Ci vuole un esercito di pacifisti*
Colloquio con Monsignor Tonino Bello

Tonino Bello, 57 anni, vescovo di Molfetta, è il presidente di Pax Christi, il “corpo della pace” della Chiesa. "Di fronte al massacro nei Balcani non si può rimanere neutrali", dice.
Pensa che si debba intervenire militarmente? Anche il papa l’ha fatto capire, con l’appello al "dovere di ingerenza" delle nazioni.
"No. Il papa non ha invocato un intervento armato. Ha chiesto di fermare la mano dell’aggressore. Ma non con la violenza delle armi. Quello della "guerra giusta" è un fantasma del passato, che questo stesso papa ha contribuito a cancellare".
Ma come fermare la mano dell’aggressore?
"Gli aggressori che andavano fermati, da subito, erano le élites politiche, economiche e militari che hanno soffiato sul fuoco dei nazionalismi per ridefinire i loro assetti di potere. I pacifisti chiedevano rispetto dei diritti umani, tutela delle minoranze, attuazione non violenta dei processi di autonomia. Ma chi li ascoltava? E adesso è troppo tardi perché chi si oppone all’intervento armato non si veda messo in ridicolo. Comunque, anche arrivati a questo punto, per noi la guerra continua a non trovare legittimazione: neppure come “estrema ratio”".
Sta di fatto che il papa questa volta non sembra opporsi del tutto all’uso delle armi. Durante la crisi nel Golfo, invece, era risolutamente contrario a far guerra. Perché?
"Ripeto che è falso questo presunto ritorno di fiamma del papa ai moduli violenti. Semmai, nella guerra del Golfo lo indignava lo zelo interessato dei potenti, ansiosi di bruciare sul tempo le trafile negoziali, per attuare al più presto l’opzione militare. Qui invece, nella guerra dei Balcani, il papa vede che nessuno si muove perché, evidentemente, il gioco non vale la candela. Altro che legittimazione della guerra o inversione di marcia. Nell’iniziativa del papa c’è la protesta del profeta".
Ma perché, a sentire Giovanni Paolo II, gli aggressori sono sempre i serbi e gli aggrediti, insieme ai musulmani, sono i croati cattolici?
"Le nefandezze, sia pure con responsabilità diverse, sono compiute da una parte e dall’altra. E il papa non ha mai fatto difese di parte. Anche i serbi che muoiono, i mussulmani, gli ortodossi appartengono alla sua missione universale".
Perché oggi sembra divenuta così fioca la voce dei pacifisti, sostenitori assoluti della nonviolenza?
"Il volume più alto o più basso non dipende da chi parla, ma da chi muove le manopole dell’amplificazione. Durante la guerra del Golfo le voci dei pacifisti entravano in un circuito emozionale diverso, che per i mass media era opportuno ingrandire. Quest’anno le stesse voci, non meno chiare per timbro e per forza, sono state di proposito tenute in sordina".
Come presidente di Pax Christi, quale primo passo vorrebbe fosse compiuto perché in Bosnia cessi il massacro?
"L’opzione militare merita la più radicale sfiducia. Occorre invece puntare tutto sulla strategia della non violenza. Anche perché il problema, nei Balcani, non si pone solo in termini di “cessate il fuoco”. Subito dopo occorrerà ricostruire il tessuto della convivenza: un legame sociale, cioè, non fondato sull’odio religioso o etnico. Questo lavoro chi lo farà: un esercito?".
Ma se l’esercito fosse quello dell’ONU?
"Piuttosto dotiamo l’ONU di un contingente non armato di obiettori di coscienza. Se l’ONU potesse inviare 500 mila obiettrici di coscienza, parlamentari, ministri, come cuscinetto umano nelle zone di frontiera non solo in Bosnia, allora sarebbe una grande forza di pace a invadere le zone di guerra".

S.M.

* articolo recuperato grazie alla preziosa collaborazione di Giuseppe Nappi e Laura Cirillo

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