Edgar Morin è uno dei più importanti e originali tra i filosofi e sociologi francesi viventi, noto per gli studi sulla teoria della complessità (analizzati a cominciare da Introduzione al pensiero complesso, Sperling & Kupfer, 1993) e per l’approccio transdisciplinare con il quale ha trattato un’ampia gamma di temi, come nel suo ultimo saggio tradotto in molti paesi di tutto il mondo.

Di seguito, alcuni stralci di questo libro

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6 marzo 2014

La complessità che cambia il mondo

Edgar Morin è uno dei più importanti e originali tra i filosofi e sociologi francesi viventi, noto per gli studi sulla teoria della complessità (analizzati a cominciare da Introduzione al pensiero complesso, Sperling & Kupfer, 1993) e per l’approccio transdisciplinare con il quale ha trattato un’ampia gamma di temi, come nel suo ultimo saggio tradotto in molti paesi di tutto il mondoLa via. Per l’avvenire dell’umanità (in Italia da Raffaello Cortina Editore).

Di seguito, alcuni stralci di questo libro, a seguire invece il documentario di diciotto minuti curato da Rubén Reynaga “Una mente luminosa” dedicato al pensiero difficilmente collocabile di Edgar Morin. Reynaga è tra i fondatori di Multiverisdad Mundo real, l’università a distanza (con sede a Città del Messico e con studenti, ricercatori e docenti di tutto il mondo) promossa sui temi delle trasformazioni sociali a partire da alcune intuizioni della filosofia educativa di Morin (dopo l’uscito de “I sette saperi necessari all’educazione del futuro”, Raffaello Cortina Editore, 2001). Il video è un breve viaggio nel pensiero di Morin attraverso interventi di studiosi e collaboratori (con interviste per lo più in francesce tradotte in spagnolo) e dello stesso Edgar Morin, prezioso riferimento in particolare per gli insegnanti e gli educatori e per gli uomini e le donne che non si stancano di pensare e sperimentare un mondo diverso.

Il presente è percepibile solo in superficie. È lavorato in profondità da solchi sotterranei, da invisibili correnti sotto un terreno apparentemente fermo e solido. (…)”

“Lo sviluppo instaura un modo di organizzazione della società e delle menti nel quale la specializzazione compartimenta gli individui (…) A causa di questa chiusura, perdiamo di vista l’insieme (…). Questa cecità risulta anche dalla concezione tecnoeconomica dello svulippo, che conosce solo il calcolo come strumento di conoscenza (indici di crescita, di prosperità, di reddito, statistiche che pretendono di misurare tutto). Il calcolo non ignora solo le attività non monetizzabili (come le produzioni domestiche e/o di sostentamento), gli aiuti reciproci, l’uso dei beni comuni, la parte gratuita dell’esistenza, ma ognora anche, e sopratttutto, quello che non può essere calcolato né misurato: la gioia, l’amore, la sofferenza, la dignità, cioè il tessuto stesso delle vite. Infine, lo sviluppo è stato a lungo cieco rispetto ai degradi ecologici che esso stesso continua a provocare (…)”.

“Come il Rinascimento, e ancora più di quello, la nostra epoca dovrebbe essere l’occasione di una riproblematizzazione generalizzata. Tutto è da ripensare. Tutto è da cominciare. Tutto, in effetti, è già cominciato, ma senza che lo si sappia. Siamo allo stadio dei preliminari modesti, invisibili, marginali, dispersi. Su tutti i continenti, in tutte le nazioni, esistono già fermenti creativi, una moltitudine di iniziative locali propizie a una rigenerazione economica o sociale o politica o cognitiva o educatica o etica o esistenziale. Ma tutto ciò che dovrebbe essere legato è disperso, separato, compartitmentato. Queste iniziative non si conoscono fra di loro, nessuna amministrazione ne fa l’inventario, nessun partito vi fa riferimento. Ma esse sono vivaio del futuro. Si tratta di riconoscerle, censirle, confrontarle, elencarle per aprire una pluralità di strade riformatrici. Sono queste le molteplici vie che sviluppandosi congiuntamente potranno congiungersi per formare la Via nuova, la quale decomporrà la via che noi seguiamo e ci dirigerà verso l’ancora invisibile e inconcepibile Metamorfosi. La salvezza è cominciata dalla base”.

“Esistono in ogni essere umano e in ogni società umana virtù rigeneratrici o generatrici allo stato dormiente o inibito. Nelle società normalizzate, stabilizzate, irrigidite, le forze generatrici/creative si manifestano nei devianti: artisti, musicisti, poeti, pittori, scrittori, filosofi, appassionati fai-da-te e inventori. Orbene, la coscienza che ogni grande movimento di trasformazione comincia sempre, anche nelle società congelate o sclerotizzate, in maniera marginale, deviante, modesta, ci indica che le innovazioni creative sono sempre e ovunque possibili”.

“La speranza non è sinonimo di illusione. La speranza vera sa di non avere certezze, ma sa anche che il cammino si fa con l’andare. La speranza sa che che la salvezza attraverso la metamorfosi, sebbene sia improbaile, non è impossibile. Ma la speranza non è che un’illusione se ignora che tutto ciò che non si rigenera, degenera. Come tutto ciò che vive, come tutto ciò che è umano, le nuove vie sono soggette a degradazioni, deterioramenti, sclerosi. Anche questa consapevolezza è indispensabile, in modo permanente”.