Tratto da:
Icona della Trinità

Parte prima: la Dossologia,
In principio, la Trinità
di Don Tonino Bello

Una delle cose più belle e più pratiche messe in luce dalla teologia in questi ultimi anni è che la SS. Trinità non è solo il mistero principale della nostra fede, ma è anche il principio architettonico supremo della nostra morale. Quella trinitaria, cioè, non è solo una dottrina da contemplare, ma un’etica da vivere. Non solo una verità tesa ad alimentare il bisogno di trascendenza, ma una fonte normativa cui attingere per le nostre scelte quotidiane.
Gesù, pertanto, ci ha rivelato questo segreto di casa sua non certo per accontentare le nostre curiosità intellettuali, quanto per coinvolgerci nella stessa logica di comunione che lega le tre persone divine.
Nel cielo tre persone uguali e distinte vivono così profondamente la comunione, che formano un solo Dio.
Sulla terra più persone, uguali per dignità e distinte per estrazione, sono chiamate a vivere così intensamente la solidarietà, da formare un solo uomo, l’uomo nuovo: Cristo Gesù.
Sicché l’essenza della nostra vita etica consiste nel tradurre con gesti feriali la contemplazione festiva del mistero trinitario, scoprendo in tutti gli esseri umani la dignità della persona, riconoscendo la loro fondamentale uguaglianza, rispettando i tratti caratteristici della loro distinzione.
C’è da aggiungere, poi, che nel cielo le ricchezze proprie di una persona divina sono così trasferibili dall’una all’altra (c’è, potremmo dire, un così intenso scambio culturale tra Padre, Figlio e Spirito), che la teologia per indicare questo fenomeno ha dovuto coniare un’espressione forse un po’ difficile per i non addetti ai lavori, ma estremamente significativa: la comunicazione degli idiomi.
Ebbene, l’imperativo etico che ne deriva per coloro che vivono sulla terra è che se tengono sotto sequestro le proprie risorse spirituali o materiali senza metterle a disposizione degli altri, non possono esimersi dall’accusa di appropriazione indebita.

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