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Profeta abbastanza, lettere sulla guerra che ritorna

Prefazione di Tonio dell’Olio
Coordinatore nazionale di Pax Christi

No, non siamo punto e a capo. Non è vero che dobbiamo rassegnarci a convivere con la violenza e con tutte le sue conseguenze, con la guerra e con tutta la sua retorica, con gli odi e tutto il loro male. Anche se ad una prima e superficiale lettura dei testi che seguono ne potrebbe risultare la sensazione che le condizioni del mondo non sono migliorate e che in alcuni casi siano addirittura degenerate in una violenza più devastante, si possono cogliere oggi dei segni di speranza inattesi e sorprendenti che rendono gli interventi di don Tonino più che lungimiranti. Profetici. D’altra parte quella della profezia è categoria a cui con troppa facilità si fa riferimento e non sempre ci si rende conto che le caratteristiche e le qualità del profeta stanno tutte nel porre la propria intelligenza, la propria familiarità con Dio e con la sua parola, il proprio coraggio, la capacità di leggere l’anima degli eventi… a servizio delle persone. Ma non solo dei suoi contemporanei, bensì anche delle generazioni future. Leggendo gli interventi di don Tonino in occasione della prima guerra del Golfo ne prendiamo coscienza. Lo stile profetico attraversa tutte le parole consegnateci soprattutto in quella circostanza. Come i profeti, non giudica dall’alto di una autorità morale il suo tempo e gli artefici del bene e del male, coloro che detengono il potere e i destini della gente, al contrario il giudizio è dato prima dalla coerenza della propria testimonianza di vita e poi da una parola che trasuda lotta e sofferenza, che si mischia e si impasta con le fatiche quotidiane fatte di coraggiose prese di posizione che a volte costano qualche richiamo e qualche incomprensione e di condivisioni del dolore altrui che non si risparmiano. Ancora di più le riflessioni di don Tonino sulla guerra ci dicono con tutta evidenza che – come si fa con una banconota – egli pone le vicende della storia in controluce e, lasciandole illuminare dalla Parola, ne rintraccia la filigrana per indicarla a tutti. Per questo motivo, la parola di profeta che risuona in don Tonino, si sottrae alla banalità, si spinge sempre oltre la soglia dei significati e contribuisce a dare senso agli avvenimenti. La cronaca assurge a piena dignità di evento e le sue considerazioni diventano fermento efficace per l’impegno quotidiano di coloro che credono e costruiscono la pace, credenti e non credenti perché quelle parole diventano universali. Non c’è timore riverenziale a rivolgersi ai parlamentari per richiamarli alla responsabilità di servire il Paese nel pieno rispetto della Costituzione che ripudia la guerra; non c’è traccia di servilismo nello spronare il potere a scegliere la via della nonviolenza; non vi è alcuna remora a denunciare il tradimento dello jus in bello per via dell’uso di armi di sterminio; non vi è alcuna ingenuità nel riproporre la Pacem in terris con il suo inequivocabile giudizio sulla guerra, alienum est a ratione, “è roba da manicomio” proprio nel momento in cui si sta optando per l’intervento armato; né vi è reticenza nel denunciare “l’etica del doppio binario” che rintraccia nell’insegnamento e nella prassi di pastori e di chiese a proposito del perdono, della pace, della riconciliazione e della nonviolenza. Così parlano e agiscono i profeti.
Le prime parole di questa raccolta di interventi di don Tonino Bello riguardo la guerra del golfo del 1991 cominciano con un’espressione che oggi acquista nuovi significati e dà ragione dell’attualità di questo testo: “Come si prevedeva”. Sì, nella mentalità comune, il profeta è colui che prevede il futuro e in quell’occasione don Tonino fa comprendere che, coloro che seguono col cuore e con l’intelligenza le vicende di questo mondo, che accompagnano il cammino dei popoli, che si appassionano ai processi di cambiamento e di liberazione, che leggono l’anima degli accadimenti… sono in grado di prevedere. Non con l’indagine arguta del sociologo o con la saggezza dello storico, quanto col cuore innamorato del costruttore di pace secondo la beatitudine evangelica. E’ proprio il senso di quelle prime parole a dare significato pieno all’attualità di pagine scritte e pronunciate tra il 1990 e il 1991. Don Tonino ha previsto. E prevedendo ha gettato dei semi nella buona terra della storia e dell’impegno di tanti che oggi si pongono sui passi dei testimoni della pace per offrire il proprio contributo ad allontanare il flagello della guerra dall’umanità e da tutti i vocabolari del mondo e per dire pace agli abitanti del pianeta. Don Tonino aveva compreso fino in fondo il mandato di Cristo agli apostoli che venivano inviati nelle case (ovvero nella vita) della gente per annunciare la pace: “In qualunque casa entriate, prima dite: Pace a questa casa” (Lc 10, 5). Don Tonino era rimasto scrupolosamente fedele a questa consegna del Maestro. Perciò la incarna storicamente soprattutto (e non esclusivamente) nei momenti di maggiore crisi della politica, delle coscienze, del diritto internazionale, dell’informazione, dell’umanità… L’attualità di questo compito che don Tonino passa “come un testimone” a noi, non è data soltanto dai segni drammatici registrati dalla cronaca. A nessuno sfugge che dagli anni novanta ad oggi il pianeta e i suoi abitanti sono schiacciati da un modello di globalizzazione irrispettoso di dignità e diritti, da un terrorismo spietato di cui non troviamo tracce pari nella storia e dall’elaborazione di un concetto perverso come quello della guerra preventiva che teorizza e – ahimè pone tragicamente in atto – il ricorso all’uso della forza in qualunque circostanza sia possibile costruire pretestuosamente nobili motivi per prevenire altrettante ipotetiche e catastrofiche minacce. Un quadro della situazione odierna che si limitasse a questo non sarebbe soltanto apocalittico e deprimente, sarebbe prima di tutto incompleto e, perciò, falso. Oggi l’umanità è altrettanto attraversata da un desiderio e una passione per la pace come mai si era verificato prima d’ora. Anche visivamente l’arcobaleno dipinge case e piazze fino a insinuare nella coscienza degli uomini e delle donne del nostro tempo che la pace è possibile. E’ un popolo della pace che affolla le strade con le manifestazioni contro la guerra ma che altrettanto è quotidianamente impegnato in progetti di cooperazione e solidarietà internazionale, in operazioni culturali che tendono a radicare la pace e le sue conseguenze nelle coscienze dei popoli, in campagne di informazione e denuncia sui conflitti dimenticati, sul traffico delle armi, sull’economia di sfruttamento, sulla salvaguardia del creato… Ancora una volta don Tonino lo aveva previsto e sicuramente oggi gioirebbe con il popolo della pace: “Io non so, nella concitazione di queste ore drammatiche, se la guerra ad oltranza avrà il sopravento. Penso, però, di poter dire che "l’idea della guerra" risulta nettamente perdente, se non sui tavoli delle cancellerie, o sulle planimetrie dei generali, almeno nella coscienza popolare. Ed è per questo che non dobbiamo demordere. (…)”

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