Tratto da:
Mistica arte, lettere sulla politica

Prefazione di padre GianCarlo Bregantini, Vescovo di Locri

È sempre avvincente leggere un libro di don Tonino Bello, l’indimenticabile vescovo di Molfetta.
Piace perché scritto con quel suo procedere poetico, chiaro, ricercato negli aggettivi e nelle espressioni. Acutissimo nella scelta delle immagini, dolce nell’affetto con cui avvolge la parola e il suo dire.
Don Tonino soprattutto scuote, perché ci senti dentro l’animo del profeta, che con acutezza coglie i segni dei tempi, con passione li vive, con tenerezza li narra e con decisione ne trae precisi messaggi di conversione.
Anche questo libretto di testi, tratti dai suoi numerosi ed appassionati intervential mondo politico in occasione del Natale, è in questa stessa logica di conversione.
Sono delle lettere ai politici, cioè delle frecce che egli lancia, per far loro prendere sempre più coscienza dell’alta missione che si sono assunti di fronte alla gente, soprattutto ai più poveri ed umili.
Specie oggi, che è interessante ripassare i concetti fondanti cui don Tonino faceva ricorso per parlare ai politici, per scuoterli, per una conversione della politica stessa.
Prima di tutto, in ogni suo dire, c’è sempre il riferimento ai più poveri ed umili della città, di ogni città. Ma soprattutto delle sue città, da lui tanto amate e proprio per questo, fortemente difese. E nel riferimento ai poveri, non v’è il gioco retorico della Politica astratta, ma lo sguardo appassionato di chi visitava certe case, di chi entrava in certi tuguri, di chi aveva ospitato nello stesso episcopio, tra mille disagi e tantissime critiche, gli sfrattati della città, spesso con poca riconoscenza dagli stessi.
E con lo sguardo, c’è il cuore di chi aveva molto ascoltato, nelle interminabili ore di udienza, le file di gente che chiedeva una mano, una parola, un intervento.
Ha ascoltato, ha capito, ha parlato!
E con i poveri, la pace, chiave di volta dell’intero messaggio di Gesù. Sono infatti i costruttori di pace che saranno chiamati Figli di Dio. Cioè, chi fa della pace la sua linea, la mette al vertice delle proprie scelte sociali e politiche. Chi vi spende la sua vita e chi vi si impegna con coerenza e decisione.
Costoro saranno chiamati figli di Dio. Cioè vicini a Lui, da lui amati per divenire poi capaci di amare con lo stesso cuore ogni figlio di Dio, generando così un mondo di pace.
Altro tema è la misericordia, frutto di quella tenerezza che è primariamente atteggiamento di benevolenza verso se stessi, per non essere fiscali od esigenti con gli altri, ma capaci di entrare nel cuore dell’altro, come dice espressamente il termine latino ed italiano, nel rispetto di quel cuore che cambia ogni relazione.
Non per nulla il secondo capitolo si intitola Capaci di misericordia?, quasi a dirci che è un atteggiamento di costruzione progressiva e fedele, per divenire capaci, cioè contenitori di questo profumo che fa bella ogni relazione fraterna e sociale.
Non manca l’accenno alla notte, che ci chiede di vegliare, cioè alle grandi scelte che ogni politico è chiamato a fare, nel buio di decisioni che spesso si trova solo a compiere e, da solo, a dover affrontare.
È la notte della solitudine. Ma è anche la notte del tradimento, come avvenne a Gesù, che proprio in quella notte in cui dona il suo bacio a Giuda, è da quell’amico tradito. Eppure, è proprio in quella stessa notte che Gesù ci lascia il dono più grande del suo amore, cioè il mistero eucaristico, antidoto al male ricevuto.
Una notte che si trasforma in amore.
Cioè una politica non vendicativa né a botta e risposta, ma uno stile politico dai grandi respiri, che non si ferma di fronte al male incontrato. Anzi, reagisce a esso con lo spazio del dono e dell’impegno tenace.
La sobrietà, giustizia e pietà, cuore del libro, è un capitolo di forte sintesi interiore, perché dona al passo del politico il passo di chi si impegna con coerenza e testimonianza, per essere così capace di diffondere attorno un clima di riconciliazione, nella città degli uomini.
Tutto si potrebbe, ancora una volta, con sintesi mirabile, raccogliere attorno alle tre parole, ormai famose, che don Tonino ci ha lasciato e che sono divenute tre piste certe e lucide per l’impegno della chiesa nella politica e l’impegno di ogni politico nel mondo.
Quelle tre parole sgorgate dalla fantasia letteraria e di vero pastore di don Tonino: annunciare, denunciare, rinunciare.
Tre gesti che diventano uno stesso stile, tre modalità di essere e di vivere il vangelo, proprio dentro il vissuto di ogni giorno, fatto di un annuncio leale e chiaro, di una denuncia chiara e profetica, di una testimonianza coerente ed eroica, che parte dallo stesso cuore e stile di vita di chi è chiamato ad annunciare e a denunciare.
Anch’io come singolo vescovo e altre volte come intera Conferenza episcopale della Calabria, terra che guarda a don Tonino con riconoscenza, abbiamo utilizzato con frutto questi tre verbi.
Credo restino nel cuore di chiunque medita questo libretto, agile e chiaro.
Perché la politica sia sempre strumento di pace, di servizio alla vita, di liberazione dei poveri, di misericordia fatta di nuove relazioni.
Che sono poi i grandi messaggi che da sempre il Vangelo ci lancia, con parole di vita e di speranza.
Buona lettura e tanta meditazione, per costruire insieme paesi sereni e nuovi.

Locri, 11 novembre 2005
Memoria Liturgica di San Martino, il Santo della condivisione.

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