Report della delegazione delle ONG a Beirut - Libano

Beirut 05.08.06 - 06.08.06

La delegazione delle ONG parte per Damasco. Il giro per arrivare in Libano cambia di ora in ora. dipende da che cosa si trova sulla strada. e da come Israele decide di bombardare.
Poco prima di partire apprendiamo che e' stata bombardata una parte della strada che dobbiamo percorrere.
Alla frontiera di Deboussie, frontiera a nord tra Siria e Libano, decidiamo di aspettare l'alba per motivi di sicurezza, e' altamente sconsigliato muoversi durante la notte, Israele potrebbe colpire tutto quello che si muove nel buio.

Quando passiamo il missile tirato diverse ore prima continua a bruciare in mezzo agli alberi; l solco e' profondo, l'aspetto intorno e' desolante.
Dopo qualche chilometro la strada ci porta al mare e la percorreremo fino a Beirut, passando per Tripoli. All'altezza di Batrun, siamo costretti ad una altra deviazione, la superstrada è stata colpita ed e' interrotta. Si torna indietro e si prende una strada secondaria. Le strade alternative in realta' vengono di volta in volta inventate.
Si arriva a Jeble, l'antica città fenicia di Biblos, con le sue rovine. Intorno ad esse molte altre cose sono state colpite.
Qua e là ci sono segni di distruzione, case e crateri, lasciati dai missili tirati dall'aviazione israeliana, che vigliaccamente sorvola e colpisce durante la notte ma anche il giorno.
Per oggi, 6 agosto Israele ha ordinato di lasciare le case di Sidone, perché questa notte colpirà.
Si arriva infine a Beirut. Tutto e' fermo la mattina alle 8, ci si riposa , pochissimo e poi si parte per i primi incontri concordati nella città di Beirut.

Si parte per la visita all'Ospedale "Rafik Hariri" incontro con il direttore Wassim Wazam . L'ospedale che visitiamo e' una nuova struttura che e' stata inaugurata lo scorso anno.
“Le cose di cui abbiamo maggiore bisogno e che venga imposto il cessate il fuoco immediatamente. Ci stanno ammazzando, dobbiamo fermare innanzitutto le uccisioni. Nessuno e' in grado di aiutarci se ci sparano addosso.
L'Europa e la Comunità Internazionale ha finanziato tutto quello che abbiamo qui e ora lo stanno distruggendo senza avere la minima reazione. E' necessario fermare questa carneficina il più presto possibile”.

Uno dei grossi vantaggi che hanno, e' che l'ospedale serve la popolazione che arriva dal Sud. Hanno fermato tutte le accettazioni per i casi normali dando la precedenza a tutte le emergenze della popolazione che arriva ferita o in fin di vita.
Ora che le strade sono chiuse, anche questa possibilità non aiuta affatto e diventa un grosso problema pensare di poter curare la gente, anche perché l'ospedale sta funzionando al 30%. Altro problema e' il personale che anche esso non riesce ad arrivare a causa delle strade chiuse e per il pericolo di bombardamenti. Tutti gli altri ospedali della zona sono chiusi.

La funzionalità di questo ospedale dipende dagli aiuti, in termini politici prima di tutto e in termini economici: cominciano a scarseggiare le medicine più importanti. Ci sono stati molti casi di persone, soprattutto bambini colpiti dalle cluster bombs, ma anche l'utilizzo delle armi chimiche si e' fatto sentire. I casi dei feriti da armi chimiche, si sono verificati e sono stati trasportati tutti in ospedali degli emirati.

C'e' il problema dello spostamento delle ambulanze. L’ospedale non può andare a prendere nessuno, in genere e' la Croce Rossa Internazionale e la Croce Rossa Militare che ci fornisce le cose necessarie. Anche queste due strutture però vengono colpite e attaccate da Israele.

Abbiamo visitato i feriti presenti nell'ospedale, sono 135. Tutti civili, feriti durante i bombardamenti del Sud. Le loro case sono crollate una dopo l'altra, Una delle donne e' paralizzata dalla vita in giù, ha perso due dei suoi figli, sono ancora sotto le macerie, nessuno può recuperarli, nessuno può ritornare in quell' inferno, dove non esiste più nessuna casa in piedi.

Nel pomeriggio abbiamo visitato il coordinamento delle associazioni, ONG e una miriade di associazioni di giovani che si stanno occupando della prima emergenza.
E' un coordinamento composto da associazioni come "SAMIDUN", Gathering for life , Gathering for freedom and life" " Civil Campagne for Relief", Moviment Social, associazioni che si occupano di comunicazione e di media. Queste associazioni dicono no a qualsiasi forza internazionale, soprattutto se rimarranno presenti le forze di Israele sul territorio.
Il loro intervento si svolge soprattutto nel coordinare e portare aiuti da parte dei volontari nelle varie strutture.
I profughi sono quasi 1.000.000. Hanno ricevuto i primi materiali come coperte, materassi fornelli e bombole del gas, pentole e altri oggetti per organizzare la “casa” di fortuna dove mettere i propri figli.

L'incontro si tiene in un locale del Parco di Sanaye, la ”Zico House” dove si incontrano tutte le associazioni. Ci sono decine di volontari che lavorano in coordinamento tra di loro anche se con diversi punti di vista.
Ognuno di loro ha una specificità, chi lavora con i bambini, chi con i giovani e via dicendo. I problemi iniziali sono l'emergenza, e la sicurezza, poi esiste il problema politico.
Sono tutti d'accordo sulla condanna all'aggressione militare; alcuni ritengono che e' una aggressione degli USA fatta con le armi e la mano israeliana. I libanesi comunque con condannano gli Hezballah per la risposta all’aggressione.

Gruppi di giovani che si incontrano e che si occupano della gente. Una situazione molto ricca di energie di giovani che non vogliono stare a guardare il declino della propria terra. Ancora una volta per la seconda volta dopo la lunga guerra civile di tanti anni fa.
E' una ricchezza di cui la società civile sta crescendo e si rafforzerà.
Le difficoltà che incontrano sono quelle economiche, molte volte non hanno nemmeno la benzina da mettere nella macchina per andare a fare il giro delle famiglie che sono alloggiate negli spazi predisposti.
Le richieste sono di portare il più possibile gli aiuti alla popolazione, nell'affrontare la questione e la crisi umanitaria, sono molto vicini e uniti.

Andiamo a visitare le scuole e i palazzi messi a disposizione per i profughi. Il primo grande palazzo e' abitato da 550 persone; la maggior parte delle famiglie e' fuggita dal sud di Beirut ma molte vengono anche dal sud del Libano. Molti di loro hanno perso le loro case, altri invece le hanno solo abbandonate.

“I nostri bambini hanno paura” ci dicono, …”e noi per fargli passare la paura gli abbiamo detto che ha vinto l'Italia...cosi come nel 1982 l'Italia vinse il mondiale e Israele bombardò il libano. Le mamme li incoraggiano e gli raccontano la storia dell’Italia “campione del mondo”. “Vogliamo ritornare nelle nostre case, vogliamo che i nostri figli possano ritornare a scuola e ritornare nella tranquillità”.

L'altra famiglia ha una storia più drammatica. Sono palestinesi, vivevano a Dahye Erano tutti scappati al secondo giorno di bombardamento. Il figlio più grande, con l'amico era ritornato a casa con il motorino per prendere un po’ di vestiti. una bomba lo ha colpito, e' morto senza accorgersi. L'amico e' rimasto ferito in modo grave, ora e’ ricoverato. Sono riusciti a riportare tutto, motorino, ragazzi e anche quello che avevano dentro, una bandiera dell'Italia. Sono 14 in famiglia, distrutti da questo lutto se ne vorrebbero andare per sempre, non riescono a dimenticare, oggi la loro vita e' scandita dall'uso di farmaci per stare tranquilli.

Nella scuola di Nasra ci sono 120 persone, tanti volontari si occupano dei bambini, non vogliono aiuti, vogliono tornare nelle loro case.

La città di Beirut sembra apparentemente normale, ma tutto intorno la guerra mostra il vero volto.
Quando visiti i luoghi del delirio ti accorgi quanto sia forte e violento questa guerra. Ti accorgi come sia forte l'attacco di Israele e quanto sia grande questa tragedia.

Mentre ci allontaniamo da una delle scuole che ospitano le famiglie profughe, sentiamo le bombe, ci avvisano che stanno bombardando ancora la parte sud di Beirut. Ancora altre bombe, ancora altre tragedie si consumeranno…..dobbiamo fermarli.

Beirut 07.08.06

Le notizie che apprendiamo in questo momento non sono molto confortanti, Proprio adesso due forti esplosioni nella città di Beirut sud, si vanno ad aggiungere al forte attacco effettuato questa mattina, nella zona di Sidone. Notizia non confermata dice che Israele ha dichiarato di voler colpire le istituzioni libanesi; riservisti delle truppe libanesi sono stati spostati per tutta la giornata nelle zone sud della capitale. La tensione e' molto alta anche in seguito alle dichiarazioni di Israele sull'allargamento del conflitto.

La delegazione delle ONG, in questo clima di forte tensione, oggi si e' recato a visitare i campi profughi palestinesi della zona di Beirut: Chatila e Burj al Baraj. la Caritas e la Delegazione Europea.

A Chatila incontriamo Kassem....direttore del centro Beit Atfal Assaduna" centro presente in molte aree dei campi palestinesi in Libano. Chatila si presenta vuota, serrande chiuse, pochissima la presenza dei palestinesi che come poi ci dirà Kassem, sono andate via, lasciando il posto ai nuovi profughi. Al centro ci ricevono, per ringraziarci della visita e del sostegno che da sempre ricevono dalle ONG italiane.
Lavorano con i bambini dentro il campo, sul disagio giovanile, per cercare di dare un senso ad una vita di profughi da sempre. Gente cacciata dalla propria terra e mai piu' fatta ritornare.
Nel campo di Chatila vivevano 16000 profughi,10000 in questi ultimi anni, da quando il governo libanese ha dato una svolta al loro destini, e' potuta uscire e andare ad abitare fuori dai campi . Molti di loro però sono andati via in questi giorni. Sono andati fuori dal Libano, o nelle altre localita'.
Oggi si ritrovano di fronte ad una nuova guerra, questa volta combattuta contro la popolazione libanese che non accetta l'ingerenza israeliana.
"quello che stanno facendo ai libanesi del sud, e' quello che hanno fatto ai palestinesi nel '48, nel '67 e poi ancora....... Gli americani stanno sostenendo gli israeliani in questa guerra, ci vogliono insegnare la democrazia ma abbiamo visto che questa non e' la democrazia....dobbiamo resistere, abbiamo solo il diritto di resistere a questa aggressione..."

Oggi i palestinesi in Libano, ai quali e' stato negato il ritorno, cercano di sostenere la popolazione che fugge dai bombardamenti del sud.
Molte famiglie sono state accolte nel campo e la stessa associazione si occupa, insieme a tante altre associazioni in Libano, di portare gli aiuti ai profughi. Nel campo sono state ospitate presso le famiglie, 250 persone.

Purtroppo Israele attacca fortemente le località vicine, del sud di Beirut e le bombe di distruzione rimbalzano nei campi stessi. Per chi conosce Chatila e gli altri campi, sa che le abitazioni, costruite in altezza per via dello spazio, non sono molto stabili, e ad ogni grosso bombardamento le case tremano. Loro stessi dovrebbero ricevere gli aiuti, in realtà con l'attacco subito, la distruzione di tutte le strade di collegamento, anche questi tardano ad arrivare. Gli chiediamo cosa pensano della forza internazionale...rispondono che accetterebbero un rafforzamento della esistente UNIFIL, una qualsiasi altra forze potrebbe significare avere le truppe di Israele dentro al Libano, cosi come in Iraq con gli americani.

Lasciamo il campo di Chatila, ci dirigiamo a Burj El Baraj; stessa situazione di disagio, desolazione e paura....la gente ci guarda come a dire...ancora siamo allo stesso punto, dopo tanto tempo e' ancora cosi....dove e' la comunita' internazionale capace di mettere fine a questo massacro.
I palestinesi stanno pagando questa situazione molto duramente, a Gaza l'invasione israeliana, tesa ufficialmente a "fermare il lancio dei missili" ha solo un significato, distruggere e cacciare la popolazione per fare spazio alla "Grande Israele"...in Libano la necessità di Israele di allargare i confini, ha la stessa pratica.

Finita la visita nei campi, ci rechiamo alla Caritas, un grande edificio dentro Beirut.
La Caritas e' mobilitata in tutte le sue forze per portare aiuti ai libanesi; si avvale di molti volontari per fare questo, però come per tutti, hanno il problema di poter raggiungere in pieno le località dove c'e' fortemente bisogno. Hanno difficoltà a identificare i bisogni stessi della popolazione, stanno provando a creare un sistema di distribuzione, soprattutto nelle aree del sud ma i convogli vengono fermati ed e' impossibile andare a avanti.
Nonostante tutto stanno seguendo molte scuole, dove sono alloggiati i profughi, per un totale di 81900 persone.
Insieme alla Mezza Luna Rossa, portano viveri, materiale igienico e medicine a tutta questa popolazione.
Hanno stoccato molta merce, che portano ogni giorno nei diversi punti di raccolta.
Anche loro chiedono l'apertura di un corridoio umanitario, diversamente sarà impossibile coprire l'emergenza che ogni giorno si fa più pesante.

Infine arriviamo al palazzo delle delegazione europea in allerta e con molta tensione intorno,,
Ci riceve il capo delegazione; gli riportiamo tutte le istanze, raccolte fino a li dalla società civile, e dai profughi costretti a fuggire dalle bombe. Riportiamo la forte preoccupazione dei libanesi che non vedono un intervento incisivo della Comunità internazionale su questo attacco, vedono che non ci sono passi incisivi per fermare questa guerra che si sta allargando in modo preoccupante.

Le nostre richieste sono: l'apertura di corridoi umanitari, la gestione dei fondi, la pressione per un embargo di armi ad Israele.
Facciamo presente le denunce dell'uso delle armi chimiche vietate dalla convenzione internazionale.
La Commissione Europea si dice scioccata da quello che sta succedendo; scioccata perche' Israele non sta seguendo le regole internazionali sul rispetto dei diritti e degli aiuti umanitari.
Usa parole molto dure, sull'attacco israeliano ma soprattutto sull'atteggiamento di rifiuto di coordinamento per riuscire a risolvere il problema degli aiuti umanitari sulla popolazione civile coinvolta. Ci racconta dell'impossibilita' di poter visitare il Sud del Libano. Sono state fatte delle riunioni con i donatori per coordinare gli aiuti, e uno dei grossi problemi e' quello della sicurezza. Nonostante venga richiesto agli israeliani la possibilita' di avere dei corridoi umanitari, le risposte sono negative.
Sulla trasparenza e la gestione degli aiuti: ritiene che i passi per avere dei chiari rapporti di come verranno utilizzati, si debbano trovare organizzando database di tutto quello che verra' fatto e tutto quello che deve essere dato cosi da non replicare gli interventi. Le ONG e la Societa' Civile, sono molto efficaci nella distribuzione e nel coordinamento di questi aiuti.
I fondi si daranno a chi e' in grado di garantire e di lavorare in questo senso. Il WFP sta monitorando come finanziare e chi.
Alcune regioni hanno maggiore necessita' di emergenza, per questo i fondi, finora erogati (2 milioni di euro) sono stati dati in base alla capacita' e alla formazione per agire sulla risposta di emergenza. La ripartizione dei fondi comunque ci sara' su tutto il territorio. Importante una missione speciale per assumere la logistica di tutta la distribuzione.
Stiamo valutando gia' la possibilita' di intervenire per la ricostruzione con forme speciali e eccezionali, cosa che non e' mai successa durante il conflitto in corso. In genere e' una azione che si fa dopo la fine dello stesso. Sono previste la costruzione delle abitazioni.

Embargo sulle armi: applicare gli articoli dei principi per far rispettare le regole. Le armi e il disarmo rimangono solo dichiarazioni. Lo stato libanese ha aperto una inchiesta sull'uso delle armi chimiche e non convenzionali usate in questo conflitto.

Per il cessate il fuoco: non c’e' molto ottimismo nell'area per una decisione cosi netta. E' troppo presto poter dire ora di cessare il fuoco se non vengono presi degli accordi precisi.
Tatticamente gli Hezballah non lo faranno, perche' vogliono che Israele torni alle sue frontiere.
Israele non ha intenzione di farlo per la sua sicurezza.
Ora la domanda e' chi lo fara' per primo?
La sola soluzione che la comunita' internazionale puo' decidere, sara' la cessazione delle ostilita'. I siriani a questo punto prenderanno parte a questo conflitto per fare qualcosa.

Beirut 08.08.06

Questa mattina sono previste le visite istituzionali: Ambasciata Italiana, Palazzo del Governo Gran Serai, incontro con il Presidente della Repubblica.

L'ambasciata Italiana si trova in cima ad una splendida collina che domina tutta Beirut, dal nord al sud. Dalla larga finestra si possono distinguere molto bene i quartieri di Beirut bombardati. La maggior parte di questi sono a ridosso dei campi profughi di Sabra e Chatila.

Il primo consigliere Roberto Cantone, ci riceve in attesa dell'arrivo dell' Ambasciatore; lui si occupa della Sicurezza e si dice preoccupato per come si sta mettendo la situazione. Ci informa di stare molto attenti e ci propone di imbarcarci al piu’ presto con la nave su Cipro.
Ad Antonio Righetti, l'Ambasciatore poniamo le nostre richieste: sono le istanze che abbiamo riportato da parte della societa' civile, da parte delle ONG italiane, che in qualche modo saranno interessate a lavorare con partner locali, ai quali sara' giusto dare delle risposte per l'emergenza.
Richieste di linee di finanziamento, gestione degli aiuti, contributi della DGCS e protezione civile, che in qualche modo deve dare una risposta immediata e ottenere molto di piu' del previsto.
Richiesta di un segnale forte da parte del governo italiano, sulla rottura dei trattati militari con Israele e la richiesta di un embargo di armi.
"Questa e' una sporca guerra" ha detto l'ambasciatore “ il problema del paese e' la sicurezza. Come Italia sosteniamo questo paese, in una situazione che comporta molti rischi. Il nostro sforzo e' di rappresentare le cose come stanno. Gli aiuti dello stato devono arrivare a chi sono indirizzati. dobbiamo togliere l'embargo sul paese, marittimo e terrestre. E' riuscito ad arrivare un C130 ma non gli e' stato permesso portare via le persone malate. Ci sono aiuti che non passano, anche ieri hanno sparato sul primo convoglio, cosi che hanno bloccato il passaggio per tutti gli altri. Gli aiuti vengono dirottati al consiglio di soccorso e' coadiuvato dalle Nazioni unite e portati con i convogli di OCHA e WFP. Era in corso una trattativa con il Ministero Israeliano, per garantire un passaggio ma le risposte sono lente e negative.
Per la gestione degli aiuti: le ONG che vogliono operare, dovranno registrarsi nel paese con pratiche molto più snelle attraverso il Ministero degli Affari Esteri.
Intanto gli aiuti della San Giorgio, sono stati mandati al Comitato di Soccorso, contenevano principalmente latte, medicine alimenti la DGCS ha mandato Acqua, serbatoi e tende, 2 ambulanze. Per il trasporto di questi aiuti, ci sono state molte difficoltà, le autorità israeliane non hanno permesso i movimenti facilmente. Una unità di PMA (posto medico avanzato), e rimasto congelato e ancora non e' possibile portarlo a destinazione.
Dopo la distruzione del ponte sul Litani, e' difficile arrivare nel sud del paese, dove per altro stanno continuando i bombardamenti e gli aiuti vengono quindi trasportati a mano.
Le proposte del Ministro Siniora per una pace durevole non saranno immediate; se si riesce ad andare verso la fine dei combattimenti ci sarà la priorità della costruzione di una struttura per far arrivare gli aiuti. Dopo di ché la cooperazione sana orientata sulla ricostruzione del paese e il capitale umano libanese risponde con energia e prontezza.
Bisognerebbe avere dei coordinamenti per zona, anche se il problema rimane, i guidatori spesso si rifiutano di portarli per via dell'incolumità' che non e' garantita.
C'e' la speranza di una risoluzione migliore e differente da quella Americana e Francese, troppo sbilanciata su Israele.Il governo libanese ha approvato l'invio di 15000 soldati da mettere nel sud del Paese. Mentre Israele ha dichiarato che e' intenzionato a colpire le istituzioni ministeriali e culturali di Beirut e Tripoli.

Incontro con il Primo Ministro SINIORA

Il Primo Ministro ci riceve presso la camera del consiglio al Palazzo del Governo.
Ci ringrazia per essere presenti sul suolo Libanese in questo momento di grossa difficoltà, in un momento in cui il paese e' attaccato da sofisticate macchine che colpiscono senza pietà i civili, non per sbaglio, ma per volontà. La maggior parte dei morti sono donne vecchi e bambini, molti dei quali non volevano scappare dalle loro case. Sono stati distrutti molti villaggi, dove ancora oggi non c'e' comunicazione ed e' impossibile raggiungerli, la gente e' ancora seppellita sotto le macerie.

Il popolo libanese apprezza la vostra presenza tra di noi e questo ci fa sentire meno soli. Spero che siate capaci di comunicare alla vostra gente in Italia che cosa stiamo veramente subendo.
Ci sono molte cose in comune tra di noi, molte similarità nella nostra visione e mentalità verso Israele. Israele sta cercando di uccidere tutti. La vostra presenza qui indica che volete condividere la sofferenza di questo popolo. La gente e' sfollata e vive nelle scuole e nelle case che gli sono state assegnate provvisoriamente. Siamo uniti di fronte a questa tragedia. E' la settima invasione che stanno tentando dalla fine della guerra.
Qualcuno vuole intendere che la responsabilità sia degli Hezbollah, a causa del rapimento dei due soldati. In realtà Israele aveva già pianificato questa invasione.
Hanno distrutto un paese per aver rapito 2 soldati? non e' una giustificazione, e' chiaro che stanno occupando la nostra terra. Si tratta di Terrorismo di Stato non di terrorismo di una organizzazione. Che cosa dire allora degli israeliani che in Palestina hanno rapito i membri di un intero parlamento?
la gente viene colpita indiscriminatamente, e si rifiutano di lasciare il nostro paese, cosa si aspettano che possa fare la gente? Provate ad immaginarvi in questa situazione. E' tempo che venga fermato questo terrorismo contro lo stato libanese.
Non vogliamo una pace che dia a loro la possibilità di ricostruire un arsenale e poi di attaccarci di nuovo.
Non hanno ancora risolto il problema dei palestinesi, nonostante le risoluzioni e gli accordi, su questo dobbiamo riflettere.
Spero che abbiate un buon ricordo del Libano e delle relazioni che da tempo abbiamo con gli italiani. Questa situazione la dobbiamo sostenere e grazie a voi continueremo la resistenza”.

Incontro con il Presidente della Repubblica

"Quando tornate in Italia, dite che nei massacri non ci sono i militari, ma solo bambini e popolazione civile. Hanno ucciso 4 dell'ONU solo perché hanno detto di fermare le ostilità e di fermare i bombardamenti sui civili.
Hanno buttato giù le strutture più importanti del paese per isolarci, hanno buttato giù i quartieri della gente. Nessuno può e vuole fare niente di fronte ad Israele.
Hanno fatto Qana 1 e Qana 2, nessuno li ha ancora condannati per crimini di guerra.
Non vogliono nemmeno mostrare che cosa stanno facendo realmente. Tutta la stampa estera, USA compresi non fanno vedere le immagini di questo massacro, la popolazione sarebbe contraria, quindi e' meglio che non sappia.
Ma se non resistiamo Israele cercherà di entrare come ha fatto nel 1982. Per molti anni non siamo potuti ritornare sulla nostra terra. Tutta la gente nel paese e' unita contro Israele.
E’ rischioso anche per voi rimanere qui dentro, anche in questo palazzo rischiate la vita e noi non
possiamo farci niente, se vogliono ci possono colpire.

Visita ai quartieri bombardati di Artarik e Shia.

1° quartiere preso di mira e considerato il quartiere generale e la roccaforte degli Hezbollah.
Nel quartiere, al sud di Beirut, vivevano 100.000 persone, sono andate tutte vie quando e' stato dichiarato il bombardamento a tappeto sul quartiere. Molti però sono rimasti vittime e qualcuno ancora non se ne vuole andare.
Entrare dentro questo posto, completamente isolato e distrutto e impressionante. La vita si e' fermata tra palazzoni distrutti, dove rimangono in piedi solo alcune cose che si reggono per forza di inerzia. Oggetti sospesi, file che pendono, odore di morte.
E' indescrivibile la sensazione di tragedia racchiusa tre le vie di questo quartiere, una volta vivo e attivo, pieno di popolazione che lavorava e viveva in pace tra tanta gente.
Ora la popolazione di questo posto e' stata spostata nelle scuole, ed e' difficile pensare che potranno ritornarci velocemente.
Ogni cosa rimane appesa tra la polvere e l'acre odore dell'esplosivo, tonnellate di bombe sono state lanciate e molti altri quartieri aspettano di fare la stessa fine.

E’ infatti il quartiere di Shia, che e’ stato bombardato proprio la sera prima, quando anche noi dalla parte nord di Beirut ne avevamo sentito il forte rumore.
2 secche esplosioni che hanno fatto crollare quattro palazzi, dove sono rimaste seppellite dieci persone. Solo oggi gli e’ stata data la possibilità di avvicinarsi per tirare fuori i morti. Ieri avrebbero colpito ad ogni movimento.

Conferenza stampa con le TV e i giornali locali.
COMUNICATO STAMPA

La delegazione Italiana ha completato la sua missione in Libano.
“Abbiamo avuto modo di comprendere quali sono i bisogni reali della gente in questo momento parlando direttamente con le vittime: profughi, feriti ricoverati negli ospedali” hanno dichiarato i rappresentanti delle ONG presenti nella delegazione.

Gli undici membri della delegazione infatti hanno avuto modo di incontrare anche i rappresentanti dei varie organizzazioni di Societa’ Civile libanese ricavandone l’impressione di una forte capacita’ operativa in rete.

Non sono mancati gli incontri con le istituzioni: delegazione della Commissione Europea, Ambasciatore Italiano, Presidente della Repubblica e Primo Ministro Libanesi.

Il cessate i fuoco denunciato e’ stata la richiesta che da gente comune, vittime e istituzioni, e’ emersa con maggiore forza.

“Dare aiuti mentre il conflitto armato e’ in corso”- ha detto una donna di un quartiere a Sud di Beirut ospitata in una scuola - “e’ cosa molto importante, ma rischia di essere come riporre qualcosa in un canestro senza fondo” .

La delegazione ha insistito particolarmente per la costituzione e il rispetto di corridoi umanitari.

Al ritorno in Italia, i membri della delegazione chiederanno al Governo Italiano un segno efficace verso la pace interrompendo l’accordo di cooperazione militare con Israele e di farsi portatore in ambito internazionale di un embargo di armi. Consentire l’attracco delle navi, i collegamenti aerei a scopo medico sanitario, la libera circolazione dei mezzi di soccorso, sono azioni minime consentite dal diritto in situazioni di guerra ma non permesse in questo momento in Libano, dalle forze israeliane.

Facendosi eco delle richieste delle vittime, la delegazione rivolge un appello accorato perche’ questi elementari diritti siamo garantiti in questo lembo di terra trafitta dalla guerra.

BEIRUT 08.08.06
La delegazione delle ONG Italiane

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