ALLE RADICI DELLA “PULIZIA ETNICA”:
I PIANI DI VASA CUBRILOVIC

Ispirandosi anche alle idee di Ilija Garasanin, un politico ed uomo di stato Serbo che, nel 1844, nel suo “Nacertanija”, aveva posto le fondamenta di una politica Pan-Slava, di espansionismo verso i territori vicini alla Serbia, Cubrilovic, nel 1937, scrisse il suo primo memorandum sull’espulsione dal Kossovo degli albanesi (da lui definiti con disprezzo “arnauti” ).
Vasa Cubrilovic (1897-1990), da giovane aveva appartenuto al Movimento Nazionalista Serbo ed aveva partecipato all’assassinio, nel 1914 a Sarajevo, del Principe Ferdinando, assassinio che aveva portato allo scoppio della prima guerra mondiale. Più tardi è stato consulente politico della monarchia Serba, dopo la seconda guerra mondiale è stato varie volte ministro nella FSRJ (Federazione della Repubblica Socialista della Jugoslavia), membro della LCJ (Lega dei Comunisti della Jugoslavia), ed è stato abche un autorevole membro, con incarichi di segreteria della branca scientifica, dell’Accademia delle Scienze e delle Arti della Serbia.
Il primo memorandum è stato presentato il 7 marzo 1937 al Club Culturale Serbo.(il testo del primo e del secondo memorandum sono riportati in, Kosova Information Center, Serbian colonization and ethnic cleansing, Pristina, 1993), Il documento parte dalla “Teoria della Albanizzazione della Serbia”, che vedremo nella scheda successiva e che l’autore dà come scontata, e si pone l’obiettivo di individuare una linea politica atta a liberare le terre del Sud della Serbia dalla popolazione albanese che la abita. L’autore non nasconde una impostazione che, in linguaggio odierno, non esiteremmo a definire “razzista”. Basti vedere l’immagine che egli ha dei Serbi, degli Albanesi e dei Montenegrini. Per cominciare dagli Albanesi questi sono definiti: “anarchici”, “con carattere intrattabile”, “una razza scontrosa, resistente e prolifica”; i Serbi invece, specie quelli del Sud, sono definiti “onesti e duri lavoratori”; i Montenegrini infine, per Cubrilovic, sono “simili agli Albanesi per mentalità e per temperamento”, “con una psicologia di gruppo nomadico”, “un popolo arrogante, irascibile, e spietato”.
Cubrilovic parte da una analisi critica dei tentativi fatti in precedenza di “colonizzazione graduale” di questi territori trovandoli fallimentari nei confronti di quelli di altri paesi che “avevano risolto il problema delle minoranze nazionali attraverso deportazioni di massa” (p.16); e sostiene che “l’unico modo ed il solo mezzo per trattare con loro è quello della forza bruta di uno stato organizzato”(p. 21). “In un periodo - scrive Cubrilovic - in cui la Germania può espellere diecine di migliaia di ebrei e la Russia può spostare milioni di persone da una parte all’altra del continente, lo spostamento di poche centinaia di migliaia di Albanesi non porterà allo scoppio di una guerra mondiale” (p. 23).
Ma la parte più importante dello scritto è quella che riguarda i metodi con cui ottenere questi spostamenti di popolazione verso l’Albania , ma soprattutto verso la Turchia. Per prima cosa si dovrebbe trovare, “o tra il clero o tra persone di influenza, con denaro o con minacce...degli agitatori che sostengano questa rimozione...Questi devono descrivere le bellezze dei nuovi territori in Turchia, la vita facile e piacevole in quelle zone” aiutati dalla stampa serba che dovrebbe formare la predisposizione necessaria allo spostamento. “Un altro mezzo dovrebbe essere la coercizione dell’apparato di stato. Le legge deve essere applicata alla lettera in modo da rendere la vita qui insopportabile agli albanesi: multe; imprigionamenti; la spietata applicazione di tutte le disposizioni di polizia quali quelle per la proibizione del contrabbando, del taglio delle foreste, di danneggiamenti all’agricoltura, di lasciare i cani senza catene; il lavoro forzato ed ogni altra misura che una forza di polizia esperta può escogitare. Dal punto di vista economico affretteranno il processo di rimozione: il rifiuto a riconoscere i vecchi contratti sui terreni, il lavoro con il registro dei terreni che dovrebbe includere immediatamente la spietata collezione di tasse ed il pagamento di tutti i debiti privati e pubblici, la requisizione di tutti i pascoli statali o comunali, la cancellazione di concessioni, il ritiro di permessi per esercitare una professione, il licenziamento da posti statali, privati e comunali, ecc. Dal punto di vista sanitario possono anche essere applicati in modo efficace e pratico: la brutale imposizione di tutte le disposizioni anche nelle case, la distruzione di muri di cinta o di alti siepi che circondino le case, l’applicazione rigorosa di misure veterinarie che abbiano come risultato l’impedimento alla vendita di bestiame sul mercato, ecc. Per quanto riguarda la religione gli Albanesi sono molto suscettibili, e perciò devono essere molestati anche su questo tema. Questo può essere ottenuto trattando male il loro clero, con la distruzione dei loro cimiteri, con la proibizione della poligamia, e soprattutto con l’inflessibile applicazione della legge che obbliga le bambine, dovunque abitino, a frequentare le scuole elementari.
Anche l’iniziativa privata può essere molto di aiuto in questa direzione. - continua Cubrilovic - Dovremmo distribuire armi ai nostri coloni, come è necessario. Dovrebbero essere organizzate ed appoggiate segretamente vecchie forme di azione “cetnica” (di gruppi paramilitari). In particolare si dovrebbe lanciare una invasione da parte dei Montenegrini dai pascoli montani per dar vita ad un conflitto a larga scala con gli Albanesi della Metochia. Questo conflitto dovrebbe essere preparato per bene da parte di persone di nostra fiducia. Dovrebbe essere incoraggiato e questo può essere fatto con maggiore facilità al momento in cui gli Albanesi, nei fatti, si siano ribellati, mentre tutto l’affare dovrebbe essere presentato come un conflitto tra clan e, se è necessario, attribuito a ragione economiche. Infine possono essere stimolati conflitti locali. E questi saranno soppressi sanguinariamente dai clan e dai Cetnici, piuttosto che dall’Esercito.
Resta un altro strumento, che la Serbia ha utilizzato con grande efficacia dopo il 1878, e cioè, il dar fuoco in segreto, fino alla loro distruzione, a villaggi e quartieri urbani Albanesi”(pp.24-25).
Il documento continua dando indicazioni su come organizzare questa rimozione ed il ripopolamento di queste zone. Cubrilovic dà ai Montenegrini un ruolo particolare in questo compito, sia perché vengono da zone povere e possono trovare nelle zone abbandonate dagli albanesi terreni molto più fertili, sia infine perché hanno un carattere simile a quello albanese ed il loro insediamento stabile in questa zona, anche attraverso matrimoni misti, può servire a rompere la loro psicologia nomadica, chiusa in se stessa, ed a trasformarli in un “nuovo tipo di Montenegrino, con modi di vedere meno locali e più larghi, più simili a quelli Serbi” (p.28). Per questi nuovi insediamenti saranno necessari finanziamenti adeguati . “Durante lo stabilirsi di queste nuove colonie dovrebbero essere impiegate forze militari, dove richieste..... All’esercito dovrebbe essere dato il diritto e la possibilità di creare una forma di servizio di lavoro obbligatorio per progetti pubblici” (pp.38-39).
Nelle conclusioni, riassumendo le proprie idee, Cubrilovic precisa che “il solo metodo efficace per risolvere il problema (della colonizzazione del Sud della Serbia) è nello spostamento di massa degli Albanesi in altro luogo”. Infatti, precisa, “quando lo stato interviene in favore dei propri cittadini, nella lotta per la terra, può avere successo solo se agisce brutalmente. In caso contrario, la persona del luogo, con le sue radici nel proprio luogo di nascita ed il suo acclimatamento in quella zona, è sempre più forte del colonizzatore”(p.41).
Questo piano non è restato lettera morta. Nel febbraio del 1938 , in un Consiglio per il Trattato dei Balcani, tenutosi ad Ankara, si è cominciato a discutere su questo tema, e si è dato vita ad una commissione mista, che ha portato alla firma, tra Turchia ed Jugoslavia, di una convenzione che avrebbe previsto, dal 1 luglio 1939 per un periodo di sei anni, l’emigrazione o l’espulsione dalla Jugoslavia - soprattutto dalle zone del Kossovo, della Macedonia e dal Sangiaccato - di 40.000 famiglie mussulmane (albanesi), per un complesso di circa 200.000 persone, e la loro sistemazione in zone della Turchia (soprattuto l’Anatolia). La convenzione prevedeva (artt. VI e VII) che la proprietà di tutti i beni immobili rurali dei migranti sarebbe passata allo Stato Jugoslavo il quale, in compenso, avrebbe dovuto pagare allo Stato Turco una somma (500 LTOS per ogni famiglia), per aiutarlo nelle spese di insediamento. Questo avrebbe permesso allo Stato Jugoslavo la sistemazione, nelle zone da cui provenivano gli emigranti, di 40.000 famiglie Serbe e Montenegrine.
Ma Cubrilovic non si è fermato qui. Nel 1944, cambiato questa volta solo il destinatario, e cioè rivolgendosi al Partito Comunista, che è al potere grazie a Tito, ha scritto una seconda memoria intitolata “Il problema delle minoranze nella nuova Jugoslavia” dove, in modo ancora più chiaro, teorizza quella “pulizia etnica” che è stata alla base della recente guerra Jugoslava. Cubrilovic considera il problema di vitale importanza. Infatti, scrive “Le nostre minoranze non sono un pericolo per noi a causa del loro numero, ma per la loro posizione geo-politica e per i loro legami con le popolazioni a loro simili che vivono nelle vicinanze.....La Federazione Democratica della Jugoslavia può raggiungere la pace ed assicurare uno sviluppo solo se diventa etnicamente pura (sottolineatura nostra) e, risolvendo il problema delle minoranze, elimina per sempre le ragioni di contrasti tra sè ed i paesi vicini” (p.75). In questo documento l’uso della violenza e delle armi per la pulizia etnica è ancora più esplicitato che in quello precedente. Infatti, secondo Cubrilovic, mentre in tempi di pace ci vogliono secoli per procedere alla pulizia etnica in una regione, durante i periodi di guerra questo può avvenire in tempi rapidi. Infatti, scrive l’autore: “l’esercito anche durante le operazioni di guerra deve ripulire dalle minoranze nazionali, in modo pianificato e senza alcuna pietà, quei territori nei quali noi vogliamo insediare i nostri connazionali” (p.85). Ma oltre a questi metodi Cubrilovic ne prevede altri come l’eliminazione dei diritti delle minoranze, l’organizzazione di campi di concentramento per i membri delle minoranze che abbiano collaborato in qualsiasi modo con gli occupanti, la loro condanna da parte di corti militari, la confisca dei loro beni, la loro rimozione forzata verso i paesi in cui viva in prevalenza la loro nazionalità” (ibid.).
Queste idee diventeranno operative, nel Kossovo, qualche anno più tardi attraverso una serie di leggi che riprendono in pieno il programma da lui delineato, e saranno riprese e sviluppate anche nel famoso “Memorandum dell’Accademia delle Scienze e delle Arti” della Serbia, cui lo stesso Cubrilovic ha molto probabilmente collaborato, e che alcuni studiosi considerano il vero e proprio “programma” della recente guerra Jugoslava.

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