Village Voice
Ciò che vediamo e’ rimarchevole e trasmette il calore elettrico di una nuova esperienza, finalmente vediamo ciò che è stato fino ad ora ufficialmente bandito, vietato, proibito.
The New York Times

Senza commenti ma con una sensibilità inusuale, la sig.ra Poitras, espone le emozioni dell’occupazione così come si manifestano sugli iraqeni e sui soldati americani.
Newsday

Vederlo é sentirsi inermi come gli stessi protagonisti, e anche ammirarne il coraggio e la fondamentale umanità.
The Nation
Intimo, sfumato, complesso e devastante.
The Washington Times
Il film é esilirante e pauroso, una storia che ammonisce la nostra ignoranza della cultura araba e, allo stesso tempo, un testaamento sulla potente attrazione della democratica.
Una Donna Americana inizia a parlare della vita in Iraq
La cineasta Laura Poitras ha speso, pericolosamente, otto mesi per documentare la vita di un dottore iraqeno e della sua famiglia, di come lottano per mantenere la speranza nel mezzo dei bombardamenti, dei massacri e dell’occupazione militare.
Quando e’ rientrata in America, Laura Poitras era stata considerata dal Dipartimento per la Sicurezza Interna con il piu’ alto indice minaccia. Il risultato del suo film “My Country, My Country” e’ un ritratto intimo della vita quotidiana nell’Iraq in guerra.

Il miglior film uscito dal conflitto iraqeno
Lavorando da sola in Iraq, con caparbia determinazione di portare a casa la storia (e straordinariamente poca cura per la propria sicurezza), Laura Poitras segue il Dr. Riyadh, un sunnita padre di sei figli, e anche un sincero oppositore dell’occupazione USA, nella sua corsa per le elezioni. Ma ha anche testimoniato e registrato il caos della vita quotidiana in Iraq.Ora guidando attraverso il territorio con un gruppo di mercenari intenti in una compavendita di armi, ora volando a bassa quota sulle terrazze di Baghdad, ospite di un elicottero militare USA. Il caos e la follia del paese, dopo Saddam Hussein, sono brillantemente descritti e le sfumature che usa la regista sono sofisticate e convincenti. Non solo un buon film, questo è un contributo essenziaale alla nostra comprensione di questa complessa e scoraggiante occupazione iraqena.
Voce bassa e dignitosa, il dr. Riyadh offre medicine, consigli e qualche volta denaro ai pazienti traumatizzati da anni di violenza ed incertezza. Un senso di fallimento pervade il film quando egli cerca di dissuadere la leadership sunnita dal boicottare le elezioni, così pure quando argomenta con i militari USA sull’incarcerazione di un bambino di nove anni.
Il suo eroe e’ un attivista sunnita chiamato Riyadh, uomo dal pensiero trasparente, nella sua quieta crociata dentro ed intorno al Triangolo per riparare qualsiasi cosa danneggiata egli possa riparare e per portare il maggior numero di sunniti al voto anche se non per lui. E’ un progetto che lo porta fino ai cancelli di Abu Graib per chiedere ai prigionieri “Che cosa vi aspettate?”
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