Prendere in mano il proprio futuro:
Superare il conflitto lavorando su problemi comuni
di Alberto L'Abate
Progetto presentato dall’associazione APS IPRI Rete CCP (Italian Peace Research Institute e Corpi Civili di Pace ).


1 Premessa del Progetto


L’attuale situazione del Kossovo è grave. Le soluzioni proposte da Ahtisaari non vengono accettate né dai serbi né dagli albanesi, dato che la guerra ha rafforzato gli odi reciproci. Come si è visto nel marzo 2004, basta un piccolo incidente per far esplodere situazioni conflittuali. Per questo è indispensabile lavorare in questa area, non limitandosi all’intervento (pur positivo) delle nostre forze armate, ma cercando invece di lavorare con la società civile, per trovare i punti comuni che ci sono tra i diversi gruppi etnici che vivono nell’area.
La comunità internazionale ha messo eccessivamente al centro della propria attenzione il problema dello status del Kossovo. Su questo punto è molto difficile trovare un accordo tra le due parti dato che partono da storie, miti, e culture completamente diverse l’una dall’altra. Invece si dovrebbe dare molto più importanza alla costruzione di rapporti umani positivi ed alla ricerca insieme della soluzione ai tanti problemi comuni che hanno gli abitanti di questa area. Tra questi non solo i serbi e le altre minoranze (gorani, rom, bosniaci, haskalia, ecc.), che abitano attualmente nel Kossovo, ma anche quelli che sono scappati e che desidererebbero tornare, ed anche i tanti albanesi che dopo l’eliminazione della autonomia statuale del Kossovo (1989/90) e nel periodo dell’occupazione militare serba di questa area sono fuggiti da questa zona per non andare a fare il servizio militare con i serbi.
Il lavoro fatto in questa area, prima e dopo la guerra, dall’Associazione per la Pace, dalla Campagna Kossovo, dal Balkan Peace Team, dalla “Operazione Colomba”, per rinforzare i focolai di pace, per superare i pregiudizi reciproci, per costruire una fiducia tra persone di ogni età, e dei giovani in particolare, dei vari gruppi etnici, per proteggere, senza armi, le minoranze a rischio nei loro spostamenti in altre zone, per formare dei formatori al dialogo interetnico e alla riconciliazione ha spesso anticipato il ruolo di veri e propri ”Corpi Civili di Pace”. In complesso sono state portate avanti quelle attività che la TFF (Transnational Foundation for Peace and Future Research, Svedese) definisce di “mitigazione del conflitto” che tendano a creare una cultura di nonviolenza in cui i conflitti restano, ma si risolvono in modo nonviolento, cercando nello stesso tempo di individuare i cosiddetti “ obbiettivi sovraordinati”, quelli cioè comuni alle parti in conflitto che si possono risolvere solo se i nemici tornano a cooperare.
Questa capacità di lavoro comune non può essere ripresa solo dall’interno, ma necessita un contributo esterno che l’aiuti e la stimoli.
Le attività svolte in questa zona dalle suddette organizzazioni, anche se non sono riuscite ad evitare la guerra, e non riescono sicuramente a risolvere il problema dello status, sono comunque fondamentali per la creazione di un humus che tenda ad emarginare gli estremismi di ambedue le parti ed a dar vita ad un lavoro comune per la soluzione dei grossi problemi di quella area, e per affrettare un processo di riconciliazione tra le parti.
Visto questo, sarebbe importante che le organizzazioni italiane che hanno in passato lavorato in questa zona e che in parte vi stanno tuttora lavorando, si coordinino maggiormente per un progetto comune finalizzato alla messa in moto di un forte processo di riconciliazione tra le parti che si sono combattute per porre le premesse di una valida convivenza nello stesso territorio.
Per questo, Operazione Colomba, IPRI- Rete Corpi Civili di Pace (dove sono confluiti i principali collaboratori di Campagna Kossovo) e Associazione per la Pace propongono tre progetti che si svolgeranno con gli stessi obbiettivi comuni, ma in tre territori diversi, con l’impegno però delle tre organizzazioni di creare un coordinamento comune che permetta di lavorare in modo simbiotico per avere una maggiore efficacia sulla realtà kossovara nel suo complesso.
Prevediamo insomma tutta la collaborazione possibile, la quale emergerà in forme definite durante il lavoro sul campo.
Una costante attenzione del progetto che qui presentiamo sarà quella, non solo di coordinarsi con le altre organizzazioni italiane che intervengono in forme simili, anche se in zone diverse, ma con tutte le organizzazioni locali ed internazionali che operano in quel territorio con il fine comune dellla mitigazione del conflitto, della ricerca di soluzioni sovraordinate, della coesistenza di gruppi etnici diversi e della riconciliazione tra i gruppi che si sono combattuti.

Punti di riferimento teorico-pratici:

A) Mediazione e Formazione alla Nonviolenza - Campagna Kossovo per la Nonviolenza e la Riconciliazione

La Campagna nasce ufficialmente nel giugno 1993, promossa da Agimi, Beati i Costruttori di Pace, Movimento Internazionale della Riconciliazione (MIR) e Pax Christi. Ad essa aderiscono una ventina di associazioni. Il suo impegno prioritario è stato rivolto a sostenere e a far conoscere la resistenza non violenta del popolo albanese del Kossovo, agire sul governo italiano con interrogazioni parlamentari e appelli rivolti alle Commissioni Esteri di Camera e Senato, collaborare con gruppi e movimenti internazionali al fine di evitare l'isolamento della popolazione.
Dal 1995 al 1997 è stato realizzato il progetto Ambasciata di Pace a Pristina per:
1) stabilire contatti con i leader e i gruppi di base non violenti e svolgere azioni di mediazione tra la popolazione sia albanese che serba;
2) sviluppare rapporti di conoscenza e collaborazione tra alcune Università italiane e le Università di Belgrado e Pristina;
3) svolgere azione di monitoraggio dei diritti umani.
Dopo il conflitto armato, ha organizzato in Italia un campo di formazione alla non violenza e ha elaborato il Progetto di appoggio alle locali ONG per capacitarle al dialogo, alla riconciliazione interetnica e alla promozione e protezione dei diritti umani, cui hanno partecipato anche operatori dell’OSCE. Nel 2000, a febbraio, è stata avviata la prima fase, con l'apertura a Pristina per tre mesi del Centro per l'amicizia tra i popoli per attivare o riprendere i contatti (interrotti a causa della guerra) con i gruppi di base democratici e con i leader culturali, politici e religiosi, e per elaborare uno studio di fattibilità sulle iniziative da attivare. Nel 2001 e 2002, due delegazioni si sono recate in Kossovo per visitare diverse realtà in cui erano attive esperienze di riconciliazione interetnica e sono stati avviati il Progetto di scambio interscolastico e il Progetto di solidarietà con la parrocchia di Bice/Vitina. Nel 2003 la CK prosegue l’attuazione del progetto, che ha preso il nome di Progetto per la continuazione di training per trainers al dialogo interetnico e alla riconciliazione. A gennaio e febbraio ha svolto due azioni di sensibilizzazione a livello istituzionale inviando un documento alle Commissioni Esteri e Difesa di Camera e Senato (sui persistenti problemi del Kossovo), che costituirà materia di un’interrogazione parlamentare, e il libro “Kossovo: una guerra annunciata” ai presidenti e ai membri delle medesime commissioni oltre che alle massime autorità dello Stato, come stimolo di riflessione sul pericolo di guerra in atto.

B) Partecipazione alla gestione dell’economia locale come antidoto alla marginalizzazione, alla criminalità ed alla violenza - Danilo Dolci

Il lavoro di Danilo Dolci in Sicilia, che ha puntato su uno sviluppo economico, programmato dalla stessa popolazione, dal basso. Il metodo maieutico di Dolci parte dal presupposto che nessun vero cambiamento si ottiene senza la partecipazione diretta degli interessati. Il suo è un lavoro di empowerment delle persone generalmente escluse dal potere e dalle decisioni.
Per esempio, l’idea della costruzione della diga del fiume Iato è stata lanciata da un contadino del luogo, semi-analfabeta, che partecipava ai gruppi locali di autocoscienza organizzati da Dolci. Una volta realizzata, con l’aiuto dei tecnici e dei volontari collaboratori di Danilo per organizzare una cooperativa contadina per l’autogestione delle risorse idriche, la diga ha portato all’innalzamento del livello economico dell’area circostante, mentre l’autogestione ha permesso di evitare il controllo mafioso delle risorse stesse, che aveva impedito di trarre benefici dalla precedente costruzione di altre dighe nella zona. L’insegnamento principale che possiamo trarre da questo lavoro è quello che per dar vita ad uno sviluppo economico sono necessari investimenti ma che se questi vengono dall’alto senza una attivazione della gente stessa, essi non servono tanto allo sviluppo quanto più che altro ad alimentare la criminalità organizzata o la corruzione,come era successo in Sicilia per altre dighe costruite in precedenza, mentre al contrario se c’è organizzazione e lavoro dal basso, i fondi esterni vengono utilizzati nel modo migliore.
Mentre in passato, con il movimento della riconciliazione, con l’auto-organizzazione dei servizi per gli handicappati, il Kossovo era stato un esempio, a livello mondiale, di attivismo civile importante, uno dei problemi attuali è proprio la passività della popolazione, aggravata dai meccanismi umanitari e decisionali del protettorato internazionale, l’attendere dall’alto la soluzione ai propri problemi. La passività a sua volta favorisce meccanismi di delega e sfiducia generalizzata che rendono il terreno fertile sia per la criminalità organizzata che per la semplice corruzione, in ogni caso impedendo una reale crescita democratica.
La programmazione dal basso in una zona che abbia delle potenzialità agricole ed economiche in genere può essere un elemento forte per superare questo problema.

C) Partecipazione alla gestione della politica locale come antidoto alla marginalizzazione, alla criminalità ed alla violenza - Susan Potziba

Un altro punto di riferimento teorico importante, è l’esperienza di Susan Potziba, una mediatrice americana che ha risolto i problemi di corruzione endemica di una città del Massachusetts, Chelsea, tramite una vasto processo di partecipazione popolare, veicolata tramite gruppi di confronto e l’uso dei mass-media e gestito internamente con il metodo del consenso. Questo ha portato alla reimmissione nel processo decisionale di categorie tradizionalmente escluse (immigrati, sottoproletariato) che in quanto tali forniscono l’humus adatto alla criminalità organizzata ed alla corruzione istituzionale.
Torniamo alla questione iniziale: Se la gestione del bene pubblico non è trasparente o non è partecipata dai cittadini, come fanno essi a rispettarlo? Esso non è considerato “pubblico” in quanto non si delibera pubblicamente su di esso.
Un buon processo deliberativo fa emergere gli interessi del singolo dandogli quasi sempre un aspetto di ricerca del bene comune. C’è il “Pubblico” quando dei cittadini convinti di poter cambiare le cose prendono il controllo di un problema comune.
Con questo lavoro e con queste modalità la mediatrice è riuscita a rendere la corrotta cittadina di Chelsea un modello di autogestione con tassi minimi di criminalità.

D) Un gioco di ruolo sul conflitto serbo-albanese sul Kossovo (Master per Operatori Internazionali di Pace a Bolzano)

Un tipo di lavoro utile a comprendere come ci si deve comportare in situazioni di questo tipo è stata la sperimentazione, in un master per Operatori Internazionali di Pace a Bolzano cui partecipavano sia italiani che tedeschi dell’Alto Adige, di una simulazione sulla situazione del Kossovo, simulazione che ha previsto sia lo studio comune della storia dell’area, vista però dal punto di vista di ciascuna delle due parti, sia la lettura individuale di testi e scritti di importanti personaggi, di cui ognuno dei partecipanti al corso avrebbe dovuto in seguito impersonare il ruolo. I personaggi previsti erano sia Serbi, che Albanesi-Kosovari, sia membri della comunità internazionale che operano o hanno operato nella zona (tra questi personaggi, ad esempio, tra i Serbi, Simic, Janjic, ma anche Ivanovic e Padre Sava che abitano e vivono nel Kossovo; e tra i kossovari albanesi: Hyseni, Kurti, Demaci, Don Lush, ed altri personaggi importanti reali che vivono ed operano in quella regione. E tra gli internazionali il Generale Mini, responsabile per un certo tempo della Kfor, un dirigente belga dell’OSCE, ed anche Monsignor Paglia, che ha partecipato con la Comunità di Sant’Egidio all’accordo sulle scuole, e, tra questi, anche due volontari, uno dell’Operazione Colomba che opera a Goradze –una enclave serba nel Kossovo, ed un altro della Campagna Kossovo). Attraverso varie fasi, in cui si alternavano lavori separati dei tre gruppi citati (serbi, albanesi-kossovari, internazionali) con quelli comuni in cui si confrontavano reciprocamente le singole posizioni, partendo dall’obbiettivo generale posto alla base della simulazione di cercare di dar vita ad una commissione per la verità e la giustizia che analizzasse le reciproche responsabilità, ma che ponesse anche le basi per una riconciliazione, siamo arrivati a individuare tre problemi comuni sentiti da tutti tre i gruppi che erano: 1) la disoccupazione e lo sviluppo economico; 2) la lotta alla criminalità; 3) l’educazione della base popolare, dei due campi, alla pace ed alla nonviolenza. A questo punto i tre gruppi separati si sono sciolti ed hanno dato vita a gruppi misti che hanno affrontato i temi su citati. Il risultato è stato realmente straordinario ed importante, mostrando come degli operatori di pace che lavorino sulla mediazione dei conflitti dovrebbero operare. Se le iniziative come queste si moltiplicassero, ed investissero le stesse popolazioni della zona, si farebbero sicuramente molti più passi avanti di quelli fatti finora nella quasi impossibile ricerca di uno status accettato dalle due parti in conflitto.





2 Metodologia generale di intervento

1 Il partner locale

L’intervento in zona di conflitto avviene su esplicito invito di un partner locale, che sia un privato cittadino,un organizzazione non governativa, un istituzione, che sia impegnato a portare avanti attività di mitigazione del conflitto.IPRI è un partner alla pari con questi soggetti. IPRI lavora per sostenere le loro attività senza assumerne il controllo. Il soggetto locale è protagonista della sua azione e decisore ultimo, fatto salvo il ruolo di parternariato attivo e paritario che viene riconosciuto ad IPRI.
IPRI se ne va da un contesto d’azione quando invitata a farlo dal partner locale, o quando per motivi di sicurezza o di successo dell’intervento stesso, la presenza diventa inutile.

2 Non partigianeria

Non partigianeria significa che non si agisce in appoggio ad una delle due parti, ma si lavora per riequilibrare il conflitto, in modo che la parte più debole abbia la capacità di trattare alla pari con l’altra ed in modo da trovare insieme soluzioni condivise. Questo lavoro comprende un atteggiamento di “Equivicinanza”,cioè la disponibilità degli operatori a mettersi in ascolto della sofferenza di ognuno, del suo racconto del conflitto che vive, ma anche il distacco necessario a giudicare obbiettivamente ogni violazione dei diritti umani di cui si sia testimoni.
Sul campo, la neutralità è fatta di accorgimenti concreti, tra cui: la composizione e la formazione dell'equipe di locali, rigorosamente bilanciata dal punto di vista etnico, totalmente bilingue e adeguatamente selezionata e formata per essere in grado non solo di non collassare su conflitti interni, ma anche di portare avanti un lavoro esterno di aggregazione di serbi e albanesi su temi condivisi.






3 Obbiettivi Generali


Il mandato di IPRI prevede come obbiettivo generale dell’azione quello di SOSTENERE GLI ATTIVISTI LOCALI CHE PORTANO AVANTI AZIONI DI MITIGAZIONE DEL CONFLITTO. In particolare IPRI ha identificato tre tipologie d’azione, ed offre sostegno a soggetti che ne portano avanti una o più di una contemporaneamente.

1 Riconciliazione

Riconciliazione, cioè favorire una rielaborazione delle sofferenze subite durante la guerra da entrambe le parti, una rielaborazione del percorso storico di conflitto della regione, una individuazione di Obbiettivi Sovraordinarti che rendano auspicabile la collaborazione tra le etnie nemiche.

2 Sviluppo economico dal basso

Sviluppo economico dal basso, cioè favorire la partecipazione popolare ad attività di programmazione economica per la lotta alla disoccupazione ed il raggiungimento dell’autosufficienza della zona di implementazione, esigenze comuni ad entrambe le etnie in lotta. Collegare iniziative imprenditoriali dotate di sostegno popolare e utili alla riconciliazione a ONG della cooperazione alla sviluppo italiana.

3 Lotta alla criminalità organizzata


Lotta alla criminalità organizzata, cioè emarginare le radici culturali che danno vita ad una cultura mafiosa, che giustifica e normalizza la prevaricazione dell’altro. Favorire da una parte la presa di responsabilità da parte dei cittadini riguardo al destino del proprio paese, e dall'altra la ribellione contro meccanismi di corruzione che rendono vano qualsiasi sforzo per far decollare l'economia kossovara.





4 Obbiettivi Specifici


Ad ogni campo d’azione generale, corrispondono specifici percorsi di intervento che possono essere intrapresi, basati generalmente sull’individuazione di una subregione di intervento e su di un lavoro capillare di creazione di “Gruppi di Discussione” locali. Tuttavia, il principio generale è quello della MASSIMA FLESSIBILITÀ, in risposta alle esigenze degli attivisti con cui si lavora e della comunità locale con la quale ci si confronta quotidianamente. Questo significa che una serie di azioni, non necessariamente vincolate al percorso relativo ad uno specifico dei tre campi d’azione, verranno intraprese se necessario indipendentemente dal progresso di essi. Una lista completa delle azioni possibili si trova al punto 3).
Inoltre i tre percorsi sono strettamente intersecati l’uno con l’altro, e funzionali l’uno all’altro (è più facile cominciare discutendo di economia che di riconciliazione, ma successivamente la dinamica si ribalta, e se non si attiva un percorso di riconciliazione, anche la discussione su temi economici si può arenare).
Essi convergono verso un fine ultimo che possa riunire i più diversi soggetti coinvolti nei gruppi di discussione ed in genere nelle altre attività di IPRI, punto 2).

1) I Percorsi tematici

Percorso 1 Riconciliazione

A) Creazione di gruppi di discussione etnicamente misti. In ogni gruppo avviene il percorso di cui al punto B.
B) Percorso di rielaborazione del conflitto:
fase 1 Creazione di gruppi etnici separati serbo e albanese – in questa fase le tematiche economiche possono fungere a stimolare l’interesse e l’aggregazione di un numero minimo di interessati.
Fase 2 Analisi del conflitto, prima di conflitti altri, poi del proprio, sia in un ottica economica (conseguenze nefaste del conflitto sull’economia dell’area) che di riconciliazione (l’odio interetnico, come nasce, come affrontarlo).
Fase 3 Confronto dei risultati ed incontro dei due gruppi.
Fase 4 Percorso comune dei due gruppi, confronto del vissuto personale del conflitto, esplicitazione delle “ferite di guerra” in fronte al proprio nemico (in questa fase il gruppo di discussione diventa uno spazio neutro di ascolto, gestito con tecniche di mediazione).
Fase 5 Formazione alle tecniche ed alla prassi di gestione e mitigazione del conflitto – individuazione degli obbiettivi sovraordinati e di possibili iniziative nonviolente immediate.
Fase 6 Elaborazione di proposta politica di Riconciliazione.


Percorso 2 Sviluppo economico dal basso

A) Formazione dei partecipanti ai gruppi (il percorso due si innesta nel percorso uno, quindi con gruppi non si intende gruppi distinti rispetto a quelli che seguono un percorso di riconciliazione) e consulenze di esperti.
B) Individuazione dei possibili percorsi di sviluppo regionale, e di singole idee imprenditoriali a partecipazione multietnica. Per queste iniziative di dimensione limitata, si coinvolgeranno altre ONG italiane specificamente impegnate nel campo della cooperazione allo sviluppo, in grado di seguire eventuali progetti, seguendo una logica di costituzione di partenariati territoriali permanenti tra enti locali e società civile italiana e kossovara.
C) Formulazione di un Documento di Programmazione Economica Popolare con cui andare al confronto con le istituzioni, i privati e le org.internazionali, un Patto Sociale di Corresponsabilità.
D) Individuazione di obbiettivi per campagne di pressione nonviolente per la richiesta di provvedimenti di natura economica (grossi interventi strutturali, cambi di politiche), e sostegno alla loro attuazione.

Percorso 3 Lotta alla criminalità organizzata

A) Responsabilizzazione riguardo alla gestione della propria economia e dei problemi legati a corruzione e malavita. La discussione procederà in parallelo con quella su temi economici.
Fase 1 Analisi dei problemi legati alla mafia kossovara.
Fase 2 Analisi delle sua storia e delle sue radici nella società.
B) Fondere i gruppi di discussione in una rete civile permanente di mutuo aiuto capace di esprimere iniziative pubbliche di lotta e sfida allo strapotere dei clan, e di creare circuiti economici autonomi da questo potere.
C) Sostegno ed Accompagnamento di attivisti locali minacciati dalla malavita organizzata. Individuazione di iniziative di lotta popolare nonviolenta da applicare al problema della criminalità organizzata.
D) Inizio dei lavori su una carta comune della rete dei gruppi di discussione per la lotta alla mafia

2) Elementi Comuni

Elementi comuni preliminari: individuazione dell’area di intervento e formazione dell’equìpe

Due elementi preliminari ai tre percorsi d'azione, saranno:
A) individuazione di una regione del sud del Kossovo con potenzialità di sviluppo economico e che includa almeno un’isola etnica serba (circa 50.000 abitanti, aree già individuate dal punto di vista geo-economico cioè con riconosciute possibilità di sviluppo, possibile autosufficienza, un minimo di organizzazione della società civile o ONG già al lavoro). Per l’individuazione dell’area, sarà essenziale il contatto con economisti ed altri esperti kossovari di riferimento, lavoro che avverrà durante la fase preliminare del progetto, cioè i primi sei mesi (vedi sotto dettagli).
B) Formazione di una equipe locale mista sia etnicamente che a livello di genere, con vari criteri (p.e. conoscenza di albanese, serbo e inglese; disponibilità a lavorare in contesto multietnico, ecc.). Il processo di reclutamento e formazione dell’equipe avrà una durata annuale, data la sua delicatezza e la sua essenzialità per continuazione del progetto.
Durante l’anno l’equipe seguirà essa stessa un percorso di riconciliazione (vedi sopra percorso 1), che sfoci nella possibilità di svolgere vita comunitaria nella sede generale in loco. Una prima lista di nomi verrà ottenuta riprendendo i contatti di Campagna Kossovo in loco, offrendo per lo meno la garanzia di nomi legati all’associazionismo civile o direttamente ad associazioni che hanno lavorato per la pace.
Il vivere insieme sarà un’altra selezione molto forte dei membri dell’equipe, e tuttavia necessaria a trovare persone che veramente superino i problemi di convivenza col “nemico”, in prima persona.
Ospitalità nella sede verrà offerta quasi immediatamente (per chi appunto non ha problemi di convivenza), anche per rendere più semplice la partecipazione alle attività di formazione in questo primo periodo in cui ciò non si configura come un lavoro fisso. Infatti lo stipendio arriverà (come si evince dal budget), solo alla fine dei primi sei mesi, anche questo un metodo di selezione in sé.


Elementi comuni di gestione dei Percorsi: i Gruppi di Discussione

Per quanto il ventaglio di possibili azioni con cui IPRI persegue l’oggetto della sua missione sia ampio, la colonna portante dei tre percorsi d’azione è la creazione di, ed il sostegno ad una rete di zona composta da Gruppi di Discussione locali, che sono poi le arene dove i vari passaggi del percorso di dialogo e riconciliazione, di partecipazione economica e di lotta alla Mafia avvengono concretamente.
Al di là delle “specifiche” dei singoli percorsi, la metodologia generale di gestione dei gruppi comprenderà questi elementi:

- Metodo decisionale per consenso
- Metodo di gestione maieutico/ l’azione viene stimolata, ma il gruppo decide quando intraprendere i vari passaggi dei singoli percorsi in libertà.


Obbiettivi finali comuni

I tre percorsi sfoceranno nella redazione di una Carta di Intenti comprendente le proposte popolari relative ai tre temi affrontati.
Allora si aprirà una fase ulteriore di
A) Consolidamento della Rete dei Gruppi di Discussione
B) Confronto con le istituzioni, i privati e le Organizzazioni Internazionali
C) Iniziative di lotta popolare nonviolenta volte alla realizzazione delle proposte contenute nella carta di intenti.


3) Tipologie generali d’azione

Azioni facenti parte della metodologia di IPRI. Ognuna di esse potrà essere intrapresa, anche indipendentemente dall’immediata attuazione dei 3 percorsi d’azione, in risposta a esplicita richiesta da parte dei partner locali.

- Connettere soggetti con risorse
- Facilitare la connessione tra le persone ed i leader/autorità locali
- Accompagnamento degli attivisti od altri soggetti minacciati
- Facilitazione tra o all’interno di comunità, inclusa mediazione o in genere costruzione di ponti attraverso barriere di comunicazione e culturali
- Supporto di gruppi locali ed individui ed accompagnamento di lavoratori di ONG locali su richiesta
- Documentazione e monitoraggio per contribuire al “rumour control” o di supporto ad una risoluzione di problemi locali nonviolenta
- Visite a domicilio – ascolto attivo
- Supporto di nuovi leader emergenti che lavorino per soluzioni nonviolente a problemi individuali e della comunità
- Training su nonviolenza e metodi nonviolenti, condivisione di esperienze di pace e lavoro per i diritti umani da altre parti del mondo




5 L’equipe italiana in kossovo

L’equipe italiana in loco sarà composta inizialmente da due persone, di cui una nel ruolo di coordinatore e l’altra in quello di vice. Entrambi dovranno avere una buona conoscenza della lingua inglese ed almeno rudimenti di ambedue gli idiomi principali dell’area, cioè albanese e serbo, ed una provata esperienza di attività legate alla mitigazione del conflitto nei Balcani, fatta sul campo. Insieme a loro è prevista la presenza di 2 volontari di lungo periodo, che potranno scegliere se stare sei mesi, un anno o due. Il contratto del coordinatore e del vice verrà rinnovato annualmente.
Vivranno, insieme ai membri locali dell’equipe, in una sede inizialmente collocata a Prishtina, successivamente nell’area di implementazione definitiva.
La loro formazione (che avverrà parte in Italia, parte sul campo, vedi dopo) comprenderà competenze linguistiche ma soprattutto di gestione delle dinamiche di gruppo, di mediazione e di auto-tutela psicologica per operatori in zona di conflitto.





6 Durata del progetto e fasi temporali

Il progetto deve avere una durata minima di tre anni. Il lavoro preliminare stesso avrà una durata più o meno annuale, e verrà suddiviso in tre fasi ben distinte:

Fase 1

Una prima, di circa sei mesi, svolta da un gruppo ristretto di italiani che già conoscono la situazione dell’area, per l’individuazione degli esperti locali e per la scelta dell’area ottimale per il progetto. Questa fase comprenderà:

A) stesura di un idea di massima condivisa dalla futura equipe italiana (si pensa di coinvolgere in questa Maria Carla Biavati - collaboratrice di lunga data della Campagna Kossovo, Lorenzo Barbera - collaboratore di Danilo Dolci che ha portato avanti in prima persona il lavoro di programmazione economica dal basso, in particolare a Roccamena; Marianella Sclavi – che da anni si occupa di pianificazione partecipata e che ha curato il libro di Susan L.Potziba) e un incontro seminariale dell’equipe per una ulteriore messa a punto del progetto.

B) Verrà individuato il primo nucleo dell’equipe che farà un viaggio esplorativo in Kossovo al fine di individuare ed incontrare esperti locali ed in generale figure kossovare per confrontarsi sul progetto ed elaborarlo ulteriormente.

C) Viaggio esplorativo dell’equipe ridotta in Kossovo, riallacciare i contatti, crearne di nuovi.

(durante tutta questa fase si snoda la formazione preliminare del coordinatore e del vice-coordinatore, cioè dell’equìpe italiana in kossovo)

Fase 2

A) Primi tre mesi di attività in loco per l’individuazione dell’area, dei primi membri locali dell’equipe e per la stesura di un progetto anche finanziariamente definitivo.

B) Valutazione finale di fattibilità e stesura definitiva del primo progetto annuale. Nel caso in cui la valutazione desse esito negativo, ed il progetto risultasse non implementabile, verrà curata la stesura e la pubblicazione di uno studio del caso che approfondisca, anche con i contributi degli esperti locali, le ragioni della non-fattibilità del progetto, e suggerisca eventuali altre strade da percorrere.

Con questi esperti si cercherà di individuare un numero ristretto di esperti di medio livello che possano collaborare costantemente al progetto. La parte conclusiva di questa fase sarà la presentazione di un progetto specifico, comprendente il numero ed i criteri di selezione degli operatori che vi dovranno lavorare.

Fase 3

La fase successiva si apre con l’individuazione di altri elementi dell’equipe locale nativi della zona di intervento finale. L’equipe completa conterà otto elementi, due italiani e sei locali. Si passa poi ad una formazione di base, di circa sei mesi.
Dopo questo primo anno, ci sarà una revisione del lavoro svolto, una rimessa a punto del programma operativo, e si avvierà poi la terza fase, cioè il lavoro relativo agli obbiettivi specifici.






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