UNA LEGGENDA TRADIZIONALE ALBANESE
RACCONTATA DA ANTON CETTA

Un cavaliere albanese che aveva vinto molti duelli si vantava di essere il più forte di tutti gli altri cavalieri. Ma qualcuno gli disse: “Ma tu non hai ancora incontrato Hivri. Lui è il più forte di tutti, e sicuramente ti batterà”. Toccato nel suo amor proprio, il cavaliere si fece dare l’indirizzo di Hivri e partì per andare ad incontrarlo. Ma appena lo trovò questi gli disse che, ormai, era passato tanto tempo da quando lui era il principe dei cavalieri, e che nel frattempo ce n’era un altro, Tigran che aveva preso il suo posto. E che perciò non valeva la pena che il cavaliere si battesse con lui perché tanto questo non avrebbe significato niente. Avrebbe dovuto andare a battersi con Tigran. Convintosi, il cavaliere si fece dare l’indirizzo di Tigran e lo andò a cercare. Ma anche qui avvenne la stessa cosa e venne rimandato da Victor. E così via fino a quando gli diedero l’indirizzo di Vigan. Il cavaliere, convinto che ormai stava per combattere e vincere il suo avversario e dimostrare così di essere il più forte di tutto il regno prese due pistole tradizionali albanesi ad un solo colpo, montò a cavallo e andò alla ricerca di Vigan. Quando arrivò a casa di questi gli aprì una donna che gli disse che Vigan non era a casa, ma era in campagna a lavorare i campi. Il cavaliere lo raggiunse e gli chiese di battersi con lui perché voleva dimostrare di essere il più forte. Ma Vigan gli disse “Perché dovrei battermi con te, tu non mi hai fatto nulla, e non mi piace battermi senza un valido motivo”. Allora il cavaliere insultò molto volgarmente la madre di Vigan Ma Vigan rise e disse che la sua povera madre era ormai morta, e che poi un vero cavaliere non insulterebbe mai una povera donna sconosciuta che non gli aveva fatto nulla. Allora il cavaliere insultò la sorella di Vigan. Ma anche questa volta Vigan si mise a ridere e disse che lui non aveva sorelle, e che, d’altra parte, un vero cavaliere non userebbe mai simili insulti, e che, perciò non valeva la pena battersi con lui. Vigan stava arando i campi con un aratro trainato da due buoi. Allora il cavaliere prese una delle sue due pistole, la puntò su uno dei due buoi, e lo uccise. Allora Vigan disse “Bè ora sto proprio per arrabbiarmi, ma non mi sembri degno di essere sfidato a duello perché solo una persona senza cervello uccide un povero animale senza ragioni. Continuerò ad arare con l’altro bue”. Allora il cavaliere prese la sua seconda pistola ed uccise anche il secondo bue; ma, a questo punto, il cavaliere sfidante non aveva più cartucce, perciò per Vigan era facile dimostrargli che il più forte era sempre lui, e che l’altro non era stato abbastanza intelligente per prendere il suo posto.
La persona che ci ha raccontato questa storia ha collaborato per molto tempo con Anton Cetta. Secondo lui questo racconto è come una “parabola” che Anton Cetta utilizzò per dire che le armi non devono essere sprecate troppo alla svelta, tanto più quando se ne hanno poche, e che la vittoria non dipende dalle armi, ma dall’intelligenza delle persone: per vincere basta saper aspettare fino a quando il nostro avversario abbia sparato il suo ultimo colpo. Se questo racconto sia servito a convincere Rugova, che era presente quando Anton Cetta ha raccontato la storia, a portare avanti una strategia nonviolenta il nostro interlocutore non lo dice, e forse non lo sa nemmeno, ma è sicuramente una intuizione lecita che confermerebbe il ruolo importante avuto da Anton Cetta, e da tutto il movimento della riconciliazione da lui diretto, nella nascita e nello sviluppo della nonviolenza del popolo albanese.


Questo libro lo dedichiamo alla memoria di Anton Cetta, uomo di cuore e di cultura, che ci ha commosso ed entusiasmato quando abbiamo potuto conoscerlo ed intervistarlo.

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