutti gli esseri umani. Come si e' esercitato questo ruolo nel corso degli ultimi decenni a livello planetario?
- Fulvio Cesare Manara: Ho conosciuto il femminismo della differenza piuttosto da vicino. E non ho concluso ancora il dialogo aperto con le sue istanze, se non con le sue esponenti. Direi che la sua evoluzione piu' forte e provocatoria e' quella di Luce Irigaray, che seguo da vicino da qualche mese (l’abbiamo invitata per un convegno dialogale a Bergamo alla fine di ottobre). Rinvio alla lettura delle sue opere, e in particolare di una delle ultime, ossia Condividere il mondo, dove si legge, fra l’altro, qualcosa del genere: "l’altro in quanto tale e' stato escluso dall’elaborazione della cultura occidentale". Insomma, serve una trasformazione radicale, una metanoia...
Proprio oggi, transitando per caso dal soggiorno di mia madre, ho sentito un dibattito tra un giornalista (che mi e' sconosciuto) e una giovane donna che dichiarava di “voler offrire la sua virtu' al presidente dell’Iran”... Credo sia un esempio adeguato per pensare a quanto ancora il femminismo sia lungi dall’aver conseguito stabili “risultati”. E poi, sara' sufficiente che il femminismo “trionfi” o dovra' anch’esso essere superato?
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- Giselle Dian: L'opposizione alla bomba atomica ha caratterizzato la seconda meta' del Novecento; negli ultimi decenni essa si e' sviluppata anche contro le centrali nucleari, cogliendo una serie di decisivi nessi ed implicazioni. Quali sono state le esperienze cruciali e quali sono le riflessioni fondamentali del movimento antinucleare?
- Fulvio Cesare Manara: Non sono tanto attratto dai “movimenti”, soprattutto da quelli cosi' sfuggenti e labili come quello antinucleare. O quello del pacifismo generico, anche. Sia chiaro, ne condivido radicalmente le istanze. Anzi, penso che probabilmente ci serve una la coscienza piu' radicale, che si esprima nel sentire la violenza che la specie umana esercita sui corpi, sulla materia. Non abbiamo ancora sufficiente “sentire” per allargare a questo modo la nostra coscienza, che e' ahime' ancora non solo antropomorfica, ma antropocentrica...
Inoltre, per parte mia sono ispirato dagli scritti e dalle parole di Guenther Anders. Non abbiamo ancora sviluppato la consapevolezza che l’energia cosiddetta “atomica” e' un sintomo della tecnologia che rende l’uomo obsoleto.
Ma c’e' molto a cui prestare attenzione, rispetto alla proliferazione degli armamenti nucleari, che ancora continua, e rispetto alla ricerca scientifica sul nucleare, che non e' proprio “pura” e “libera da condizionamenti”...
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- Giselle Dian: Da alcuni anni si ha la sensazione che almeno in alcune parti del mondo finalmente i diritti delle persone omosessuali vengano almeno formalmente riconosciuti, e che il pregiudizio e la violenza omofoba non godano piu' di una complicita' diffusa. E' realmente cosi'? Ed attraverso quali tappe di impegno civile e di progresso culturale si e' giunti a questa situazione, e quanto cammino c'e' ancora da percorrere, e quali iniziative occorre intraprendere affinche' ad ogni persona sia riconosciuto il diritto alla libera autodeterminazione ed autogestione del proprio orientamento sessuale e delle proprie scelte di vita?
- Fulvio Cesare Manara: Ho la percezione che siamo ancora ben lontani da una seria liberazione sessuale per i cosiddetti “omosessuali”, come del resto, direi, anche per ogni altro essere umano. Porsi l’obiettivo della liberazione sessuale, separatamente da una serie di altre forme di liberazione, non e' rischioso e controproducente?
I sintomi della violenza omofoba e dell’incapacita' di accogliere ogni differenza sessuale mi sembrano evidenti e diffusi, proprio nelle nostre societa' che predicano la liberta'.
Penso che siamo ancora troppo legati all’idea che il “diverso” debba “integrarsi”... E' un bel problema, no?
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- Giselle Dian: E' sempre piu' evidente la coerenza e la saldatura tra impegno per la pace, affermazione dei diritti umani di tutti gli esseri umani, scelta della nonviolenza, femminismo ed ecologia. Come e perche' si realizza questa convergenza? Quali frutti rechera' all'umanita'?
- Fulvio Cesare Manara: Tra le piste di ricerca che piu' coerentemente seguo in questi ultimi anni ce n’e' una che investe la chiara decostruzione della cosiddetta autoreferenzialita' della “cultura dei diritti umani”. La “cultura dei diritti” si regge davvero su se stessa? I diritti sono davvero “universali” e “assoluti”. O sono piuttosto “fondati” e “relativi”?
Mi pongo alcune domande: se voglio difenderei i diritti, quali sono le forme di lotta che posso adottare? Se adotto forme violente di difesa dei diritti umani e' giusto e legittimo? E cosa vuol dire “rispetto” dei diritti umani? Non richiede questo “rispetto” il ricorso e il riferimento ad un principio “superiore” agli stessi diritti?
Per me questo “principio superiore” e' il principio di giustizia, cosi' come lo intende Simone Weil, ossia il principio nonviolenza. La vera domanda che fonda la giustizia non e' “perche' lui ha piu' di me”, ma “perche' mi fai male”...
E' proprio il principio nonviolenza (neminem laedere - nuova innocenza) a fondare i diritti umani!
Che fare per educarci a questo modo di intendere-essere-agire? Non ho certo risposte preconfezionate, ne', forse, esistono...

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