Breve relazione sull’incontro “EU CIVILIAN CRISIS INTERVENTION CAPABILITIES : BRINGING THE CONCEPTS TOGETHER AND THE NEXT STEPS FORWARD” (“Le capacità della UE di intervento civile nelle crisi: riunire I concetti e prossimi passi avanti”) dello scorso 15 Marzo 2005 a Bruxelles

A cura di Alessandro Rossi, CSDC/Nonviolent Peaceforce, arossi@nonviolentpeaceforce.org


L’incontro, organizzato dal Gruppo dei Verdi al Parlamento Europeo, mirava a trovare punti di coordinamento possibili tra le diverse iniziative, in corso o in discussione nelle diverse istituzioni europee o nella società civile europea, sulla nascita di “team di civili” da inviare in zone di conflitto (o post-conflitto) armato. In particolare, riprese dai vari interventi, sono in circolazione i seguenti concetti di “corpi civili”:
a. Le missioni civili di politica estera e di difesa comune degli Stati Membri della UE, note come “gestione civile delle crisi”, decise solo quando c’è l’unanimità (come i “cugini” delle missioni militari europee) e sinora concentrate su polizia e giustizia (in Congo e Georgia), ma in via di “allargamento” delle funzioni; qui gli esperti sono scelti e pagati dalle singole nazioni che “li mettono in comune”, col problema della loro (usualmente) appartenenza a un ministero e la difficoltà di trovarne di alto livello rapidamente disponibili.
b. Nell’ambito precedente, si stanno studiando anche le possibilità di dar vita a “civilian response teams”, piccoli team multinazionali coordinati da Bruxelles per andare rapidamente in zone di crisi e preparare possibili missioni maggiori.
c. i “Corpi Civili di Pace Europei”, come proposti a più riprese dal Parlamento Europeo, il quale pero’ non ha competenza decisionale in materia di politica estera e di difesa comune (la cosidetta PESC), che si presenterebbero come una possibile nuova entità, possibilmente di esperti disponibili in pianta stabile;
d. i “Rapid Response Teams”, proposti lo scorso autunno a Solana (Mr.PESC) da un panel di personalità accademiche e non, coordinate da Mary Kaldor; tale concetto vedrebbe combianat la risposta militare e civile europea alle crisi, con un conseguente ribilanciamento a favore dei civili degli investimenti e delle strutture.
e. Il concetto contenuto nella Costituzione Europea (art. III-213) in via di ratificazione, che si presenta come un ibrido in cui vengono tenuti insieme concetti come volontariato, coinvolgimento dei giovani, intervento civile all’estero, aiuto umanitario
f. Il tentativo delle organizzazioni non governative di effettuare missioni di intervento nonviolento professionalmente preparate, in particolare attraveso la ONG internazionale di coordinamento di Nonviolent Peaceforce.
g. I finanziamenti che la Commissione Europea dà nei suoi vari programmi ad azioni riconducibili a gestione civile delle (post) crisi, come disarmo/smobilitazione/reinserimento dei combattenti o di dialogo etc.; ammessa dal funzionario stesso della Commissione l’assenza di una linea specifica per il peacebuilding.

Il dibattito ha toccato le questioni tecniche aperte (come motivare esperti nazionali a partire in missione, come trovare standard comuni per il training e la selezione di personale da inviare in missione, etc.) cosi’ come quelle politiche (la sproporzione tra le spese militari e quelle per gli strumenti civili delle crisi, la necessità di comunicare all’opinione pubblica antiguerra la possibilità di fare richieste precise ai decisori politici in questo campo, l’assenza dell’Europa meridionale e orientale dalle reti che a Bruxelles fanno pressione per politiche di pace).
FINE

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