PROPOSTE PER LA DIVISIONE
di Branislav Olujic da “War Report”, maggio 1994

L’idea di suddividere il Kossovo, come possibile soluzione del prolungato problema di quella regione, è stato messo di nuovo in circolazione, questa volta dal Partito Nuova Democrazia serbo.
La ripartizione del Kossovo, dove vivono quasi 2 milioni di albanesi (il 90% della popolazione) sotto il controllo serbo, è stato un tema ricorrente negli ultimi anni.
Coloro che propongono questa idee sembrano non considerare che questa posizione potrebbe portare a un conflitto armato come è successo in Croazia e in Bosnia.
Le mappe del Kossovo “unito” o “diviso” presentano oscillazioni nelle menti di molti.
Gli albanesi vedono sulle loro mappe etniche anche le città di Bujanovac, Presevo e Medvedja in Serbia, fuori dal Kossovo, così come i territori ad ovest della Macedonia e in Montenegro, dove vive la maggioranza della popolazione albanese.
La proposta della divisione del Kossovo è stata formulata dalla Accademia Serba delle Arti e delle Scienze e annunciata in un memorandum che è stato firmato da Dobrica Cosic (successivamente eletto presidente della Jugoslavia) e da altri accademici.
Secondo la mappa presentata successivamente, il Kossovo dovrebbe essere diviso in due parti, una albanese e una serba, e la zona serba dovrebbe comprendere tutte le aree in cui sono presenti i monasteri medioevali, tranne quello di Visoki decani.
Quando fu presentato questo piano, vennero rimosse tutte le reliquie, pezzi d’oro, icone e altri tesori da Visoki Decani e trasferiti sotto proprietà serba. Nonostante le rassicurazioni sulla restituzione di questi beni, gli oggetti non sono stati ridati e ciò fa capire che la spartizione proclamata dalla Accademia Serba può essere una possibilità reale. Ibrahim Rugova, leader degli albanesi del Kossovo, ha espresso chiaramente la sua posizione riguardo a questo piano. “La rottura del Kossovo suggerita dai serbi è inaccettabile e non avverrà. L’unica opzione accettabile è uno scambio di territori equo, in cui zone popolate maggiormente dai serbi come Leposavic vengano scambiate con zone popolate maggiormente da albanesi, come Bujanovic, Medvedje o Presevo”. Rugova e i suoi collaboratori sono pronti a prendere in considerazione la possibilità di una federazione o confederazione con la Jugoslavia; non è invece negoziabile “un Kossovo indipendente e sovrano”. Così, adesso, con l’aumentare dell’interesse internazionale per il Kossovo, è emerso un nuovo piano di “riduzione” di questa regione, proposto dal Partito Serbo di Nuova Democrazia.
La nuova mappa propone la riduzione dell’espansione del Kossovo dagli attuali 10,887 Km2 a circa 6650 Km2. La Serbia centrale e il sud aumenterebbe dagli attuali 55968 Km2 a circa 60200 Km2. La popolazione del Kossovo diminuirebbe di 514666 persone, cioè da 1954747 a 1440081, una diminuzione del 26,3% basata su un censimento del 1991. I distretti di Vitina, Gnjilane, Gora, Zvecan, Zubin Potok, Kosvska Mitroviza, Leposavac, Novo Brod, Opolje, Podujevo e Stripce attualmente parti del Kossovo, verrebbero annesse alla Serbia. Il “piccolo Kossovo” rispecchierebbe i reali confini storici e geografici secondo il prof. Milovan Rodovanovic, le cui raccomandazioni formano le basi della proposta di Nuova Democrazia.
Ma nonostante il desiderio di Rugova di un Kossovo indipendente e sovrano, Nuova Democrazia vorrebbe concedere solo un’autonomia politica all’interno della cornice serba e della Repubblica Federale Jugoslava. Secondo questo piano, alcune città come Prishtina, Gujlane, Urosenac, Prizren, Djacovica e Pec, otterrebbero status speciali come “città libere”, mentre gli albanesi che vivono nel centro e nel sud del Kossovo, come a Drenica, Metohija, Podrina e Prizren, esclusa la regione di Sarplanina, guadagnerebbero un’autonomia culturale. Le forme e i contenuti delle loro autonomie, così come le finanze e i transiti stradali, verrebbero regolati attraverso la legislatura della Serbia e della nuova Regione Autonoma.
Questa proposta viene meno alle richieste di autonomia degli albanesi del Kossovo ed è anche una restrizione dell’autonomia che questa regione aveva sotto la Costituzione della ex-Jugoslavia.
Il prof. Rodovanovic è d’accordo: “Non significa che questa autonomia debba essere analoga a quella avuta dal 1974 sotto la ex-Jugoslavia, nè che essa debba garantire uno status speciale che porterebbe alla disgregazione della Serbia e della Jugoslavia e alla formazione di un secondo stato albanese sul territorio della Serbia e anche del Montenegro e possibilmente, la secessione della Macedonia”.
Benché la Costituzione del 1974 prevedeva il coinvolgimento di politici albanesi, l’attuale leadership del Kossovo ritiene che l’autonomia non sia più rilevante.
Il Partito Democratico e quello Radicale della Serbia non si spingono così avanti, affermando che l’autonomia venga comunque gestita. Il Presidente Serbo del Partito Socialista, Slobodan Milosevic, oppone una forte resistenza all’autonomia che, secondo loro, gli albanesi stanno già vivendo.
Un’altra idea nuova che sta emergendo è che anche per i Serbi del Kossovo debba esserci un’autonomia. Secondo una mappa non ancora pubblicata, le persone “di passaggio”, come vengono chiamati i nuovi arrivati o i “colonizzatori”, dovrebbero occupare le aree di Metohija, Istok, Klina, e Mitrovica, per “aggiustare le barriere con gli albanesi”.
Così, mentre entrambe le parti sono impegnate a disegnare le loro mappe etniche, i responsabili delle soluzioni sembrano attendere l’ultimo minuto prima di pronunciarsi. Il tanto aspettato dialogo tra albanesi e serbi viene costantemente posticipato, perchè nessuna delle parti è ancora pronta al compromesso.

Le proposte di soluzione

Sulle proposte che presenteremo in questo paragrafo abbiamo sentito l’opinione di studiosi, politici ed anche di persone comuni. Le persone intervistate sono state oltre un centinaio, con alcuni di loro ci siamo incontrati anche svariate volte. Nel limite delle nostre forze abbiamo cercato di sentire la voce di serbi, albanesi montenegrini e macedoni chiedendo la loro opinione su questi progetti e su queste scelte. Le persone intervistate occupavano posti di governo o di opposizione, o erano persone al di fuori di ogni linea politica. Le conclusioni che abbiamo tratto sono le seguenti:

1) La spartizione del territorio

E’ questa una soluzione di cui si è parlato molto in passato (l’articolo del corrispondente di Belgrado del “War Report” qui accluso nella scheda n° presenta appunto uno delle tante proposte fatte), ma non sembra riscuotere grande favore da nessuna delle due parti in causa, forse perchè rappresenterebbe una sconfitta di ambedue i contendenti, sia albanesi che serbi, che attualmente mirano ad avere tutto il territorio del Kossovo o, per dirla con i serbi, di Kosmet (Kossovo-Metochia). Recentemente, il 6 giugno c.a., questa proposta è stata ripresa da A. Despic, Presidente dell’Accademia Serba delle Scienze e delle Arti, nel suo intervento all’assemblea annuale. L’intervento ed alcune delle reazioni da questo suscitare in ambedue le parti, sono riportate nella scheda n° . Come è detto nell’articolo di “War Report” in realtà questa soluzione non ha nemmeno alla sua base un fondamento etnico, data che la zona attualmente abitata in prevalenza da serbi è solo un piccolo comune del nord del Kossovo, Leposavic. Mentre, al contrario, ci sono nel sud della Serbia almeno tre comuni abitati in prevalenza da persone di etnia albanese (Bujanovac, Medvedje, Presevo). Se quindi si volessero ritoccare i confini secondo il principio di “purezza etnica”, principio che però, almeno dalla leadership albanese è del tutto rifiutato, si dovrebbero rivedere non solo i confini della zona in cui prevalgono i serbi, ma anche di quella in cui prevalgono gli albanesi. La proposta, fatta attualmente dal Prof. Janjic di Belgrado (21, pp.14-15), e ripresa dall’Accademia delle Scienze, non si basa tanto sul principio etnico ma quanto su quello economico, ed in parte storico-culturale.
Nella zona nord del Kossovo c’è infatti un’area mineraria tra le più ricche d’Europa, anche se attualmente, dopo l’occupazione serba ed il licenziamento della maggior parte degli operai albanesi, è quasi del tutto abbandonata. Vi si estrae (o estraeva) piombo ed altri metalli molto pregiati (secono alcuni anche oro). Ed era noto il detto degli albanesi “Trepça lavora, Belgrado ingrassa” (7, pp. 57-58). Per queste ragioni, secondo Janjic, i serbi non accetterebbero mai la perdita di tutto il Kossovo, ma potrebbero discutere invece una sua spartizione, lasciando agli albanesi la parte priva di risorse naturali di tale prestigio.
Naturalmente questa soluzione diverrebbe viabile, o per lo meno discutibile, solo se la pressione internazionale sulla Serbia per una soluzione del problema del Kossovo fosse realmente forte (il che non è vero attualmente dato che tutti i paesi d’Europa, come sa bene l’attuale governo serbo, hanno i loro scheletri negli armadi e paventano che una soluzione troppo avanzata del problema del Kossovo possa servire da stimolo ai gruppi etnici dei rispettivi paesi: baschi, irlandesi, corsi, o persino “padani” come li chiama Bossi - a cui, in ambienti diplomatici italiani, viene paragonato Rugova! - a chiedere anche loro soluzioni analoghe).
Questa soluzione è molto poco accetta alla leadership albanese. La prima ragione è quella che essa rimetterebbe in discussione i confini attuali e - come dice giustamente Surroi (28, p. 91) - in questi casi l’unico principio solido per decidere la divisione è quello della forza, il che porterebbe necessariamente ad un conflitto armato. E questo anche perché i minatori di Trepça, in maggioranza albanesi, non accetterebbero sicuramente di essere inclusi nella Serbia e si ribellerebbero (questa volta probabilmente non con la nonviolenza ed i digiuni, come nella loro lotta per la difesa dell’autonomia della Regione). Inoltre una divisione del genere comporterebbe lo spostamento fisico di centinaia di migliaia di abitanti, spostamento anche questo non facilmente attuabile senza l‘uso delle armi. La seconda ragione è quella che gli albanesi si vedrebbero deprivare proprio di una delle zone più ricche di risorse che dovrebbe e potrebbe essere uno dei volani principali della ripresa economica della Regione, che è sempre stata una delle più povere di tutta la Ex Yugoslavia. Per l’altra ragione addotta dai serbi che propongono la divisione del territorio del Kossovo, e cioè quella storico-culturale della presenza in questa zona di alcuni dei più importanti monasteri medioevali serbo-ortodossi (3, p.13), gli albanesi propongono di dare a queste zone uno statuto di “extraterritorialità”, e di voler dar vita nel Kossovo ad uno stato senza esercito e senza frontiere, aperto ai serbi, agli albanesi, ai macedoni, ed a tutti gli altri popoli.

La proposta di suddivisione del territorio kossovaro in due parti, una da mantenere sotto il controllo della Serbia, e l’ altra a cui dare eventualmente l’indipendenza, o l’autonomia, è una delle proposte da parte serba più ricorrenti. Uno dei suoi sostenitori è stato anche Dobrica Cosic, noto intellettuale serbo che è stato per anni anche Presidente della Repubblica Federale Yugoslava, prima del suo scioglimento. Un esempio di queste proposte si ha anche nella cartina pubblicata nel n°1-2 di LIMES (1993) a pag. 275, che riporta un progetto probabilmente influenzato dallo stesso Cosic. Secondo questa mappa i 4/5 del territorio kossovaro sarebbe stato lasciato agli albanesi, il resto sarebbe stato diviso tra la Serbia ed il Montenegro. La città di Pristina, la capitale, sarebbe stata divisa in due, l’Ovest ai Serbi (con Kosovo Polje, il luogo dove si è svolta la famosa battaglia del 1389 a cui i nazionalisti serbi si richiamano per sostenere la storicità dell’appartenza del Kossovo alla Serbia), e l’Est agli albanesi. Questa suddivisione lascerebbe una zona, quella di Podujevo, a stragrande maggioranza albanese, staccata dal resto della zona attribuita dalla carta a questo gruppo nazional:, l’unico punto di contatto sarebbe stata la zona albanese della città. Più recentemente sono state fatte altre proposte, tipo quella qui riportata. Non avremmo dato molta importanza a queste idee, che come accennato da molti dei nostri intervistati rischiano di essere la base per una nuova guerra, se proprio recentemente non fossero state riprese dall’Accademia delle Arti e delle Scienze Serbe che, come è noto,in passato, con un suo Memorandum semi-segreto ma mai smentito, aveva posto le basi delle rivendicazioni serbe che hanno poi portato alla guerra in Ex-Yugoslavia. Ci sembra perciò utile dare atto di questa proposta e del recente dibattito su questo tema, e riportare l’opinione su questo tema di alcune delle persone da noi intervistate.

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