Il film girato da un dilettante, che dilettante non è, e che poi è sparito, dimostra, corroborato da testimoni oculari, che Yitzhàk Rabìn era illeso dopo gli spari di Yigàl Amìr al famigerato comizio per la pace di Tel Avìv il 4 novembre 1995. La stessa registrazione, per quanto manipolata, mostra chiaramente la porta posteriore della vuota Cadillac di Rabìn mentre viene chiusa dall'interno prima che il Primo Ministro israeliano venga spinto a bordo. Chi c'era ad aspettarlo? E che accadde durante la corsa verso l'ospedale Ichilov, che durò almeno nove minuti anziché uno come poteva e doveva. Il certificato di morte affermava: Rabìn fu colpito mortalmente al torace e la spina dorsale fu frantumata. Perché i medici poi modificarono il documento, facendolo eguagliare con la versione ufficiale, che racconta: Rabìn fu colpito a morte alla schiena da una certa distanza? Falsità smascherate; verità dimostrate: in questo libro inchiesta Barry Chamish dimostra l'esistenza di una cupola mafiosa che dirige il corso delle vicende umane. Nel globo. In Israél e in I TAL YA soprattutto.

Chi ha ucciso Yitzhak Rabin
di Barry Chamisc
Traduzione e cura di Franco Levi

In questo saggio, lo scrittore Barry Chamish (ex agente dei servizi segreti israeliani) ricostruisce la 'vera' storia dell'assassinio dell'ex primo ministro israeliano Yitzhàk Rabìn, svelandone alcuni inquietanti retroscena. "Rabìn - si legge nel testo - era il bersaglio ideale per un omicidio. Primo Ministro d'Israèl, un "Processo di Pace" con l'OLP e la Siria che gli fu imposto dall'esterno. Divenne allora il volontario patrocinatore di una diplomazia che stava portando Israèl a morte sicura. Gli si ersero contro due pericoli mortali da campi opposti: i fautori degli Israeliani avversi al "Processo di Pace", e i manipolatori del potere, in Israèl e all'estero, favorevoli al "Processo di Pace". Il crimine fu attribuito ai primi, mentre i secondi ne sono responsabili". Per l'omicidio di Rabìn è stato condannato Yigàl Amìr, un attivista "dell'organizzazione così detta contro la pace EYAL (sigla di ORGANIZZAZIONE DEI GUERRIERI EBREI)". Ma è davvero stato lui? Secondo Chamish, Amìr fu vittima di un'operazione-trappola orchestrata dalla Shabàk, e non uccise l'ex premier israeliano. Ad Amìr sarebbe stata fornita dagli agenti della Shabàk una pistola caricata a salve. Lui avrebbe sparato al premier, e sarebbe stato colto in flagrante. Ciò avrebbe offerto al governo israeliano il pretesto per scatenare su vasta scala la repressione contro coloro che si opponevano al "Processo di pace". Subito dopo i colpi sparati da Amìr, secondo la ricostruzione fornita da Chamish, Rabìn, vivo e vegeto, "fu trascinato via, e ficcato dentro alla sua limousine, dove il vero assassino stava in agguato. E poi, quello che doveva essere il viaggio di un minuto verso l'ospedale, divenne una gimkana di oltre otto minuti per le oscure vie di Tel Aviv. In quel periodo l'omicida completò la sua opera, e lasciò l'auto".
A sostegno della tesi di Chamish vanno ricordati i seguenti dati:
I) il film girato da un "dilettante" (l'Autore è in possesso della videocassetta) mostra la portiera posteriore della limousine di Rabìn: "Non c'è nessuno dentro", ma viene chiusa dall'interno, prima che Rabìn entri;
II) la stessa registrazione documenta che le guardie del corpo di Rabìn consentono ad Amìr di sparare al premier, che se la cava;
III) la moglie di Rabìn, Leah, e altri testimoni hanno visto il premier camminare normalmente dopo essere stato "colpito". Dieci minuti dopo gli "spari", una testimone, Miriam Oren, ha dichiarato a una tv nazionale: "Rabìin non è stato colpito. L'ho visto entrare in auto da solo";
IV) esami di laboratorio della Polizia concludono che Rabìn fu colpito a bruciapelo, mentre la Commissione Shamgàr Governativa d'Inchiesta, dal canto suo, afferma che Amìr sparò da oltre mezzo metro di distanza;
V) il rapporto balistico della Polizia riferisce che il nastro dell'arma a ripetizione di Amìr conteneva soltanto otto pallottole, sebbene egli ne avesse caricate nove;
VI) dopo essere state presumibilmente estratte dal cadavere di Rabìn, le pallottole sono scomparse per undici ore;
VII) il certificato di morte - firmato dal dott. Mordechài Gutman (uno dei chirurghi che operarono Rabìn) - conclude: "Rabìn fu colpito dal davanti, al torace, e la spina dorsale è stata frantumata". Ciò è stato confermato da una infermiera, la sera stessa, nella sala operatoria. E dal ministro della sanità, dal direttore dell'ospedale Ichilov, da un paziente e persino dall'allora ministro degli Esteri Shìmon Peres.
"Amìr e Rabìn - si legge ancora nel testo - non sono le uniche vittime. Ce ne furono tante altre, sia Ebree, sia Arabe. Questo libro, possiamo soltanto sperare, ajuterà a far sì che non ce ne siano più altre".