Associazione per la Pace

Progetto per una
Presenza Civile di Pace in Palestina e Israele

Sommario
- Presenza civile in contesti di conflitto: metodologie e proposte di intervento
- Descrizione sintetica del progetto
- Descrizione degli obiettivi del progetto
- Obiettivo Generale
- Obiettivo Specifico
- Informazioni generali sull’area del progetto
- Background dell’organizzazione nell’area di intervento
- Percorso del progetto e descrizione specifiche delle attività
- Struttura di coordinamento a Gerusalemme Est
- Accoglienza delegazioni
- Organizzazione viaggi di conoscenza e campi di lavoro in Palestina/Israele
- Corsi di formazione per i volontari e le volontarie
- Coordinamento in Italia
- Coordinamento Gerusalemme
- Calendario di esecuzione
- Budget


Presenza civile in contesti di conflitto: metodologie e proposte di intervento:

Un Corpo Civile di Pace costituisce uno degli strumenti a disposizione della società civile per attivare una proposta di trasformazione non-armata e nonviolenta nei contesti di conflitto, in particolare nelle fasi di pre-conflitto e post-conflitto. La storia di questo strumento passa attraverso le diverse esperienze di solidarietà internazionale maturate sul campo, la riflessione condivisa, sviluppata sia in ambito istituzionale sia accademico, e, non ultimo, una lunga serie di iniziative legislative, a livello europeo come a livello italiano. Basti ricordare, per fare qualche esempio, la “Comunicazione della Commissione Europea sulla Prevenzione dei Conflitti” COM(2001) 211-C5-0458/2001-2182/2001(COS) e la conseguente “Risoluzione” del Parlamento Europeo sulla Prevenzione dei Conflitti A5-0394-2001. In Italia, un significativo passo avanti ha costituito la legge 230/98 che, per la prima volta, ha riconosciuto la responsabilità istituzionale di promuovere la sperimentazione di forme di difesa civile alternative a quella militare.
L’ Associazione per la Pace ha accumulato, in anni di iniziative di solidarietà internazionale, di trasformazione costruttiva, di “confidence building” (costruzione della fiducia), di mediazione e dialogo di pace, un ricco bagaglio di esperienze che, insieme con altri, la pongono tra quelle espressioni di società civile più conseguentemente orientate alla sperimentazione di un Corpo Civile di Pace. In queste iniziative sono stati attraversati contesti, sperimentate dinamiche ed affrontate modalità di azione le più diverse, determinate dalle caratteristiche, di volta in volta mutevoli, dei contesti segnati dalla violenza e dal conflitto ma tutte convergenti nella direzione della facilitazione al dialogo e dell’attivazione autonoma di società civile locale. Basterà qui ricordare le attività di carattere ludo-sociale orientate all’incontro tra i bambini, le famiglie e gli insegnanti delle comunità serba, albanese e rom del progetto dei “Dialoghi di Pace” a Mitrovica in Kosovo; la pluriennale presenza del “Presidio di pace” a Nablus, in Palestina, sotto forma di mediazione nonviolenta ed “empowerment” (rafforzamento) di società civile; il recente impegno nella promozione del patrimonio culturale condiviso tra greco-ciprioti e turco-ciprioti, nel progetto dei “Dialoghi di pace” a Nicosia, Cipro.
Ciò che contraddistingue il lavoro dell’Associazione per la Pace, quale connotazione chiave dell’impegno di un Corpo Civile di Pace non armato e nonviolento, è l’intervento sulle cause profonde dei conflitti orientato alla progressiva estinzione dei bacini della violenza: ciò viene fatto, ad esempio, promuovendo azioni di sensibilizzazione alla pace e promozione sociale in Italia ed attivando i vettori del dialogo nei Paesi di destinazione, interloquendo con la società civile locale, recependone le istanze, e consolidandone l’autonomia. Un percorso, dunque, di facilitazione, di relazione e di dialogo.
L’intervento di un Corpo Civile di Pace, infatti, non può che essere concordato, può svilupparsi solo su richiesta della società civile locale; di conseguenza, in tale intervento, si adotta un metodo improntato alla ricerca/azione, per trasferire le esperienze “sul campo” in ipotesi di lavoro, ricerca ed approfondimento. Il lavoro “sul campo” è sempre orientato nella direzione della riduzione della violenza ed agisce, per quanto possibile, sulle cause del conflitto, favorendo il dialogo, attivando potenziali di pace, facilitando la partecipazione democratica; il lavoro in Italia è volto, d’altro canto, alla sensibilizzazione sociale, per la formazione dell’opinione pubblica, in sinergia con le istituzioni centrali e locali, per obiettivi di pace. Tale azione sinergica è, del resto, in linea con la recente sentenza della Corte Costituzionale 8-16 luglio 2004, n. 228, la quale ha ribadito come l’impegno di servizio civile sia comunque riconducibile al dovere di difesa della Patria e dunque rientri nelle prerogative previste dal dettato costituzionale. Si tratta di un impegno decisivo di “lavoro di pace”, altro dai percorsi della cooperazione tradizionale, e che può vivere solo con un’azione sinergica, un’attenzione pubblica e un adeguato investimento da parte delle istituzioni.
L’Associazione per la Pace è da anni impegnata in questa elaborazione. I Corpi Civili di Pace rappresentano oggi un’esigenza sentita dall’ampio spettro dell’associazionismo impegnato sulla trasformazione nonviolenta dei conflitti; ma soprattutto costituiscono uno strumento indispensabile per la prevenzione dei conflitti, l’educazione alla pace e la riduzione della violenza, nelle nostre società e all’estero.


Descrizione sintetica del progetto:

Il lento e progressivo degrado della situazione in Palestina/Israele richiede uno sforzo di coordinamento tra le forze che da anni operano sul territorio attraverso missioni civili, campi di lavoro, presenze di volontari e volontarie, uno sforzo comune volto a rafforzare e strutturare la presenza di operatori di pace in Palestina e Israele.
Il progetto aspira di rispondere a tale esigenza attraverso un intervento che al tempo stesso porti elementi di tutela alla popolazione civile e funga da diffusore di un’informazione corretta sulla scena internazionale. Un’intensa attività di questo tipo può inoltre determinare la creazione di flussi di relazioni e solidarietà tra comunità locali del nostro paese e dei territori occupati. La ripresa di attenzione in Italia sul tema dei Corpi Civili di Pace, può determinare finalmente l’avvio di un'esperienza strutturata e non occasionale, che possa anche rappresentare un laboratorio per una vera e propria normativa generale. In questo senso, la permanenza di un coordinamento strutturato e la periodica rotazione del personale espatriato rispondono all’esigenza di far maturare la fiducia presso gli attori di società civile locale, di acquisire una sempre maggiore internità alle dinamiche di conflitto locali e di trasferire in Italia esperienze e sensibilità utili ai fini della promozione sociale, della sensibilizzazione alla pace e per la sperimentazione di un Corpo Civile di Pace.
Il progetto intende consolidare una presenza fissa di coordinamento delle iniziative di società civile italiana in Israele e nei Territori Palestinesi Occupati allo scopo di valorizzare le esperienze maturate e il ricco back-ground di iniziative, riflessioni ed approfondimenti sviluppati nell’ambito della trasformazione del conflitto mediorientale. Tale struttura di coordinamento contatto ed accoglienza, sarà situato nella zona di Gerusalemme Est ed intende fungere da punto di riferimento dell’associazionismo italiano impegnato in Israele e nei Territori Occupati Palestinesi.


Descrizione degli obiettivi del progetto
Promuovere un percorso di Pace

La situazione attuale sembra apparentemente priva di sbocchi, in assenza di profonde novità soprattutto all’interno delle società civili coinvolte e nella comunità internazionale. Per questo appare fondamentale un nuovo protagonismo dal basso, fondato sui principi del dialogo e della nonviolenza, che possa conseguire risultati laddove la diplomazia da sola segna il passo. Il contributo alla diffusione di pratiche partecipative e pacifiste tra la popolazione palestinese, così come la difesa dei diritti umani rispetto all’occupazione israeliana, determinano un tessuto sul quale è possibile innestare un reale e radicato processo di superamento e soluzione del conflitto.

Obiettivo Generale:
Favorire il dialogo tra la società civile israeliana e quella palestinese

Da tempo vi è un fitto dialogo tra le due società. Sia al livello politico (come dimostra la cosiddetta “proposta di Ginevra”), sia tra gli ambienti intellettuali, sia tra organizzazioni pacifiste. Il ruolo dell’associazionismo internazionale non deve essere, quindi, quello di chi dall’esterno mette in rapporto due realtà incomunicanti, ma di supporto attivo in grado di offrire occasioni e possibilità di incontro e di pratiche comuni. Le precedenti esperienze di presenza civile in Palestina ed Israele, con il loro forte radicamento nella società italiana ed un forte retroterra di relazioni con associazioni palestinesi ed israeliane, si sono poste come validi riferimenti (anche attraverso lo scambio di delegazioni) per lo sviluppo del dialogo.

Sensibilizzare la società civile italiana

Particolare rilievo assume il tema del coinvolgimento del nostro paese ed in particolare delle comunità locali che, attraverso le proprie istituzioni, danno il sostegno al progetto. Infatti proprio per valorizzare tale contributo e diffondere una reale consapevolezza rispetto alla questione palestinese, si terranno scambi di delegazioni e conferenze sul tema. La partecipazione sarà in particolare sancita dal ruolo dei volontari che avranno l’occasione di riportare la propria esperienza nella propria comunità. Sarà questa anche l’occasione per evidenziare la concretezza dei principi di pace, solidarietà e nonviolenza che troppo spesso vengono considerati valori astratti.

Promuovere e incrementare le visite di delegazioni in Italia

Per combattere il crescente clima di sospetto e diffidenza della società italiana nei confronti dei/delle palestinesi sarà data grande importanza all’organizzazione di visite in Italia di rappresentanti del mondo dell’associazionismo e delle ONG palestinesi al fine di ricostruire un tessuto di reciproca fiducia e collaborazione tra le due società civili.
Saranno invitati in Italia i rappresentanti di quelle realtà palestinesi ed israeliane che da anni si impegnano per risolvere il conflitto israelo-palestinese utilizzando gli strumenti del dialogo e dell’approccio nonviolento per giungere soluzione equa e rispettosa del diritto internazionale

Obiettivo Specifico:
- Coordinare la presenza degli attori di società civile italiana impegnati in progetti di solidarietà in loco;
- Costituire il nodo di riferimento della rete di strutture e di progetti attivi in loco, con funzione di referente e di terminale;
- Coordinare i flussi di presenza di attori di società civile italiana in entrata ed in uscita verso i territori di Israele/Palestina, anche per promuovere forme di accompagnamento, trasmissione di informazioni, documentazioni e materiali, nella prospettiva della formazione di esperienze di società civile italiana e della progressiva capacitazione dei soggetti partner di società civile locale.


Informazioni generali sull’area del progetto.

Palestina e Israele: il contesto politico e sociale.

La Palestina occupata vive oggi una dei momenti più gravi dall’inizio dell’occupazione. Gli accordi di Oslo del 1993 cominciano lentamente ad essere disattesi dopo l’uccisione di Rabin nel 1995 e l’elezione di Netanjahu nel 1996, la passeggiata di Sharon sulla spianata delle moschee (2000) e lo scoppio della seconda intifada ne decretano il fallimento.
Gli ultimi 10 anni hanno creato nei territori palestinesi occupati una situazione più complessa e articolata rispetto agli anni precedenti: l’incremento delle colonie, la comparsa di check-point (120 in tutti i territori occupati) e blocchi stradali, la creazione della rete di by-pass-roads e la frammentazione della Cisgiordania in zone a sovranità mista ha stravolto la già difficile vita dei palestinesi.
A fronte di un relativo miglioramento delle condizioni di vita degli abitanti delle grandi città incluse nella zona A, che sono a completa sovranità palestinese (anche se accerchiate da check-point e by-pass-roads), la situazione per gli abitanti dei villaggi, che sono il 73% della popolazione, è drammaticamente peggiorata.
Lo stato di Israele deve fare i conti con una crisi economica senza precedenti e un progressivo isolamento dal resto della comunità internazionale; la società civile israeliana, impaurita e schizofrenica, non riesce a reagire allo stato di insicurezza e precarietà creato da una classe politica cieca e violenta che vede nell’opzione militare l’unica risposta al terrorismo palestinese.
Come nella maggior parte dei conflitti moderni, le popolazioni civili di entrambi gli schieramenti pagano il prezzo più alto in termini di vittime (circa 4000 palestinesi e 1000 israeliani sono morti dallo scoppio della seconda intifada il 28 settembre 2000) e di peggioramento delle condizioni di vita: nei territori occupati il 65% della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà (2 dollari al giorno), la percentuale di disoccupazione è del 67% nella striscia di Gaza e del 48% in Cisgiordania; in Israele la disoccupazione ha toccato la soglia dell’11%, si ingrossano le fila del nuovo proletariato formato soprattutto dagli ebrei orientali di recente immigrazione (circa un milione negli ultimi dieci anni), intanto chi ne ha la possibilità sta emigrando verso paesi più sicuri.
La società civile palestinese appare frammentata e disorientata; l’intifada di “Al-Aqsa” ha perso il carattere popolare e di massa che aveva caratterizzato la prima intifada (1987-1994), gli attacchi suicidi e la logica dello scontro militare sono diventati l’unica forma di resistenza possibile nella percezione di una popolazione civile stremata da anni di chiusure e di stagnazione dell’economia, le “esecuzioni mirate” e le continue incursioni dell’IDF (Israel Defense Forces) rendono sempre più difficile la ripresa di un dialogo necessario alla costruzione di una pace giusta.
Nell’ultimo anno abbiamo assistito ad un progressivo peggioramento delle condizioni di vita della popolazione palestinese ed al tempo stesso della prospettiva di una giusta soluzione al conflitto. Lo sgombero delle colonie da Gaza non ha portato alcun sollievo, la Striscia di Gaza rimane completamente assediata, con il razionamento della fornitura d’acqua, elettricità e del transito merci. Continuano i raid dell’esercito israeliano con uccisioni e devastazioni. Non sono migliori le condizioni in Cisgiordania dove appaiono sempre più devastanti le conseguenze del Muro, continuano le confische di terreni e costruzioni palestinesi, e si intensificano le violenze perpetrate dai coloni israeliani verso la popolazione civile palestinese.
Il nuovo parlamento dell’Autorità Nazionale Palestinese eletto a gennaio del 2006 e controllato da una maggioranza del partito “riforma e cambiamento” (Hamas) nonostante le dimostrazioni di pragmatismo e di apertura al dialogo con la controparte israeliana e con le istituzioni politiche occidentali è soggetto da mesi ad un boicottaggio politico ed economico le cui conseguenze ricadono principalmente sulla popolazione civile le cui già precarie condizioni di sopravvivenza peggiorano quotidianamente.
Anche gli scenari politici in Israele e Palestina assumono tinte sempre più fosche. In Israele, dopo la sciagurata aggressione al Libano, il dibattito politico scivola sempre più a destra, come dimostra l’ingresso di Avidgor Lieberman nel governo in qualità addirittura di vicepremier. In Palestina lo scontro tra Hamas e Fatah sta sfociando in una sorta di strisciante guerra civile. La cosiddetta comunità internazionale assiste muta e distratta, i mezzi di comunicazione semplicemente ignorano questa gigantesca violazione di diritti umani.


Mappa del tracciato del muro aggiornata a Settembre 2006:
- la linea verde indica in confine dei territori occupati
durante la guerra del giugno 1967
- in rosso la parte di muro completata
- in viola e tratteggiato il muro in costruzione
(fonte:B’Tselem)


Background dell’organizzazione nell’area di intervento

L'idea di un “Presidio di pace” nasce nell’estate del 2003 da un’iniziativa dell’Associazione per la Pace che rispondeva all’appello del G.I.P.P. (Grassroots International Protection for the Palestinian People www.pngo.net/GIPP). Il progetto nasceva dall’esigenza di trovare, in Italia, nuove forme di partecipazione diretta ed intervento nella realtà della Palestina occupata, che avessero al tempo stesso la capacità di coinvolgere la società civile italiana. Nasce come risposta alla mutata politica israeliana rispetto alle missioni di pace in Palestina una politica che in questi anni ha cercato di bloccare e boicottare l’afflusso di volontari internazionali nei territori occupati utilizzando tutti i mezzi a disposizione (alcuni dei quali spesso al di fuori di ogni legalità internazionale). Sulla base di una precisa indicazione da parte del Partner palestinese, si decise di avviare questa esperienza a Nablus: principale centro urbano della West Bank e particolarmente esposto alle incursioni dell'esercito israeliano. Il “Presidio di pace” a Nablus è stato sostenuto da una staffetta di volontari che arrivavano nei territori occupati da soli o in piccoli gruppi, e rimanevano in pianta stabile nella città di Nablus. Gli anni trascorsi a Nablus hanno dato ai volontari e alle volontarie l’opportunità di effettuare un monitoraggio sulla grave situazione in cui versa la popolazione civile: Nablus con i suoi 150.000 abitanti è la più grande città della West Bank, chiusa da tre grandi check-point e da svariati blocchi stradali, condivide con Jenin il maggiore isolamento e la più forte resistenza. Una resistenza che non è solo militare, ma anche civile e popolare, animata da sindacati, associazioni, donne, giovani che, ognuno con le sue pratiche e i suoi strumenti, lottano contro l’occupazione e il degrado che da essa deriva. Il nostro partner palestinese è stata la PMRS ( Palestinian Medical Relief Society, www.upmrc.org ), una delle più grandi ONG palestinesi, fondata nel 1979 da un gruppo di dottori e sanitari per sopperire all’inadeguatezza delle infrastrutture sanitarie della Palestina occupata. Oltre ad affiancare gli operatori della PMRS nell’azione di interposizione e supporto della popolazione civile durante le frequenti incursioni e i coprifuoco imposti dall’esercito israeliano, i volontari del presidio avevano compiti di monitoraggio delle violazioni dei diritti umani e documentazione. Negli ultimi anni è cresciuto il numero di presenze dei/lle volontari/ie, portando a più di cento il numero complessivo di presenze di italiani/e a Nablus, persone provenienti da diverse zone dell’Italia e da diverse sensibilità e formazioni politiche.
Durante le elezioni per la presidenza dell’Autorità Nazionale Palestinese nel gennaio del 2004 attraverso le strutture del Presidio una delegazione di 15 osservatori/rici elettorali ha monitorato le attività di voto e scrutinio, i risultati di questa missione sono documentati in un opuscolo pubblicato a cura della campagna Action for Peace. I contatti con i media italiani si sono intensificati e consolidati, ci sono state dirette radio mensili con alcune radio del circuito di Popolare Network (Controradio Firenze, Radio Popolare Milano, Radiobase Venezia).
L’esperienza del “Presidio di pace” di Nablus è stata una risorsa del pacifismo italiano, e un’opportunità di azione diretta per tutti quelli che guardano al conflitto israelo-palestinese come all’avanguardia di un conflitto che, con forme e modi differenti, riguarda tutta la società civile.


Percorso del progetto e descrizione specifiche delle attività
- Creazione e gestione di una struttura di coordinamento della presenza civile in Palestina e Israele
- missioni di monitoraggio dei diritti umani e viaggi di conoscenza dall’Italia
- campi di lavoro che coinvolgano volontari/ie italiani/e in Palestina e Israele
- corsi di formazione per volontari/ie in partenza per le missioni in Palestina e Israele
- assistenza a delegazioni palestinesi ed israeliane in partenza per l’Italia

Struttura di coordinamento a Gerusalemme Est

Nella fase iniziale del progetto si prevede una struttura leggera: un piccolo ufficio con uno o due operatori/ici che si alternino per un periodo di tre mesi (periodo di durata del visto), operatori o operatrici selezionati tra le competenze sviluppate in questi anni di lavoro sul campo che riceveranno un’adeguata formazione in Italia utilizzando metodologie gia sperimentate in passato tra le nostre organizzazioni.
La struttura si occuperà:
- delle relazioni con le istituzioni diplomatiche e religiose palestinesi e israeliane;
- dei rapporti con i media;
- dei rapporti con i partners locali;
- dell’accoglienza, logistica e tutoraggio degli operatori e volontari;
- dell’assistenza legale e sanitaria;
- della gestione delle attività in Gerusalemme;
- della relazione con le presenze di pace in Cisgiordania e Gaza.

In questo senso, la scelta di Gerusalemme è determinata dall’esigenza di garantire un punto di appoggio logistico facilmente accessibile da ciascuna delle parti del conflitto israelo-palestinese, essendo la locazione individuata non distante dalla “Città Vecchia” di Gerusalemme, facilmente raggiungibile anche a piedi da Gerusalemme Ovest e situata in prossimità di sedi associative di società civile palestinese, e, a Gerusalemme Ovest, israeliane, con le quali sarà possibile avviare, dopo una fase di verifica preliminare e il conseguente start-up di progetto, ed in ragione delle condizioni di contesto, una proficua e continuativa interlocuzione, nell’ottica della costruzione di relazione tra società civile, dell’attivazione autonoma di società civile locale e della sollecitazione al dialogo tra espressioni dell’associazionismo israeliano e palestinese.

Oltre al lavoro di coordinamento la struttura si occuperà di verificare la fattibilità di iniziative trilaterali Italia-Palestina-Israele sui temi specifici dell’azione non-violenta, attraverso ricerche e contatti con realtà già presenti sul territorio: centri di informazione alternativa, comitati israelo-palestinesi che lottano contro la demolizione delle case o contro l’avanzamento del muro, centri di monitoraggio dei diritti umani con particolare attenzione alla situazione dei prigionieri palestinesi e alla possibilità di movimento (check point, blocchi stradali, passaggio delle frontiere).
L’obiettivo è quello di creare a Gerusalemme un “osservatorio dei diritti umani” e un “laboratorio della non-violenza” in cui sperimentare una diversa metodologia di approccio al conflitto, sulla scorta di realtà importanti, se pure minoritarie, già esistenti sul territorio, si pensi per esempio ai “Combattenti per la Pace” o ai comitati di familiari delle vittime dell’occupazione, spazi misti “di confine” in cui israeliani e palestinesi, cercano una dialogo che sembra precluso ai loro dirigenti politici e istituzionali.

Organizzazione viaggi di conoscenza e campi di lavoro in Palestina/Israele

L’organizzazione dei viaggi di conoscenza in Palestina/Israele così come quella delle “missioni civili” e campi di lavoro con compiti più specifici sarà affidata all’ufficio nazionale dell’Associazione per la Pace che si avvarrà dell’aiuto di un operatore-coordinatore che accompagnerà e guiderà i gruppi durante la permanenza sul campo.
Sarà garantita la promozione di viaggi di conoscenza attraverso la stampa e gli strumenti web (mailing-list, sito) e si cercherà di dare la massima diffusione ai materiali (foto, video, report) raccolti dai partecipanti al loro rientro in Italia.



Corsi di formazione per i volontari e le volontarie

Partendo dalla consapevolezza dei rischi e delle difficoltà che la presenza di missioni civili comporta in una realtà complessa e in continua mutazione come quella del territorio di Israele/Palestina, si terranno periodicamente in Italia corsi di formazione indirizzati ai volontari e alle volontarie che sono interessati a prendere parte alle attività sul campo.
I corsi di formazione si concentreranno sulle principali metodologie di approccio non-violento ai conflitti, sulle tecniche del “consenso” e della “gestione delle paure”, una parte specifica riguarderà il contesto storico-politico del territorio di Israele/Palestina.
I corsi saranno tenuti da formatori professionisti che una comprovata esperienza di intervento nelle aree di crisi.

Accoglienza delegazioni

Alle delegazioni in visita in Italia saranno garantiti i servizi principali riguardanti il vitto e l’alloggio, i trasferimenti e un’interprete che si farà carico, tra l’altro, di garantire la sicurezza e di rispondere alle esigenze degli ospiti stranieri.
Allo scopo di valorizzare al massimo la permanenza in Italia delle delegazioni straniere un’attenzione particolare sarà dedicata all’armonizzazione e all’ottimizzazione del calendario di incontri, cercando il necessario coordinamento con le altre strutture (ONG, associazioni, enti locali) presenti sul territorio italiano.

Coordinamento in Italia

Il necessario coordinamento dei viaggi in Palestina/Israele e delle delegazioni in visita in Italia sarà affidato ad un/una coordinatore/rice esperto/a che si sposterà tra le diverse città italiane e nel territorio di Palestina/Israele laddove sarà richiesta la sua presenza.
Il/la coordinatore/rice avrà il compito di seguire le attività in Italia e di armonizzarle con il lavoro svolto sul campo dall’coordinatore/rice espatriato/a.
Nello specifico i suoi compiti saranno:
- la diffusione delle informazioni raccolte sul campo presso i media italiani
- l’accoglienza, l’accompagnamento e interpretariato per le delegazioni in visita in Italia
- l’organizzazione di eventi e iniziative pubbliche al fine di promuovere la conoscenza del lavoro svolto in Palestina/Israele dalle diverse organizzazioni della società civile italiana
- la verifica di medio termine del progetto insieme ai responsabili dell’Associazione
- la stesura del rapporto finale al termine del progetto.

Coordinamento Gerusalemme

Al’coordinatore/rice espatriato/a saranno affidati i seguenti incarichi:
- la gestione operativa della struttura di coordinamento di Gerusalemme
- accompagnamento, coordinamento e tutoraggio delle attività sul campo durante i viaggi di conoscenza e le “missioni civili” in Palestina/Israele
- cura dei report settimanali ai responsabili in Italia
- collegamento con le strutture in loco e rappresentanza dell’Associazione per la Pace presso i partner israeliani e palestinesi e le Autorità in loco

I/le coordinatori/rici in Italia e a Gerusalemme saranno selezionati dai Responsabili dell’Associazione per la Pace previa pubblicazione di avviso sui siti più importanti e raccolta delle domande e dei curriculum vitae, sulla base di criteri di affidabilità e responsabilità oltre che alle esperienze e competenze nel campo ad una chiara ed inequivocabile opzione pacifista e nonviolenta.



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