Macedoni

Come abbiamo già accennato abbiamo trovato i macedoni, che del resto parlano una lingua molto simile al serbo, e sono legati alla Serbia piuttosto strettamente, ad esempio, spesso mandando i loro figli a studiare a Belgrado, molto prevenuti ed ostili nei confronti degli albanesi. Questa ostilità è forte anche nei riguardi degli albanesi del Kossovo e della loro lotta, che sembrano conoscere solo attraverso l’ottica serba, dato che hanno una forte paura che il raggiungimento da parte loro dell’obbiettivo della creazione di uno stato indipendente, ma legato all’Albania, darebbe fuoco al nazionalismo degli albanesi del proprio paese che pure rivendicano la loro riunificazione con l’ Albania. Così si tende a sottolineare come i progetti nazionalistici (“la Grande Serbia”, “la Grande Croazia”, “la Grande Albania” , e potremmo aggiungere, anche “la Grande Macedonia”)) siano tutti ugualmente pericolosi in quanto che, come hanno fatto esplodere la parte nord della Ex-Jugoslavia, ora rischiano di far esplodere quella del Sud. Perciò si devono studiare altre forme di organizzazione che tengano conto, contemporaneamente, della necessità di aggregazioni più larghe, da una parte, e di un reale decentramento dei poteri a livello regionale dall’altra (Svetomir, ad esempio, considera la legislazione regionale italiana quasi come un modello importante cui far riferimento). Ma questo processo di aggregazione è difficile possa avvenire da solo, tramite la sola iniziativa delle popolazioni locali, dato i forti odi reciproci accumulatisi nei secoli, e richiede un appoggio da parte della comunità internazionale che invece si è data da fare più per dividere, per crearsi spazi e mercati propri, e per estendere il proprio dominio (il “divide ed impera” è una delle regole principali della “realpolitik”), che per aiutare un processo di coesistenza e di aggregazione. Molto istruttivo, a questo proposito, è il quadro storico fattoci dal Presidente dell’Associazione Madre Teresa, Jak Mita, di come già nel 1876 la Russia, dopo la guerra contro la Turchia, per mantenere la pace, abbia fatto un accordo che toglieva totalmente la terra agli albanesi, allargando, a loro danno, Bulgaria, Montenegro, e Serbia. Bismark, nel Congresso di Berlino del 1878, confermò tale smembramento. Dopo lo sfaldamento (1912) dell’impero ottomano, ottenuto anche grazie alla lotta degli albanesi ma in loro assenza, alla Conferenza degli Ambasciatori di Londra, nel 1913, si arrivò al riconoscimento dello Stato Albanese con i confini attuali che vedono gli albanesi divisi sotto la dominazione serba, macedone, montenegrina e greca. Anche dopo la I guerra mondiale la Conferenza di Versailles del 1918 risanziona le frontiere stabilite a Londra nel 1913. Gli albanesi continuano a vivere in quattro paesi diversi nei quali , secondo il nostro interlocutore, si cerca di eliminarli anche fisicamente. Secondo Mita i popoli cristiani (sia cattolici che ortodossi), affetti da quella che lui definisce la sindrome antislamica, che ricorda l’epoca delle crociate, hanno voluto vendicarsi del fatto che gli albanesi, in grande maggioranza, e non volontariamente ma forzatamente, sotto l’impero ottomano si siano convertiti all’Islam. Ed hanno voluto perciò evitare che in Europa esistesse un focolaio della religione musulmana, arrivando così alla decisione dello smembramento dell’Albania. Ma , secondo lui, questa sindrome non è affatto superata. L’Albania viene considerata ora responsabile, sia del suo precedente comunismo, che era legato allo stalinismo ed aveva rifiutato il modello jugoslavo di autogestione e di distacco dalla Russia, sia di aver collaborato col fascismo e col nazismo, favorendo, secondo gli slavi, la loro occupazione e partecipando anche a fatti “criminosi” ( tutti gli interlocutori hanno però tenuto a distinguere, non ci è sembrato per galanteria nei nostri riguardi, i soldati italiani - gli italiani erano uomini “di cuore”, non soldati che ubbidivano agli ordini - da quelli tedeschi e nazisti). Ma gran parte delle simpatie, da parte degli albanesi, gli italiani se le sono conquistate unificando, sotto il loro dominio, vissuto come una liberazione, l’Albania ed il Kossovo, e dando vita (dal 1941 al 1944) al Regno unito di Italia e di Albania sotto la corona di Vittorio Emanuele III. Ma poi gli accordi di pace tra le potenze vincitrici (USA, Inghilterra, Russia, Francia) hanno riportato alla divisione ed al rientro del Kossovo nella “grande Serbia”. Il che sottolinea i limiti dei trattati di pace fatti dopo le guerre che servono solo a punire i vinti e che pongono, molto spesso, le basi per futuri conflitti.

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