Giselle Dian Intervista Annibale B. Scarpari

 
- Giselle Dian: Cosa la appassiona nell'opera di Keith Haring?
- Annibale B. Scarpari: Non sono uno studioso di Haring ne' pretenderei di considerarmi un conoscitore della sua opera, ma una persona che da quell'opera si sente interpellata naturalmente si'. E due cose particolarmente mi toccano: la ricerca che definirei linguistica, o forse meglio: metalinguistica; e l'impegno morale, civile, esistenziale.
Quanto al linguaggio - e al gesto - haringhiano, mi pare che la sua produzione non solo documenti questioni decisive di un momento storico ancora non concluso, ma interpreti vissuti profondi ed interrogazioni ineludibili del nostro tempo, della nostra globalizzata societa' in transizione e dei suoi conflitti piu' laceranti.
Quanto all'impegno, all'engagement, trovo straordinario che muovendo da una ricerca linguistica che recupera elementi dalla cultura di massa e si estrinseca in stretto rapporto con fenomeni tardoindustriali e postmoderni talche' potrebbe dar luogo a ulteriore dispersione e fuga nel caos vorticoso del mercificato mondo dell'arte come performance e come spettacolo, si giunga anche a un concreto agire la prassi estetica come forma di solidarieta' e di liberazione, come luogo di un riconoscimento di umanita' non solo fissato nell'opera ma aggettante nel vivo dei conflitti morali e sociali, dell'azione nonviolenta per i diritti umani di tutti gli esseri umani e per la difesa della biosfera casa comune. Mi sembra che l'impegno di Haring contro il razzismo, contro il nucleare, per i diritti umani e particolarmente per i diritti dei bambini, per la pace e l'ambiente, e contro il pregiudizio, l'intolleranza e l'omofobia, contro il crack e il mercato della morte e dell'autodistruzione, contro l'Aids e per adeguate relazioni di cura che salvino le vite e riconoscano e promuovano i diritti e la dignita' di ogni persona, sia straordinariamente coerente con il senso della sua ricerca espressiva e con i tratti caratterizzanti del suo linguaggio artistico, ed erediti ed inveri esperienze essenziali delle culture e delle pratiche non solo delle avanguardie artistiche e culturali del primo Novecento (e penso soprattutto all'afflato libertario di esperienze come quella surrealista) ma anche specificamente dei movimenti nonviolenti di solidarieta' e di liberazione novecenteschi (e soprattutto del secondo Novecento), in primo luogo il movimento antirazzista e per i diritti civili, il movimento pacifista e antinucleare, il movimento per la liberta' di parola e per stili di vita e relazioni di convivenza antiautoritari ed equosolidali, e soprattutto il movimento femminista e quello ecologista.
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- Giselle Dian: Nella formazione culturale e nella pratica artistica di Keith Haring hanno avuto un'influenza non solo gli artisti cui era piu' affine, ma anche personalita' di altri campi creativi, dalla musica alla letteratura. Specificamente nel campo letterario, con riferimento sia alla scrittura creativa che a quella saggistica, quali personalita' sembrano essere state piu' rilevanti?
- Annibale B. Scarpari: Farei una distinzione tra scrittori con cui ha avuto rapporti di amicizia e di collaborazione, come William S. Burroughs, Brion Gysin e Allen Ginsberg; autori classici della tradizione americana della cui influenza un intellettuale statunitense non puo' non risentire, come Whitman; teorici e saggisti che hanno influito sulla sua formazione, come Roland Barthes e Umberto Eco; artisti la cui riflessione teorica - depositata in scritti che hanno anche una rilevanza letteraria - e' stata oggetto di studio e di riferimento da parte di Haring, come Jean Dubuffet e Paul Klee.
Nel caso di Burroughs vi e' stata sia una importante influenza nella sua formazione esplicitamente dichiarata dall'artista, che una successiva feconda ripetuta collaborazione creativa. Cosi' anche per Gysin.
Anche nel caso di Ginsberg i diari di Haring documentano una concreta, quantunque estemporanea, collaborazione creativa.
E' del resto evidente che l'esperienza della poesia americana del secondo Novecento, ed in particolare del movimento che prende le mosse dalla peculiare prosa di Kerouac e dalla poesia di Ginsberg (e dalle esperienze e per cosi' dire dal "magistero" sui generis di Burroughs), ha influenzato non solo l'intera cultura letteraria, artistica e musicale, ma anche il costume e le scelte esistenziali delle generazioni cresciute tra gli anni Cinquanta ed oggi, e si veda ad esempio il libro di Fernanda Pivano, Beat, hippie, yippie, che ne da' ampiamente conto.
Sempre nei diari di Haring vi sono tracce significative di letture di Walt Whitman, e Whitman e' forse uno dei riferimenti cruciali per tutti i creatori di poesia (anche nel linguaggio delle arti visive ed in quello musicale) venuti dopo di lui, non solo in America. Si pensi ad esempio a quei componimenti di Pound e di Ginsberg a lui esplicitamente dedicati, in cui e' riconosciuto a Whitman un ruolo di riferimento ineludibile; ed effettivamente Whitman e' ineludibile, tanto sul piano dello stile: la poesia dai lunghi versi in lunghe lasse, ad un tempo oratoria e conversazionale; quanto sul piano dell'ideologia: essendo uno dei monumenti dell'ideologia democratica americana.
Quanto alle letture di Barthes ed Eco documentate dai diari e dalle dichiarazioni di Haring, esse sono particolarmente interessanti poiche' mettono in relazione l'artista americano con la riflessione semiologica europea (e poi semiotica internazionale) e con alcune delle figure piu' rilevanti del rinnovamento degli studi letterari, estetici e filosofici del secondo Novecento.
La riflessione di Dubuffet - e l'opera, ovviamente, ancor piu' - e' evidentemente cruciale per Haring e la sua prassi artistica. E rilevante ci sembra anche lo studio del Klee teorico cui Haring si dedico'.
Ovviamente vi e' poi la frequentazione di Warhol e del suo entourage, che certo ha costituito un'occasione fondamentale di contatto con molte altre personalita' ed esperienze estetiche multimediali ed anche specificamente grafiche e letterarie lato sensu in forme certo polimorfe.
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- Giselle Dian: E sul versante della musica?
- Annibale B. Scarpari: Trovandosi al cuore della scena artistica newyorkese degli anni Ottanta, ed avendo avuto l'intenso rapporto che ebbe con Warhol e la sua Factory, Haring ebbe rapporti di amicizia - e talvolta di vera e propria collaborazione - con varie figure della musica pop dell'epoca: dai suoi diari e dalle sue interviste emergono ad esempio incontri estemporanei o prolungati rapporti di amicizia e collaborazione con vere e proprie icone della musica di maggior successo anche commerciale, come Grace Jones, David Bowie, Iggy Pop, Michael Jackson, Madonna. Del resto nell'opera di Warhol l'intreccio con la musica di consumo di massa era palese (ad esempio nella serie degli Elvis), ed il rapporto con la musica ad un tempo pop e di ricerca lo indusse a farsi mentore e produttore di Lou Reed e dei Velvet Undergroud (e di Nico, naturalmente).
Ma oltre al rapporto con Warhol e con il pop, oltre all'inserimento nella scena newyorkese (e alla frequentazione assidua dei locali) negli anni dell'esplosione del punk-rock, Haring e' stato figura di riferimento per la cultura hip-hop.
Ed e' stato in contatto anche con un'artista multimediale come Yoko Ono, con tutto cio' che questo implica.
Ne' va dimenticato il suo interesse per il balletto, il rapporto col coreografo Bill T. Jones, la scenografia realizzata nel 1985 per il Ballet National de Marseille...
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- Giselle Dian: Una pratica artistica come quella di Keith Haring si incontra necessariamente anche con la fotografia: basti pensare alla sua attivita' di graffitista con i gessetti nella metropolitana di New York, in cui opera e performance si legano strettamente, ed in cui l'opera e' ad un tempo concreta e labilissima, venendo agevolmente cancellata in breve tempo. In questo caso la documentazione fotografica ha un ruolo rilevante. Su Haring e la fotografia forse si e' indagato ancora poco...
- Annibale B. Scarpari: A lume di naso proporrei tre percorsi di ricerca: il primo, la scuola di Warhol; il secondo: la tradizione della fotografia nella pratica artistica - segnatamente americana - novecentesca; il terzo: l'opera dei fotografi che con Haring hanno avuto rapporti di amicizia, di collaborazione, di affinita'.
Quanto al primo ambito e' fin troppo banale evidenziare come nell'attivita' di Warhol il trattamento di materiali fotografici preesistenti sia decisivo, e costituisca una delle chiavi di accesso alla sua metaproduzione artistico-critica sulle forme e le figure della mitologia contemporanea creata dal sistema dei mass-media, dallo show-business, dallo star-system.
Nel secondo campo credo che potrebbe essere interessante una ricognizione della tradizione che partendo da Man Ray si dipana lungo tutto il Novecento a cavallo tra sperimentazione artistica, testimonianza della contemporaneita', rapporto col mercato (e non solo dell'arte, ovviamente; pensiamo all'opera di Helmut Newton, ad esempio).
Quanto ad alcuni fotografi che hanno collaborato con Haring, e' noto ad esempio che Tseng Kwong Chi ha realizzato migliaia di scatti delle opere e dell'operare di Keith Haring, e che Robert Mapplethorpe, la cui vicenda ha molti punti di tangenza con quella haringhiana, ha realizzato ad esempio un cruciale servizio fotografico di Grace Jones dipinta da Haring, contribuendo cosi' ad una performance la cui ermeneutica sarebbe assai affascinante svolgere.
Meno soddisfacente fu un'estemporanea collaborazione con Richard Avedon.
Un cenno va fatto anche all'amico Yves Arman, in occasione della cui morte Haring ha scritto pagine commoventi nel suo diario.
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- Giselle Dian: E per quanto riguarda specificamente il campo artistico?
- Annibale B. Scarpari: Descrivere, sia pure per minimi accenni, il complesso contesto artistico (e mediatico) in cui si svolge l'operare di Haring e' ovviamente problematico.
Evidenzierei innanzitutto la tradizione dell'arte nordamericana e il suo intrecciarsi con le forme della cultura di massa (cinema, fumetti, musica, tv, pubblicita'...).
Volendo indicare alcuni momenti ed alcune figure della tradizione artistica nordamericana novecentesca darei rilevanza al magistero di Robert Henri (al cui The Art Spirit Keith Haring attribuiva un ruolo importante nella sua formazione), e poi ovviamente da un lato Edward Hopper (che di Robert Henri fu allievo) e dall'altro l'impatto delle avanguardie artistiche europee; proseguendo poi con l'espressionismo astratto, e particolarmente l'opera di Mark Rothko che molto impressiono' Haring, fino all'action painting di Jackson Pollock; poi la vasta e complessa vicenda della pop art, ed al suo cuore Andy Warhol.
Ma naturalmente occorrerebbe sottolineare anche il ruolo di galleristi e mecenati, del collezionismo e dei musei... E svolgere una riflessione sul mercato dell'arte, sull'industria culturale, sul sistema della moda e sullo show-business...
Se invece volessimo indicare le principali puntuali e documentate influenze artistiche sull'opera di Haring ovviamente si deve far riferimento innanzitutto a Jean Dubuffet e alla sua proposta dell'Art brut, oltre che - per altri versi - al citato manifesto di Robert Henri; al gia' ricordato Mark Rothko; a Matisse e Leger; a Klee e Kandinsky; a Mark Tobey e Pierre Alechinsky; a Christo. Un ruolo di mentore e maestro per Haring ebbe Andy Warhol.
Amici e compagni d'avventura furono Jean-Michel Basquiat, Kenny Scharf, Fab 5 Freddy (Fred Brathwaite), LA 2 (Angel Ortz), Niki de Saint-Phalle...
E rapporti e tangenze - e amicizie, ovviamente - vi sono con altre figure cospicue dell'arte contemporanea, da Roy Lichtenstein a Robert Rauschenberg, a Francesco Clemente...
E mi piacerebbe suggerire di esplorare le assonanze con l'opera di Joan Miro', con quella di Alexander Calder...
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- Giselle Dian: Sul rapporto tra l'opera di Keith Haring e le forme della cultura di massa e sul suo peculiare modo di relazionarsi con il mercato dell'arte sono stati gia' versati fiumi d'inchiostro. Cosa si potrebbe aggiungere di non scontato?
- Annibale B. Scarpari: Forse piu' che aggiungere qualcosa varrebbe la pena di svolgere una nuova ricognizione delle riflessioni ormai classiche in materia di cultura di massa e societa' consumista e manipolata, sistema dei mass-media e ragione strumentale, societa' dello spettacolo e funzione dell'arte dinanzi all'alienazione e alla reificazione (anche nella forma della "tolleranza repressiva").
Magari muovendo dalle analisi di Guenther Anders, di Hannah Arendt e dei francofortesi (penso ovviamente soprattutto ai Minima moralia di Theodor W. Adorno), e dalle riflessioni sull'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilita' tecnica di Walter Benjamin.
Ed ovviamente bisognerebbe altresi' riprendere la trama di riflessioni che Umberto Eco veniva svolgendo negli anni '60 in Opera aperta, Apocalittici e integrati ed altri testi ancora.
E naturalmente sugli strumenti del comunicare occorrerebbe tornare alla riflessione di Marshall McLuhan, incrociandola magari con l'antropologia di Levi-Strauss (e con le meditazioni consegnate ad esempio a Il pensiero selvaggio) e con quel che resta di decisivo dello strutturalismo (e nel lascito di Foucault in particolare).
Un'autrice (e newyorchese) che su questo campi di questioni - arte e cultura di massa, linguaggi e societa', alienazione e disvelamento, etc. - ha scritto cose acute ed essenziali e' stata Susan Sontag.
Ma sono questioni complesse che richiederebbero un lungo discorso.
Forse qui sara' sufficiente accennare alla poliedricita' della produzione di Haring ed al suo intrecciarsi con variegate forme dell'abitare e del produrre, dell'industria dello spettacolo e finanche della pubblicita'.
E sarebbe interessante rileggere con adeguata attenzione le sue riflessioni sul mercato e sul pubblico dell'arte, e le ragioni della sua scelta di realizzare un'esperienza innovativa come quella del Pop Shop...
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- Giselle Dian: Haring e l'Italia, un tema affascinante...
- Annibale B. Scarpari: Si', e da articolare nelle varie sue dimensioni.
Una prima: l''influenza della cultura italiana su Haring; il suo studio di autori, opere ed esperienze italiane.
Una seconda: la sua attivita' artistica in Italia; cosi' variegata: dalla mostra personale a Napoli nel 1983 alla decorazione del negozio di Fiorucci a Milano nello stesso anno; dalla mostra personale a Milano nel 1984 - e nello stesso anno la partecipazione a collettive a Bologna e Venezia - al murale "Tuttomondo" su una parete esterna della chiesa di Sant'Antonio a Pisa nel 1989; ai graffiti romani successivamente cancellati.
Una terza: le riflessioni sull'Italia e sulle esperienze italiane consegnate ai diari, agli interventi, alle interviste.
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- Giselle Dian: Nella cultura italiana novecentesca la cultura (e l'industria culturale e dello spettacolo) statunitense ha ovviamente molto influito, soprattutto attraverso il cinema, la musica, i mass-media, che hanno massicciamente veicolato - ed anche imposto, particolarmente negli ultimi decenni - mode, linguaggi e stili di vita. Nel campo specificamente letterario e' possibile individuare alcuni momenti ed alcuni autori particolarmente rilevanti?
- Annibale B. Scarpari: Sicuramente si'.
Un ruolo significativo lo ha avuto Cesare Pavese che con la sua traduzione pubblicata nel 1932 del capolavoro di Melville, Moby Dick, le sue altre traduzioni, i suoi saggi su autori americani, l'utilizzo di moduli espressivi della letteratura americana e di riferimenti a quel paese ed a quella cultura nella sua stessa opera creativa (da Paesi tuoi a La luna e i falo'), la sua attivita' di operatore culturale (ed in particolare il suo ruolo nella casa editrice Einaudi) ha costituito un punto di riferimento nella ricezione della letteratura statunitense in Italia. Per Pavese la scoperta della letteratura americana negli anni cupi della dittatura fascista fu l'apertura ad una tradizione democratica e libertaria. I suoi saggi sono ora raccolti in Cesare Pavese, La letteratura americana e altri saggi, Einaudi, Torino 1962, con una densa prefazione di Italo Calvino che ne ricostruisce gli elementi essenziali. E fu su proposta di Pavese che la sua allieva Fernanda Pivano tradusse l'Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters che lo stesso Pavese fece pubblicare da Einaudi, e Fernanda Pivano e' poi divenuta una delle piu' importanti figure dell'americanistica nel nostro paese. Su Pavese la Pivano ha scritto molte acute e commosse pagine; si veda ad esempio il testo su Cesare Pavese e l'Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters apparso sul "Corriere della sera" del 29 novembre 2007 col titolo "Amare Spoon River". Sull'amore per la letteratura americana di Pavese, ma anche di Giaime Pintor e di Elio Vittorini, si veda anche il saggio di Umberto Eco, "Il mito americano di tre generazioni antiamericane", nato come intervento a un convegno alla Columbia University nel 1980, ed ora in Idem, Sulla letteratura, Bompiani, Milano 2002.
Insieme a Cesare Pavese un ruolo fondamentale lo ha avuto Elio Vittorini con la sua poliedrica attivita', ma soprattutto avendo curato un'antologia di narratori statunitensi che fece epoca: Americana, pubblicata da Bompiani nel 1941 (e sequestrata dalla censura fascista). Vittorini, oltre che importante narratore, fu anche rilevante traduttore di autori statunitensi, e straordinario consulente editorale ed operatore culturale (basti ricordare la rivista "Il Politecnico").
Della generazione immediatamente successiva a quella di Pavese e di Vittorini ovviamente va ricordata Fernanda Pivano, che e' forse l'autrice italiana che ha piu' intensamente vissuto le esperienze della letteratura americana contemporanea, in un profondo rapporto personale con pressoche' tutte le figure piu' importanti di essa, da Ernest Hemingway ad Allen Ginsberg fino agli autori piu' giovani. I libri di Fernanda Pivano sulla cultura e sulla societa' statunitense sono un viatico indispensabile per qualunque studioso.
Tralasciando molti altri autori, vorrei ricordare anche almeno Umberto Eco, la cui opera teorica piu' rilevante, il Trattato di semiotica generale, e' stata scritta direttamente in inglese e pubblicata in prima edizione negli Stati Uniti, e solo successivamente tradotta in italiano. La sua opera di studioso e' assai influente nel dibattito filosofico americano (e del resto nelle universita' americane ha spesso insegnato) molto prima che divenisse anche autore di romanzi di successo internazionale.
Sarebbe opportuno sottolineare anche che vari scrittori americani hanno avuto un rapporto significativo con l'Italia, non solo con la cultura e con la letteratura italiana, ma anche con il nostro paese e la gente che ci vive. In questo agganciandosi anche a una tradizione europea e finanche specificamente anglosassone (si pensi a taluni poeti romantici inglesi). Alcuni autori americani hanno avuto con l'Italia un rapporto assolutamente peculiare e privilegiato; bastera' ricordare alcuni casi emblematici: Ernest Hemingway, che in Italia partecipo' alla prima guerra mondiale (e su cui cfr. ad esempio la monografia di Fernanda Pivano, Hemingway, Rusconi, Milano 1985); Ezra Pound, che con l'Italia ebbe un rapporto intenso - e che commise il tragico errore di lasciarsi affascinare e ingannare dal dittatore fascista con le note drammatiche conseguenze (una buona introduzione a Pound e' il libro a cura della figlia Mary de Rachewiltz, Per conoscere Pound, Mondadori, Milano 1989); Gregory Corso, di famiglia di origini italiane, tra i poeti americani del secondo Novecento appartenenti all'esperienza (o forse si potrebbe dire al movimento) beat uno dei piu' interessanti: di cui va ricordata particolarmente la poesia Bomb apparsa come volantino nel 1958 (e pubblicata in Italia come foglio staccato inserito nel volume a cura di Fernanda Pivano, Poesia degli ultimi americani, Feltrinelli, Milano 1964, poi 1973; ma cfr. anche due suoi volumetti: Gregory Corso, Benzina, Guanda, Parma 1969; e Idem, Poesie, Lato side, Roma 1981 - con un saggio introduttivo della Pivano).
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- Giselle Dian: La riflessione e la pratica del femminismo hanno avuto un ruolo fondamentale nella formazione dei movimenti sociali impegnati per i diritti umani di tutti gli esseri umani. Come si e' esercitato questo ruolo nel corso degli ultimi decenni a livello planetario?
- Annibale B. Scarpari: Tanto sul piano teorico che su quello pratico l'esperienza del femminismo e' l'evento decisivo nel miglioramento dell'umanita' nel XX secolo, ed e' l'esempio piu' rilevante di come una lotta nonviolenta - una lotta che continua - possa liberare l'umanita' da millenarie strutture della violenza. Tutti gli autentici movimenti di liberazione degli ultimi decenni sono cresciuti alla scuola del femminismo, che ha insegnato la necessita' della coerenza tra i mezzi e i fini, l'etica della cura e il principio responsabilita', il senso del limite ed il riconoscimento dell'altro, l'attenzione alla corporeita' e il pensare concretamente, l'intreccio tra il rapporto io-tu e quello io-noi, l'incontro con l'alterita' nella dialettica tra eguaglianza di diritti e preziosa infinita' delle differenze; e ancora: il principio della fecondita' e del rispetto per la vita come chiave dell'agire interpersonale, sociale e politico; e ancora: quella cruciale categoria arendtiana della nascita che fonda la convivenza e la civilta', l'attenzione weiliana, le analisi consegnate da Virginia Woolf a Le tre ghinee e da Simone de Beauvoir a Il secondo sesso, ed oggi, decisive, la riflessione e le proposte di azione di Vandana Shiva. Il femminismo e' la corrente calda della nonviolenza in cammino, e costituisce la piu' rilevante esperienza di pensiero e di impegno in cui risiede la speranza che l'umanita' riesca ad evitare la catastrofe.

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