In questa serie di colloqui, l'ottantacinquenne linguista e politologo statunitense analizza il mondo contemporaneo e le tensioni che animano, denunciando i "sistemi di potere" - governi, organismi finanziari, multinazionali - che alimentano divisioni nella società allo scopo di assoggettare gli individui.

A finire sotto il suo sguardo chirurgico non è solo il nuovo imperialismo americano, che perpetua persino sotto Obama strategie consolidate, ma anche potere, più recente e oramai forse più invasivo, del capitale finanziario transnazionale, che ha scalzato quello legato all'industria e al commercio.

È il potere delle multinazionali, della BCE e dei fautori dell'austerity, che impoverisce il ceto medio e tiene sotto scacco l'Europa. Sono questi "sistemi" a muovere una nuova guerra di classe contro i lavoratori e la società, una guerra che non può che essere "unilaterale".

Al servizio del potere, oggi come sempre, la macchina della propaganda, che induce nuovi bisogni e crea sottomissione.

"Il potere non si suicida", dice Chomsky, ma alcune forme di democrazia partecipata e di cittadinanza attiva emergono a contrastare la sua forza schiacciante: il movimento Occupy e gli indignados, la gestione operaia delle fabbriche, le rivolte della Primavera araba dimostrano che lottare per migliorare le cose è possibile. A patto di non sedersi davanti alla tv: Chomsky interviene qui, infatti, anche su questioni di politica culturale...