Noi della Rete ECO "Ebrei contro l'occupazione" vogliamo esprimere il dolore e la grande tristezza per la perdita del prof. Daniel Amit, una persona che con grande lucidità politica e profonda sensibilità si era sempre battuto perché il popolo palestinese avesse giustizia, levando la sua voce in tutti i momenti cruciali di questi ultimi anni. Come israeliano Daniel si sentiva responsabilizzato in prima persona a opporsi alle scelte sciagurate dei vari governi israeliani. In un articolo dell'aprile 2002 comparso sul "Manifesto" citava le parole di Gramsci contro gli indifferenti e gli scettici : " Se avessi fatto anch'io il mio dovere di uomo, se avessi cercato di far valere la mia voce, il mio parere, la mia volontà, ciò sarebbe successo (lo stesso)?". Nello stesso articolo scriveva: "Quando si torna da laggiù, (i territori palestinesi) si capisce un po' l'incubo di Primo Levi, che sogna di essere tornato nella sua Torino, e attorno a una tavola, a cena, di cominciare a raccontare Auschwitz, e si accorge che nessuno lo sta ascoltando (non perché Ramallah assomigli ad Auschwitz, o perché io sono un reduce di Ramallah, ma perché gli orrori non si possono raccontare abbastanza, e ascoltarli o leggerli è sempre troppo"). E rispondendo ad alcune lettere, sempre sul "Manifesto" nel gennaio 2002, che difendevano con motivazioni ipocrite e pretestuose l'operato di Israele usando come scudo la Shoah, scriveva: "Qui l'oggetto non è tra pratiche palestinesi e valore della Shoah, ma fra queste e i comportamenti di Israele. Basterebbe guardare le statistiche con più di 1200 palestinesi uccisi negli ultimi 15 mesi, per vedere quanti bambini, donne, vecchi, vi figurano. E la distruzione solo 3-4 giorni fa di 30 abitazioni a Rafah, nella Striscia di Gaza lasciando 500 persone senza tetto, in che categoria va messa rispetto alle memorie e le lezioni della Shoah'?.Come affermano a testa alta i 53 militari, (obiettori) Israele non si salva con le bugie, né con l'annientamento di un altro popolo: il futuro di Israele si salverà e si salderà unicamente con i valori della Shoah, quelli autentici, della percezione della sofferenza dell'altro, con il rispetto dei diritti dell'altro. In termini pratici con l'eliminazione delle colonie (tutte) che sono ciascuna in sé un atto di violenza e di illegalità, con l'accettazione che "i territori occupati non sono Israele". E rispondendo a Gad Lerner in un articolo dell'aprile 2002 sempre sul Manifesto scriveva a proposito del terrorismo: "Noi israeliani sappiamo che il problema di fondo non è il terrorismo palestinese. E' l'occupazione militare, la negazione di tutti i diritti e in contravvenzione di tutte le risoluzioni dell'ONU e l'esproprio legato alla costruzione e all'espansione delle colonie. Non, come dice Lerner, dal 1993, ma dal 1967. E' imperdonabilmente miope attribuire a una strategia palestinese il terrorismo. Il terrorismo è una via senza uscita e lo sanno i palestinesi ben prima di noi, anzi lo considerano un pericolo mortale per la loro società futura, post-occupazione. Il terrorismo serve come pretesto a Sharon, che non ha alcuna politica alternativa alla guerra, a Bush per distruggere l'Afghanistan e forse a qualcuno in Italia. Non dimentichiamo che il terrorismo suicida non esisteva affatto fino a sei-sette anni fa, ma l'occupazione invece sì. Non riusciamo a non leggerlo come un frutto partorito dall'occupazione.. E' perciò che quando un israeliano con gli occhi aperti si trova di fronte a un atto di terrorismo orrendo come quello che ha colpito Nurit Peled, la cui figlia è stata uccisa in un'esplosione a Gerusalemme, risponde a Netanyahu "E' colpa tua"”. Anche sul Ruolo dell'Unifil nel sud del Libano Daniel aveva le idee chiare, e scriveva nel 2006 a proposito della missione: "Le notizie dal fronte pacifista italiano, testimoniano di una sindrome simile a quella della sinistra israeliana. Sembra una corsa al sostegno del ruolo italiano nel sud-Libano come forza militare sotto l'egida dell'ONU. Da un lato appare una rivincita sul ruolo italiano umiliante e assai controverso in

Irak, in Afganistan, in Kosovo. Le considerazioni politiche della guerra e del dopo-guerra nel Libano sono del tutto assenti: Unica cosa che si propone come giustificazione di quella esultanza è il fatto che l'intervento militare (perché di intervento militare si tratta) è coperto dalla risoluzione 1701 del Consiglio di Sicurezza: sembra proprio quella tipica euforia legata al rovesciamento dei ruoli: eravamo in forte opposizione alla presenza militare italiana in Irak perché non era sancita dall'ONU: ora stiamo orgogliosamente a favore perchè i nostri sono al governo e l'ONU siamo noi."

La perdita di Daniel, della sua sensibilità umana e politica che lo rendeva capace di leggere così attentamente ed empaticamente la realtà ci lascia oggi attoniti e un po' più soli nel contrastare una situazione "straziante per l'assenza di qualsiasi opposizione correttiva che rende la vita insopportabile, in primo luogo a una generazione abituata alla mobilitazione, alla lotta politica effettiva, per rendere veritiero lo slogan "mai più"”



Miriam Marino della Rete ECO





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