FORUM
"VERSO I CORPI CIVILI DI PACE"
Bologna 6 – 8 giugno 2003


Convenuti

GRUPPI DI LAVORO TEMATICI

Forme Organizzative

Rapporti Istituzionali

Formazione

Intervento dei volontari in zona di conflitto

ELENCO ASSOCIAZIONI IN RETE:

1) Berretti Bianchi Lucca
2) Ass. Papa Giovanni XXIII- Operazione Colomba (Rimini)
3) Centro Studi Difesa Civile Roma-Perugia
4) Movimento Nonviolento Verona
5) G.A.V.C.I. Bologna
6) Movimento Internazionale della Riconciliazione Torino
7) Coordinamento Obiettori Forlivese Forlì
8) Pax Christi Tavernuzze (FI)
9) Ass. per la Pace Roma
10) Rete Lilliput - Nodo di Bologna

ELENCO ASSOCIAZIONI CHE HANNO PARTECIPATO AI LAVORI DEL FORUM

1) Fondazione Alex Langher Bolzano
2) Beati Costruttori di Pace Padova
3) Donne in Nero Roma
4) Volontari di Action for Peace
5) Ass. Eticonomia Prato
6) Centro Studi Sereno Regis Torino
7) Ass. Antica Come le Montagne Bologna
8) Ass. Orlando Bologna
9) Ass. radicale Giorgiana Masi Bologna
Lega Obiezione di Coscienza

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Documento del Gruppo di Lavoro sulle Forme Organizzative
di Sandro Mazzi, Centro Studi Difesa Civile

1. INTRODUZIONE
Per i partecipanti al Forum scegliere la pace significa costruirla con atti concreti, nelle scelte quotidiane ed in quelle di politica estera, non solo durante i momenti di guerra. Da più di un decennio numerosi volontari della società civile intervengono utilmente nelle varie zone di conflitto del nostro pianeta in aiuto alla popolazione civile locale. I volontari intervengono a proprie spese e a proprio totale rischio senza alcun riconoscimento e sostegno da parte delle varie istituzioni nazionali ed internazionali, anche se si sono avuti vari e ripetuti pronunciamenti, a partire dal 1995, in sostegno della realizzazione dei Corpi Civili di Pace da parte del Parlamento Europeo. Questo vastissimo patrimonio di esperienze di solidarietà internazionale dell'associazionismo italiano necessita di un riconoscimento istituzionale che lo renda uno strumento reale della politica estera italiana nel mondo.

2. CHI SIAMO
La rete per i Corpi Civili di Pace è una rete di associazioni ed Ong che si occupano del tema dei Corpi Civili di Pace in zone di crisi a livello di ricerca, formazione ed intervento.
Alla rete hanno aderito le seguenti associazioni: Ass. Papa Giovanni XXIII-Operazione Colomba (Rimini), Centro Studi Difesa Civile (Roma-Perugia), Movimento Nonviolento (Verona), GAVCI (Bologna), Ass. per la Pace (Roma), Rete Lilliput nodo di Bologna, Movimento Internazionale della Riconciliazione (Torino), Coord. Obiettori Forlivesi (Forlì), Pax Christi (Tavernuzze FI), Berretti Bianchi (Lucca) ed alcuni a titolo personale.

3. COSA SONO I CORPI CIVILI DI PACE
Sono un'espressione della Società Civile, sono costituiti da persone qualificate, adeguatamente preparate ad intervenire, con gli strumenti della difesa popolare nonviolenta e della gestione costruttiva dei conflitti, in situazioni di crisi esercitando funzioni di prevenzione, di interposizione, di diplomazia popolare. I CCP fanno riferimento alla Carta dei Diritti dell'Uomo.

4. OBIETTIVI E FINI
Fine della rete è di contribuire alla costruzione di una futura politica estera non armata che costruisca sicurezza e pace. Per ottenere questo è necessario il riconoscimento, anche istituzionale dei Corpi Civili di Pace.
La rete vuole creare una sinergia tra le organizzazioni che:
- faciliti il lavoro delle organizzazioni aderenti
- sostenga i volontari nel lavoro sul campo
- reperisca i fondi per sostenere la ricerca, la formazione e l'azione
- acquisisca i report dei monitoraggi dei volontari sul campo e ne dia diffusione presso la società civile, i media, le istituzioni italiane ed internazionali
- metta in comune le conoscenze teoriche e pratiche sul tema
- operi per promuovere i contatti con i coordinamenti già esistenti sia a livello europeo che internazionali (EN.CPS e NVPF)


5. ORGANIZZAZIONE
Si propone alla Rete per i CCP:
- di nominare un portavoce a rotazione tra le Ass. e le Ong aderenti con incarico annuale, nel caso ciò sia valutato necessario
- di avere almeno quattro incontri annuali
- di creare un sito web sui CCP per facilitare la comunicazione interna ed esterna alla Rete
- di effettuare una mappatura delle Associazioni, delle Ong e dei gruppi interessate al tema
- di approfondire l'aspetto legislativo che potrebbe essere utile per gli obiettivi della Rete
- di creare un collegamento con le organizzazioni internazionali già esistenti: EN-CPS, NVPF, EPLO

6. PROSSIMI PASSI
La Rete, nel porsi l'obiettivo del riconoscimento istituzionale dell'utilità del lavoro dei volontari in zone di conflitto, indice come prima azione una campagna volta ad ottenere la possibilità per i volontari di astenersi dal lavoro per un periodo di tre mesi, avendo garantita la conservazione del posto di lavoro. In quest'ottica può essere utile instaurare un rapporto con i sindacati per eventualmente proporre ai lavoratori in cassa integrazione la possibilità di partecipare ai progetti per i volontari in zone di conflitto.
Propone inoltre di inviare una lettera aperta al Presidente del Consiglio e al Presidente della Repubblica perché operino affinché il tema dei CCP compaia nella Carta Costituzionale Europea nella sua giusta collocazione all'interno del capitolo "Sicurezza e Difesa" anziché "Aiuti Umanitari"

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Documento del Gruppo di Lavoro sui Rapporti Istituzionali
di Andrea Anselmi, Berretti Bianchi

Il gruppo cercando di essere pratico e produttivo ha deciso di suddividere il lavoro su due livelli, europeo ed italiano.

LIVELLO EUROPEO.
E’ emersa chiaramente la necessità di intervenire presso varie istituzioni europee per continuare, ribadire, richiedere, promuovere l’istituzione di corpi civili di pace secondo un ottica condivisa in questi giorni ( i CCP devono essere un corpo civile indipendente dalle forze militari atto ad intervenire in zone di guerra con compiti di interposizione, mediazione, risoluzione dei conflitti, riconciliazione con modalità non violente). Abbiamo individuato due linee guida;
1. Influire sul quadro normativo nella attuale fase costituente per includere la nostra concezione di CCP.
2. Dare credibilità alla nostra proposta rafforzando l’organizzazione.

In questo senso proponiamo di attuare le seguenti azioni:

SEMESTRE DI PRESIDENZA ITALIANA DEL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA
Visto l’avvicinarsi di questo appuntamento ci pare importante richiedere un pronunciamento del Consiglio Europeo sui CCP europei e uno studio ufficiale di fattibilità sul progetto dei CCPE.
Proponiamo di scrivere una lettera aperta all’indirizzo del prossimo presidente italiano con riferimento alla concezione dei CCP che il parlamento europeo ha già fatto sua (ad esempio nella raccomandazione dell’on. Per Gahrton allegata nella cartella del convegno); quindi un riconoscimento di ciò che è stato già votato ma anche la richiesta di un ulteriore sviluppo della materia. Ci sembra importante che venga inserita nei compiti e nelle possibilità di azione dei CCP la dimensione della prevenzione e della riconciliazione in antitesi alla gestione dei conflitti solo in tempo di crisi acuta. Nella lettera vorremmo indicare come sia fondamentale partire dalle esperienze in atto della società civile nella creazione di un corpo che sia alternativo a quello militare per la gestione dei conflitti. Di comune accordo abbiamo pensato che non sia il caso di proporre, in questo momento, i CCP come sostitutivi delle forze armate (anche se tutto il gruppo ritiene che così dovrebbe essere) per motivi di opportunità e di forza.

COMMISSIONE PRODI
Altro punto da affrontare è l’elaborazione di una richiesta da fare alla suddetta commissione con la collaborazione di Paolo Bergamaschi. Vorremmo far inserire nella costituzione europea, prima che sia troppo tardi, una voce sul ripudio della guerra da parte degli stati membri. Inoltre è pressante l’esigenza di modificare l’art. 30 comma 5 sui “CCP umanitari” almeno spostandolo nell’area della difesa popolare nonviolenta. La differenza fra interventi umanitari e difesa nonviolenta è notevole e non possiamo permetterci di essere relegati al ruolo di chi porta i viveri ai “preventivamente” massacrati di turno.

PARLAMENTO UE – COMMISSIONE ESTERI
Questo punto è un altro di quelli per i quali ci serve l’aiuto di un addetto ai lavori come Paolo Bergamaschi. Alla commissione noi vorremmo chiedere e fare pressione perché sia effettuato uno studio ufficiale di fattibilità sul progetto dei CCPE e anche (non è secondario) chi farà lo studio di fattibilità. Sarebbe opportuno che la struttura che eseguirà questo studio fosse già addentro e impegnata sull’argomento. Alla commissione esteri dovremmo anche richiedere il riconoscimento e il sostegno politico dell’intervento attuale della società civile all’interno dei conflitti, questo sarebbe utile nel lavoro di informazione e sarebbe anche un piccolo passo in avanti nel lavoro di lobbing. Per finire, riteniamo necessario coltivare i rapporti e aggiornare i network europei (soprattutto quelli presenti al forum) delle azioni svolte.

LIVELLO ITALIANO.

In questa seconda sessione di lavoro abbiamo individuato i seguenti referenti istituzionali ai quali secondo noi è opportuno rivolgere le nostre proposte e richieste:

UFFICIO NAZIONALE SERVIZIO CIVILE
A giorni si deve formare il “Tavolo DPN “ ex L.230/98, è importante promuovere uno sforzo comune per la partecipazione a questo tavolo individuando i criteri per la partecipazione e individuare anche una rosa di nomi condivisa da indicare come possibili rappresentanti della rete per i CCP al Tavolo. Riteniamo molto importante includere e sostenere nel servizio civile la dimensione nonviolenta di difesa civile. Ricordiamo inoltre che non è vero che il servizio militare obbligatorio non esiste più, dato che in caso di guerra esiste ancora la possibilità di essere precettati .

TAVOLO OBIETTORI DI COSCIENZA ALL’ESTERO
(Gavci, Papa Giovanni, Focsiv, Caritas)
Con questo tavolo e con la Conferenza Enti per il Servizio Civile dovremmo organizzare un incontro di confronto sui CCP che porti ad azioni di promozione. Dalla Conferenza Enti dovremmo ottenere un sostegno nel rapporto istituzionale con il ministro Giovanardi che ha la delega ad occuparsi del volontariato.

MINISTRO GIOVANARDI, CONSULTA, DIRETTORE UNSC
A questi referenti vogliamo inviare una lettera dove richiamiamo il valore dell’art. 1 L.64/01 che cita espressamente la difesa civile non violenta

Durante la discussione si è evidenziata la necessità di creare una lobby che “spinga” a livello istituzionale le nostre istanze e di individuare interlocutori strategici per promuovere l’istituzione dei CCP. (Presidente della Repubblica, Governo, commissioni parlamentari, ong, chiese, gruppi parlamentari, associazionismo femminile, sindacati, libere associazioni, cooperazione, ecc …). Questo non toglie che sia fondamentale continuare il lavoro che si sta facendo a livello di base che può procedere parallelamente.

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Documento del Gruppo di Lavoro sulla Formazione
di Fabiana Bruschi, Berretti Bianchi

Il conflitto è una realtà complessa, poco conosciuta, poco studiata; quindi, il lavoro degli operatori di pace è molto difficile in quanto, se manca una preparazione adeguata, si può correre il rischio di commettere errori che possono causare danni alle persone con le quali e per le quali si lavora. Le difficoltà maggiori derivano dal fatto che la figura dell’ “operatore di pace”, essendo del tutto nuova, necessita di una costruzione in itinere e di una formazione che passa dalla teoria alla prassi e dalla prassi alla teoria attraverso continue verifiche. Finalmente anche il mondo accademico si sta aprendo alla formazione di queste figure professionali attraverso corsi triennali, specialistici o master che stanno sperimentando nuovi percorsi formativi. E’ perciò auspicabile che questi diventino un punto di riferimento anche per la formazione dei volontari del Servizio Civile Nazionale che risulta attualmente in fase di programmazione. Ciò garantirebbe, se concentrato sulla formazione dei formatori, una maggiore omogeneità nella preparazione e una rispondenza maggiore all’attuale legislazione italiana che prevede forme non armate di difesa e di intervento nonviolento in operazioni di pace all’estero. Affinché queste figure possano espletare al meglio i loro compiti è necessaria una politica estera di sicurezza che dia più spazio alla prevenzione dei conflitti armati come richiesto ripetutamente da varie mozioni del Parlamento Europeo. L’incremento di queste figure professionali con una buona preparazione, non solo non sarebbe alternativo all’impegno dei tanti volontari delle Ong che già operano in questo settore, ma potrebbe addirittura costituire un punto di riferimento valido e stabile per rendere più efficace il lavoro dei volontari stessi; tale efficacia dovrebbe inoltre essere sostenuta da una adeguata formazione che, per esprimersi al meglio, avrebbe bisogno di periodi più lunghi di intervento nelle aree interessate. Per questo sarebbe auspicabile un riconoscimento giuridico del lavoro dei volontari che, sulla scia della legge già operativa sulle emergenze naturali, permetta loro almeno tre mesi di congedo senza perdita del posto. Ciò consentirebbe a tante persone molto motivate ma impossibilitate attualmente a partecipare per impegni di lavoro, di offrire un valido contributo alla difesa nonviolenta del proprio paese e alla prevenzione dei conflitti armati in altre parti del mondo.

Per mettere meglio a fuoco l’attività di formazione il gruppo ritiene importante chiarire i compiti che i CCP, oggetto della formazione, dovrebbero svolgere; tra questi risultano fondamentali:
&Mac183; la prevenzione dei conflitti armati,
&Mac183; l’osservazione e il monitoraggio di possibili accordi tra le parti,
&Mac183; la mediazione,
&Mac183; l’interposizione,
&Mac183; la riconciliazione,
&Mac183; la ricostruzione del tessuto sociale,
&Mac183; il riequilibrio dei poteri,
&Mac183; l’accompagnamento di persone a rischio,
&Mac183; la creazione di infrastrutture di pace,
&Mac183; la mitigazione dei conflitti ecc…

Una prima ipotesi di formazione, focalizzata specificatamente verso persone disposte a impegnarsi per un tempo prolungato nei CCP, potrebbe prevedere un doppio livello:
1. UN CORSO INTRODUTTIVO che preveda l’analisi delle motivazioni, il metodo del consenso, la conoscenza della filosofia e delle tecniche nonviolente, la mitigazione e la gestione creativa dei conflitti, le tecniche di auto-protezione e di pronto soccorso, la conoscenza essenziale del Diritto Internazionale e Umanitario, la conoscenza delle tecniche e dell’organizzazione delle forme di polizia e degli apparati militari e dei sistemi d’arma. Particolare attenzione dovrà essere dedicata allo sviluppo di capacità quali l’ascolto attivo, il lavoro di gruppo, la promozione del dialogo, lo sviluppo di atteggiamenti assertivi, l’analisi degli aspetti relazionali, e la formazione interiore.
2. UN CORSO SPECIFICO che, a seconda del contesto in cui si opera, preveda la conoscenza almeno elementare della lingua ufficiale del posto, del contesto socio-culturale e storico, degli attori in campo, della condizione della donna, dei problemi economici, dell’organizzazione delle amministrazioni pubbliche dell’area di conflitto e della sua legislazione.

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Documento del Gruppo di lavoro sull’intervento dei volontari in zona di conflitto
di Walter Zaffaroni, Action for Peace

I Corpi Civili di Pace sono un’articolazione della società civile, le cui motivazioni e obiettivi includono il fermare la violenza della guerra, proteggere i diritti umani dei civili che subiscono la guerra in zone di conflitto e favorire il dialogo e la riconciliazione tra le parti in conflitto. Le pre-condizioni all’intervento dei CCP sono il loro radicamento all’interno della società civile interessata, la capacità di interagire con essa, la presa di coscienza e la valutazione delle motivazioni personali dei partecipanti alle missioni.

La professionalità dei CCP si basa sull’educazione formativa che, secondo la visione di questo gruppo di lavoro, dovrebbe essere diffusa al fine di estenderne l’accesso a tutta la società civile.

I CCP attuano sul campo una presenza continuativa, prima durante e dopo la fase più acuta del conflitto, caratterizzata da indipendenza e creatività, intese come capacità di immaginare e mettere in opera modalità non convenzionali di approccio ai problemi, anche facendo uso della disobbedienza laddove regole e norme siano eticamente inaccettabili in quanto in contraddizione con i diritti umani. Ad esempio dove sussista un isolamento forzato delle popolazioni civili, un assedio, un’occupazione militare o simili.

Le modalità d’intervento delle missioni dei CCP in zone di conflitto si basano sull’esclusivo utilizzo del metodo nonviolento e mai imponendo la propria cultura, ma bensì attraverso l’impostazione di una reciproca conoscenza interculturale attraverso l’assidua ricerca del dialogo. Obiettivo delle missioni è di ridurre la violenza esercitata sulle popolazioni civili ed alleviarne le sofferenze. L’intervento avviene di norma su richiesta di una o più parti in conflitto, previa conoscenza e analisi della situazione sul terreno, attraverso missioni esplorative, attuate da piccoli gruppi di persone esperte. Durante la missione i CCP non prendono parte in alcun modo al conflitto nonostante collaborino con gli esponenti della società civile in modo compatibile agli obiettivi della missione.

Lo strumento principe dell’intervento è la cosìddetta diplomazia dal basso, cioè il favorire e facilitare l’elaborazione di soluzioni al conflitto da parte della società civile coinvolta, mediante il monitoraggio preventivo nelle zone a rischio di esplosione del conflitto e durante l’azione sul campo, valutandone i risultati passo passo. Si ritiene inoltre indispensabile sviluppare il coordi-namento con le organizzazioni che già svolgono autonomamente opera di monitoraggio sulle violazioni dei diritti umani, allo scopo di identificare possibili aree di intervento preventivo.

Un secondo strumento d’intervento è l’azione diretta di interposizione nonviolenta, durante la quale i CCP utilizzano i loro corpi a protezione degli obiettivi civili, ma sempre valutando e riducendo i rischi al minimo possibile prima di assumersene l’intera responsabilità, verso se stessi e soprattutto verso i civili interessati. I CCP s’impegnano altresì nell’accompagnamento di persone a rischio. In questo senso la riconoscibilità visiva dei CCP è uno strumento fondamentale che li rende immediatamente identificabili come tali, inoltre l’adozione di stili di vita e comportamenti idonei alla missione facilita l’accettabilità dei loro interventi.

Infine un ultimo strumento dell’intervento dei CCP in zone di conflitto è la forza di comunicazione unita all’utilizzazione di forme di pressione come il boicottaggio, la violazione di eventuali embarghi, ecc ... congiunte ad un’azione di lobbing e ad una sinergia a livello politico, istituzionale e culturale che ha lo scopo di ottenere un riconoscimento reciproco non limitato alla società civile ma esteso alle sue Istituzioni, oltre ad un accreditamento che però ne salvaguardi l’indipendenza.

L’intervento dei CCP viene articolato in modo differenziato, con l’utilizzo di uno o più strumenti tra quelli sopra elencati, a seconda delle caratteristiche dei conflitti; che possono essere etico-religiosi rispetto alla sensibilità delle parti in merito al deterioramento della propria immagine, conflitti territoriali, di occupazione militare e/o con l’eventuale presenza di eserciti irregolari.

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