I generali che sfidano Buddha
di Alessandro Gilioli

In preda alla paranoia. Malati. E isolati in un bunker di cemento armato a 350 chilometri da Rangoon. Ecco chi sono e come vivono i dittatori birmani contro cui si sono ribellati i monaci

C'è una città in Birmania dove nessun monaco è sceso in strada a manifestare, nessun colpo di pistola è stato sparato e nei vialoni semideserti a otto corsie continua a regnare la calma più assoluta. Questa città è Naypyidaw, la capitale-bunker del Paese, l'estrema difesa in cui si sono asserragliati i generali terrorizzati all'idea di confrontarsi con il loro popolo. è da qui che in questi giorni i capi della giunta impartiscono ordini alle loro divisioni, è da qui che oscurano Internet, è da qui che emettono i comunicati con cui attaccano gli "elementi sabotatori e distruttivi", ovviamente "finanziati da potenze straniere" il cui scopo è "distruggere l'Unione del Myanmar".

Di Naypyidaw si sa pochissimo, e sembra incredibile che nel XXI secolo la capitale di un Paese con 51 milioni di abitanti sia in realtà un quartier generale militare off limits. Una città in gran parte interrata e dove, "per ragioni di sicurezza", l'intera area urbana non è coperta da alcun sistema di telefonia mobile: i militari e i funzionari comunicano solo con walkie-talkie sulle loro frequenze riservate, o attraverso la telefonia fissa considerata meno intercettabile dal "nemico". Ma agli impiegati civili è stato proibito anche il telefono in casa: per parlare con i parenti devono far la coda agli apparecchi pubblici predisposti nelle lobby di ogni edificio, le cui linee sono ovviamente controllate dal regime più occhiuto del mondo.

I generali birmani hanno portato la capitale a Naypyidaw poco più di un anno fa, in uno slancio di impaurita preveggenza: consapevoli che prima o poi la gente sarebbe tornata in piazza a manifestare, spaventati all'idea di vedere i luoghi del potere circondati dai cortei com'era avvenuto nel 1988, hanno scelto una località lontana 350 chilometri da Rangoon - un'intera giornata di treno - nel mezzo di una palude nel centro-nord del Paese, accanto a un'ignota cittadina chiamata Pyinmana. Sono stati i generali a battezzare la nuova città Naypyidaw, che e
in birmano significa 'sede dei re'e: e dato che in Birmania l'ultimo vero monarca l'hanno cacciato gli inglesi nel XIX secolo, è evidente che adesso i re in questione pensano di essere gli stessi boss del Tatmadaw, il temuto esercito del Myanmar.

I militari hanno gabellato l'abbandono di Rangoon come un simbolo di emancipazione dall'era coloniale, visto che la fortuna dell'ex capitale era stata creata dai britannici, mentre l'ultima corte propriamente birmana aveva sede a Mandalay, al cui distretto appartiene anche Naypyidaw. Ma a nessuno è sfuggito, nel Paese e fuori, che la decisione di trasferirsi nel centro-nord è stata causata da ragioni molto più pratiche, come quella di mettersi al riparo da eventuali rivolte spostando il cuore politico e militare del Paese da una città popolosa come Rangoon a un fortilizio blindato nell'entroterra.

Costruita con manodopera a bassissimo costo (la paga degli operai equivaleva a un dollaro e 20 centesimi al giorno), Naypyidaw ha consentito il riciclo legale di molti capitali provenienti dal narcotraffico ed è stata un colossale affare per i boiardi dell'apparato industrial-militare locale, alle cui mani sono rimasti attaccati molti contanti delle ricche commesse. La nuova capitale resta tuttavia un mistero anche per i cittadini birmani, che l'hanno potuta vedere solo in televisione in occasione delle cerimonie ufficiali del Tatmadaw, quando le telecamere della rete di Stato si sono soffermate sulle parate e hanno dedicato estasiate zoommate alle egigantesche statuee dedicate ai tre re-guerrieri dell'epica patriottica: Anawrahta, Bayinnaung e Alaungpaya detto il Vittorioso. La scelta di erigere tre monumenti ad altrettanti monarchi non è stata casuale: anche l'attuale potere militare si basa di fatto su una troika formata dal generale Than Shwe, dal suo vice Maung Aye e dal primo ministro Soe Win, quello che nel 1988 ha mandato le truppe a sparare all'università, facendo 3 mila morti.
Durante l'ultima parata - in primavera, era la giornata delle Forze Armate -Than Shwe ha fatto aprire il tettuccio della Mercedes e ha salutato con un rigido sorriso autorità e telecamere. Quando l'hanno visto sui teleschermi, i birmani hanno cercato di decriptare dal colorito e dai movimenti qualche segno delle sue reali econdizioni di salutee, dato che da diversi mesi nei 'tea bar' di Rangoon, i localini di strada dove ci si scambiano informazioni e voci, si parla a bassa voce delle sue possibili malattie, sperando in una 'dissoluzione biologica' del regime. Dieci mesi fa Than Shwe, che compirà 75 anni il prossimo febbraio, si è fatto ricoverare in un ospedale di Singapore (in Europa e negli Usa non può entrare) probabilmente per un etumore all'intestino, e il che gli ha impedito di partecipare alle celebrazioni per l'indipendenza del 4 gennaio scorso. Anche gli altri due boss della giunta pare siano abbastanza malconci: il numero due Maung Aye, 70 anni a dicembre, è notoriamente un alcolista e qualche tempo fa è andato in Cina per curarsi (sembra di un tumore alla prostata), mentre il primo ministro Soe Win è più giovane (60 anni), ma la vox populi sostiene che soffra di una leucemia cronica. I birmani, ridacchiando, sostengono che la paludosa Naypyidaw, dove l'aria è putrida e l'acqua potabile fa talmente schifo che ha mandato in ospedale centinaia di impiegati e gerarchi, ora stia dando il colpo di grazia anche ai generali malati.

Ma, ironie a parte, le categorie con cui più spesso vengono analizzate le mosse della giunta, come quella di spostare la capitale, appartengono alla sfera della psichiatria e in particolare della paranoiae. Basta leggere il quotidiano ufficiale del regime, il 'New Light of Myanmar', per rendersi conto che le condizioni mentali dei governanti sono lontane dalla lucidità e lontanissime dallo stato d'animo del Paese. In un'esaltazione continua dei presunti risultati ottenuti dal regime - l'inaugurazione di una nuova strada asfaltata, l'apertura di una scuola in zona rurale, i successi della Nazionale di cricket - si paventa insistentemente il pericolo di "interferenze esterne" e di possibili attacchi da parte di "potenze nemiche", del cui gioco, secondo la giunta, sarebbe complice ovviamente la Lega Nazionale per la Democrazia di Aung San Suu Ky.

Ed è in questa sindrome da accerchiamento che, ad esempio, gli articoli sulla guerra in Iraq contengono sempre riferimenti alla situazione interna birmana, al fine di diffondere lo spauracchio non solo di un'invasione americana (contro la quale "bisogna stare tutti uniti con il glorioso Tatmadaw"), ma anche di un'eventuale guerra civile che farebbe precipitare il Paese nel caos, considerato che il Myanmar è un puzzle complicato di etnie bellicose e non tutte pacificate (vedere riquadro a destra).

Ma a dare l'idea del terrore e della confusione in cui vivono i generali di Naypyidaw nel loro autoimposto isolamento può forse bastare un episodio apparentemente minore accaduto pochi mesi prima che scoppiasse la rivoluzione color zafferano. Quando la pingue figlia del generale Than Shwe si è sposata, la giunta ha pensato infatti di celebrare l'evento con una festa sontuosa che richiamasse - ancora una volta - il fasto e l'opulenza delle antiche corti di Mandalay. L'intero establishment politico-militare è stato invitato e la cerimonia è stata un tripudio di stellette e champagne, con le signore che esibivano chili di quelle gemme e quei preziosi di cui è ricco il sottosuolo birmano. Le nozze sono state riprese da cameramen ufficiali e trasmesse alla tivù di Stato. Nel giro di poche settimane, tuttavia, il governo si è reso conto che il video rischiava di trasformarsi in un clamoroso autogol: quell'esibizione di ricchezza estrema era troppo oltraggiosa per i milioni di birmani alla fame e nei 'tea bar' la serata era stata sprezzantemente ribattezzata la 'Diamonds-full Night'. Quindi, con una decisione al limite del grottesco, la giunta ha dichiarato illegale la circolazione del video ufficiale. Ma era troppo tardi: una copia trafugata e spedita in qualche modo all'estero è finita su Internet, mentre nel paese il clip è diventato uno strumento di propaganda clandestina contro il regime. Nell'aprile del 2007, ad esempio, due persone sono finite in galera, a Nyaungdon, per 'possesso abusivo' del dvd con le nozze della figlia di Than Shwe.
Il tenore di vita del generalissimo, del resto, è oggetto da sempre di 'rumors' feroci tra i birmani, e i siti dell'opposizione all'estero hanno lavorato settimane per trovare- grazie ai satelliti di Google Earth - il villone che Than Shwe si è fatto costruire a Naypyidaw, con un grande giardino ogivale di fronte e una piscina alle spalle. Il video con le indicazioni segrete è finito anch'esso su YouTube, che però nel Myanmar non può vedere nessuno.

Prima di ascendere sulla poltrona più alta del potere, d'altro canto, Than Shwe era un ufficiale della sezione Psychological Warfare, cioè propaganda e disinformazione. Ed è anche grazie a questa specializzazione che il boss del Tatmadaw è sempre attentissimo a impedire la circolazione delle informazioni nel suo Paese: alle bugie e censure dei media ufficiali fa riscontro un muro digitale con pochi uguali al mondo, attuato grazie alla complicità di società hi tech di Singapore, che rende difficilissima ogni connessione a Internet al di fuori della manciata di siti autorizzati dal regime. Sicché nei pochissimi cyber bar di Rangoon è facile distinguere gli stranieri appena arrivati e quelli più smaliziati: i primi stanno ore ad aspettare inutilmente che si apra la loro pagina di Hotmail o di Yahoo!, i secondi sanno che lo sforzo è inutile e si bevono un milkshake al tavolino godendosi l'aria condizionata. Anche l'uso dei cellulari in Myanmar viene fortemente disincentivato, attraverso una tassa molto pesante sulle Sim che limita alle classi più alte la comunicazione attraverso la telefonia mobile. Sicché le uniche aree in cui i telefonini sono davvero diffusi sono quelle di confine, dove si possono sfruttare le coperture Gsm dei Paesi vicini: come Mong La, vicino alla Cina, o Kawthoung, accanto alla Thailandia.

In queste condizionisembra addirittura miracoloso il fatto che, nonostante tutto, alcuni birmani riescano in questi giorni a far uscire dal loro paese informazioni e immagini che poi rimbalzano sui siti e sui blog dell'opposizione all'estero (soprattutto Thailandia e Regno Unito). Un fenomeno di cui bisogna ringraziare le migliaia di ragazzi che durante la rivolta del 1988 non erano neppure nati o erano in fasce, ma sono cresciuti con il mito di quei giorni e di Aung San Suu Kyi, di un mondo là fuori che nonostante gli strilli dei generali non vedevano come un potenziale aggressore ma come un sogno di libertà e di democrazia. Sono loro che hanno speso notti e giorni davanti a vecchi pc connessi in banda stretta a tentare di aggirare, tra mille difficoltà, le censure digitali.

Ed è incredibile l'orgoglio con cui - dopo un po' che li hai conosciuti, se si fidano di te - i ragazzi di Rangoon ti rivelano il loro vietatissimo account su un sito americano, e guardandoti complici te lo scrivono su un foglietto volante, con un sorriso beffardo per i vecchi generali rinchiusi nel loro bunker, su al Nord.



TOP