Un Corpo Civile di Pace in Libano?
di Alberto Capannini,
Operazione Colomba,
Corpo Nonviolento di Pace della
Comunità Papa Giovanni XXIII


Guardando la situazione del dopo (?) guerra in Libano mi vengono in mente alcune riflessioni.

La prima, evidente: Israele, nonostante abbia una politica interna democratica, con la sua politica estera fortemente militarista alimenta reazioni estreme da parte delle popolazioni arabe che lo circondano; pare chiaro che intervenire in Libano significa, per forza di cose, anche intervenire su tutta la questione mediorientale, a partire da quella israelo-palestinese;

la seconda riguarda la comunità internazionale, in particolare l&Mac226;Europa: scottata dal fallimento dell'intervento militare in Iraq, comincia a chiedersi se davvero la guerra al terrorismo sia stata fatta con strumenti efficaci ed è in ricerca di soluzioni che non facciano della forza armata l'unica via percorribile. In Italia, accanto all'invio di un contingente di caschi blu sotto l'egida dell'ONU, il governo ha auspicato, attraverso il sottoministro Sentinelli, l'invio di un Corpo Civile di Pace. Mi sembra importante, se davvero si desidera partire col piede giusto, distinguere bene e con molta chiarezza le tre modalità di possibile intervento in determinate situazioni di conflitto, modalità diverse che hanno obbiettivi differenti:

l'intervento militare, lo dice la Costituzione del nostro paese, non può e non deve essere di guerra: allo stato attuale mi sembra che ci siano i presupposti (il mandato ONU e l'accordo delle parti) affinché l&Mac226;intervento in Libano si delinei soprattutto come azione di polizia internazionale, con obiettivi più tecnici, come lo sminamento, la collaborazione con le forze di polizia locali per la lotta al traffico delle armi&Mac183;;

la cooperazione ha come obbiettivo quello di alleviare le sofferenze di chi è in uno stato di bisogno: dal farsi carico delle necessità impellenti e basilari al ricreare le condizioni per uno sviluppo sostenibile;

l'intervento di un Corpo Civile di Pace ha come obiettivo la risoluzione del conflitto in maniera nonviolenta e ha come fine la riconciliazione tra le parti.

Di questi tre l'ultimo è sicuramente il più debole perché è il meno sostenuto politicamente ed economicamente, nondimeno può indicare la direzione anche agli altri due: ha certo numerosi punti di contatto con la cooperazione, molti meno con l'intervento militare.

Dato che nessuno cresce all'ombra di qualcun altro è bene distinguere: la pace non si costruisce con la minaccia delle armi e neanche solo con gli aiuti umanitari.

La trasformazione nonviolenta dei conflitti è oggi più che mai la via da intraprendere, ma la parte da scoprire è ancora grandissima, occorrono gli sforzi, l'impegno e l'attenzione di tutti perchè questo cammino progredisca fino a diventare strada ampia e percorribile da tutti.

Provo a pensare ad un&Mac226;azione come Corpo di intervento Nonviolento in Libano. Mi pare ovvio che debba coinvolgere anche Israele, non solo come corresponsabile e covittima di questa guerra, ma anche come parte che necessariamente sarà coinvolta in un futuro, speriamo non lontano, percorso di riconciliazione dell&Mac226;intera area.

Nell'intervento nonviolento l'azione è sempre preceduta e accompagnata da un ascolto profondo delle ragioni e delle sofferenze di ogni parte, in particolare delle persone più deboli e quindi più soggette a subire la violenza. Questa azione di ascolto e sostegno dei più poveri si è sempre dimostrata efficace in passato per elaborare strategie nonviolente adatte ad intervenire nello specifico conflitto: strategie non pensabili da „fuori‰, da „lontano‰:

Un primo viaggio esplorativo, di incontro e ascolto, per vedere come, dove e quando ma soprattutto per capire se e perché intervenire, sarebbe secondo noi un primo passo indispensabile.

Come volontari dell&Mac226;Operazione Colomba, Corpo Nonviolento di Pace della Comunità Papa Giovanni XXIII, che da oltre 15 anni operiamo in diversi conflitti nel mondo insieme ai Caschi Bianchi dell&Mac226;Associazione, volontari in servizio civile che con il loro operare (istituzionalmente riconosciuto) aggiungono un valore Pubblico all&Mac226;impegno di centinaia di civili in aree di conflitto, ci rendiamo disponibili a fare questo primo passo.

Lo abbiamo fatto già per diversi conflitti e lo continueremo a fare anche in futuro, con il nostro stile che parte dalla condivisione con i più poveri e con la nostra scelta imprescindibile per la nonviolenza; ma se questa volta fosse anche il modo per dare un contributo ad un percorso più ampio e condiviso (per quanto sin da subito chiaro e senza ambiguità), allora saremmo ancor più lieti di fare la nostra parte.

Il mondo nonviolento italiano non ha finora dato vita ad un intervento coordinato, continuativo e numericamente consistente, potrebbe essere questo il momento per farlo. La società civile italiana ha espresso in questi anni una vivacità notevole dal punto di vista dell&Mac226;interposizione nonviolenta, della diplomazia popolare, della formazione alla nonviolenza e dell&Mac226;accompagnamento in processi di riconciliazione. I diversi gruppi, associazioni, movimenti hanno espresso un „tesoro di capacità‰ straordinario nel saper leggere e comprendere le situazioni di conflitto e nell&Mac226;inventare e attuare interventi nonviolenti, tesoro che credo sia unico al mondo e che mi pare abbia come naturale sbocco quello di un coordinamento per un intervento comune, nel rispetto delle diverse sensibilità e capacità, verso una Corpo Civile di Pace italiano.

----------------------------------------------------------------------
Operazione Colomba
Corpo Nonviolento di Pace
Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII
www.operazionecolomba.org <http://www.operazionecolomba.org>
operazione.colomba@apg23.org



TOP