Giselle Dian Intervista Mao Valpiana


Mao (Massimo) Valpiana e' una delle figure piu' belle e autorevoli della nonviolenza in Italia; e' nato nel 1955 a Verona dove vive e ha lavorato come assistente sociale e giornalista; fin da giovanissimo si e' impegnato nel Movimento Nonviolento (si e' diplomato con una tesi su "La nonviolenza come metodo innovativo di intervento nel sociale"), e' segretario nazionale del Movimento Nonviolento, responsabile della Casa della nonviolenza di Verona e direttore della rivista mensile "Azione Nonviolenta", fondata nel 1964 da Aldo Capitini. Obiettore di coscienza al servizio e alle spese militari ha partecipato tra l'altro nel 1972 alla campagna per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza e alla fondazione della Lega obiettori di coscienza (Loc), di cui e' stato segretario nazionale; durante la prima guerra del Golfo ha partecipato ad un'azione diretta nonviolenta per fermare un treno carico di armi (processato per "blocco ferroviario", e' stato assolto); e' inoltre membro del consiglio direttivo della Fondazione Alexander Langer, ha fatto parte del Consiglio della War Resisters International e del Beoc (Ufficio Europeo dell'Obiezione di Coscienza); e' stato anche tra i promotori del "Verona Forum" (comitato di sostegno alle forze ed iniziative di pace nei Balcani) e della marcia per la pace da Trieste a Belgrado nel 1991; nel giugno 2005 ha promosso il digiuno di solidarieta' con Clementina Cantoni, la volontaria italiana rapita in Afghanistan e poi liberata. Con Michele Boato e Maria G. Di Rienzo ha promosso l'appello "Crisi politica. Cosa possiamo fare come donne e uomini ecologisti e amici della nonviolenza?" da cui e' scaturita l'assemblea di Bologna del 2 marzo 2008 e quindi il manifesto "Una rete di donne e uomini per l'ecologia, il femminismo e la nonviolenza". Un suo profilo autobiografico, scritto con grande gentilezza e generosita' su nostra richiesta, e' nel n. 435 del 4 dicembre 2002 de "La nonviolenza e' in cammino"; una sua ampia intervista e' nelle "Minime" n. 255 del 27 ottobre 2007


 
- Giselle Dian: Quale eredita' ha lasciato nella cultura statunitense e mondiale l'esperienza di Martin Luther King, la lotta contro il razzismo e il movimento per i diritti civili?
- Mao Valpiana: Possiamo dire che Martin Luther King ha il merito storico di aver dimostrato che la nonviolenza gandhiana (cioe' la nonviolenza specifica, la nonviolenza attiva) era esportabile, applicabile ed efficace ovunque; prima di King si poteva pensare che l'esperienza gandhiana fosse una peculiarita', valida solo in quel momento storico (colonialismo inglese) e in quel luogo (India). Martin Luther King, pur ispirandosi al satyagraha di Gandhi, ha trovato la via americana del “power of love”, del potere dell'amore, come lui definiva la nonviolenza. Penso anche sia da indagare il contributo fondamentale che King ha dato ad una lettura “nonviolenta” del Vangelo e della tradizione cristiana. Martin Luther King, infine, ha definitivamente sottratto il movimento mondiale antirazzista e per i diritti civili alla tentazione e degenerazione di scorciatoie violente e suicide. Il movimento antiapartheid in Sudafrica non si sarebbe potuto sviluppare senza la precedente esperienza di King negli Stati Uniti (naturalmente senza dimenticare che proprio in Sudafrica Gandhi diede inizio alla lotta nonviolenta nel 1906, e senza dimenticare la grande figura di Albert Luthuli (1898-1967) che nel 1960 ricevette il premio Nobel per la pace mentre guidava la lotta nonviolenta contro l'apartheid).
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- Giselle Dian: La riflessione e la pratica del femminismo hanno avuto un ruolo fondamentale nella formazione dei movimenti sociali impegnati per i diritti umani di tutti gli esseri umani. Come si e' esercitato questo ruolo nel corso degli ultimi decenni a livello planetario?
- Mao Valpiana: Il femminismo rappresenta davvero una rivoluzione planetaria nonviolenta. E quando parlo di femminismo personalmente intendo quel movimento ampio che in ogni paese della terra mira a sbriciolare il mito del maschio guerriero e padrone. Vi sono donne meravigliose, in ogni tempo e in ogni luogo, note o sconosciute, che - consapevolmente o inconsapevolmente - hanno liberato se stesse (e conseguentemente i loro aguzzini maschili) con pratiche di nonviolenza che costituiscono un patrimonio inestimabile per tutti noi. Sono convinto che conosciamo ancora davvero troppo poco della forza e della rivoluzione che il femminismo nonviolento ha realizzato. Abbiamo bisogno di ricercatrici che indaghino e ci facciano conoscere storie di donne che la nonviolenza hanno applicato nella loro personale liberazione.
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- Giselle Dian: L'opposizione alla bomba atomica ha caratterizzato la seconda meta' del Novecento; negli ultimi decenni essa si e' sviluppata anche contro le centrali nucleari, cogliendo una serie di decisivi nessi ed implicazioni. Quali sono state le esperienze cruciali e quali sono le riflessioni fondamentali del movimento antinucleare?
- Mao Valpiana: Nucleare militare e nucleare civile sono due facce della stessa medaglia. Purtroppo il movimento antinucleare mondiale fino ad ora si e' mosso solo per “reazione” (da Hiroshima a Chernobyl), dimostrando quindi una certa debolezza come movimento con un proprio “programma costruttivo” capace di indicare un diverso modello di sviluppo energetico per l'intera societa'. In Italia il momento decisivo e' stato certamente il referendum antinucleare del 1987, nel quale tutti i grandi partiti si sono trovati spiazzati davanti ad un'opinione pubblica che ha fatto una scelta di rinuncia all'energia atomica.
Solo una parte del movimento, pero' (quella piu' vicina alle istanze della nonviolenza), aveva chiaro che la rinuncia all'energia nucleare richiede una visione lungimirante dei “limiti dello sviluppo”, come fu chiaramente evidenziato nel convegno “Sviluppo? Basta! A tutto c'e' un limite...” organizzato nel 1990 da Alexander Langer con la Campagna Nord/Sud e il Movimento Nonviolento. Ancor oggi, quell'analisi rappresenta sicuramente il punto piu' avanzato del movimento ecologista italiano.
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- Giselle Dian: La solidarieta' internazionale con il movimento antiapartheid in Sudafrica ha caratterizzato gli anni Ottanta; e ad essa anche gli artisti (delle arti visive, della musica, della letteratura, del teatro e del cinema) hanno dato un contributo rilevante, particolarmente sul versante della sensibilizzazione. Poi, negli anni '90, la liberazione di Nelson Mandela, la sua elezione a primo presidente democratico del Sudafrica, e l'esperienza straordinaria della Commissione per la verita' e la riconciliazione, costituiscono eventi di portata mondiale ed epocale. Quali riflessioni si possono trarre da questa vicenda?
- Mao Valpiana: Sono molto d'accordo sul fatto che la Commissione per la verita' e la riconciliazione rappresenti un momento alto nella storia della nonviolenza mondiale. Anche questa e' un'esperienza che andrebbe meglio studiata e fatta conoscere di piu' alle nuove generazioni. Anche la storia personale di Mandela e il suo rapporto con Desmond Tutu devono essere meglio indagati e fatti conoscere. Non dobbiamo mai accontentarci di una conoscenza superficiale dei fatti. La scrittura della storia della nonviolenza e' importante tanto quanto la realizzazione di azioni nonviolente, che possono essere tramandate solo se studiate, analizzate, divulgate. Il movimento antiapartheid in Sudafrica e' una pagina fondamentale per la nonviolenza.
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- Giselle Dian: Da alcuni anni si ha la sensazione che almeno in alcune parti del mondo finalmente i diritti delle persone omosessuali vengano almeno formalmente riconosciuti, e che il pregiudizio e la violenza omofoba non godano piu' di una complicita' diffusa. E' realmente cosi'? Ed attraverso quali tappe di impegno civile e di progresso culturale si e' giunti a questa situazione, e quanto cammino c'e' ancora da percorrere, e quali iniziative occorre intraprendere affinche' ad ogni persona sia riconosciuto il diritto alla libera autodeterminazione ed autogestione del proprio orientamento sessuale e delle proprie scelte di vita?
- Mao Valpiana: Aldo Capitini, scrivendo nel 1962 la “Carta ideologico-programmatica” del Movimento Nonviolento aveva gia' ben presente questa tematica. Al secondo punto, dopo l'opposizione integrale alla guerra, volle inserire: “la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione”. Allora non si parlava ancora cosi' esplicitamente di omosessualita', ma il diritto alla propria liberta', nel rispetto di tutte le altrui liberta', era chiaro in una fondamentale definizione di nonviolenza scritta dallo stesso Capitini: “La nonviolenza e' apertura all'esistenza, alla liberta', allo sviluppo, di ogni essere".
In questo cammino di liberazione penso, pero', che forme di provocazione fini a se stesse, di esibizioni estreme, non abbiano niente a che fare con la sobrieta' ed il rispetto che ognuno deve a se stesso e agli altri.
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- Giselle Dian: E' sempre piu' evidente la coerenza e la saldatura tra impegno per la pace, affermazione dei diritti umani di tutti gli esseri umani, scelta della nonviolenza, femminismo ed ecologia. Come e perche' si realizza questa convergenza? Quali frutti rechera' all'umanita'?
- Mao Valpiana: Questa saldatura fra pace-diritti umani-femminismo-ecologia e' la nonviolenza stessa. Se ritorniamo ai testi fondamentali di Gandhi vediamo che le quattro tematiche citate costituiscono il centro della sua riflessione e del suo agire. L'umanita' non potra' risolvere i drammatici nodi che si trova ad affrontare senza porsi il problema della nonviolenza. Prima o poi sara' ineludibile.
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- Giselle Dian: Quale puo' essere lo specifico contributo dell'arte all'impegno per la pace, l'ambiente, i diritti umani di tutti gli esseri umani?
- Mao Valpiana: Se è vero, e io lo credo, che la bellezza salvera' il mondo, allora il contributo dell'arte sara' decisivo per la salvezza dell'umanita'. Faccio solo un piccolo esempio (che i miei amici sanno starmi molto a cuore), quello di John Lennon che con la sua musica e le sue parole (veri e propri inni del movimento per la pace come "Give Peace a Chance" o "Imagine") ha dato forza e visione a immense manifestazioni. Sappiamo quanto la musica sia un collante e un linguaggio internazionale. Anche qui voglio spendere una parola per la necessita' di una scrittura della storia della musica per la nonviolenza.
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- Giselle Dian: L'opera di Keith Haring, e piu' in generale il linguaggio dei "graffiti", pone in evidenza il rapporto tra opera d'arte e dimensione urbana, tra performance estetica e vissuto della strada, tra "nonluoghi" e impegno civile, tra forme della cultura di massa e lotta contro l'alienazione e l'emarginazione, tra strutture della vita quotidiana e nuove modalita' di risignificazione dei luoghi e delle esperienze esistenziali. Quali riflessioni le suscita questa prassi?
- Mao Valpiana: Conosco troppo poco di questo linguaggio e rischierei di dire qualche sciocchezza. Mia figlia di 19 anni se ne sta interessando, e so che che ha degli amici graffittari di notevoli capacita': potrebbe rispondere molto meglio di me a questa domanda...
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- Giselle Dian: Come si riflette la storia e la societa' statunitense nelle esperienze artistiche che dal pop di Andy Warhol giungono fino alle forme piu' recenti di espressione e ricerca estetica?
- Mao Valpiana: Posso parlare della mia esperienza personale. La pop art di Andy Warhol si sviluppa e fiorisce contemporaneamente alla musica dei Beatles, le cui copertine dei long playing (ah, quanta nostalgia per il vinile...) hanno rappresentato una inesauribile fonte di ispirazione pacifista (cito solo la copertina del disco “Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band” e il film di animazione Yellow Submarine) anche estetica: la lotta fra i colori e la musica dei Fab Four contro le armi dei Biechi Blu per salvare Pepperlandia, e' davvero una capolavoro artistico per illustrare la difesa popolare nonviolenta.
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- Giselle Dian: Nella vicenda di Haring e' rilevante anche il suo impegno nella lotta contro l'Aids (la malattia di cui mori' a trentun anni di eta'). Da allora ad oggi cosa e' cambiato e cosa occorre fare sia sul tema specifico sia piu' in generale per affermare il diritto di tutti alla salute, all'assistenza e alla solidarieta'?
- Mao Valpiana: C'è chi ha detto che una societa' la si puo' giudicare da come tratta gli animali. Altri da come sono le sue prigioni. Forse oggi noi possiamo dire che una metro di giudizio per un sistema sociale e' il livello di offerta socio-sanitaria. Su questo piano stiamo assistendo in Italia ad un arretramento preoccupante. La sanita' pubblica subisce continui colpi e tagli, a vantaggio di quella privata. I capitoli della ricerca medica e quello farmaceutico (e la vicenda Aids su questo la dice lunga) sono notoriamente luoghi di appetiti inconfessabili. Il modello veneto che negli anni Settanta ha fatto della nostra Regione un momento di eccellenza mondiale per l'offerta sanitaria pubblica, oggi e' un pallido ricordo, crollato sotto i colpi di chi sta smantellando un servizio che era per tutti, in un sistema clientelare.
Negli Stati Uniti Obama sta faticosamente cercando di percorrere la strada inversa, passando da un sistema a pagamento ad una sanita' per tutti, e nonostante i limiti e i tentennamenti, merita in questo il nostro appoggio.

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